Il Gusto della Resa - Capitolo 2 – Nelle pieghe del piacere
di
Dago Heron
genere
dominazione
Aprì facilmente la porta, la spinse sentendo la sicurezza nel suo peso. Il gesto di aprire e poi chiudere la porta era parte della accettazione di quello che lei aveva desiderato accadere. Il tonfo dietro di lei sottoscriveva un contratto che lei aveva consapevolmente firmato, accettando quello che stava per accadere.
La villetta, a quanto pare, era stata completamente trasformata a luogo di piacere particolare. Davanti a lei era come se ci fosse un grande openspace, più che una semplice stanza, immerso in una penombra studiata, illuminata solo da una luce soffusa che sembrava danzare sulle pareti. Al centro, dominante e inevitabile, un grande letto che catturava tutta la luce disponibile. Lo sguardo scorse su tutta un’altra serie di oggetti e attrezzature pronti per l’uso.
Il Gusto della Resa - Capitolo 2 – Nelle pieghe del piacere
“Fermati dove sei. Voglio guardarti.”
La voce la colpì come un’onda fisica. Dopo mesi di parole scritte, di fantasie costruite nel silenzio digitale, quella voce – calda, profonda, autoritaria – era una rivelazione che le fece tremare le ginocchia. Quelle quattro parole contenevano tutto: comando, desiderio, possesso, controllo. Si immobilizzò, il cuore che batteva così forte da sembrare l’unico suono nella stanza. L’ordine di restare ferma, di essere osservata, la costrinse a una consapevolezza acuta del proprio corpo – ogni respiro, ogni minimo movimento assumeva improvvisamente un peso nuovo, come se il suo corpo non le appartenesse più veramente.
“Vieni avanti, segui la mia voce.”
La sensazione dei tacchi che affondavano nel tappeto accompagnava ogni passo, mentre il suo corpo rispondeva a quel comando con un’obbedienza che la sorprendeva e la eccitava allo stesso tempo. Non era solo il movimento fisico – era la consapevolezza di stare cedendo il controllo, un passo alla volta, verso quella voce che sembrava conoscerla meglio di quanto lei conoscesse se stessa.
Mentre avanzava, la luce nella stanza mutava sottilmente, come un sipario che si alza con studiata lentezza. Nell’ombra si delineava una figura seduta su uno scranno di legno scuro, un trono improvvisato che emanava la stessa autorità naturale del suo occupante: pantaloni neri tagliati con precisione, una camicia bianca con le maniche arrotolate che suggeriva una casualità controllata, scarpe lucide che catturavano riflessi di luce.
“Liberati di quel borsone e dell’impermeabile.” La sua voce era calda e profonda, ma era una voce abituata a dare ordini e a essere obbedita.
Ashley lasciò che la borsa scivolasse a terra con un tonfo soffice. L’impermeabile seguì, un sussurro di tessuto che rivelava il suo segreto: la sottoveste in maglina trasparente che le accarezzava le curve fino a metà coscia, il completo di pizzo che più che coprire suggeriva, le calze autoreggenti che trasformavano le sue gambe in un invito. Quel cambio furtivo nel bagno dell’ufficio, quel momento di trasformazione rubato tra una riunione e l’altra, ora assumeva tutto il suo significato.
Un movimento quasi impercettibile nell’ombra tradì la sua reazione. Ashley sentì una piccola scintilla di trionfo accendersi nel petto – aveva colto di sorpresa l’uomo che aveva orchestrato tutto questo.
“Interessante,” la parola risuonò nella stanza con calma studiata. “Mostrami quanto puoi essere seducente.”
Ashley mosse un passo verso lo scranno, il suo corpo già pregustava il momento in cui si sarebbe seduta a cavalcioni sulle sue cosce, le ginocchia che si sarebbero strette contro i suoi fianchi mentre le sue dita avrebbero iniziato a giocare con i bottoni della camicia…
“Fermati.”
Il comando la bloccò come un muro invisibile. La sua mente vorticava cercando di capire l’errore, mentre il suo corpo vibrava sospeso tra desiderio e incertezza.
“Forse non mi sono spiegato bene,” la sua voce tagliò l’aria come una lama. “Devi stuzzicare la mia fantasia, non il mio corpo. Il tuo palcoscenico sarà quel letto ed io sono il tuo unico spettatore. Adesso sono stato chiaro?”
Ashley sentì il peso di quelle parole penetrarle la pelle. Non si trattava di sedurlo fisicamente – voleva che diventasse l’incarnazione delle sue fantasie. Si mosse verso il letto, lasciando che ogni passo costruisse l’anticipazione.
Si distese con studiata lentezza, permettendo alle sue mani di esplorare il proprio corpo. Gli occhi di Dago erano come un tocco fantasma sulla sua pelle, facendola eccitare nonostante – o forse proprio per – la distanza che lui imponeva.
La sottoveste scivolò via come acqua, seguita dal reggiseno che cadde dimenticato accanto al letto. Ma le mutandine… con quelle decise di giocare, di testare i limiti di quel potere che lui reclamava.
Le sue dita tracciavano il bordo dell’elastico, scivolavano sotto solo per ritirarsi, una danza di promesse non mantenute. I suoi capezzoli si erano induriti sotto il suo stesso tocco, e poteva sentire l’umidità crescere tra le sue cosce.
“Adesso togliti le mutandine. Voglio vedere come fai quando vuoi godere!”
Lei continuò il suo gioco di seduzione rallentata, le dita che giocavano con l’orlo del pizzo, suggerendo ma mai concedendo.
“Togliti adesso le mutande… o possiamo anche ritenere concluso il nostro gioco!”
Il tono era cambiato – non più caldo e controllato, ma duro, definitivo. Una minaccia che non lasciava spazio a interpretazioni. Ashley sentì un brivido di paura autentica correrle lungo la schiena. Le mutandine sparirono in un istante.
“Bene,” la voce era tornata suadente, ipnotica. “Adesso ricomincia a giocare… mostrami i tuoi misteri più nascosti. Mostrami dove vorresti che ti accarezzassero o toccassero le mie mani…”
Al suono di quelle parole Ashley chiuse gli occhi e lasciò che le fantasie che aveva sognato in quelle notti guidassero le sue mani. Facendo attenzione a non rivelare con i suoi movimenti la presenza del plug – il suo piccolo segreto, il suo dono per lui – si distese sul letto e lentamente spalancò le cosce, esponendosi completamente al suo spettatore silenzioso. La sua mano destra scivolò tra le gambe, trovando una figa già bagnata, pronta. Le dita iniziarono a muoversi con decisione crescente, mentre l’altra mano saliva a giocare con i suoi seni prosperosi.
Si strizzava i capezzoli con forza, alternando il piacere delle sue dita alla lingua che cercava di raggiungerli, di succhiarli avidamente. I suoi grandi seni sembravano vivi sotto le sue carezze, i capezzoli sempre più turgidi e sensibili.
La mano tra le cosce non smetteva il suo lavoro, due dita scivolavano dentro e fuori con ritmo crescente, il palmo che premeva contro il clitoride a ogni movimento. I suoi gemiti si facevano più forti mentre alternava il piacere che si dava, ora concentrandosi sulla penetrazione profonda delle dita, ora sul massaggio insistente del clitoride, sempre mantenendo l’altra mano occupata con i suoi seni, portandoli alla bocca, leccando e mordendo i capezzoli come se non fossero suoi.
“Fammi vedere come giochi con il tuo buchino…” la sua voce era carica di aspettativa.
Ashley sentì un sorriso formarsi sulle sue labbra. Per la prima volta da quando era entrata, sentiva di avere qualcosa di suo da offrire, un segreto che avrebbe ribaltato le dinamiche, anche se solo per un momento. “Ho un segreto da mostrarti,” sussurrò, girandosi per offrire una completa vista del suo culo. “Mi sono preparata per te… ho voluto farti un dono.” Le sue mani allargarono le natiche, rivelando il gioiello metallico che aveva custodito fino a quel momento.
“Uhmmmmm…” Un respiro trattenuto nell’ombra tradì la sorpresa di Dago. “Quando…?”
“Dal momento in cui sono uscita dall’ufficio,” rispose lei, assaporando questo raro momento di controllo. “Ogni passo, ogni movimento… tutto per arrivare pronta per te.”
La sua voce, quando tornò, aveva una nuova sfumatura di apprezzamento. “Poi mi racconterai come ti ha fatto sentire.” C’era qualcosa di diverso nel suo tono – un misto di ammirazione e desiderio accresciuto per questa sua iniziativa inaspettata. Poi ordinò, “Ora toglilo e fai quello che ti ho chiesto!”
Ashley iniziò a muovere lentamente il plug, trasformando la sua rimozione in uno spettacolo, ogni movimento accompagnato da gemiti che rivelavano quanto quella presenza l’avesse tenuta eccitata per tutto questo tempo. L’altra mano continuava instancabile sulla sua figa, trovandola sempre più bagnata. Finalmente sfilò il plug, lasciandolo cadere sul letto, e le sue dita iniziarono a esplorare quell’apertura ora vuota, cercando di non tradire quanto quel tipo di stimolazione la eccitasse.
Il suo piacere colava copioso tra le cosce, rendendo le dita scivolose. Mai si era sentita così eccitata, così persa in sensazioni che voleva durassero per sempre. Ma il suo corpo aveva altri piani, correndo verso un orgasmo che sembrava inevitabile mentre le sue dita acceleravano il ritmo quasi contro la sua volontà.
“Fermati.”
Il comando, sebbene non minaccioso come prima, era ugualmente definitivo. La strappò dal mondo ovattato di piacere in cui era sprofondata, anche se il suo corpo continuava a tremare di desiderio insoddisfatto. Stava per protestare quando un cambiamento improvviso nella luce la fece sussultare – uno spot illuminava ora solo il letto, trasformandolo in un palcoscenico nell’oscurità, esponendola completamente al suo sguardo mentre il resto della stanza sprofondava nel buio.
Ashley era distesa sul letto, ancora vibrante di desiderio insoddisfatto, quando percepì un movimento nell’ombra. La presenza di Dago si manifestava attraverso lievi spostamenti d’aria, il suo silenzio carico di intenzioni.
“Allunga le mani sopra la tua testa.”
Nel suo stato di eccitazione confusa, Ashley obbedì quasi per istinto. La seta scivolò intorno ai suoi polsi come acqua fredda – prima uno, poi l’altro – in un rituale che sembrava antichissimo e nuovo allo stesso tempo. Quando provò a muovere le braccia, scoprì che la sciarpa era ancorata a qualcosa, ma il legame aveva una gentilezza inaspettata.
Fu allora che il suo viso apparve sopra il suo, capovolto come in uno specchio d’acqua. I lineamenti erano sorprendentemente dolci, in contrasto con gli occhi di un colore indefinibile che emanavano un magnetismo quasi soprannaturale. Qualcosa in quello sguardo la tranquillizzò, come se stesse finalmente mettendo un volto alle parole che l’avevano sedotta.
“Non ti ho immobilizzata,” la sua voce era morbida ma ferma. “Voglio solo tenerti le mani lontane dal corpo. Adesso tocca a me giocare un po’ con il tuo corpo.” Un sorriso attraversò il suo viso prima che scomparisse di nuovo nell’ombra. “Mettiti alla pecorina.”
Si girò con cautela, scoprendo che il legame era esattamente come lui aveva promesso – contenitivo ma non costrittivo. Appoggiò il viso al materasso, offrendo il suo corpo all’ignoto con un misto di trepidazione e desiderio. ‘Probabilmente adesso mi scopa come più gli piace, magari solo nel culo,’ pensò, sorprendendosi della sua stessa audacia.
Le sue mani erano una rivelazione – calde, sicure, precise nel loro intento di scoprire ogni segreto del suo corpo. Palmi che saggiavano i glutei con una lentezza studiata, dita che scivolavano tra le cosce come se stessero imparando a memoria ogni sua curva. Ogni tocco sembrava calibrato per portarla sempre più vicino al limite senza mai permetterle di superarlo. All’improvviso, una mano avvolse la sua figa in una presa possessiva, strappandole un gemito di piacere puro.
Quella stessa mano iniziò una danza ipnotica, raccogliendo i suoi umori, trasportandoli lungo il solco tra le natiche. Un dito scivolò dentro la sua figa, esplorando, mappando, come se stesse leggendo ogni minimo sussulto del suo corpo, ogni respiro trattenuto.
“Non osare venire senza il mio permesso,” la sua voce era bassa ma inequivocabile. “Voglio sentirti tremare sul bordo del piacere, voglio vederti lottare per controllarti.”
Quelle parole la fecero gemere più forte del tocco stesso. Il dito si ritrasse, risalì lentamente e penetrò il suo ano con una determinazione gentile ma inesorabile, spingendosi fino in fondo. Il suo corpo si tendeva come un arco mentre lui alternava ritmi e pressioni, portandola ripetutamente vicino all’orgasmo solo per trattenerla lì, in quello spazio di pura sensazione dove il piacere e la tortura si confondevano.
Quando tornò alla sua figa, le dita erano diventate due dita. Le sentì ripercorrere lo stesso cammino, premendo entrambe contro l’apertura del suo ano. Un fremito di tensione le attraversò il corpo, i muscoli che si contraevano per istinto. Ma Dago sapeva esattamente cosa fare – la sua altra mano trovò il clitoride, massaggiandolo con una dolcezza che faceva da contrappunto alla crescente pressione dietro.
Gradualmente, il suo corpo si arrese. Le dita scivolavano dentro mentre ondate alternate di piacere e disagio la facevano gemere sempre più forte. Ashley si ritrovò in uno stato quasi meditativo di piacere sospeso, dove ogni sensazione era amplificata – il battito del suo cuore, il sudore che le scivolava lungo la schiena, i muscoli che tremavano per lo sforzo di mantenere il controllo. Il suo piacere fluiva copioso, mentre lui la conduceva in una danza sempre più intensa, sempre più profonda.
Le dita si ritirarono con la stessa lentezza con cui erano entrate, lasciando che i suoi muscoli si rilassassero gradualmente, mentre il suo corpo tremava di un piacere che era al tempo stesso appagamento e nuova fame.
Per qualche istante, il silenzio avvolse Ashley come una coperta – un momento di tregua per assaporare le sensazioni che le attraversavano il corpo. La sua mente vorticava tra desiderio e consapevolezza, ogni nervo teso nell’attesa. Le mani di Dago tornarono, decise, sicure, afferrando i suoi glutei e allargandoli. La sua lingua iniziò un’esplorazione che la fece tremare – non era solo l’intensità fisica, ma la deliberata lentezza con cui la assaporava, come se stesse memorizzando ogni suo sapore, ogni sua reazione.
I gemiti le sfuggivano incontrollati, il suo corpo si muoveva da solo cercando più contatto, più pressione, più tutto. L’orgasmo si stava costruendo dentro di lei come un’onda inarrestabile, ma ancora una volta Dago si fermò, lasciandola ansimante e frustrata.
Rumori familiari nell’ombra attirarono la sua attenzione. Il suono di una confezione che si apriva, il tintinnio metallico che riconosceva fin troppo bene. “Palline cinesi… mai provate?”
La prima sfera premette contro la sua figa gocciolante, scivolando dentro con una lentezza esasperante. La seconda seguì mentre ancora stava processando la nuova sensazione, riempiendola completamente. Ogni movimento, ogni respiro le faceva vibrare dentro, trasformando il suo corpo in uno strumento di piacere sintonizzato sulle frequenze più primitive.
Fu quando sentì la pressione successiva che il suo cuore saltò un battito. Riconobbe immediatamente la forma, la consistenza – era il suo plug, quello che aveva portato con sé come offerta. Dago lo stava usando contro di lei, trasformando il suo dono in uno strumento di tortura deliziosa. La consapevolezza la fece bruciare di desiderio e vergogna insieme.
Lo sentiva giocare con i suoi limiti, spingendo il plug appena dentro per poi lasciare che i suoi muscoli lo espellessero, ogni volta un po’ più profondo, ogni volta strappandole gemiti più intensi. Le palline vibravano a ogni suo movimento, creando una sinfonia di sensazioni che la stavano facendo impazzire. Voleva supplicarlo di scoparla, di possederla, di usarla – le parole le bruciavano sulla lingua, trattenute solo dal morso delle sue labbra.
La spinta finale fu quasi una liberazione. I suoi muscoli si chiusero attorno alla base più stretta del plug, intrappolando il silicone dentro di lei. Si sentiva incredibilmente piena, completamente esposta, trasformata in un oggetto di puro piacere per il suo divertimento. Il suo corpo tremava incontrollato, gli umori le colavano copiosi lungo le cosce, e ogni respiro era un gemito soffocato di desiderio insoddisfatto.
Lo sente muoversi, ma attorno a lei e non dentro di lei come il suo corpo implora. Quando si sposta verso la sua testa, Ashley pensa che finalmente la libererà. Lo cerca con lo sguardo mentre emerge dall’ombra – il corpo asciutto avvolto in vestiti scuri, gli occhi che brillano di un’intensità che la fa tremare. Le sue mani si muovono sui pantaloni, liberando un’erezione che tradisce quanto lo spettacolo l’abbia eccitato.
Ashley sente un moto di orgoglio professionale impossibile da reprimere – sa di essere brava con la bocca, sa esattamente come far perdere il controllo a un uomo. Schiude le labbra, sicura di sé, pronta a riprendere un briciolo di controllo attraverso la sua arte. Ma Dago ha altri piani. La sua mano si chiude nei suoi capelli, immobilizzandole la testa.
“Non voglio un pompino, voglio scoparti in bocca.”
Il messaggio brutale la colpisce come uno schiaffo, dissolvendo ogni illusione di controllo. Lo sente invadere la sua bocca, iniziare a muoversi, prima lentamente, poi con spinte sempre più decise che le raggiungono la gola, usando la sua bocca come un semplice strumento per il suo piacere. Usandola come se fosse una bambola di gomma. È una sensazione nuova per lei, subire senza poter usare nessuna delle sue tante armi di seduzione e lussuria.
Le sensazioni la travolgono – le palline che vibrano nella sua figa ad ogni spinta di Dago nella sua bocca, il plug che le riempie il culo, il cazzo che le usa la bocca senza riguardo. L’orgasmo la coglie come un’esplosione incontrollata. Invece di fermarsi, Dago accelera le spinte, tenendole la testa così ferma che può a malapena respirare tra i gemiti soffocati e le convulsioni di piacere.
Quando finalmente si ritira, Ashley ansima cercando di riprendere fiato. Ma lui si sta già muovendo di nuovo. Il plug scivola via dal suo culo, immediatamente sostituito dalla pressione della sua cappella.
“Scopami come una puttana,” le sfugge, un ultimo, disperato tentativo di dettare il ritmo.
Sente la mano di Dago afferrarle di nuovo i capelli, con brutalità, obbligarla ad arcuarsi mentre le sue labbra si incollano al suo orecchio “Ti scopo come voglio io, quanto voglio io, dove voglio io… ” è un ringhio, una dichiarazione.
Con una spinta violenta la penetra completamente, annullando ogni sua pretesa di controllo. Non le è permesso dare ordini – è solo carne da usare per il suo piacere.
I suoi colpi sono lenti, studiati, tenendola sempre per i capelli, come se stesse seguendo una partitura scritta nella sua mente. Le palline continuano la loro tortura implacabile mentre lui accelera il ritmo, spingendola verso un altro orgasmo. “Sto per godere… devo godere…” la sua voce è irriconoscibile persino a sé stessa.
“Fammi sentire come gode una troia di lusso come te.” Il suo seme caldo che le riempie il culo scatena un secondo orgasmo ancora più devastante del primo. Il suo corpo è attraversato da scariche elettriche di piacere che le annullano ogni pensiero coerente. Per un momento, tutto si riduce a pura sensazione – il mondo intero si contrae in quel punto dove i loro corpi si uniscono.
Poi, come un sipario che cala su una scena troppo intensa, tutto cambia. Lo sente sfilarsi, allontanarsi da lei.
In quella transizione improvvisa dalla passione alla freddezza clinica, Ashley legge la vera natura del suo potere. Non è nella forza fisica, non è nella dominazione brutale – è nella sua capacità di orchestrare ogni momento, ogni emozione, ogni sussulto del suo essere con la precisione di un direttore d’orchestra. Questo è solo il primo movimento di una sinfonia già composta – lui ha già scritto ogni nota della sua trasformazione in oggetto di piacere, e la freddezza del suo tono è la firma più crudele sul contratto che lei ha inconsapevolmente firmato.
www.dagoheron.it
La villetta, a quanto pare, era stata completamente trasformata a luogo di piacere particolare. Davanti a lei era come se ci fosse un grande openspace, più che una semplice stanza, immerso in una penombra studiata, illuminata solo da una luce soffusa che sembrava danzare sulle pareti. Al centro, dominante e inevitabile, un grande letto che catturava tutta la luce disponibile. Lo sguardo scorse su tutta un’altra serie di oggetti e attrezzature pronti per l’uso.
Il Gusto della Resa - Capitolo 2 – Nelle pieghe del piacere
“Fermati dove sei. Voglio guardarti.”
La voce la colpì come un’onda fisica. Dopo mesi di parole scritte, di fantasie costruite nel silenzio digitale, quella voce – calda, profonda, autoritaria – era una rivelazione che le fece tremare le ginocchia. Quelle quattro parole contenevano tutto: comando, desiderio, possesso, controllo. Si immobilizzò, il cuore che batteva così forte da sembrare l’unico suono nella stanza. L’ordine di restare ferma, di essere osservata, la costrinse a una consapevolezza acuta del proprio corpo – ogni respiro, ogni minimo movimento assumeva improvvisamente un peso nuovo, come se il suo corpo non le appartenesse più veramente.
“Vieni avanti, segui la mia voce.”
La sensazione dei tacchi che affondavano nel tappeto accompagnava ogni passo, mentre il suo corpo rispondeva a quel comando con un’obbedienza che la sorprendeva e la eccitava allo stesso tempo. Non era solo il movimento fisico – era la consapevolezza di stare cedendo il controllo, un passo alla volta, verso quella voce che sembrava conoscerla meglio di quanto lei conoscesse se stessa.
Mentre avanzava, la luce nella stanza mutava sottilmente, come un sipario che si alza con studiata lentezza. Nell’ombra si delineava una figura seduta su uno scranno di legno scuro, un trono improvvisato che emanava la stessa autorità naturale del suo occupante: pantaloni neri tagliati con precisione, una camicia bianca con le maniche arrotolate che suggeriva una casualità controllata, scarpe lucide che catturavano riflessi di luce.
“Liberati di quel borsone e dell’impermeabile.” La sua voce era calda e profonda, ma era una voce abituata a dare ordini e a essere obbedita.
Ashley lasciò che la borsa scivolasse a terra con un tonfo soffice. L’impermeabile seguì, un sussurro di tessuto che rivelava il suo segreto: la sottoveste in maglina trasparente che le accarezzava le curve fino a metà coscia, il completo di pizzo che più che coprire suggeriva, le calze autoreggenti che trasformavano le sue gambe in un invito. Quel cambio furtivo nel bagno dell’ufficio, quel momento di trasformazione rubato tra una riunione e l’altra, ora assumeva tutto il suo significato.
Un movimento quasi impercettibile nell’ombra tradì la sua reazione. Ashley sentì una piccola scintilla di trionfo accendersi nel petto – aveva colto di sorpresa l’uomo che aveva orchestrato tutto questo.
“Interessante,” la parola risuonò nella stanza con calma studiata. “Mostrami quanto puoi essere seducente.”
Ashley mosse un passo verso lo scranno, il suo corpo già pregustava il momento in cui si sarebbe seduta a cavalcioni sulle sue cosce, le ginocchia che si sarebbero strette contro i suoi fianchi mentre le sue dita avrebbero iniziato a giocare con i bottoni della camicia…
“Fermati.”
Il comando la bloccò come un muro invisibile. La sua mente vorticava cercando di capire l’errore, mentre il suo corpo vibrava sospeso tra desiderio e incertezza.
“Forse non mi sono spiegato bene,” la sua voce tagliò l’aria come una lama. “Devi stuzzicare la mia fantasia, non il mio corpo. Il tuo palcoscenico sarà quel letto ed io sono il tuo unico spettatore. Adesso sono stato chiaro?”
Ashley sentì il peso di quelle parole penetrarle la pelle. Non si trattava di sedurlo fisicamente – voleva che diventasse l’incarnazione delle sue fantasie. Si mosse verso il letto, lasciando che ogni passo costruisse l’anticipazione.
Si distese con studiata lentezza, permettendo alle sue mani di esplorare il proprio corpo. Gli occhi di Dago erano come un tocco fantasma sulla sua pelle, facendola eccitare nonostante – o forse proprio per – la distanza che lui imponeva.
La sottoveste scivolò via come acqua, seguita dal reggiseno che cadde dimenticato accanto al letto. Ma le mutandine… con quelle decise di giocare, di testare i limiti di quel potere che lui reclamava.
Le sue dita tracciavano il bordo dell’elastico, scivolavano sotto solo per ritirarsi, una danza di promesse non mantenute. I suoi capezzoli si erano induriti sotto il suo stesso tocco, e poteva sentire l’umidità crescere tra le sue cosce.
“Adesso togliti le mutandine. Voglio vedere come fai quando vuoi godere!”
Lei continuò il suo gioco di seduzione rallentata, le dita che giocavano con l’orlo del pizzo, suggerendo ma mai concedendo.
“Togliti adesso le mutande… o possiamo anche ritenere concluso il nostro gioco!”
Il tono era cambiato – non più caldo e controllato, ma duro, definitivo. Una minaccia che non lasciava spazio a interpretazioni. Ashley sentì un brivido di paura autentica correrle lungo la schiena. Le mutandine sparirono in un istante.
“Bene,” la voce era tornata suadente, ipnotica. “Adesso ricomincia a giocare… mostrami i tuoi misteri più nascosti. Mostrami dove vorresti che ti accarezzassero o toccassero le mie mani…”
Al suono di quelle parole Ashley chiuse gli occhi e lasciò che le fantasie che aveva sognato in quelle notti guidassero le sue mani. Facendo attenzione a non rivelare con i suoi movimenti la presenza del plug – il suo piccolo segreto, il suo dono per lui – si distese sul letto e lentamente spalancò le cosce, esponendosi completamente al suo spettatore silenzioso. La sua mano destra scivolò tra le gambe, trovando una figa già bagnata, pronta. Le dita iniziarono a muoversi con decisione crescente, mentre l’altra mano saliva a giocare con i suoi seni prosperosi.
Si strizzava i capezzoli con forza, alternando il piacere delle sue dita alla lingua che cercava di raggiungerli, di succhiarli avidamente. I suoi grandi seni sembravano vivi sotto le sue carezze, i capezzoli sempre più turgidi e sensibili.
La mano tra le cosce non smetteva il suo lavoro, due dita scivolavano dentro e fuori con ritmo crescente, il palmo che premeva contro il clitoride a ogni movimento. I suoi gemiti si facevano più forti mentre alternava il piacere che si dava, ora concentrandosi sulla penetrazione profonda delle dita, ora sul massaggio insistente del clitoride, sempre mantenendo l’altra mano occupata con i suoi seni, portandoli alla bocca, leccando e mordendo i capezzoli come se non fossero suoi.
“Fammi vedere come giochi con il tuo buchino…” la sua voce era carica di aspettativa.
Ashley sentì un sorriso formarsi sulle sue labbra. Per la prima volta da quando era entrata, sentiva di avere qualcosa di suo da offrire, un segreto che avrebbe ribaltato le dinamiche, anche se solo per un momento. “Ho un segreto da mostrarti,” sussurrò, girandosi per offrire una completa vista del suo culo. “Mi sono preparata per te… ho voluto farti un dono.” Le sue mani allargarono le natiche, rivelando il gioiello metallico che aveva custodito fino a quel momento.
“Uhmmmmm…” Un respiro trattenuto nell’ombra tradì la sorpresa di Dago. “Quando…?”
“Dal momento in cui sono uscita dall’ufficio,” rispose lei, assaporando questo raro momento di controllo. “Ogni passo, ogni movimento… tutto per arrivare pronta per te.”
La sua voce, quando tornò, aveva una nuova sfumatura di apprezzamento. “Poi mi racconterai come ti ha fatto sentire.” C’era qualcosa di diverso nel suo tono – un misto di ammirazione e desiderio accresciuto per questa sua iniziativa inaspettata. Poi ordinò, “Ora toglilo e fai quello che ti ho chiesto!”
Ashley iniziò a muovere lentamente il plug, trasformando la sua rimozione in uno spettacolo, ogni movimento accompagnato da gemiti che rivelavano quanto quella presenza l’avesse tenuta eccitata per tutto questo tempo. L’altra mano continuava instancabile sulla sua figa, trovandola sempre più bagnata. Finalmente sfilò il plug, lasciandolo cadere sul letto, e le sue dita iniziarono a esplorare quell’apertura ora vuota, cercando di non tradire quanto quel tipo di stimolazione la eccitasse.
Il suo piacere colava copioso tra le cosce, rendendo le dita scivolose. Mai si era sentita così eccitata, così persa in sensazioni che voleva durassero per sempre. Ma il suo corpo aveva altri piani, correndo verso un orgasmo che sembrava inevitabile mentre le sue dita acceleravano il ritmo quasi contro la sua volontà.
“Fermati.”
Il comando, sebbene non minaccioso come prima, era ugualmente definitivo. La strappò dal mondo ovattato di piacere in cui era sprofondata, anche se il suo corpo continuava a tremare di desiderio insoddisfatto. Stava per protestare quando un cambiamento improvviso nella luce la fece sussultare – uno spot illuminava ora solo il letto, trasformandolo in un palcoscenico nell’oscurità, esponendola completamente al suo sguardo mentre il resto della stanza sprofondava nel buio.
Ashley era distesa sul letto, ancora vibrante di desiderio insoddisfatto, quando percepì un movimento nell’ombra. La presenza di Dago si manifestava attraverso lievi spostamenti d’aria, il suo silenzio carico di intenzioni.
“Allunga le mani sopra la tua testa.”
Nel suo stato di eccitazione confusa, Ashley obbedì quasi per istinto. La seta scivolò intorno ai suoi polsi come acqua fredda – prima uno, poi l’altro – in un rituale che sembrava antichissimo e nuovo allo stesso tempo. Quando provò a muovere le braccia, scoprì che la sciarpa era ancorata a qualcosa, ma il legame aveva una gentilezza inaspettata.
Fu allora che il suo viso apparve sopra il suo, capovolto come in uno specchio d’acqua. I lineamenti erano sorprendentemente dolci, in contrasto con gli occhi di un colore indefinibile che emanavano un magnetismo quasi soprannaturale. Qualcosa in quello sguardo la tranquillizzò, come se stesse finalmente mettendo un volto alle parole che l’avevano sedotta.
“Non ti ho immobilizzata,” la sua voce era morbida ma ferma. “Voglio solo tenerti le mani lontane dal corpo. Adesso tocca a me giocare un po’ con il tuo corpo.” Un sorriso attraversò il suo viso prima che scomparisse di nuovo nell’ombra. “Mettiti alla pecorina.”
Si girò con cautela, scoprendo che il legame era esattamente come lui aveva promesso – contenitivo ma non costrittivo. Appoggiò il viso al materasso, offrendo il suo corpo all’ignoto con un misto di trepidazione e desiderio. ‘Probabilmente adesso mi scopa come più gli piace, magari solo nel culo,’ pensò, sorprendendosi della sua stessa audacia.
Le sue mani erano una rivelazione – calde, sicure, precise nel loro intento di scoprire ogni segreto del suo corpo. Palmi che saggiavano i glutei con una lentezza studiata, dita che scivolavano tra le cosce come se stessero imparando a memoria ogni sua curva. Ogni tocco sembrava calibrato per portarla sempre più vicino al limite senza mai permetterle di superarlo. All’improvviso, una mano avvolse la sua figa in una presa possessiva, strappandole un gemito di piacere puro.
Quella stessa mano iniziò una danza ipnotica, raccogliendo i suoi umori, trasportandoli lungo il solco tra le natiche. Un dito scivolò dentro la sua figa, esplorando, mappando, come se stesse leggendo ogni minimo sussulto del suo corpo, ogni respiro trattenuto.
“Non osare venire senza il mio permesso,” la sua voce era bassa ma inequivocabile. “Voglio sentirti tremare sul bordo del piacere, voglio vederti lottare per controllarti.”
Quelle parole la fecero gemere più forte del tocco stesso. Il dito si ritrasse, risalì lentamente e penetrò il suo ano con una determinazione gentile ma inesorabile, spingendosi fino in fondo. Il suo corpo si tendeva come un arco mentre lui alternava ritmi e pressioni, portandola ripetutamente vicino all’orgasmo solo per trattenerla lì, in quello spazio di pura sensazione dove il piacere e la tortura si confondevano.
Quando tornò alla sua figa, le dita erano diventate due dita. Le sentì ripercorrere lo stesso cammino, premendo entrambe contro l’apertura del suo ano. Un fremito di tensione le attraversò il corpo, i muscoli che si contraevano per istinto. Ma Dago sapeva esattamente cosa fare – la sua altra mano trovò il clitoride, massaggiandolo con una dolcezza che faceva da contrappunto alla crescente pressione dietro.
Gradualmente, il suo corpo si arrese. Le dita scivolavano dentro mentre ondate alternate di piacere e disagio la facevano gemere sempre più forte. Ashley si ritrovò in uno stato quasi meditativo di piacere sospeso, dove ogni sensazione era amplificata – il battito del suo cuore, il sudore che le scivolava lungo la schiena, i muscoli che tremavano per lo sforzo di mantenere il controllo. Il suo piacere fluiva copioso, mentre lui la conduceva in una danza sempre più intensa, sempre più profonda.
Le dita si ritirarono con la stessa lentezza con cui erano entrate, lasciando che i suoi muscoli si rilassassero gradualmente, mentre il suo corpo tremava di un piacere che era al tempo stesso appagamento e nuova fame.
Per qualche istante, il silenzio avvolse Ashley come una coperta – un momento di tregua per assaporare le sensazioni che le attraversavano il corpo. La sua mente vorticava tra desiderio e consapevolezza, ogni nervo teso nell’attesa. Le mani di Dago tornarono, decise, sicure, afferrando i suoi glutei e allargandoli. La sua lingua iniziò un’esplorazione che la fece tremare – non era solo l’intensità fisica, ma la deliberata lentezza con cui la assaporava, come se stesse memorizzando ogni suo sapore, ogni sua reazione.
I gemiti le sfuggivano incontrollati, il suo corpo si muoveva da solo cercando più contatto, più pressione, più tutto. L’orgasmo si stava costruendo dentro di lei come un’onda inarrestabile, ma ancora una volta Dago si fermò, lasciandola ansimante e frustrata.
Rumori familiari nell’ombra attirarono la sua attenzione. Il suono di una confezione che si apriva, il tintinnio metallico che riconosceva fin troppo bene. “Palline cinesi… mai provate?”
La prima sfera premette contro la sua figa gocciolante, scivolando dentro con una lentezza esasperante. La seconda seguì mentre ancora stava processando la nuova sensazione, riempiendola completamente. Ogni movimento, ogni respiro le faceva vibrare dentro, trasformando il suo corpo in uno strumento di piacere sintonizzato sulle frequenze più primitive.
Fu quando sentì la pressione successiva che il suo cuore saltò un battito. Riconobbe immediatamente la forma, la consistenza – era il suo plug, quello che aveva portato con sé come offerta. Dago lo stava usando contro di lei, trasformando il suo dono in uno strumento di tortura deliziosa. La consapevolezza la fece bruciare di desiderio e vergogna insieme.
Lo sentiva giocare con i suoi limiti, spingendo il plug appena dentro per poi lasciare che i suoi muscoli lo espellessero, ogni volta un po’ più profondo, ogni volta strappandole gemiti più intensi. Le palline vibravano a ogni suo movimento, creando una sinfonia di sensazioni che la stavano facendo impazzire. Voleva supplicarlo di scoparla, di possederla, di usarla – le parole le bruciavano sulla lingua, trattenute solo dal morso delle sue labbra.
La spinta finale fu quasi una liberazione. I suoi muscoli si chiusero attorno alla base più stretta del plug, intrappolando il silicone dentro di lei. Si sentiva incredibilmente piena, completamente esposta, trasformata in un oggetto di puro piacere per il suo divertimento. Il suo corpo tremava incontrollato, gli umori le colavano copiosi lungo le cosce, e ogni respiro era un gemito soffocato di desiderio insoddisfatto.
Lo sente muoversi, ma attorno a lei e non dentro di lei come il suo corpo implora. Quando si sposta verso la sua testa, Ashley pensa che finalmente la libererà. Lo cerca con lo sguardo mentre emerge dall’ombra – il corpo asciutto avvolto in vestiti scuri, gli occhi che brillano di un’intensità che la fa tremare. Le sue mani si muovono sui pantaloni, liberando un’erezione che tradisce quanto lo spettacolo l’abbia eccitato.
Ashley sente un moto di orgoglio professionale impossibile da reprimere – sa di essere brava con la bocca, sa esattamente come far perdere il controllo a un uomo. Schiude le labbra, sicura di sé, pronta a riprendere un briciolo di controllo attraverso la sua arte. Ma Dago ha altri piani. La sua mano si chiude nei suoi capelli, immobilizzandole la testa.
“Non voglio un pompino, voglio scoparti in bocca.”
Il messaggio brutale la colpisce come uno schiaffo, dissolvendo ogni illusione di controllo. Lo sente invadere la sua bocca, iniziare a muoversi, prima lentamente, poi con spinte sempre più decise che le raggiungono la gola, usando la sua bocca come un semplice strumento per il suo piacere. Usandola come se fosse una bambola di gomma. È una sensazione nuova per lei, subire senza poter usare nessuna delle sue tante armi di seduzione e lussuria.
Le sensazioni la travolgono – le palline che vibrano nella sua figa ad ogni spinta di Dago nella sua bocca, il plug che le riempie il culo, il cazzo che le usa la bocca senza riguardo. L’orgasmo la coglie come un’esplosione incontrollata. Invece di fermarsi, Dago accelera le spinte, tenendole la testa così ferma che può a malapena respirare tra i gemiti soffocati e le convulsioni di piacere.
Quando finalmente si ritira, Ashley ansima cercando di riprendere fiato. Ma lui si sta già muovendo di nuovo. Il plug scivola via dal suo culo, immediatamente sostituito dalla pressione della sua cappella.
“Scopami come una puttana,” le sfugge, un ultimo, disperato tentativo di dettare il ritmo.
Sente la mano di Dago afferrarle di nuovo i capelli, con brutalità, obbligarla ad arcuarsi mentre le sue labbra si incollano al suo orecchio “Ti scopo come voglio io, quanto voglio io, dove voglio io… ” è un ringhio, una dichiarazione.
Con una spinta violenta la penetra completamente, annullando ogni sua pretesa di controllo. Non le è permesso dare ordini – è solo carne da usare per il suo piacere.
I suoi colpi sono lenti, studiati, tenendola sempre per i capelli, come se stesse seguendo una partitura scritta nella sua mente. Le palline continuano la loro tortura implacabile mentre lui accelera il ritmo, spingendola verso un altro orgasmo. “Sto per godere… devo godere…” la sua voce è irriconoscibile persino a sé stessa.
“Fammi sentire come gode una troia di lusso come te.” Il suo seme caldo che le riempie il culo scatena un secondo orgasmo ancora più devastante del primo. Il suo corpo è attraversato da scariche elettriche di piacere che le annullano ogni pensiero coerente. Per un momento, tutto si riduce a pura sensazione – il mondo intero si contrae in quel punto dove i loro corpi si uniscono.
Poi, come un sipario che cala su una scena troppo intensa, tutto cambia. Lo sente sfilarsi, allontanarsi da lei.
In quella transizione improvvisa dalla passione alla freddezza clinica, Ashley legge la vera natura del suo potere. Non è nella forza fisica, non è nella dominazione brutale – è nella sua capacità di orchestrare ogni momento, ogni emozione, ogni sussulto del suo essere con la precisione di un direttore d’orchestra. Questo è solo il primo movimento di una sinfonia già composta – lui ha già scritto ogni nota della sua trasformazione in oggetto di piacere, e la freddezza del suo tono è la firma più crudele sul contratto che lei ha inconsapevolmente firmato.
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