Vortici passionali cap 2
di
ADAM WILSON
genere
etero
Quella mattina Lucas era andato al lavoro un po’ prima del solito, voleva prepararsi con calma alla riunione con dei clienti importanti.
Seduto sul sedile posteriore del taxi che lo portava in ufficio, non fece altro che pensare a Helen, la ragazza della notte prima. Continuava a chiedersi cosa avrebbe fatto se l’avesse incontrata di nuovo in ascensore, o magari sul pianerottolo delle scale: far finta di niente? Salutarla con un cenno distratto? Oppure lasciarsi tradire da quel ricordo che gli bruciava ancora addosso?
Mentre si perdeva in quelle domande, una voce lo riportò bruscamente alla realtà: — “Eccoci arrivati, sono 13 dollari e 50.”
Lucas pagò, scese dal taxi e si immerse nella routine della giornata. A metà mattinata la sala riunioni principale della Hamilton Associated era piena: colletti stirati, voci impostate, l’odore di caffè freddo nell’aria. Lucas parlava sicuro, scorrendo le slide davanti ai clienti. Tutto filava liscio, e nella stanza tutti pendevano dalle sue labbra.
Ad un tratto quella voce cosi decisa che aveva monopolizzato l’attenzione in quella stanza, cominciò a tremare quasi balbettare.. Dalle vetrate Lucas aveva notato passare una figura a lui nota: Helen… Camminava nel corridoio accanto a una segretaria, indossava un elegante tailleur e manteneva un’aria professionale che quasi non sembrava la ragazza che lo aveva marchiato la sera prima. Lei si accorse di lui solo un istante prima di sparire dalla sua vista, giusto il tempo di accennare un timido saluto con la mano e mostrare un sorriso di sorpresa mista a gioia.
Prontamente ritornò alla realtà: si schiarì la voce, bevve un sorso d’acqua, e scusandosi con la piccola platea presente che fortunatamente non si accorse del motivo della sua interruzione, recuperò il filo e concluse il discorso, ma oramai la testa era da tutt’altra parte.
Finita la riunione, uscì senza perdere tempo. Si avvicinò alla segretaria che aveva visto camminare con lei.
— “La ragazza di prima… chi era?” La donna sorrise, come se avesse già intuito qualcosa.
— “Una delle universitarie che hanno presentato domanda per lo stage di tre mesi. Ne sono arrivate a centinaia, posti pochissimi…”
Lucas allungò la mano e prese la sua scheda. Scorse in fretta i dati, poi la passò di nuovo alla segretaria. Con un mezzo sorriso, freddo e deciso, disse piano:
— “Helen sarà una di quelle che lo faranno.”
La segretaria lo fissò un secondo, poi annuì. Con gesto elegante prese il timbro e lo abbatté sulla scheda: AMMESSA.
Un timbro che suonava come un marchio.
La sera, Lucas bussò alla porta di Helen.
Lei aprì, lui le mostrò la cartellina.
— “Benvenuta alla Hamilton.”
Non ebbe il tempo di aggiungere altro. Helen lo afferrò per la cravatta e lo tirò dentro con un colpo secco, chiudendo la porta. Le loro bocche si incollarono subito, un bacio sporco, fatto di denti, saliva e respiri rotti. Helen lo spinse contro il muro, gli strappò la giacca e gli sbottonò la camicia con forza, graffiandogli il petto.
— “Stronzo…” ansimò.
— “Sei mia…” ringhiò lui.
La sollevò di peso, le gambe di lei avvinghiate ai suoi fianchi. Senza esitazione la penetrò con un colpo secco.
— “Aahhh… sììì cazzo!” urlò lei, la voce rotta dal piacere.
Il ritmo divenne subito feroce, il rumore dei colpi slap slap slap rimbombava contro il muro. Helen graffiava la sua schiena urlando:
— “Sbattilo più forte dentro di meee! Aahhh! Sto venendo!”
Lucas affondava con spinte sempre più violente, mordendole il collo. Con un ultimo colpo profondo vennero insieme, urlando.
— “Sborrooo!” ringhiò lui, riempiendola.
— “Aaaahhh sììì… fammi tutta tuaaa!” gridò lei mordendogli la spalla.
Ma non bastava. Helen scivolò a terra, ansimante, e senza una parola si inginocchiò davanti a lui. Gli abbassò i pantaloni e prese il suo cazzo ancora sporco di sé in bocca.
Slurp… slurp… i suoni umidi riempirono la stanza mentre lei lo succhiava con fame, ingoiandolo fino in fondo, soffocando con gli occhi lucidi su di lui.
— “Ahhh… brava troia… così…” gemeva Lucas, spingendole la testa a fondo.
— “Mmmm… slurp… ahhh…” gorgogliava lei con la bocca piena.
Quando lo sentì duro come pietra, si alzò e lo spinse sul divano. Si mise sopra, si calò sul suo cazzo con un urlo animalesco.
— “Aaahhh sììì! Scopami cazzo! Più forteee!”
Rimbalzava su di lui, le tette che gli sbattevano sul viso. Lui le mordeva i capezzoli, facendola urlare.
— “Sto venendooo! Non fermarti! Aahhh sìììì!”
Lucas la ribaltò a terra, la prese da dietro, i colpi sempre più violenti.
— “Ti sfondo la fica, puttana!”
— “Sììì scopami così! Diooo sììì!”
Poi, senza avvisare, sputò in mano e la spinse dritto nel culo.
— “Aaahhh stronzzooo! Sììì scopami il culo!” gridò lei, tremando tra dolore e piacere.
Lucas affondava sempre più forte.
— “Lo senti? Ti riempio il culo troiaaa!”
— “Siiiii fammi tuaaa! Aaahhh sto venendo di nuovo… Aaaahhh!”
Helen spruzzò sul tappeto, urlando. Lucas venne subito dopo, spingendo fino in fondo e riempiendola mentre mugugnava con voce roca:
— “Sborrooo! Ti riempio tuttaaa!”
Crollarono esausti, sudati, nudi e incollati. Helen rise a fiato corto, ancora ansimante:
— “Benvenuta alla Hamilton, eh?” lo prese in giro, mordendogli le labbra.
Seduto sul sedile posteriore del taxi che lo portava in ufficio, non fece altro che pensare a Helen, la ragazza della notte prima. Continuava a chiedersi cosa avrebbe fatto se l’avesse incontrata di nuovo in ascensore, o magari sul pianerottolo delle scale: far finta di niente? Salutarla con un cenno distratto? Oppure lasciarsi tradire da quel ricordo che gli bruciava ancora addosso?
Mentre si perdeva in quelle domande, una voce lo riportò bruscamente alla realtà: — “Eccoci arrivati, sono 13 dollari e 50.”
Lucas pagò, scese dal taxi e si immerse nella routine della giornata. A metà mattinata la sala riunioni principale della Hamilton Associated era piena: colletti stirati, voci impostate, l’odore di caffè freddo nell’aria. Lucas parlava sicuro, scorrendo le slide davanti ai clienti. Tutto filava liscio, e nella stanza tutti pendevano dalle sue labbra.
Ad un tratto quella voce cosi decisa che aveva monopolizzato l’attenzione in quella stanza, cominciò a tremare quasi balbettare.. Dalle vetrate Lucas aveva notato passare una figura a lui nota: Helen… Camminava nel corridoio accanto a una segretaria, indossava un elegante tailleur e manteneva un’aria professionale che quasi non sembrava la ragazza che lo aveva marchiato la sera prima. Lei si accorse di lui solo un istante prima di sparire dalla sua vista, giusto il tempo di accennare un timido saluto con la mano e mostrare un sorriso di sorpresa mista a gioia.
Prontamente ritornò alla realtà: si schiarì la voce, bevve un sorso d’acqua, e scusandosi con la piccola platea presente che fortunatamente non si accorse del motivo della sua interruzione, recuperò il filo e concluse il discorso, ma oramai la testa era da tutt’altra parte.
Finita la riunione, uscì senza perdere tempo. Si avvicinò alla segretaria che aveva visto camminare con lei.
— “La ragazza di prima… chi era?” La donna sorrise, come se avesse già intuito qualcosa.
— “Una delle universitarie che hanno presentato domanda per lo stage di tre mesi. Ne sono arrivate a centinaia, posti pochissimi…”
Lucas allungò la mano e prese la sua scheda. Scorse in fretta i dati, poi la passò di nuovo alla segretaria. Con un mezzo sorriso, freddo e deciso, disse piano:
— “Helen sarà una di quelle che lo faranno.”
La segretaria lo fissò un secondo, poi annuì. Con gesto elegante prese il timbro e lo abbatté sulla scheda: AMMESSA.
Un timbro che suonava come un marchio.
La sera, Lucas bussò alla porta di Helen.
Lei aprì, lui le mostrò la cartellina.
— “Benvenuta alla Hamilton.”
Non ebbe il tempo di aggiungere altro. Helen lo afferrò per la cravatta e lo tirò dentro con un colpo secco, chiudendo la porta. Le loro bocche si incollarono subito, un bacio sporco, fatto di denti, saliva e respiri rotti. Helen lo spinse contro il muro, gli strappò la giacca e gli sbottonò la camicia con forza, graffiandogli il petto.
— “Stronzo…” ansimò.
— “Sei mia…” ringhiò lui.
La sollevò di peso, le gambe di lei avvinghiate ai suoi fianchi. Senza esitazione la penetrò con un colpo secco.
— “Aahhh… sììì cazzo!” urlò lei, la voce rotta dal piacere.
Il ritmo divenne subito feroce, il rumore dei colpi slap slap slap rimbombava contro il muro. Helen graffiava la sua schiena urlando:
— “Sbattilo più forte dentro di meee! Aahhh! Sto venendo!”
Lucas affondava con spinte sempre più violente, mordendole il collo. Con un ultimo colpo profondo vennero insieme, urlando.
— “Sborrooo!” ringhiò lui, riempiendola.
— “Aaaahhh sììì… fammi tutta tuaaa!” gridò lei mordendogli la spalla.
Ma non bastava. Helen scivolò a terra, ansimante, e senza una parola si inginocchiò davanti a lui. Gli abbassò i pantaloni e prese il suo cazzo ancora sporco di sé in bocca.
Slurp… slurp… i suoni umidi riempirono la stanza mentre lei lo succhiava con fame, ingoiandolo fino in fondo, soffocando con gli occhi lucidi su di lui.
— “Ahhh… brava troia… così…” gemeva Lucas, spingendole la testa a fondo.
— “Mmmm… slurp… ahhh…” gorgogliava lei con la bocca piena.
Quando lo sentì duro come pietra, si alzò e lo spinse sul divano. Si mise sopra, si calò sul suo cazzo con un urlo animalesco.
— “Aaahhh sììì! Scopami cazzo! Più forteee!”
Rimbalzava su di lui, le tette che gli sbattevano sul viso. Lui le mordeva i capezzoli, facendola urlare.
— “Sto venendooo! Non fermarti! Aahhh sìììì!”
Lucas la ribaltò a terra, la prese da dietro, i colpi sempre più violenti.
— “Ti sfondo la fica, puttana!”
— “Sììì scopami così! Diooo sììì!”
Poi, senza avvisare, sputò in mano e la spinse dritto nel culo.
— “Aaahhh stronzzooo! Sììì scopami il culo!” gridò lei, tremando tra dolore e piacere.
Lucas affondava sempre più forte.
— “Lo senti? Ti riempio il culo troiaaa!”
— “Siiiii fammi tuaaa! Aaahhh sto venendo di nuovo… Aaaahhh!”
Helen spruzzò sul tappeto, urlando. Lucas venne subito dopo, spingendo fino in fondo e riempiendola mentre mugugnava con voce roca:
— “Sborrooo! Ti riempio tuttaaa!”
Crollarono esausti, sudati, nudi e incollati. Helen rise a fiato corto, ancora ansimante:
— “Benvenuta alla Hamilton, eh?” lo prese in giro, mordendogli le labbra.
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