Il Gusto della Resa - Capitolo 7 – Oltre i Confini

di
genere
dominazione

Ashley emerse lentamente dal sonno come un’onda che lambisce la riva, ogni sensazione un nuovo strato di consapevolezza che si depositava sulla sua pelle. Il primo pensiero non fu dove si trovasse, ma chi fosse diventata. Il collare intorno al collo, il guinzaglio che serpeggiava sul pavimento, il plug che le riempiva il culo – non erano più semplici oggetti, ma coordinate di una nuova geografia interiore.

Le immagini del sabato si riversarono nella sua mente non come semplici ricordi, ma come rivelazioni: la vulnerabilità suprema della rasatura, l’intimità violenta del fisting che aveva così a lungo desiderato senza osare confessarlo, l’abbraccio delle corde che l’avevano contenuta e liberata allo stesso tempo. La passeggiata al parco, dove ogni passo era stato una piccola morte della sua vecchia identità. Il pompino che l’aveva trasformata in una creatura di puro istinto, gli orgasmi contro la sua scarpa che avevano cancellato gli ultimi confini tra vergogna e desiderio.

Il sonnellino tra le sue gambe – un momento di pace perfetta nella sua sottomissione. E poi il ristorante, dove ogni sguardo era stato un testimone della sua metamorfosi, ogni gemito una confessione pubblica del suo nuovo essere. La “buona notte alla cagna” – non più un’umiliazione, ma una rivelazione della sua vera natura, come se ogni fibra del suo essere avesse finalmente trovato il suo posto nel mondo.

L’odore delle molteplici eiaculazioni sulla sua pelle non era più qualcosa da cui ripulirsi, ma un marchio che desiderava conservare, testimonianza della sua trasformazione. La pressione sulla vescica si fece improvvisamente presente, ma anche questo bisogno primordiale aveva assunto un nuovo significato nel suo universo ridefinito.

Un movimento nel letto attirò la sua attenzione. “Buongiorno…” La voce assonnata di Dago era una carezza nell’aria del mattino. “Vedo che sei già sveglia…” Ashley sorrise, e dentro di sé – in quella parte che aveva abbracciato completamente la sua nuova natura – sentì la coda inesistente scodinzolare di gioia. “Devo fare… pipì…” sussurrò, la voce che tremava leggermente, non più per vergogna ma per l’anticipazione di come anche questo gesto sarebbe stato trasformato in qualcosa di nuovo nelle sue mani.

Dago si mosse fuori dal letto con quella sua naturale eleganza contenuta. Il suo corpo nudo, asciutto e curato senza eccessi, catturò lo sguardo di Ashley non per una bellezza particolare, ma per quell’erezione che portava con una noncuranza studiata – la vista risvegliò in lei una fame che andava oltre il semplice desiderio, un riconoscimento viscerale di appartenenza scritto nella carne.

Con movimenti lenti ma inesorabili, le sue mani iniziarono il rituale di spogliazione: prima le orecchie – quel tocco di teatralità che l’aveva trasformata in creatura di puro istinto , infine il plug che scivolò via dal suo culo lasciando un vuoto carico di promesse. Solo il collare rimase, simbolo essenziale del suo nuovo essere, insieme al guinzaglio che ora pendeva come un invito alla sottomissione.

La guidò nella doccia con la sicurezza di un coreografo che conosce ogni passo della sua danza. Con un movimento fluido, sganciò il guinzaglio dal collare lasciandolo cadere sul pavimento della doccia, un gesto che nel suo essere quotidiano conteneva una promessa di intimità diversa, più privata. “Accucciati nell’angolo, appoggiati al muro e … falla lì …” La sua voce, bassa e autoritaria eppure stranamente gentile, la fece tremare fin nel profondo.

Il falso pudore, quella costruzione sociale che per anni l’aveva definita, resistette per un istante prima di dissolversi come nebbia al sole. La sua mano scivolò tra le cosce, trovando e aprendo le labbra con una familiarità nuova. Il getto della sua urina contro le piastrelle era una melodia primordiale, un ritorno a qualcosa di ancestrale e vero.

Alzò lo sguardo cercando conferma nei suoi occhi, trovando invece un arco dorato che la colpì sui seni: l suo piscio, potente e caldo, un marchio che la reclamava come sua proprietà. Era la prima volta che qualcuno le pisciava addosso, un’altra frontiera che non aveva mai osato varcare prima di lui, e la sensazione la sorprese, non per lo shock o il disgusto che si sarebbe aspettata, ma per come il suo corpo reagiva con un’ondata di eccitazione. “Apri la bocca!” L’ordine era secco, incontestabile. Il sapore salato le invase la lingua mentre lui continuava a pisciarle addosso, sul viso ancora segnato dal trucco sbavato della sera prima, tra i seni, lungo le cosce. Ogni sensazione amplificava la sua eccitazione, ogni rivolo d’urina che le scivolava sulla pelle era una conferma della sua nuova natura.

La sua mano trovò istintivamente la strada verso la clitoride, come se il suo corpo rispondesse a un richiamo primitivo. Lui si avvicinava, il getto che perdeva forza ma non intensità, e Ashley si ritrovò a fissare il suo cazzo con una fame che non aveva mai provato prima. L’ultimo fiotto caldo le riempì la bocca prima che lui glielo spingesse tra le labbra, reclamando quello spazio come sua proprietà.

Si abbandonò a succhiarlo con la naturalezza di una puttana nata per questo. Le sue dita continuavano a lavorare freneticamente sulla clitoride mentre la sua bocca lo accoglieva fino in gola, due forme di devozione che si fondevano in un’unica offerta di carne e piacere. Il suo corpo aveva imparato questa nuova sincronia, venire quando lui lo ordinava. e si era sintonizzato su questo ritmo come se fosse sempre stato il suo destino.

Dago fece un passo avanti, appoggiando le mani alle piastrelle della doccia, costringendola ancora più nell’angolo. Non le stava più permettendo di spompinarlo, ora era lui a scoparle la bocca. Ashley si abbandonò contro il muro, ridotta a bambola di carne al servizio del suo piacere. La consapevolezza di essere usata come un semplice oggetto, invece di umiliarla, le provocò un’ulteriore eccitazione che si tradusse in un fiotto di umori tra le cosce.

Un tempo, era lei a dominare l’arte del pompino, a condurre ogni uomo verso l’orgasmo con l’abilità di chi ha fatto del piacere maschile una scienza esatta. Ma ora, con la testa immobilizzata contro le piastrelle e il cazzo di Dago che le invadeva la gola seguendo solo il suo ritmo, scopriva una libertà inaspettata nell’essere semplicemente usata.

I gemiti di lui la prepararono all’imminente esplosione. Le sue dita aumentarono il ritmo sulla figa, portandola al punto in cui sapeva che avrebbe schizzato. Il primo getto di sborra le colpì direttamente la gola nello stesso momento in cui il suo orgasmo esplodeva, il suo piacere che si riversava sul pavimento della doccia in una cascata oscena.

Ma qualcosa si era risvegliato dentro di lei, un istinto preistorico che non era consapevole di possedere. Non riusciva a staccarsi dal suo cazzo, continuando a spompinarlo con una fame insaziabile mentre la sua mano continuava a torturarle la figa in preda a un delirio di piacere. Un secondo orgasmo la travolse, più intenso del primo, e quando lui riprese a scoparle la bocca con il cazzo ancora mezzo duro, si infilò freneticamente tre dita nella figa esplodendo in un terzo orgasmo che la lasciò tremante e svuotata.

Ogni orgasmo sembrava dissolvere un altro strato della sua vecchia identità, rivelando la sua vera natura, quella di una puttana nata per il piacere, una femmina nata per essere usata, per godere nell’essere usata. E questa rivelazione, invece di spaventarla, la faceva sentire finalmente autentica.

In quel momento Dago ne approfittò per farla mettere in piedi. Per prima cosa la baciò, non un bacio timido, un bacio intenso, di passione. Il sapore del suo sperma ancora fresco sulle loro lingue che si intrecciavano come se fosse la cosa più naturale del mondo. Le sue mani accarezzavano e giocavano con il suo corpo, dedicando tempo alle sue tette che aveva tanto trascurato, ogni tocco che risvegliava nervi che sembravano urlare per l’attenzione delle sue mani, troppo a lungo negata. Ashley si godette tutte quelle coccole, il suo corpo che rispondeva come uno strumento perfettamente accordato. Non poteva negare di avere bisogno anche di quello, di questi momenti dove la brutalità cedeva il posto a una forma più dolce di possesso.

Il getto di acqua calda arrivò dall’alto mentre loro continuavano la loro lenta danza a due, un’altra manifestazione del controllo totale di Dago su ogni aspetto della sua esperienza. Fu lui a staccarsi, a scivolare dietro di lei con quella sicurezza che lo distingueva. Nelle sue mani comparve come per magia del sapone che lui spargeva con cura su tutto il suo corpo, massaggiandola, stimolandola, ricoprendola di schiuma e di bolle. Ogni volta che la sua mano passava sulla figa, tra le labbra, lei gemeva sempre più forte – il suo corpo così sovrastimolato che anche il più leggero tocco mandava scariche elettriche lungo la sua spina dorsale. Oramai era ipersensibile, ogni terminazione nervosa un conduttore di puro piacere.

Dago la spinse contro la parete di piastrelle, una mano le avvolgeva il collo in una stretta che parlava di possesso assoluto, l’altra prendeva il controllo della sua figa come il giorno prima contro la macchina. Sentiva quelle due dita prendere possesso di una centrale nervosa che comandava la sua vagina e da quel momento decidevano loro: il suo corpo non più suo ma uno strumento nelle sue mani esperte. Una prima scecherata e subito un altro orgasmo la travolse, il suo corpo che si contorceva sotto il suo tocco sapiente. La mano sul collo stringe un po’ di più, un’altra forma di controllo che la faceva bruciare di desiderio, e la mano si impossessa di nuovo della figa e bastano pochi secondi, non serve molto ed eccolo, un altro orgasmo esplodere. Una folgorazione attraversa la sua mente annebbiata dal piacere: devo contarli… il corpo che trema incontrollato, il respiro che quasi manca, la mente confusa che cerca di mantenere il conto mentre si perde nel vortice delle sensazioni… cinque…

Le mani forti di Dago la girano, premendola contro la grande parete di vetro che rivestiva un lato della doccia. Il sapone che cola sulla schiena, le mani che lo massaggiano e dopo poco si concentrano sul suo culo, un’attenzione che le fa trattenere il respiro nell’anticipazione. Sente le mani stringerlo così tanto che ha l’impressione che gli stiano entrando nella carne, ogni pressione un marchio di possesso che la fa tremare.

Attraverso il vapore che si diradava, Ashley cattura scorci di sé nello specchio—una figura che riconosce eppure in qualche modo non conosce. La donna che le veniva riflessa sembrava liberata da ogni inibizione, il corpo che si inarcava istintivamente verso il suo tocco, i grossi seni premuti contro il vetro, gli occhi stravolti dal desiderio che non aveva mai riconosciuto prima di questo fine settimana.

“Chi è quella donna?” si chiese, osservando il suo riflesso ansimare e contorcersi contro il vetro. Quasi non si riconosceva nella creatura lasciva davanti a lei, una per cui il piacere era diventato l’unico scopo dell’esistenza.

Le dita di Dago intanto scivolano nel solco dei glutei, stuzzicano l’ano, affondano di nuovo nella figa, e con quella angolazione sente le sue dita arrivare fino alla cervice, anzi a volte ha l’impressione che lui voglia persino invaderla, un pensiero che la fa bruciare di desiderio. Poi le dita cambiano direzione, iniziano a focalizzarsi sul suo ano da cagna in calore. Due dita, dopo tutta la notte con il plug coda, entrarono facilmente, il suo corpo che si apriva come se riconoscesse il suo tocco. Poi senti arrivare più bagnoschiuma, usato come lubrificante e le dita diventarono tre, allargandola con una pazienza studiata che la faceva impazzire. Ashley si appoggiò al muro, offrendo maggiormente il suo culo, il suo corpo che si muoveva per istinto verso quella mano che prometteva piaceri mai provati. Gli occhi socchiusi ad ascoltare solo la sensazione, ogni nervo teso nell’attesa. Aspettando con trepidazione il prossimo dito, curiosa lei stessa di quale avrebbe potuto essere il limite.

Quattro. Ecco, quattro delle sue dita aveva la sensazione netta che erano più del plug, decisamente di più – una pienezza che le toglieva il respiro. Lo senti uscire, fare qualcosa, poi eccole di nuovo, più scivolose, spingere, ruotare, allargarla con una determinazione che non lasciava spazio a dubbi sulle sue intenzioni. Sentire lo sfintere che si dilatava sotto il suo comando le dava quelle ondate di piacere al limite dell’orgasmo, il suo corpo che si arrendeva a questa nuova invasione.

La donna nello specchio non era l’Ashley controllata e professionale che gestiva un’agenzia e manteneva le apparenze. Questa Ashley era elementare, ridotta a pura sensazione, il suo viso una mappa di estasi precedentemente sconosciuta. Sentire il proprio corpo cedere al suo comando le provocava ondate di piacere che la travolgevano, mantenendola in bilico sul precipizio dell’orgasmo. Quando lo sentì spingere un po’ più a fondo la mano, sentendo praticamente il rilievo delle nocche, avrebbe voluto poter conficcare le unghie nel vetro rigarlo, firmarlo. Le sfuggì un respiro: “Provaci…” Una supplica, un permesso, una confessione.

Piano, con attenzione, senza quella fretta che poteva essere pericolosa, aggiungendo altro sapone liquido, la mano avanzava, il culo di Ashley si allargava e poi…

Improvvisamente lo sentì dentro, il pugno intero che reclamava spazi che non sapeva di possedere. Ashley urlò, non per il dolore, ma per l’assurdo piacere che stava provando, un piacere che cancellava ogni pensiero coerente. La sua figa iniziò a sbrodolare mentre la mano di Dago si muoveva, le stantuffava il culo con un ritmo che la faceva delirare. Mentalmente cercò di contarli. Uno, due… tre… gli orgasmi che si susseguivano come onde di un mare in tempesta.

Nello specchio, osservò sé stessa disfarsi—questa sconosciuta con il suo volto, questa donna capace di ricevere estremi così squisiti, questa creatura il cui piacere non conosceva limiti né vergogna. Il riflesso mostrava la sua verità: era diventata qualcosa di magnificamente disinibito, gloriosamente abbandonato alla sensazione.

La mano, molto più facilmente di come era entrata, scivolò fuori lasciandole una sensazione di vuoto che era quasi dolorosa nella sua intensità. Sentiva il corpo di Dago contro la sua schiena, contro il suo culo, il suo calore che la avvolgeva come una seconda pelle – poteva percepire distintamente la sua nuova erezione che premeva contro di lei, un contrasto eccitante con il freddo delle piastrelle contro il suo viso e le sue tette. “Scopami, scopami il culo, ti prego…” la supplica le uscì spontanea, il suo corpo che implorava di essere riempito di nuovo, in qualsiasi modo lui volesse prenderla.

La riportò sotto il getto dell’acqua con quella sua sicurezza ipnotica, girandola e baciandola come prima. “Ho ancora una cosa sulla lista delle cose preparate per te e deve essere fatta questa mattina.” C’era qualcosa nella sua voce, una promessa velata che le fece contrarre il basso ventre. Ashley tentò di giocare la sua carta migliore, quel broncio da bimba che aveva perfezionato negli anni con suo padre e che non aveva mai fallito con nessun uomo. Ma Dago era diverso – lo dimostrò ignorando completamente quella manipolazione e baciandola invece, un bacio che conteneva universi di promesse non dette. “Lavati e asciugati, ti aspetto di là per prepararti.”

Rimase sola sotto il getto d’acqua, il suo corpo ancora vibrante di echi di piacere. Alzò la temperatura lasciando che l’acqua calda sciogliesse la tensione dei suoi muscoli, permettendosi di perdersi per qualche minuto nel vortice delle sensazioni che la attraversavano. Un pensiero la colpì, facendola ridere sinceramente – ogni volta che entrava con lui in quel bagno, una mano le scivolava dentro, come se fosse diventato un rituale di trasformazione. La risata si trasformò in anticipazione mentre la sua mente vagava verso ciò che l’aspettava. E ora? Cosa aveva ancora in mente? Cos’altro aveva escogitato? La curiosità si mescolava al desiderio in un cocktail inebriante di aspettative.
scritto il
2025-08-18
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