Se ti toccano le tette in monopattino
di
Evablu
genere
saffico
Ormai passo il tempo a leggere i suoi messaggi (c'è scritta sempre la stessa tiritera: SCUSA SCUSA SCUSA!! a lettere maiuscole e con due-tre punti esclamativi oppure HO PAURA DI UNA STORIA SERIA, poi di nuovo SCUSA e NON PENSAVO LE COSE CHE TI HO DETTO) e a cancellarli, è un continuum, lei scrive e io cancello, scrive di nuovo e torno a cancellare. Se Rino, che dorme accanto a me, se ne accorgesse, avrei il mio bel da fare a spiegare che FLO - la mittente dei messaggi - è veramente Floriana, la mia migliore amica e collega a cui stasera ho dato un passaggio in monopattino. Lui non ci crederebbe, penserebbe di certo a un nickname per un uomo. E forse non sbaglierebbe di molto.
Non voglio bloccarla ma se continua sarò costretta a farlo. Finalmente - è già l'1,30 - smette, era ora. Poggio il telefono, ormai esausto pure lui, sul comodino. Rino finora non credo si sia accorto di nulla, non ha fatto nemmeno caso alla doccia in cui mi sono infilata non appena rientrata a casa, a un orario per me insolito perdipiù, le otto. Meno male, mi dico mentre, finalmente distesa accanto a lui, guardo il soffitto della stanza in penombra ma non ho sonno, sono ancora agitata come se avessi preso tre caffè di fila. Vorrei alzarmi, bere qualcosa ma finora Rino è rimasto tranquillo, lo sento russare, se mi muovo troppo lo sveglio e comincia a farmi domande.
Tengo le mani giunte dietro la nuca, le affondo tra i capelli lunghi e neri, non sapevo di averli morbidi e profumati e che potessero ancora piacere e dare piacere, mi guardo stando sollevata e con la testa poggiata sul cuscinone, vedo due tette che fino a poche ore prima non credevo venissero considerate belle, sode, importanti, nettare degli dei. Ho le gambe scoperte - fa già caldo - e me le guardo, snelle e slanciate, fino ai piedi con le unghie smaltate. Rivaluto il mio corpo, non mi succedeva da una vita, la routine, anche se con Rino stiamo (bene) insieme da un paio d'anni, è micidiale, ti abbatte, riduce la libido. Poi, però...
Flo era a piedi, avevamo finito prima e io avevo il monopattino. Non abitiamo molto distanti, mi è sembrato naturale offrirle un passaggio. Flo è sempre così spaurita, incerta e timida anche se è una gran bella ragazza, poteva prendere passaggio da almeno tre colleghi uomini (lavoriamo in banca) e ha declinato il primo, quello sposato, gli altri due, gli scapoloni, hanno capito l'antifona e non hanno insistito. Ho capito che non voleva far torto a nessuno e mi sono offerta di portarla io. Anche con me ha provato a fare la ritrosa, quei suoi occhi dolci e chiari, nascosti da un paio di occhiali rotondi, li ha subito abbassati timidamente.
"Non fare la cretina, andiamo. Ti vergogni pure di me?". Li ha alzati, a queste parole, quei due occhietti vispi e sensibili, ha scosso la testa mostrando i suoi capelli ricci e nerissimi (se li tinge già?), portati senza cura, come se fossero il casco di un capo indiano, ma che comunque su di lei non sfigurano, poi si è messa lo spolverino e la borsa, facendo passare la tracolla attraverso quelle tettine piccole e appuntite che si ritrova e mi ha detto andiamo. Quando è salita dietro di me non sapeva prima come allacciare il caschetto, poi come tenersi.
"La verità è che ho paura, tantissima paura... - fa una pausa insistita, esagerata, alla lunga enigmatica, poi aggiunge -... del monopattino".
Non posso più guardarla, ho lasciato aperto il giubbottino, lei è dietro di me e io ho già avviato questo cavolo di mezzo odioso per tutti tranne che per me e gli altri che lo portiamo. Sento due meloncini, di quelli piccini però sodi, duri, che mi pressano sulla schiena, pigiati assieme a un ventre piatto che si è incollato a me, a due cosce sode che si fanno un tutt'uno con le mie. Credo che attraverso i leggins, per quanto si stringe a me, possa sentire il profilo del perizoma e le curve tornite dei miei glutei. Sì, ho veramente un bel culo.
"Ma hai davvero paura?".
Sento che annuisce, annuisce e si stringe ancora di più, mi sento quasi stritolata. Sì, mi dico, è terrorizzata.
"Ma allora, se hai paura, scusa, perché non accettavi i passaggi dei ragazzi? Hanno tutti moto e macchine".
"Mi fanno paura".
Mi scappa una risata.
"Pure loro!".
"Pensano solo a una cosa".
"E che male c'è? Tu non ci pensi mai a quella cosa?".
Non risponde, l'ho messa in imbarazzo. Non insisto.
"Tieniti, dai".
La risposta è un sì quasi muto, mentre le mani di Flo si spostano dai miei fianchi e si intrecciano sul mio ventre, a metà strada tra l'ombelico e il mio seno, anch'esso sodo ma non esagerato. E' una presa un po' particolare, molto ravvicinata, non so come definirla altrimenti, direi quasi spinta, se fosse un uomo penserei che ci stesse provando, invece mi autoconvinco che sia lo spavento e tiro oltre. Il fondo, lungo la pista ciclabile, è un po' malconcio, troppe radici di alberi che affiorano, poca manutenzione. Ci sono dei sobbalzi, lei si avvinghia con energia, tiene entrambi gli avambracci sotto il mio seno, la sento nitidamente come se fosse appoggiata sotto il davanzale del mio balconcino, che è considerevole. Le tette mi si strizzano e si gonfiano. I capezzoli, non so perché, reagiscono, li sento turgidi, ritti sotto la maglia leggera che indosso. Non si vedono, dico, ho il giubbottino.
"Non ho paura, dai. Io con te mi sento sicura", dice Flo, passa un attimo e c'è da avere paura sul serio, il tempo è repentinamente cambiato e comincia a piovere. Torna a stringersi, praticamente è come se si stesse tenendo alle mie bocce. Le prime gocce ci sferzano il viso, la pioggia aumenta di intensità e ho il volto completamente bagnato. Ma più che a questo penso che non so perché ma mi sento inumidire anche altrove. Dato che siamo in equilibrio precario ora sposta le mani, una si accampa sul mio ventre, pare accarezzarlo anche se si aggrappa con energia, io continuo ad avere reazioni inconsulte e incontrollabili dalla mia volontà, sento che ora i capezzoli si stagliano per 3-4 centimetri rispetto alla maglia. Sulla schiena sento qualcosa che pare sbocciato dai suoi meloncini: i capezzoli si sono inturgiditi anche a lei. Sarà il freddo, decido nella mia testa. In ogni caso quando arriviamo sotto casa sua sono bagnata fradicia, l'ho protetta col mio corpo, lei è imbarazzata, non sa come sdebitarsi. Mi sento umida anche di sotto e lì la pioggia non è arrivata.
"Sali, dai, ti do abiti asciutti e intanto aspetti che finisca di piovere".
Il sesto senso mi dice di non accettare, sto per inventare una scusa, poi i suoi occhi si concentrano sul mio seno e sui capezzoli evidentissimi sotto il giubbottino aperto sulla maglia, sono dritti a causa di lei, non della pioggia e del freddo, del suo tocco e non della temperatura che d'improvviso si è fatta fresca, se non proprio rigida. Anche i suoi bottoncini sono belli svegli, si notano attraverso la maglia chiara. Quello sguardo su di me e quell'immagine del suo seno conturbante vincono le mie resistenze, in un istante siamo in ascensore e poi dentro casa sua. La conosco bene, siamo state a cena varie volte con altre amiche, anche con Rino, è un bell'appartamentino, raccolto, un'ottantina di metri quadrati, è tutto in tre ambienti, il saloncino, la stanza con il letto a una piazza e mezza, l'angolo cottura, il bagno e un balconcino.
"Vuoi fare una doccia? Fai come fossi a casa tua", sussurra lei prendendo una tovaglia per me e una per lei. Inizia a sfregarsi i capelli umidi. E' un gesto che restituisce la bellezza di questa ragazza sola, introversa, tutta da scoprire.
"No, grazie, troppo disturbo". Di nuovo i suoi occhi puntati sul mio seno: e i capezzoli non mi si rasserenano, anzi. Sento uno spasmo tra le cosce: mi sono bagnata e sì, decisamente la pioggia non c'entra.
"Cosa gradisci? Tè, limonata? Ti faccio una spremuta?". E' quasi materna ma è più giovane di me di qualche anno, supera di poco i 35. So che è di paese, che in città abita solo per lavoro ma non vedo tracce maschili. Floriana non parla mai della sua vita privata.
"Niente doccia ma mi asciugo in bagno, per evitare di sporcare", le sorrido.
"Perfetto", e senza darmi il tempo di riflettere si tira via la maglia e in un colpo solo anche il reggiseno, rimane nuda dalla vita in su, mi pare proprio un colpo basso perché quelle due piccole boccette sono proprio come le avevo immaginate sentendole dietro la schiena, sono punteggiate da grossi capezzoli e areole larghe e rotonde, sono tutte da mangiare. Vede il mio sguardo ammirato ('Ma che cazzo sto pensando?', mi chiedo), si compiace (forse si inumidisce anche lei, la qual cosa mi intriga da fare paura) e però si vede a chilometri di distanza che ha fame, voglia di guardare i miei meloni ben più consistenti.
"Non ti spogli?", chiede infatti.
Lo sguardo, il tono della voce, l'espressione del viso. Sento che mi si sta aprendo la fontanella, come tutte le volte che Rino si fa trovare nudo nel letto, con l'uccello in mano. Non c'è niente di male se mi spoglio, mi dico, siamo due ragazze, e che deve succedere? Mi sembra sciocco avere remore e insomma anch'io mi tolgo la maglia bagnata. Il suo sguardo ora è intenso, come rapito.
"Che bei capelli che hai - mi sorprende - sono stupendamente profumati e te li guardo sempre, mentre lavoriamo. Ti annuso".
Ride ma mi spiazza, mi sento quasi male: d'un tratto mi viene il pensiero che Flo mi voglia scopare da chissà quanto tempo, come ho fatto a non accorgermene?
"E che bel reggiseno", aggiunge nel vedermi addosso l'ultima creazione di pizzo bianco di Intimissimi. Lo dice con un tono caldo, denso, che ora mi viene forte togliermelo e restare nuda davanti a lei. Fra le gambe continua a succedermi qualcosa, è la prima volta che mi capita così con una donna.
"Io non ho due tettone così belle e grosse come le tue, purtroppo non posso prestartene uno. Che misura porti?".
Quelle parole, "belle e grosse", mi fanno effetto. Sento che le mutandine si stanno impregnando dei miei umori vaginali. Umori forti, di piacere.
"Quarta, ma non importa, ne farò a meno, per arrivare a casa".
"Quarta, ero incerta tra quarta e quinta! Ti sentivo, in effetti, mentre eravamo sul monopattino... Sono belle, stanno su da sole, non hai bisogno del push up".
Cazzo, allora ci provava sul serio: mi viene quasi un coccolone, non so perché ma sono bagnatissima tra le cosce, mi sento il pelo biondiccio fradicio di umori inspiegabili. Vede che sono timida, quasi capisce che mi viene complicato denudarmi del tutto con lei presente, sorride.
"Ro' - mi chiama così, abbrevia Roberta e lo fa solo lei, in modo dolcissimo - Ro', ma allora ti vergogni di me? Se vuoi esco".
"No no no" e lo dico come chi è stata beccata con le mani impigliate ermeticamente nel barattolo della marmellata. "No no no", ripeto, ma per la frenesia non riesco ad aprire i gancetti e allora sento le sue dita che si sovrappongono alle mie, il reggiseno va via, le mie mammelle rotonde e tornite sembrano scolpite da Fidia, lei mi osserva, nota i capezzoli ormai ubriacati da questa eccitazione incontenibile e i suoi occhi puntati su di me sono due fanali che stanno illuminando l'oscurità dei miei desideri mai ammessi e sempre repressi.
"Scusa se te lo dico - bisbiglia - ma sono due dei più bei seni che io abbia mai visto...".
"... e palpato - oso completare la frase - perché sul monopattino...".
Ride, è dolcissima quando lo fa: "Sì, mi hai incuriosita, ti ho palpata, sì. Spero non ti sia dispiaciuto... Nettare degli dei, sono bellissime, le tue tette. Ti è dispiaciuto che ti abbia un po' toccata?".
E ora che rispondo? Non mi dovevo cacciare in questo scambio di battute. Avverto le conseguenze del suo modo di parlarmi proprio laggiù, fra le cosce; rasento l'orgasmo solo nel sentirla parlare, non so perché mi faccia questo effetto ma è così.
"Allora, ti è piaciuto?" e allunga una mano, mi sfiora un capezzolo.
"Ti piacciono i miei seni?". Da dove prendo tanto ardimento, cazzo, la sto invitando a nozze. "Anche i tuoi non sono male".
"I tuoi sono stupendi...", riprende lei.
"Vuoi... toccarli?". Cazzo cazzo cazzo, ma che sto dicendo? Però la sorprendo.
"Vuoi che te li tocchi?", me lo chiede perché poco convinta della mia convinzione ma commetto un'altra follia, annuisco, "toccali", bisbiglio e un istante dopo la sua mano morbida si incolla al mio seno destro, il contatto è caldo, dolce, mi ricorda le indimenticabili carezze del mio primo fidanzatino, venti, venticinque anni e passa fa. I capezzoli impazziscono, puntano verso l'alto, sono due piccoli birilli, si stagliano come inutili torri di avvistamento su una montagna ormai indifendibile.
"Meravigliose - sussurra di nuovo - fortunato chi ci gioca" e il tono mi accarezza con musicalità dolce e incisiva, non solo il tono, ora mi tocca i seni con entrambe le mani, sento qualcosa che mi cola sull'interno coscia.
"Flo, ti prego...".
"Se vuoi smetto".
"No no no", sembra un dialogo fra matte, incrocio un sorriso dolcissimo che si staglia fra le sue labbra e le sue guance con fossetta.
"Posso?" e non attende la risposta, si tuffa sui miei capezzoli e sento un morsetto per ciascuno, vibro in tutto il corpo e cazzo, adesso sicuramente sì, sto per avere un orgasmo.
"No no no", ripeto come un disco rotto ma non mi dà ascolto, ha capito la mia crisi profonda e mi tocca il culo, "ti sentivo il perizoma sul monopattino", borbotta confermando le mie intuizioni, mi sfibbia il jeans, intrufola indisturbata una mano dentro il mio pelo, trova un laghetto, il viso si accende di un'espressione felice, raggiante.
"Magnifico... dove ti sei nascosta in tutti questi anni?".
"Non lo so, non lo so, non l'ho mai fatto così, ma ora non resisto, cazzo...".
"Hai bisogno di qualche lezione" e mi dà un bacio su una guancia, poi sulle labbra, intrufola la lingua nella mia bocca, non avevo mai baciato così un'altra donna.
"No no no", ripeto ancora.
"Ma cosa no no no? Guardati, guardami!" e la scena è inequivocabile, lei pigia i suoi piccoli seni sui miei, che sono troneggianti, materni, inclusivi, siamo appiccicate ventre su ventre, la sua mano esplora liberamente il mio pelo, anche i suoi piedi nudi giocano con i miei.
"Flo... - balbetto - Flo... sto per... godere".
La risposta è un bacio potente, con la lingua, Rino non mi ha mai baciata così, nessun uomo l'ha mai fatto, mi sento prendere per mano e trascinare verso il lettone, precipitiamo sul materasso, sulle lenzuola profumate e sui cuscini, sento che mi sta mordendo una tettona, stando sopra di me, e intanto armeggia sui jeans, li strappa via in due mosse, penso alla famosa sentenza dello stupro con i jeans, lei non ha problemi, scosta le mutandine e affonda le dita nella mia fica squarciata dalla sua mano e dal piacere che mi inonda.
"Godo, cazzo, godo!", ci penso un istante, anni che non mi succedeva, è bravissima nel masturbarmi e nell'accompagnare questi gesti con baci potenti sul seno, il collo, il viso, la bocca. Grido senza ritegno, sto venendo schizzando come non mi riusciva dai tempi dell'Università, supero i confini della mia eccitazione, smetto di essere una brava ragazza, mi sento solo una puttana, mi tocco le tette mentre lei mi scopa, risento il suo palpeggiamento insistito sul monopattino.
"Leccami, leccami, ti prego! Voglio venirti in bocca".
Non è un ordine, è una preghiera, sono praticamente in trance, a sua totale disposizione, lei si sistema il casco indiano con occhi furbi, per la serie lo sapevo che eri così, sfila il perizoma, si cala fra le mie cosce, la sua lingua è un toccasana, si sfrega sul clito e poi va dentro, assieme a un paio di dita, mordo i cuscini con le mani, urlo ancora. I vicini chiameranno la polizia, penso.
"Non ce la faccio, non resisto!" e le schizzo tutto il viso ma lei continua imperterrita, il lavoro lo sa fare benissimo, chissà quante ne ha leccate, le afferro la testa con violenza con entrambe le mani. "Leccami ancora, leccami, non ho mai goduto così in vita mia!".
Lei esegue senza obiettare nulla, ci dà dentro che è una meraviglia, ormai sono una fontana ululante, lei mi lecca tutto l'interno coscia per non perdersi una sola goccia, ho voglia di baciarla, la tiro su che quasi le strappo i capelli, le infilo la lingua in bocca e sento il mio piacere attraverso di lei, Rino lo fa pure ma non lo sa fare così, si stanca presto e poi vuole succhiato l'uccello, un bel cazzo, per carità, ma la fica di Flo... già, la fica: non gliel'ho ancora toccata e lei quasi mi legge nel pensiero, mi stende supina sul letto, si spoglia anche lei in un istante e si mette a cavalcioni sulla mia faccia.
"Sembravi così pulitina, sei solo una vacca, una troia!", mi insulta e mi pressa con le grandi labbra sulle mie labbra, affondo la lingua e quasi divoro le sue piccole labbra, il clitoride sembra un piccolo cazzo, per quanto ce l'ha gonfio. Continua a riempirmi di insulti.
"Troia, troia, troia! Non sai da quanto tempo ti volevo... e tu sempre a raccontarmi Rino di qua, Rino di là... Puttana, fammi godere ora!" e tenendosi le tettine tra le mani, massaggiandosi i capezzoli scuri e turgidi e muovendo il bacino in modo da sfregare vagina e clitoride su di me, comincia a sbrodolare gridando, una quantità industriale, viene, viene e ancora viene e io ingoio tutto, è piacevole e in quel momento penso che non ho mai inghiottito il seme di Rino, lui ama venirmi in viso, schizzarmi gli occhi e tra i capelli, che lo odio perché mi costringe a fare la doccia subito dopo, il porco, e per la prima volta penso che Rino non mi piace più, è per questo che siamo un po' in ribasso e che adesso sono qui, a letto con questa meravigliosa lesbicona che mi voleva da tanto tempo e io non me n'ero mai accorta.
Si getta accanto a me, ansimante, il petto le fa su e giù per il respiro affannoso. Guardo il soffitto, ansimo anche io.
"Lecchi come una dea, sicura di non averlo mai fatto?".
Le cerco una mano, la trovo, gliela stringo intrecciando le dita con le sue.
"Giuro".
Si sfila dalla mia presa della mano, si gira verso di me, mi sorride dolcissima.
"Ora non mi dire anche tu che mi ami".
Rimango senza parole. Stavo proprio per dirglielo.
"Alla prima scopata lesbo tutte dite di amare, ma non è così: lo fate per curiosità, per voglia di trasgressione, un po' per troiaggine innata e sempre trattenuta".
"Flo, ma che stai dicendo?".
"Non vorrai mica una storia con me".
Cazzo, non ci avevo pensato ma la cosa non mi dispiacerebbe, però lei mi sta brutalizzando. Mi tratta peggio di come farebbe un uomo, una testa di cazzo di amante occasionale. E me ne sono capitati tanti.
"Siamo colleghe, sedute accanto. Ci scoprirebbero in cinque minuti".
Sto per dire 'e anche se fosse?' ma mi trattengo: non la capisco.
Si rizza sui gomiti, mi guarda a distanza ravvicinata.
"Io non voglio che tu ti innamori di me, capito? Non ho niente da offrirti, solo una vitaccia da lesbica su cui tutti ammiccano, magari con la segreta speranza di scoparci tutte e due contemporaneamente o di scoparti con la moglie o la compagna. Sai quante scopate come questa di stasera mi sono fatta? Come dicono i maschi, una botta e via".
"Sono appena venuta nella tua bocca e tu nella mia: e mi parli così?".
"Sai a quante sono venuta in bocca...?".
"Flo, sei una stronza, anzi una merda".
"Lo so, ma scopo come una dea e se ti vorrà voglia sono qua, a tua disposizione" e accompagna queste parole con un gesto - allarga le cosce - che mi dà veramente fastidio.
"Vaffanculo".
Non piove più, per fortuna, ma nel tornare a casa quello che mi riga il viso sono lacrime. Sento vibrare il cellulare nella borsa pochi minuti dopo che sono scesa ma sono concentrata nella guida e nel pianto. Arrivo a casa e mi ficco sotto la doccia, quasi senza salutare Rino. Leggo i messaggi dopo essere stata sotto l'acqua calda una buona ventina di minuti, il vapore mi avvolge, non mi consente di specchiarmi ma se ci riuscissi mi vedrei una schifezza.
Ora leggo: sono tutti messaggi di Flo.
SCUSA SCUSA SCUSA!!! TORNA DA ME, TI PREGO, è il primo.
Lo ha scritto tutto a lettere maiuscole, il cuore mi sussulta, entro in soggiorno, Rino è lì con le pantofole spelacchiate e i piedi sul tavolino, guarda il calcio.
Decido di non rispondere, Flo è pazza, mi dico, forse un po' pazza anche di me. Cominciano i messaggi SCUSA SCUSA SCUSA, NON DICEVO SUL SERIO eccetera, ora che è notte fonda mi sta venendo una voglia incredibile di lei, nessuno mi aveva mai voluto così, nessuno mi aveva mai maltrattata in questo modo, ma lei è matta, mi dico, anche l'amore è folle, tanto folle che nel ripensare a lei mi sfioro i capelli profumati di cui non mi ero mai accorta, il seno tornito e meraviglioso che non mi ero mai resa conto fosse nettare degli dei e poi una mano scivola dentro i pantaloncini del pigiama, sotto il perizoma, nella vana ricerca dell'insolito e indecente gusto, della sensazione irresistibile della lingua di Flo che mi lecca lì sotto.
Non voglio bloccarla ma se continua sarò costretta a farlo. Finalmente - è già l'1,30 - smette, era ora. Poggio il telefono, ormai esausto pure lui, sul comodino. Rino finora non credo si sia accorto di nulla, non ha fatto nemmeno caso alla doccia in cui mi sono infilata non appena rientrata a casa, a un orario per me insolito perdipiù, le otto. Meno male, mi dico mentre, finalmente distesa accanto a lui, guardo il soffitto della stanza in penombra ma non ho sonno, sono ancora agitata come se avessi preso tre caffè di fila. Vorrei alzarmi, bere qualcosa ma finora Rino è rimasto tranquillo, lo sento russare, se mi muovo troppo lo sveglio e comincia a farmi domande.
Tengo le mani giunte dietro la nuca, le affondo tra i capelli lunghi e neri, non sapevo di averli morbidi e profumati e che potessero ancora piacere e dare piacere, mi guardo stando sollevata e con la testa poggiata sul cuscinone, vedo due tette che fino a poche ore prima non credevo venissero considerate belle, sode, importanti, nettare degli dei. Ho le gambe scoperte - fa già caldo - e me le guardo, snelle e slanciate, fino ai piedi con le unghie smaltate. Rivaluto il mio corpo, non mi succedeva da una vita, la routine, anche se con Rino stiamo (bene) insieme da un paio d'anni, è micidiale, ti abbatte, riduce la libido. Poi, però...
Flo era a piedi, avevamo finito prima e io avevo il monopattino. Non abitiamo molto distanti, mi è sembrato naturale offrirle un passaggio. Flo è sempre così spaurita, incerta e timida anche se è una gran bella ragazza, poteva prendere passaggio da almeno tre colleghi uomini (lavoriamo in banca) e ha declinato il primo, quello sposato, gli altri due, gli scapoloni, hanno capito l'antifona e non hanno insistito. Ho capito che non voleva far torto a nessuno e mi sono offerta di portarla io. Anche con me ha provato a fare la ritrosa, quei suoi occhi dolci e chiari, nascosti da un paio di occhiali rotondi, li ha subito abbassati timidamente.
"Non fare la cretina, andiamo. Ti vergogni pure di me?". Li ha alzati, a queste parole, quei due occhietti vispi e sensibili, ha scosso la testa mostrando i suoi capelli ricci e nerissimi (se li tinge già?), portati senza cura, come se fossero il casco di un capo indiano, ma che comunque su di lei non sfigurano, poi si è messa lo spolverino e la borsa, facendo passare la tracolla attraverso quelle tettine piccole e appuntite che si ritrova e mi ha detto andiamo. Quando è salita dietro di me non sapeva prima come allacciare il caschetto, poi come tenersi.
"La verità è che ho paura, tantissima paura... - fa una pausa insistita, esagerata, alla lunga enigmatica, poi aggiunge -... del monopattino".
Non posso più guardarla, ho lasciato aperto il giubbottino, lei è dietro di me e io ho già avviato questo cavolo di mezzo odioso per tutti tranne che per me e gli altri che lo portiamo. Sento due meloncini, di quelli piccini però sodi, duri, che mi pressano sulla schiena, pigiati assieme a un ventre piatto che si è incollato a me, a due cosce sode che si fanno un tutt'uno con le mie. Credo che attraverso i leggins, per quanto si stringe a me, possa sentire il profilo del perizoma e le curve tornite dei miei glutei. Sì, ho veramente un bel culo.
"Ma hai davvero paura?".
Sento che annuisce, annuisce e si stringe ancora di più, mi sento quasi stritolata. Sì, mi dico, è terrorizzata.
"Ma allora, se hai paura, scusa, perché non accettavi i passaggi dei ragazzi? Hanno tutti moto e macchine".
"Mi fanno paura".
Mi scappa una risata.
"Pure loro!".
"Pensano solo a una cosa".
"E che male c'è? Tu non ci pensi mai a quella cosa?".
Non risponde, l'ho messa in imbarazzo. Non insisto.
"Tieniti, dai".
La risposta è un sì quasi muto, mentre le mani di Flo si spostano dai miei fianchi e si intrecciano sul mio ventre, a metà strada tra l'ombelico e il mio seno, anch'esso sodo ma non esagerato. E' una presa un po' particolare, molto ravvicinata, non so come definirla altrimenti, direi quasi spinta, se fosse un uomo penserei che ci stesse provando, invece mi autoconvinco che sia lo spavento e tiro oltre. Il fondo, lungo la pista ciclabile, è un po' malconcio, troppe radici di alberi che affiorano, poca manutenzione. Ci sono dei sobbalzi, lei si avvinghia con energia, tiene entrambi gli avambracci sotto il mio seno, la sento nitidamente come se fosse appoggiata sotto il davanzale del mio balconcino, che è considerevole. Le tette mi si strizzano e si gonfiano. I capezzoli, non so perché, reagiscono, li sento turgidi, ritti sotto la maglia leggera che indosso. Non si vedono, dico, ho il giubbottino.
"Non ho paura, dai. Io con te mi sento sicura", dice Flo, passa un attimo e c'è da avere paura sul serio, il tempo è repentinamente cambiato e comincia a piovere. Torna a stringersi, praticamente è come se si stesse tenendo alle mie bocce. Le prime gocce ci sferzano il viso, la pioggia aumenta di intensità e ho il volto completamente bagnato. Ma più che a questo penso che non so perché ma mi sento inumidire anche altrove. Dato che siamo in equilibrio precario ora sposta le mani, una si accampa sul mio ventre, pare accarezzarlo anche se si aggrappa con energia, io continuo ad avere reazioni inconsulte e incontrollabili dalla mia volontà, sento che ora i capezzoli si stagliano per 3-4 centimetri rispetto alla maglia. Sulla schiena sento qualcosa che pare sbocciato dai suoi meloncini: i capezzoli si sono inturgiditi anche a lei. Sarà il freddo, decido nella mia testa. In ogni caso quando arriviamo sotto casa sua sono bagnata fradicia, l'ho protetta col mio corpo, lei è imbarazzata, non sa come sdebitarsi. Mi sento umida anche di sotto e lì la pioggia non è arrivata.
"Sali, dai, ti do abiti asciutti e intanto aspetti che finisca di piovere".
Il sesto senso mi dice di non accettare, sto per inventare una scusa, poi i suoi occhi si concentrano sul mio seno e sui capezzoli evidentissimi sotto il giubbottino aperto sulla maglia, sono dritti a causa di lei, non della pioggia e del freddo, del suo tocco e non della temperatura che d'improvviso si è fatta fresca, se non proprio rigida. Anche i suoi bottoncini sono belli svegli, si notano attraverso la maglia chiara. Quello sguardo su di me e quell'immagine del suo seno conturbante vincono le mie resistenze, in un istante siamo in ascensore e poi dentro casa sua. La conosco bene, siamo state a cena varie volte con altre amiche, anche con Rino, è un bell'appartamentino, raccolto, un'ottantina di metri quadrati, è tutto in tre ambienti, il saloncino, la stanza con il letto a una piazza e mezza, l'angolo cottura, il bagno e un balconcino.
"Vuoi fare una doccia? Fai come fossi a casa tua", sussurra lei prendendo una tovaglia per me e una per lei. Inizia a sfregarsi i capelli umidi. E' un gesto che restituisce la bellezza di questa ragazza sola, introversa, tutta da scoprire.
"No, grazie, troppo disturbo". Di nuovo i suoi occhi puntati sul mio seno: e i capezzoli non mi si rasserenano, anzi. Sento uno spasmo tra le cosce: mi sono bagnata e sì, decisamente la pioggia non c'entra.
"Cosa gradisci? Tè, limonata? Ti faccio una spremuta?". E' quasi materna ma è più giovane di me di qualche anno, supera di poco i 35. So che è di paese, che in città abita solo per lavoro ma non vedo tracce maschili. Floriana non parla mai della sua vita privata.
"Niente doccia ma mi asciugo in bagno, per evitare di sporcare", le sorrido.
"Perfetto", e senza darmi il tempo di riflettere si tira via la maglia e in un colpo solo anche il reggiseno, rimane nuda dalla vita in su, mi pare proprio un colpo basso perché quelle due piccole boccette sono proprio come le avevo immaginate sentendole dietro la schiena, sono punteggiate da grossi capezzoli e areole larghe e rotonde, sono tutte da mangiare. Vede il mio sguardo ammirato ('Ma che cazzo sto pensando?', mi chiedo), si compiace (forse si inumidisce anche lei, la qual cosa mi intriga da fare paura) e però si vede a chilometri di distanza che ha fame, voglia di guardare i miei meloni ben più consistenti.
"Non ti spogli?", chiede infatti.
Lo sguardo, il tono della voce, l'espressione del viso. Sento che mi si sta aprendo la fontanella, come tutte le volte che Rino si fa trovare nudo nel letto, con l'uccello in mano. Non c'è niente di male se mi spoglio, mi dico, siamo due ragazze, e che deve succedere? Mi sembra sciocco avere remore e insomma anch'io mi tolgo la maglia bagnata. Il suo sguardo ora è intenso, come rapito.
"Che bei capelli che hai - mi sorprende - sono stupendamente profumati e te li guardo sempre, mentre lavoriamo. Ti annuso".
Ride ma mi spiazza, mi sento quasi male: d'un tratto mi viene il pensiero che Flo mi voglia scopare da chissà quanto tempo, come ho fatto a non accorgermene?
"E che bel reggiseno", aggiunge nel vedermi addosso l'ultima creazione di pizzo bianco di Intimissimi. Lo dice con un tono caldo, denso, che ora mi viene forte togliermelo e restare nuda davanti a lei. Fra le gambe continua a succedermi qualcosa, è la prima volta che mi capita così con una donna.
"Io non ho due tettone così belle e grosse come le tue, purtroppo non posso prestartene uno. Che misura porti?".
Quelle parole, "belle e grosse", mi fanno effetto. Sento che le mutandine si stanno impregnando dei miei umori vaginali. Umori forti, di piacere.
"Quarta, ma non importa, ne farò a meno, per arrivare a casa".
"Quarta, ero incerta tra quarta e quinta! Ti sentivo, in effetti, mentre eravamo sul monopattino... Sono belle, stanno su da sole, non hai bisogno del push up".
Cazzo, allora ci provava sul serio: mi viene quasi un coccolone, non so perché ma sono bagnatissima tra le cosce, mi sento il pelo biondiccio fradicio di umori inspiegabili. Vede che sono timida, quasi capisce che mi viene complicato denudarmi del tutto con lei presente, sorride.
"Ro' - mi chiama così, abbrevia Roberta e lo fa solo lei, in modo dolcissimo - Ro', ma allora ti vergogni di me? Se vuoi esco".
"No no no" e lo dico come chi è stata beccata con le mani impigliate ermeticamente nel barattolo della marmellata. "No no no", ripeto, ma per la frenesia non riesco ad aprire i gancetti e allora sento le sue dita che si sovrappongono alle mie, il reggiseno va via, le mie mammelle rotonde e tornite sembrano scolpite da Fidia, lei mi osserva, nota i capezzoli ormai ubriacati da questa eccitazione incontenibile e i suoi occhi puntati su di me sono due fanali che stanno illuminando l'oscurità dei miei desideri mai ammessi e sempre repressi.
"Scusa se te lo dico - bisbiglia - ma sono due dei più bei seni che io abbia mai visto...".
"... e palpato - oso completare la frase - perché sul monopattino...".
Ride, è dolcissima quando lo fa: "Sì, mi hai incuriosita, ti ho palpata, sì. Spero non ti sia dispiaciuto... Nettare degli dei, sono bellissime, le tue tette. Ti è dispiaciuto che ti abbia un po' toccata?".
E ora che rispondo? Non mi dovevo cacciare in questo scambio di battute. Avverto le conseguenze del suo modo di parlarmi proprio laggiù, fra le cosce; rasento l'orgasmo solo nel sentirla parlare, non so perché mi faccia questo effetto ma è così.
"Allora, ti è piaciuto?" e allunga una mano, mi sfiora un capezzolo.
"Ti piacciono i miei seni?". Da dove prendo tanto ardimento, cazzo, la sto invitando a nozze. "Anche i tuoi non sono male".
"I tuoi sono stupendi...", riprende lei.
"Vuoi... toccarli?". Cazzo cazzo cazzo, ma che sto dicendo? Però la sorprendo.
"Vuoi che te li tocchi?", me lo chiede perché poco convinta della mia convinzione ma commetto un'altra follia, annuisco, "toccali", bisbiglio e un istante dopo la sua mano morbida si incolla al mio seno destro, il contatto è caldo, dolce, mi ricorda le indimenticabili carezze del mio primo fidanzatino, venti, venticinque anni e passa fa. I capezzoli impazziscono, puntano verso l'alto, sono due piccoli birilli, si stagliano come inutili torri di avvistamento su una montagna ormai indifendibile.
"Meravigliose - sussurra di nuovo - fortunato chi ci gioca" e il tono mi accarezza con musicalità dolce e incisiva, non solo il tono, ora mi tocca i seni con entrambe le mani, sento qualcosa che mi cola sull'interno coscia.
"Flo, ti prego...".
"Se vuoi smetto".
"No no no", sembra un dialogo fra matte, incrocio un sorriso dolcissimo che si staglia fra le sue labbra e le sue guance con fossetta.
"Posso?" e non attende la risposta, si tuffa sui miei capezzoli e sento un morsetto per ciascuno, vibro in tutto il corpo e cazzo, adesso sicuramente sì, sto per avere un orgasmo.
"No no no", ripeto come un disco rotto ma non mi dà ascolto, ha capito la mia crisi profonda e mi tocca il culo, "ti sentivo il perizoma sul monopattino", borbotta confermando le mie intuizioni, mi sfibbia il jeans, intrufola indisturbata una mano dentro il mio pelo, trova un laghetto, il viso si accende di un'espressione felice, raggiante.
"Magnifico... dove ti sei nascosta in tutti questi anni?".
"Non lo so, non lo so, non l'ho mai fatto così, ma ora non resisto, cazzo...".
"Hai bisogno di qualche lezione" e mi dà un bacio su una guancia, poi sulle labbra, intrufola la lingua nella mia bocca, non avevo mai baciato così un'altra donna.
"No no no", ripeto ancora.
"Ma cosa no no no? Guardati, guardami!" e la scena è inequivocabile, lei pigia i suoi piccoli seni sui miei, che sono troneggianti, materni, inclusivi, siamo appiccicate ventre su ventre, la sua mano esplora liberamente il mio pelo, anche i suoi piedi nudi giocano con i miei.
"Flo... - balbetto - Flo... sto per... godere".
La risposta è un bacio potente, con la lingua, Rino non mi ha mai baciata così, nessun uomo l'ha mai fatto, mi sento prendere per mano e trascinare verso il lettone, precipitiamo sul materasso, sulle lenzuola profumate e sui cuscini, sento che mi sta mordendo una tettona, stando sopra di me, e intanto armeggia sui jeans, li strappa via in due mosse, penso alla famosa sentenza dello stupro con i jeans, lei non ha problemi, scosta le mutandine e affonda le dita nella mia fica squarciata dalla sua mano e dal piacere che mi inonda.
"Godo, cazzo, godo!", ci penso un istante, anni che non mi succedeva, è bravissima nel masturbarmi e nell'accompagnare questi gesti con baci potenti sul seno, il collo, il viso, la bocca. Grido senza ritegno, sto venendo schizzando come non mi riusciva dai tempi dell'Università, supero i confini della mia eccitazione, smetto di essere una brava ragazza, mi sento solo una puttana, mi tocco le tette mentre lei mi scopa, risento il suo palpeggiamento insistito sul monopattino.
"Leccami, leccami, ti prego! Voglio venirti in bocca".
Non è un ordine, è una preghiera, sono praticamente in trance, a sua totale disposizione, lei si sistema il casco indiano con occhi furbi, per la serie lo sapevo che eri così, sfila il perizoma, si cala fra le mie cosce, la sua lingua è un toccasana, si sfrega sul clito e poi va dentro, assieme a un paio di dita, mordo i cuscini con le mani, urlo ancora. I vicini chiameranno la polizia, penso.
"Non ce la faccio, non resisto!" e le schizzo tutto il viso ma lei continua imperterrita, il lavoro lo sa fare benissimo, chissà quante ne ha leccate, le afferro la testa con violenza con entrambe le mani. "Leccami ancora, leccami, non ho mai goduto così in vita mia!".
Lei esegue senza obiettare nulla, ci dà dentro che è una meraviglia, ormai sono una fontana ululante, lei mi lecca tutto l'interno coscia per non perdersi una sola goccia, ho voglia di baciarla, la tiro su che quasi le strappo i capelli, le infilo la lingua in bocca e sento il mio piacere attraverso di lei, Rino lo fa pure ma non lo sa fare così, si stanca presto e poi vuole succhiato l'uccello, un bel cazzo, per carità, ma la fica di Flo... già, la fica: non gliel'ho ancora toccata e lei quasi mi legge nel pensiero, mi stende supina sul letto, si spoglia anche lei in un istante e si mette a cavalcioni sulla mia faccia.
"Sembravi così pulitina, sei solo una vacca, una troia!", mi insulta e mi pressa con le grandi labbra sulle mie labbra, affondo la lingua e quasi divoro le sue piccole labbra, il clitoride sembra un piccolo cazzo, per quanto ce l'ha gonfio. Continua a riempirmi di insulti.
"Troia, troia, troia! Non sai da quanto tempo ti volevo... e tu sempre a raccontarmi Rino di qua, Rino di là... Puttana, fammi godere ora!" e tenendosi le tettine tra le mani, massaggiandosi i capezzoli scuri e turgidi e muovendo il bacino in modo da sfregare vagina e clitoride su di me, comincia a sbrodolare gridando, una quantità industriale, viene, viene e ancora viene e io ingoio tutto, è piacevole e in quel momento penso che non ho mai inghiottito il seme di Rino, lui ama venirmi in viso, schizzarmi gli occhi e tra i capelli, che lo odio perché mi costringe a fare la doccia subito dopo, il porco, e per la prima volta penso che Rino non mi piace più, è per questo che siamo un po' in ribasso e che adesso sono qui, a letto con questa meravigliosa lesbicona che mi voleva da tanto tempo e io non me n'ero mai accorta.
Si getta accanto a me, ansimante, il petto le fa su e giù per il respiro affannoso. Guardo il soffitto, ansimo anche io.
"Lecchi come una dea, sicura di non averlo mai fatto?".
Le cerco una mano, la trovo, gliela stringo intrecciando le dita con le sue.
"Giuro".
Si sfila dalla mia presa della mano, si gira verso di me, mi sorride dolcissima.
"Ora non mi dire anche tu che mi ami".
Rimango senza parole. Stavo proprio per dirglielo.
"Alla prima scopata lesbo tutte dite di amare, ma non è così: lo fate per curiosità, per voglia di trasgressione, un po' per troiaggine innata e sempre trattenuta".
"Flo, ma che stai dicendo?".
"Non vorrai mica una storia con me".
Cazzo, non ci avevo pensato ma la cosa non mi dispiacerebbe, però lei mi sta brutalizzando. Mi tratta peggio di come farebbe un uomo, una testa di cazzo di amante occasionale. E me ne sono capitati tanti.
"Siamo colleghe, sedute accanto. Ci scoprirebbero in cinque minuti".
Sto per dire 'e anche se fosse?' ma mi trattengo: non la capisco.
Si rizza sui gomiti, mi guarda a distanza ravvicinata.
"Io non voglio che tu ti innamori di me, capito? Non ho niente da offrirti, solo una vitaccia da lesbica su cui tutti ammiccano, magari con la segreta speranza di scoparci tutte e due contemporaneamente o di scoparti con la moglie o la compagna. Sai quante scopate come questa di stasera mi sono fatta? Come dicono i maschi, una botta e via".
"Sono appena venuta nella tua bocca e tu nella mia: e mi parli così?".
"Sai a quante sono venuta in bocca...?".
"Flo, sei una stronza, anzi una merda".
"Lo so, ma scopo come una dea e se ti vorrà voglia sono qua, a tua disposizione" e accompagna queste parole con un gesto - allarga le cosce - che mi dà veramente fastidio.
"Vaffanculo".
Non piove più, per fortuna, ma nel tornare a casa quello che mi riga il viso sono lacrime. Sento vibrare il cellulare nella borsa pochi minuti dopo che sono scesa ma sono concentrata nella guida e nel pianto. Arrivo a casa e mi ficco sotto la doccia, quasi senza salutare Rino. Leggo i messaggi dopo essere stata sotto l'acqua calda una buona ventina di minuti, il vapore mi avvolge, non mi consente di specchiarmi ma se ci riuscissi mi vedrei una schifezza.
Ora leggo: sono tutti messaggi di Flo.
SCUSA SCUSA SCUSA!!! TORNA DA ME, TI PREGO, è il primo.
Lo ha scritto tutto a lettere maiuscole, il cuore mi sussulta, entro in soggiorno, Rino è lì con le pantofole spelacchiate e i piedi sul tavolino, guarda il calcio.
Decido di non rispondere, Flo è pazza, mi dico, forse un po' pazza anche di me. Cominciano i messaggi SCUSA SCUSA SCUSA, NON DICEVO SUL SERIO eccetera, ora che è notte fonda mi sta venendo una voglia incredibile di lei, nessuno mi aveva mai voluto così, nessuno mi aveva mai maltrattata in questo modo, ma lei è matta, mi dico, anche l'amore è folle, tanto folle che nel ripensare a lei mi sfioro i capelli profumati di cui non mi ero mai accorta, il seno tornito e meraviglioso che non mi ero mai resa conto fosse nettare degli dei e poi una mano scivola dentro i pantaloncini del pigiama, sotto il perizoma, nella vana ricerca dell'insolito e indecente gusto, della sensazione irresistibile della lingua di Flo che mi lecca lì sotto.
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