Un piccolo favore
di
Cameron Blaze
genere
etero
Terzo racconto della serie. Vi consiglio di leggere gli altri due, usciti cronologicamente prima di questo, per avere comprensione dei personaggi e della storia generale. Buona lettura
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Francesca era seduta nel suo ufficio. Stava aspettando un alunno che aveva chiesto di vederla per poter far la tesi con lei.
Si chiamava Davide. Lei aveva cercato di associare una faccia al nome ma non c’era mai riuscita.
Verso metà pomeriggio, bussò alla porta. Entrò un bel fusto, un metro e ottanta abbondante con un fisico normale. I capelli erano corti e aveva un piccolo accenno di barba incolta.
Francesca notò subito una stretta di mano decisa e un bel sorriso.
– Allora, mi aveva scritto che aveva un’idea su una tesi giusto? – chiese la prof al ragazzo.
– Sì, mi interessava Joyce e il rapporto con la città nei suoi testi.
– Può essere interessante, a Dublino conosco qualcuno, potrebbe andare a fare un giro là a parlare con due miei amici professori al Trinity College. – propose la donna.
– Mi piacerebbe molto.
– Allora organizziamo, magari per il prossimo mese. Salgo anche io ad accompagnarla, le faccio conoscere i miei contatti e poi torno in patria.
– Va bene, mi aggiorni sulle date.
Nel momento dei saluti a Francesca non sfuggì lo sguardo rapido del ragazzo alla sua scollatura. Non era generosissima, ma comunque considerevole.
Sentì un pruritino alla figa. Era un po’ che non lo faceva. Dall’esperienza con Riccardo e Diego.
La professoressa comprò tutti i biglietti e prenotò per sé una camera in un hotel in centro. Comunicò tutto al ragazzo via mail e si diedero appuntamento all’aeroporto.
Francesca si vestì molto semplice, un paio di leggins, una felpa e sneakers bianche Adidas. Prese un taxi e in circa mezz’ora era in aeroporto. Davide la stava aspettando fuori dall’ingresso del terminal.
– Buongiorno prof, è un piacere vederla. – disse il ragazzo mentre si scambiarono due baci sulle guance.
– Anche per me! – gli rispose Francesca, – diamoci del tu però, i formalismi mi danno fastidio.
– Va benissimo Francesca. – disse allora il ragazzo, – stai molto bene in vestiti poco formali.
Lei arrossì al complimento e lo ringraziò.
Si avviarono verso il loro gate, dopo aver superato i controlli di sicurezza e presero l’aereo.
– Come mai conosci gente a Dublino?
– Ci feci l’Erasmus… bei tempi.
Davide notò subito una vena malinconica nella voce della prof.
Tra varie chiacchiere , Francesca scoprì che Davide era single, da quasi un annetto. Aveva frequentato qualche ragazza, ma nulla di serio.
– Tu invece? sposata? – chiese il ragazzo dopo averle raccontato la sua situazione sentimentale.
– Divorziata. Ho un figlio, ma da un paio di mesi è andato in America al college. Ho frequentato qualcuno, ma senza intenzioni serie.
– Una bella donna come te sola?
– Grazie per il bella, ma sì, per ora meglio sola.
Durante le altre due ore di volo, parlarono di letteratura, di arte e anche di sport. A Francesca iniziava a piacere. Era sveglio, appassionato.
Dopo l’atterraggio si divisero. Francesca prese un taxi verso il centro, direzione hotel. Davide invece si incamminò verso l’Airbnb che aveva trovato a un prezzo accettabile, in una zona residenziale fuori mano. Si scrissero un messaggio veloce:
“Ci vediamo alle 19 in O’Connell Street?”
“Perfetto, vengo in bus. A dopo.”
Alle 19 in punto, Francesca lo vide arrivare attraversando la strada. Indossava una camicia grigia, le maniche rimboccate. Lei era in jeans, top nero e un soprabito chiaro. Era bella, senza sforzo.
– Hai fatto presto. – disse lei sorridendo.
– Non vedevo l’ora. – rispose lui, – e poi, non si fanno aspettare le belle signore.
Francesca arrossì, le piaceva sempre di più quel ragazzo. Non solo sessualmente. Aveva voglia di parlare con lui, cosa che non le capitava spesso.
Passeggiarono qualche minuto, finché trovarono un pub accogliente con luci basse e l’odore familiare di birra e legno. Ordinarono due Guinness, poi un piatto di fish and chips.
– Sai, ti immaginavo diversa come prof. – disse Davide dopo la seconda pinta.
– In che senso?
– Più rigida. Più distante.
– Mi piace tenere le distanze in aula. Ma nella vita preferisco la verità alle maschere.
– Mi piace. E mi piaci.
Francesca arrossì appena, ma non distolse lo sguardo.
– Sei un bel ragazzo, Davide. Anche troppo giovane però.
– Ho ventiquattro anni, mica diciassette.
– Ne ho il doppio, purtroppo.
– E sei la donna più interessante che abbia conosciuto da mesi.
– Anche tu l’uomo più interessante con cui abbia parlato.
Davide le toccò il dorso della mano con le sue dita, poi gli anelli.
Lei non la tolse.
Rimasero così qualche secondo, in silenzio, le sue dita sulle sue. Poi Francesca si scostò leggermente, ma senza fretta, più per prendere il bicchiere e finire la pinta che per allontanarlo davvero.
– Vieni, andiamo. – disse, alzandosi.
Uscirono dal pub e si trovarono immersi nell’aria umida di Dublino. Le luci gialle dei lampioni, i taxi sfuggenti, il vociare distante.
– C’è un autobus? – chiese Francesca, guardando il telefono.
– Sì, ma tra quaranta minuti.
– E taxi?
– Nessuno. Zona morta.
Lei alzò le spalle.
– Vabbè, allora vieni a dormire da me.
Davide la guardò, serio.
– Sicura?
– Non dormi per terra, se è questo che pensi.
– E neanche con te? – disse lui, con un mezzo sorriso.
– Non far domande da ragazzino. Vieni.
Presero a camminare verso l’hotel. Nessuno parlava, ma il silenzio era pieno. Ogni tanto le loro mani si sfioravano lungo il fianco. Francesca lo lasciava fare.
Entrarono nella hall, salirono in camera. Lei aveva una singola con letto queen size.
– Un solo letto? – chiese Davide con un’espressione in mezzo tra confusione e eccitazione.
– Sì, non ho intenzione di stuprarti, se è questo che ti preoccupa.
Il ragazzo sorrise.
Francesca si sedette sul bordo del letto a togliersi le scarpe. Poi si alzò e piegandosi prese un bottiglietta di Jack Daniel’s dal frigobar.
Sempre rivolta verso la finestra e dando le spalle al ragazzo chiese:
– Facciamo due sorsi?
Il ragazzo non rispose, si avvicinò a lei le la strinse da dietro. Le spostò i capelli e iniziò a baciarle il collo.
Lei bevve rapidamente metà bottiglietta e la passò a lui che fece lo stesso.
Restarono così per un po’, lui le accarezzava la pancia e i fianchi.
Dopo un po’ si girò.
– Hai superato il confine, sappilo. – gli disse la prof guardandolo negli occhi.
– Posso tornare indietro se vuoi.
– No, non farlo. – disse e iniziò a limonarlo.
In un battibaleno si trovarono con lui seduto al bordo del letto e lei con il suo cazzo in bocca.
Francesca non aveva fretta. Lo assaporava.
Sentiva la sua lingua muoversi lenta intorno al glande, poi giù lungo l’asta.
Lo sentiva fremere sotto la sua bocca, e questo la eccitava ancora di più.
Ogni tanto alzava lo sguardo verso di lui, e lo vedeva con la testa all’indietro, le mani abbandonate sulle cosce.
– Se continui così finisce troppo presto – disse Davide, con la voce roca.
Lei sorrise.
Dopo un attimo, lui si alzò. La stacco dal suo cazzo ormai in piena erezione da un po’ e le fece togliere il reggiseno. Lei eseguì e si buttò sul letto a pancia in su. Aveva indosso solo le mutandine nere.
Lui si mise ai suoi piedi, carponi sopra al copriletto morbido.
Iniziò a baciarla dalle unghie smaltate. Salendo bacio dopo bacio lungo tutta la gamba della donna.
Lei aveva i brividi.
Quando arrivò vicino all’inguine salì sulla pancia, vicino all’ombelico.
Poi scese di nuovo.
– Posso?
– Se non lo fai, ti caccio.
Sorrise e le sfilò le mutandine.
Davide la leccò piano. Con pazienza.
Gli mise una mano sulla testa, per tenerlo lì.
– Cristo, quanto mi mancava…
Venì una prima volta così, con le sue labbra e la sua lingua. Senza urla, ma profonda.
Quando lui si sollevò, lei lo tirò a sé.
– Ora voglio sentirti dentro.
– Hai un preservativo? – le chiese il ragazzo.
Lei si alzò, andò a rovistare nella valigia e prese il profilattico. Ne portava sempre uno, da quando aveva fatto sesso con Riccardo e Diego qualche tempo prima. Non voleva più andare dalla farmacista a chiedere una pillola del giorno dopo.
Si avvicinò a lui che nel frattempo si era messo in piedi, si inginocchiò, diede due pompate di bocca per assicurarsi che fosse completamente duro e gli mise il cappuccio.
Lui la fece alzare e la buttò sul letto. Si mise sopra di lei e guardandola negli occhi entrò lentamente.
Lei gemette, gli occhi chiusi, le mani che lo accarezzavano ovunque.
Cominciarono lenti. Poi lui la prese con più forza.
Le gambe di Francesca attorno ai suoi fianchi, i loro corpi bagnati dal sudore e dagli umori.
– Mi piace come mi guardi – gli sussurrò lei.
– Mi piace come mi desideri – rispose lui.
Vennero quasi insieme, dopo pochi minuti. Era tutto troppo intenso, troppo carico.
Rimasero abbracciati, nudi, in silenzio. Solo i respiri, i battiti, il calore della pelle.
– Non mi aspettavo niente da questo viaggio – disse lui, dopo un po’.
– Nemmeno io. Ma ogni tanto la vita sorprende.
– Vuoi dormire o…
– O?
– O posso farlo ancora.
Francesca si voltò, lo guardò con quel mezzo sorriso ironico che la faceva sembrare ancora una studentessa in Erasmus.
– Fammi vedere se sei davvero un ventiquattrenne o solo un fanfarone.
Davide sorrise, sicuro.
Le accarezzò un fianco, poi il seno, le sfiorò un capezzolo con le dita, con lentezza.
Francesca si morse il labbro. Era ancora sensibile, ma sentiva quella voglia crescere di nuovo.
Lui si chinò su di lei e cominciò a baciarla piano, dalle spalle fino al petto.
Le prese un seno con la mano e lo succhiò, mentre l’altra mano scendeva di nuovo tra le sue gambe.
La stuzzicava con due dita lente e sicure. Lei si inarcava, si faceva toccare, bagnata e calda, e non voleva più pensare a niente.
Poi lui si fermò un attimo e si mise sopra di lei, in ginocchio.
– Giriamoci – disse.
– Vai. Fammi fare un po’ di fatica anche a me.
Francesca si accucciò tra le sue gambe, iniziò a stimolarlo e poi gli mise un altro preservativo.
Poi si mise a cavalcioni sopra di lui, con i capelli sciolti che le cadevano sulle spalle.
Guidò il suo cazzo dentro di sé, con lentezza.
Si fermò un attimo, chiudendo gli occhi.
Lo sentiva tutto. Profondo.
Cominciò a muoversi, ondeggiando il bacino piano, poi sempre più veloce.
Lei venne di nuovo, con un piccolo gemito. Poi si lasciò cadere su di lui, il viso sul suo petto.
– Non male come inizio – sussurrò.
– Direi che Dublino ci fa bene.
Lui si alzò, in ginocchio sul letto, si sfilò il preservativo e iniziò a masturbarsi velocemente.
Venne dopo poco, sul culo sodo della prof.
Si accasciò poi sul letto, stanco.
Restarono così, per un po’.
Poi lui le accarezzò la schiena.
– Terzo round? – le chiese.
– Mmh… fammi una doccia e vediamo se mi convinci.
Francesca si alzò, nuda, e andò verso il bagno.
Lui la guardava camminare, il culo sodo, le cosce forti.
– Porti tu il sapone? – disse lei, girandosi con uno sguardo malizioso.
– Subito, prof.
E chiuse la porta dietro di sé.
Francesca aprì l’acqua calda e lasciò che il vapore iniziasse a riempire l’ambiente. Si mise sotto il getto, chiudendo gli occhi, il viso rivolto verso l’alto. L’acqua le scivolava tra i seni, lungo la pancia, fino alle cosce.
Davide entrò in silenzio, nudo. La raggiunse sotto il getto, la prese per i fianchi e le baciò la spalla.
Si voltarono l’uno verso l’altra. L’acqua correva tra i loro corpi. Francesca gli prese il viso tra le mani, lo baciò con dolcezza. Lui le passò il sapone sulle spalle, poi sul seno, indugiando con attenzione sui capezzoli, ormai duri.
Scese lentamente lungo la schiena, poi dietro, tra le natiche, mentre lei chiudeva gli occhi e si lasciava andare.
– Sei ancora duro. – gli sussurrò.
– Sì. Sei tu il problema.
Francesca si girò di spalle e si piegò in avanti, poggiando le mani contro la parete bagnata della doccia.
– Vienimi dietro – disse con un filo di voce.
– Così? – chiese lui, avvicinandosi.
– Sì. Lentamente.
Davide guidò il suo arnese nel buchetto di lei, lentamente per non farle male.
cominciò a muoversi con ritmo profondo e costante. L’acqua attorno scrosciava, e ogni colpo faceva tremare la pelle bagnata.
Francesca gemeva piano, mordeva il labbro, il viso umido e i capelli incollati alla schiena.
Durarono poco.
Ma fu intenso.
Quando lui venne, si fermò dentro di lei, stringendole i fianchi. Rimasero così, fiato corto, la fronte appoggiata sulla sua schiena.
Poi si lavarono in silenzio.
Lei prese l’asciugamano, uscì prima.
Davide la seguì poco dopo, si sdraiò sul letto nudo, con una mano dietro la testa.
– Ti sei pentita? – chiese.
Francesca si voltò verso di lui, mentre si passava la crema sulle gambe.
– No. Ma ho paura che domani mi mancherai.
Non aggiunsero altro.
Lei si infilò nel letto, lui la strinse.
Si addormentarono così. Due corpi appena incontrati, ma già segnati a vicenda.
Nel frattempo Elena continuava a vedersi con Riccardo. Il ragazzo però la trattava solo come carne da cazzo. A lui di lei non importava. Ci giocava ogni tanto e basta.
– Francesca non mi risponde. Le ho scritto anche ieri, solo per un aperitivo, ma non mi caga. – disse Riccardo alla donna appena dopo aver scopato.
– Fa così, magari non le interessi.
– Impossibile, si è fatta aprire tutta. Poi è sparita con la scusa del figlio.
– Quello è in america ora, quindi se non vuole vederti non le interessi. – continuò a dirgli la donna, in preda alla gelosia.
Al ragazzo non importava. Pensava che sotto tutta quell’armatura, a Francesca importasse di lui.
Ad Elena venne un’idea. Voleva sbloccare la situazione. Così scrisse a Nico.
“Scrivi a Francesca che vuoi vederla, ha un debole per te. Poi riprendila e mandami i video”
“Perchè? E io cosa ci guadagno?”
“Non ti preoccupare del perchè. Cosa vorresti?”
“Ti voglio tre giorni a casa. Quando i miei se ne vanno. Solo io e te. Farai tutto ciò che ti dirò. TUTTO”.
“Accetto”, rispose infine Elena. Disposta a tutto, pur di distruggere l’immagine idealizzata che Riccardo ha della sua “amica”.
Quando Francesca aprì gli occhi, la luce del mattino filtrava timida attraverso le tende dell’hotel. Sentiva il respiro caldo di Davide sulla nuca, il suo braccio pesante a cingerle la vita. Si girò lentamente, per non svegliarlo. Lo guardò dormire: gli occhi chiusi, la bocca rilassata, il torace che si alzava e abbassava piano.
Si sentiva bene. Felice e serena come non lo era da tempo, tanto tempo.
Rimase qualche minuto così, poi si alzò e andò in bagno. Si lavò il viso, si mise la crema. Quando tornò, Davide era seduto sul letto, ancora nudo, con le gambe a penzoloni.
– Buongiorno. – disse lui, con la voce impastata.
– Buongiorno. Dormito bene?
– Molto. Meglio di quanto mi capitasse da mesi.
Lei annuì, sedendosi di fianco a lui. Gli toccò la schiena, poi il collo.
– Dobbiamo andare in università oggi. Alle dieci.
– Ce la facciamo, dai. Anche se... – fece una pausa, – potrei restare qui tutto il giorno con te.
Francesca sorrise. Poi si alzò, prese le mutandine dal pavimento e cominciò a vestirsi.
– I professori che ti farò incontrare sono molto in gamba. Ma dovrai fare bella figura, capito?
– Dici che sembro poco serio? – chiese lui ridendo.
– No. Ma ti sei scopato la tua relatrice, magari qualcuno potrebbe avere dei dubbi sul tuo rigore accademico.
Davide rise di gusto.
– Quindi non posso dirlo a nessuno?
– No. Questa cosa resta tra noi. Almeno finché saremo a Dublino.
– E poi?
– E poi... vedremo. – disse lei, evitando il suo sguardo mentre infilava gli orecchini.
Lui si alzò e si avvicinò. La baciò piano dietro l’orecchio.
– Mi piaci davvero, Francesca.
Lei si irrigidì leggermente.
– Non iniziare a fare l’innamorato, Davide. È stata una notte bellissima, ma non è il caso di complicarla.
–Non è complicarla, è darle un seguito.
– Parli come uno che non ha ancora avuto troppe delusioni. Ti auguro di conservarlo, questo entusiasmo. Ma io... non lo so. Ho smesso di fare progetti da un po’.
Restarono in silenzio.
– Vestiti, forza. Dobbiamo uscire tra venti minuti.
Dopo aver fatto conoscere i suoi amici a Davide, Francesca lo saluto con un bacino veloce. Gli diede il suo numero
– Dopo la laurea scrivimi. Non ti manca molto e non vorrei che sta cosa rovinasse tutto.
– Va bene, ci vediamo Frances… prof.
Lei prese un taxi verso l’aeroporto. Appena prima di pagare e scendere le arrivò un messaggio:
“Ciao Francesca, sono Nico. Mi ha dato il tuo numero Elena, vorrei invitarti a cena da me. Tra un mesetto se ti va. Solo io e te.”
Francesca non aveva intenzione di tornare da loro, soprattutto dopo aver conosciuto Davide.
Ma Nico…
Aveva ancora negli occhi quella violenza perversa con cui aveva scopato la sua amica Elena.
“Mi farai cucinare nuda come con Elena?”
“Ovviamente”
“Ci sto, ci sentiamo per la data”.
Mise via il telefono e si portò una mano alle mutande. Erano fradice.
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Francesca era seduta nel suo ufficio. Stava aspettando un alunno che aveva chiesto di vederla per poter far la tesi con lei.
Si chiamava Davide. Lei aveva cercato di associare una faccia al nome ma non c’era mai riuscita.
Verso metà pomeriggio, bussò alla porta. Entrò un bel fusto, un metro e ottanta abbondante con un fisico normale. I capelli erano corti e aveva un piccolo accenno di barba incolta.
Francesca notò subito una stretta di mano decisa e un bel sorriso.
– Allora, mi aveva scritto che aveva un’idea su una tesi giusto? – chiese la prof al ragazzo.
– Sì, mi interessava Joyce e il rapporto con la città nei suoi testi.
– Può essere interessante, a Dublino conosco qualcuno, potrebbe andare a fare un giro là a parlare con due miei amici professori al Trinity College. – propose la donna.
– Mi piacerebbe molto.
– Allora organizziamo, magari per il prossimo mese. Salgo anche io ad accompagnarla, le faccio conoscere i miei contatti e poi torno in patria.
– Va bene, mi aggiorni sulle date.
Nel momento dei saluti a Francesca non sfuggì lo sguardo rapido del ragazzo alla sua scollatura. Non era generosissima, ma comunque considerevole.
Sentì un pruritino alla figa. Era un po’ che non lo faceva. Dall’esperienza con Riccardo e Diego.
La professoressa comprò tutti i biglietti e prenotò per sé una camera in un hotel in centro. Comunicò tutto al ragazzo via mail e si diedero appuntamento all’aeroporto.
Francesca si vestì molto semplice, un paio di leggins, una felpa e sneakers bianche Adidas. Prese un taxi e in circa mezz’ora era in aeroporto. Davide la stava aspettando fuori dall’ingresso del terminal.
– Buongiorno prof, è un piacere vederla. – disse il ragazzo mentre si scambiarono due baci sulle guance.
– Anche per me! – gli rispose Francesca, – diamoci del tu però, i formalismi mi danno fastidio.
– Va benissimo Francesca. – disse allora il ragazzo, – stai molto bene in vestiti poco formali.
Lei arrossì al complimento e lo ringraziò.
Si avviarono verso il loro gate, dopo aver superato i controlli di sicurezza e presero l’aereo.
– Come mai conosci gente a Dublino?
– Ci feci l’Erasmus… bei tempi.
Davide notò subito una vena malinconica nella voce della prof.
Tra varie chiacchiere , Francesca scoprì che Davide era single, da quasi un annetto. Aveva frequentato qualche ragazza, ma nulla di serio.
– Tu invece? sposata? – chiese il ragazzo dopo averle raccontato la sua situazione sentimentale.
– Divorziata. Ho un figlio, ma da un paio di mesi è andato in America al college. Ho frequentato qualcuno, ma senza intenzioni serie.
– Una bella donna come te sola?
– Grazie per il bella, ma sì, per ora meglio sola.
Durante le altre due ore di volo, parlarono di letteratura, di arte e anche di sport. A Francesca iniziava a piacere. Era sveglio, appassionato.
Dopo l’atterraggio si divisero. Francesca prese un taxi verso il centro, direzione hotel. Davide invece si incamminò verso l’Airbnb che aveva trovato a un prezzo accettabile, in una zona residenziale fuori mano. Si scrissero un messaggio veloce:
“Ci vediamo alle 19 in O’Connell Street?”
“Perfetto, vengo in bus. A dopo.”
Alle 19 in punto, Francesca lo vide arrivare attraversando la strada. Indossava una camicia grigia, le maniche rimboccate. Lei era in jeans, top nero e un soprabito chiaro. Era bella, senza sforzo.
– Hai fatto presto. – disse lei sorridendo.
– Non vedevo l’ora. – rispose lui, – e poi, non si fanno aspettare le belle signore.
Francesca arrossì, le piaceva sempre di più quel ragazzo. Non solo sessualmente. Aveva voglia di parlare con lui, cosa che non le capitava spesso.
Passeggiarono qualche minuto, finché trovarono un pub accogliente con luci basse e l’odore familiare di birra e legno. Ordinarono due Guinness, poi un piatto di fish and chips.
– Sai, ti immaginavo diversa come prof. – disse Davide dopo la seconda pinta.
– In che senso?
– Più rigida. Più distante.
– Mi piace tenere le distanze in aula. Ma nella vita preferisco la verità alle maschere.
– Mi piace. E mi piaci.
Francesca arrossì appena, ma non distolse lo sguardo.
– Sei un bel ragazzo, Davide. Anche troppo giovane però.
– Ho ventiquattro anni, mica diciassette.
– Ne ho il doppio, purtroppo.
– E sei la donna più interessante che abbia conosciuto da mesi.
– Anche tu l’uomo più interessante con cui abbia parlato.
Davide le toccò il dorso della mano con le sue dita, poi gli anelli.
Lei non la tolse.
Rimasero così qualche secondo, in silenzio, le sue dita sulle sue. Poi Francesca si scostò leggermente, ma senza fretta, più per prendere il bicchiere e finire la pinta che per allontanarlo davvero.
– Vieni, andiamo. – disse, alzandosi.
Uscirono dal pub e si trovarono immersi nell’aria umida di Dublino. Le luci gialle dei lampioni, i taxi sfuggenti, il vociare distante.
– C’è un autobus? – chiese Francesca, guardando il telefono.
– Sì, ma tra quaranta minuti.
– E taxi?
– Nessuno. Zona morta.
Lei alzò le spalle.
– Vabbè, allora vieni a dormire da me.
Davide la guardò, serio.
– Sicura?
– Non dormi per terra, se è questo che pensi.
– E neanche con te? – disse lui, con un mezzo sorriso.
– Non far domande da ragazzino. Vieni.
Presero a camminare verso l’hotel. Nessuno parlava, ma il silenzio era pieno. Ogni tanto le loro mani si sfioravano lungo il fianco. Francesca lo lasciava fare.
Entrarono nella hall, salirono in camera. Lei aveva una singola con letto queen size.
– Un solo letto? – chiese Davide con un’espressione in mezzo tra confusione e eccitazione.
– Sì, non ho intenzione di stuprarti, se è questo che ti preoccupa.
Il ragazzo sorrise.
Francesca si sedette sul bordo del letto a togliersi le scarpe. Poi si alzò e piegandosi prese un bottiglietta di Jack Daniel’s dal frigobar.
Sempre rivolta verso la finestra e dando le spalle al ragazzo chiese:
– Facciamo due sorsi?
Il ragazzo non rispose, si avvicinò a lei le la strinse da dietro. Le spostò i capelli e iniziò a baciarle il collo.
Lei bevve rapidamente metà bottiglietta e la passò a lui che fece lo stesso.
Restarono così per un po’, lui le accarezzava la pancia e i fianchi.
Dopo un po’ si girò.
– Hai superato il confine, sappilo. – gli disse la prof guardandolo negli occhi.
– Posso tornare indietro se vuoi.
– No, non farlo. – disse e iniziò a limonarlo.
In un battibaleno si trovarono con lui seduto al bordo del letto e lei con il suo cazzo in bocca.
Francesca non aveva fretta. Lo assaporava.
Sentiva la sua lingua muoversi lenta intorno al glande, poi giù lungo l’asta.
Lo sentiva fremere sotto la sua bocca, e questo la eccitava ancora di più.
Ogni tanto alzava lo sguardo verso di lui, e lo vedeva con la testa all’indietro, le mani abbandonate sulle cosce.
– Se continui così finisce troppo presto – disse Davide, con la voce roca.
Lei sorrise.
Dopo un attimo, lui si alzò. La stacco dal suo cazzo ormai in piena erezione da un po’ e le fece togliere il reggiseno. Lei eseguì e si buttò sul letto a pancia in su. Aveva indosso solo le mutandine nere.
Lui si mise ai suoi piedi, carponi sopra al copriletto morbido.
Iniziò a baciarla dalle unghie smaltate. Salendo bacio dopo bacio lungo tutta la gamba della donna.
Lei aveva i brividi.
Quando arrivò vicino all’inguine salì sulla pancia, vicino all’ombelico.
Poi scese di nuovo.
– Posso?
– Se non lo fai, ti caccio.
Sorrise e le sfilò le mutandine.
Davide la leccò piano. Con pazienza.
Gli mise una mano sulla testa, per tenerlo lì.
– Cristo, quanto mi mancava…
Venì una prima volta così, con le sue labbra e la sua lingua. Senza urla, ma profonda.
Quando lui si sollevò, lei lo tirò a sé.
– Ora voglio sentirti dentro.
– Hai un preservativo? – le chiese il ragazzo.
Lei si alzò, andò a rovistare nella valigia e prese il profilattico. Ne portava sempre uno, da quando aveva fatto sesso con Riccardo e Diego qualche tempo prima. Non voleva più andare dalla farmacista a chiedere una pillola del giorno dopo.
Si avvicinò a lui che nel frattempo si era messo in piedi, si inginocchiò, diede due pompate di bocca per assicurarsi che fosse completamente duro e gli mise il cappuccio.
Lui la fece alzare e la buttò sul letto. Si mise sopra di lei e guardandola negli occhi entrò lentamente.
Lei gemette, gli occhi chiusi, le mani che lo accarezzavano ovunque.
Cominciarono lenti. Poi lui la prese con più forza.
Le gambe di Francesca attorno ai suoi fianchi, i loro corpi bagnati dal sudore e dagli umori.
– Mi piace come mi guardi – gli sussurrò lei.
– Mi piace come mi desideri – rispose lui.
Vennero quasi insieme, dopo pochi minuti. Era tutto troppo intenso, troppo carico.
Rimasero abbracciati, nudi, in silenzio. Solo i respiri, i battiti, il calore della pelle.
– Non mi aspettavo niente da questo viaggio – disse lui, dopo un po’.
– Nemmeno io. Ma ogni tanto la vita sorprende.
– Vuoi dormire o…
– O?
– O posso farlo ancora.
Francesca si voltò, lo guardò con quel mezzo sorriso ironico che la faceva sembrare ancora una studentessa in Erasmus.
– Fammi vedere se sei davvero un ventiquattrenne o solo un fanfarone.
Davide sorrise, sicuro.
Le accarezzò un fianco, poi il seno, le sfiorò un capezzolo con le dita, con lentezza.
Francesca si morse il labbro. Era ancora sensibile, ma sentiva quella voglia crescere di nuovo.
Lui si chinò su di lei e cominciò a baciarla piano, dalle spalle fino al petto.
Le prese un seno con la mano e lo succhiò, mentre l’altra mano scendeva di nuovo tra le sue gambe.
La stuzzicava con due dita lente e sicure. Lei si inarcava, si faceva toccare, bagnata e calda, e non voleva più pensare a niente.
Poi lui si fermò un attimo e si mise sopra di lei, in ginocchio.
– Giriamoci – disse.
– Vai. Fammi fare un po’ di fatica anche a me.
Francesca si accucciò tra le sue gambe, iniziò a stimolarlo e poi gli mise un altro preservativo.
Poi si mise a cavalcioni sopra di lui, con i capelli sciolti che le cadevano sulle spalle.
Guidò il suo cazzo dentro di sé, con lentezza.
Si fermò un attimo, chiudendo gli occhi.
Lo sentiva tutto. Profondo.
Cominciò a muoversi, ondeggiando il bacino piano, poi sempre più veloce.
Lei venne di nuovo, con un piccolo gemito. Poi si lasciò cadere su di lui, il viso sul suo petto.
– Non male come inizio – sussurrò.
– Direi che Dublino ci fa bene.
Lui si alzò, in ginocchio sul letto, si sfilò il preservativo e iniziò a masturbarsi velocemente.
Venne dopo poco, sul culo sodo della prof.
Si accasciò poi sul letto, stanco.
Restarono così, per un po’.
Poi lui le accarezzò la schiena.
– Terzo round? – le chiese.
– Mmh… fammi una doccia e vediamo se mi convinci.
Francesca si alzò, nuda, e andò verso il bagno.
Lui la guardava camminare, il culo sodo, le cosce forti.
– Porti tu il sapone? – disse lei, girandosi con uno sguardo malizioso.
– Subito, prof.
E chiuse la porta dietro di sé.
Francesca aprì l’acqua calda e lasciò che il vapore iniziasse a riempire l’ambiente. Si mise sotto il getto, chiudendo gli occhi, il viso rivolto verso l’alto. L’acqua le scivolava tra i seni, lungo la pancia, fino alle cosce.
Davide entrò in silenzio, nudo. La raggiunse sotto il getto, la prese per i fianchi e le baciò la spalla.
Si voltarono l’uno verso l’altra. L’acqua correva tra i loro corpi. Francesca gli prese il viso tra le mani, lo baciò con dolcezza. Lui le passò il sapone sulle spalle, poi sul seno, indugiando con attenzione sui capezzoli, ormai duri.
Scese lentamente lungo la schiena, poi dietro, tra le natiche, mentre lei chiudeva gli occhi e si lasciava andare.
– Sei ancora duro. – gli sussurrò.
– Sì. Sei tu il problema.
Francesca si girò di spalle e si piegò in avanti, poggiando le mani contro la parete bagnata della doccia.
– Vienimi dietro – disse con un filo di voce.
– Così? – chiese lui, avvicinandosi.
– Sì. Lentamente.
Davide guidò il suo arnese nel buchetto di lei, lentamente per non farle male.
cominciò a muoversi con ritmo profondo e costante. L’acqua attorno scrosciava, e ogni colpo faceva tremare la pelle bagnata.
Francesca gemeva piano, mordeva il labbro, il viso umido e i capelli incollati alla schiena.
Durarono poco.
Ma fu intenso.
Quando lui venne, si fermò dentro di lei, stringendole i fianchi. Rimasero così, fiato corto, la fronte appoggiata sulla sua schiena.
Poi si lavarono in silenzio.
Lei prese l’asciugamano, uscì prima.
Davide la seguì poco dopo, si sdraiò sul letto nudo, con una mano dietro la testa.
– Ti sei pentita? – chiese.
Francesca si voltò verso di lui, mentre si passava la crema sulle gambe.
– No. Ma ho paura che domani mi mancherai.
Non aggiunsero altro.
Lei si infilò nel letto, lui la strinse.
Si addormentarono così. Due corpi appena incontrati, ma già segnati a vicenda.
Nel frattempo Elena continuava a vedersi con Riccardo. Il ragazzo però la trattava solo come carne da cazzo. A lui di lei non importava. Ci giocava ogni tanto e basta.
– Francesca non mi risponde. Le ho scritto anche ieri, solo per un aperitivo, ma non mi caga. – disse Riccardo alla donna appena dopo aver scopato.
– Fa così, magari non le interessi.
– Impossibile, si è fatta aprire tutta. Poi è sparita con la scusa del figlio.
– Quello è in america ora, quindi se non vuole vederti non le interessi. – continuò a dirgli la donna, in preda alla gelosia.
Al ragazzo non importava. Pensava che sotto tutta quell’armatura, a Francesca importasse di lui.
Ad Elena venne un’idea. Voleva sbloccare la situazione. Così scrisse a Nico.
“Scrivi a Francesca che vuoi vederla, ha un debole per te. Poi riprendila e mandami i video”
“Perchè? E io cosa ci guadagno?”
“Non ti preoccupare del perchè. Cosa vorresti?”
“Ti voglio tre giorni a casa. Quando i miei se ne vanno. Solo io e te. Farai tutto ciò che ti dirò. TUTTO”.
“Accetto”, rispose infine Elena. Disposta a tutto, pur di distruggere l’immagine idealizzata che Riccardo ha della sua “amica”.
Quando Francesca aprì gli occhi, la luce del mattino filtrava timida attraverso le tende dell’hotel. Sentiva il respiro caldo di Davide sulla nuca, il suo braccio pesante a cingerle la vita. Si girò lentamente, per non svegliarlo. Lo guardò dormire: gli occhi chiusi, la bocca rilassata, il torace che si alzava e abbassava piano.
Si sentiva bene. Felice e serena come non lo era da tempo, tanto tempo.
Rimase qualche minuto così, poi si alzò e andò in bagno. Si lavò il viso, si mise la crema. Quando tornò, Davide era seduto sul letto, ancora nudo, con le gambe a penzoloni.
– Buongiorno. – disse lui, con la voce impastata.
– Buongiorno. Dormito bene?
– Molto. Meglio di quanto mi capitasse da mesi.
Lei annuì, sedendosi di fianco a lui. Gli toccò la schiena, poi il collo.
– Dobbiamo andare in università oggi. Alle dieci.
– Ce la facciamo, dai. Anche se... – fece una pausa, – potrei restare qui tutto il giorno con te.
Francesca sorrise. Poi si alzò, prese le mutandine dal pavimento e cominciò a vestirsi.
– I professori che ti farò incontrare sono molto in gamba. Ma dovrai fare bella figura, capito?
– Dici che sembro poco serio? – chiese lui ridendo.
– No. Ma ti sei scopato la tua relatrice, magari qualcuno potrebbe avere dei dubbi sul tuo rigore accademico.
Davide rise di gusto.
– Quindi non posso dirlo a nessuno?
– No. Questa cosa resta tra noi. Almeno finché saremo a Dublino.
– E poi?
– E poi... vedremo. – disse lei, evitando il suo sguardo mentre infilava gli orecchini.
Lui si alzò e si avvicinò. La baciò piano dietro l’orecchio.
– Mi piaci davvero, Francesca.
Lei si irrigidì leggermente.
– Non iniziare a fare l’innamorato, Davide. È stata una notte bellissima, ma non è il caso di complicarla.
–Non è complicarla, è darle un seguito.
– Parli come uno che non ha ancora avuto troppe delusioni. Ti auguro di conservarlo, questo entusiasmo. Ma io... non lo so. Ho smesso di fare progetti da un po’.
Restarono in silenzio.
– Vestiti, forza. Dobbiamo uscire tra venti minuti.
Dopo aver fatto conoscere i suoi amici a Davide, Francesca lo saluto con un bacino veloce. Gli diede il suo numero
– Dopo la laurea scrivimi. Non ti manca molto e non vorrei che sta cosa rovinasse tutto.
– Va bene, ci vediamo Frances… prof.
Lei prese un taxi verso l’aeroporto. Appena prima di pagare e scendere le arrivò un messaggio:
“Ciao Francesca, sono Nico. Mi ha dato il tuo numero Elena, vorrei invitarti a cena da me. Tra un mesetto se ti va. Solo io e te.”
Francesca non aveva intenzione di tornare da loro, soprattutto dopo aver conosciuto Davide.
Ma Nico…
Aveva ancora negli occhi quella violenza perversa con cui aveva scopato la sua amica Elena.
“Mi farai cucinare nuda come con Elena?”
“Ovviamente”
“Ci sto, ci sentiamo per la data”.
Mise via il telefono e si portò una mano alle mutande. Erano fradice.
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