Allo Specchio - 1
di
Le_Marquis
genere
corna
Doveva essere una serata come tante altre, una pausa rilassante tra la fine di una giornata di lavoro e l’inizio di un’altra, vecchi amici e nuove conoscenze.
Arrivarono ciascuno con i propri mezzi al luogo prescelto per l’appuntamento, un piccolo ristorantino a picco sul mare, una terrazza senza insegne nascosta in una palazzina del ‘600 in un paese desertificato, di giorno attrazione turistica, di notte ritrovo per pochi iniziati di gran gusto. Benché al terzo piano del vecchio fabbricato, la terrazza non era in grado di offrire alcun riparo quando, sotto la spinta del vento di ponente, le biancheggianti onde del mare iniziavano a mugghiare la loro inutile furia alzando creste di spuma contro la costa e la bassa barriera di scogli. Ma in questo, anche, era il gran fascino del posto, la possibilità di bagnare la cena con uno spruzzo improvviso dell’acqua sempre calda del Mediterraneo.
I pochi tavoli della terrazza, quella sera, erano stati riuniti al centro, a formare una tavola reale intorno alla quale tutti potessero trovar posto a sedere guardandosi in volto, in modo da favorire la conversazione senza creare neppure il minor simbolo di differenziazione tra i convitati in ragione del posto che avrebbero occupato al tavolo.
Pura casualità, o disegno oscuro del destino, forse magia di quella particolarissima notte stellata e ventosa: fatto sta che i due –senza conoscere nulla l’uno dell’altra, senza conoscersi affatto, in realtà– si trovarono a prendere posto dirimpetto, così che l’incrocio degli sguardi divenisse inevitabile per gran parte del tempo.
L’aromatico e corposo vino bianco delle Eolie, fatto con uva che matura a contatto con la rovente sabbia vulcanica delle isole, annaffiava delicatamente i polipetti di Glauco, il gestore del posto, che venivano consumati come intermezzo tra una portata e l’altra mentre la serata procedeva senza sbalzi lungo chiacchiere in gran misura prevedibili: il lavoro, la famiglia, qualche aneddoto più o meno colorito, delle risate in certo modo forzate dalle circostanze eppure piacevoli.
I nuovi membri del gruppo, avendo poca confidenza con gli altri, scambiarono poche parole con il resto della comitiva, e tra se stessi. Erano incuriositi dalla particolare atmosfera che l’ambiente circostante metteva in contrasto, fra un luogo discusso persino sulle riviste patinate e delle persone in gran misura assai più “normali” di quanto quelle atmosfere avrebbero potuto lasciare immaginare. Osservavano la situazione, studiando i partecipanti e cercando di immaginare, dai discorsi che venivano fatti, quale fosse la reale natura delle diverse personalità riunite intorno a quel tavolo: l’arrogante e maturo dirigente che cercava di imporre la propria affermazione anche nella conversazione, il simpatico di turno, che trasformava ogni cosa in battuta, ma lasciava intravedere al contempo profondità d’animo e superficialità di vita, l’arrampicatrice da soap-opera che in qualche modo mirava a conseguire qualche interessante opportunità anche da quegli incontri casuali. E Lei, la più giovane del gruppo, intimidita ed imbarazzata da quello strano pandemonio di allegria cercata ad ogni costo, per scaricare tensioni e frustrazioni quotidiane, e contemporaneamente in attesa di poter prendere parte più attiva a quel mondo del lavoro da cui provenivano tutti i festaioli, ed in cui Ella stessa si era affacciata da poco.
Solo Lui, uno dei nuovi aggregati, è brillante, per tutta la sera. Racconta, parla, descrive. È un uomo sicuro di sé, e si vede. La sua voce si confonde con quella del mare, è rassicurante.
La classica granita di agrumi, con foglie di menta e chicchi d’uva passita, celebrò con il suo arrivo la fine di una cena piacevole quanto indescrivibile, durante la quale nessuno sembrava essersi avvicinato a nessuno degli altri più di quanto non fosse prima di incontrarli. Sulla lunga scala a chiocciola che riportava al piazzale dove erano state lasciate le macchine, ritornando alle rispettive case, i soliti saluti, qualche promessa di rivedersi più spesso, un appuntamento fugace per una partita a tennis … e lo scambio rituale di indirizzi e telefoni con i nuovi aggregati, per allargare il giro e rivedersi “alla prossima”.
Quasi per caso, proprio all’ultimo minuto, Lei fece scivolare nella mano di Lui il proprio biglietto da visita:
Suonarono strane, quelle parole, ad entrambi, sia per il modo in cui erano state formulate, non allineato alla tradizionale procedura con cui si avviano fra giovani le nuove relazioni, sia perché, in effetti, i due si erano praticamente ignorati per tutta la sera, anche se entrambi avevano lanciato sguardi trasversali al rispettivo indirizzo, quando ritenevano di essere non visti. E poi, cosa si celava dietro a quella dichiarazione che era, insieme, una richiesta ed una manifestazione di intenti?
Lei chiuse lo sportello della macchina e partì con uno strepito della frizione, in sofferenza per via dei tacchi, stordita dalla cena, dal vento e dalla canzone del mare che aveva fatto da sfondo a tutta la serata.
Lui, a propria volta, si avviò verso casa.
Non si sarebbero più incontrati, se non per caso, e nulla sembrava giustificare l’incredibile uscita di Lei. Il bigliettino finì nella tasca, per esservi dimenticato, e la serata proseguì altrove, l’ultimo bicchiere prima di tornare a casa. Il sonno giunse come al solito non appena ebbe posato la testa sul cuscino, ma quelle parole …
Arrivarono ciascuno con i propri mezzi al luogo prescelto per l’appuntamento, un piccolo ristorantino a picco sul mare, una terrazza senza insegne nascosta in una palazzina del ‘600 in un paese desertificato, di giorno attrazione turistica, di notte ritrovo per pochi iniziati di gran gusto. Benché al terzo piano del vecchio fabbricato, la terrazza non era in grado di offrire alcun riparo quando, sotto la spinta del vento di ponente, le biancheggianti onde del mare iniziavano a mugghiare la loro inutile furia alzando creste di spuma contro la costa e la bassa barriera di scogli. Ma in questo, anche, era il gran fascino del posto, la possibilità di bagnare la cena con uno spruzzo improvviso dell’acqua sempre calda del Mediterraneo.
I pochi tavoli della terrazza, quella sera, erano stati riuniti al centro, a formare una tavola reale intorno alla quale tutti potessero trovar posto a sedere guardandosi in volto, in modo da favorire la conversazione senza creare neppure il minor simbolo di differenziazione tra i convitati in ragione del posto che avrebbero occupato al tavolo.
Pura casualità, o disegno oscuro del destino, forse magia di quella particolarissima notte stellata e ventosa: fatto sta che i due –senza conoscere nulla l’uno dell’altra, senza conoscersi affatto, in realtà– si trovarono a prendere posto dirimpetto, così che l’incrocio degli sguardi divenisse inevitabile per gran parte del tempo.
L’aromatico e corposo vino bianco delle Eolie, fatto con uva che matura a contatto con la rovente sabbia vulcanica delle isole, annaffiava delicatamente i polipetti di Glauco, il gestore del posto, che venivano consumati come intermezzo tra una portata e l’altra mentre la serata procedeva senza sbalzi lungo chiacchiere in gran misura prevedibili: il lavoro, la famiglia, qualche aneddoto più o meno colorito, delle risate in certo modo forzate dalle circostanze eppure piacevoli.
I nuovi membri del gruppo, avendo poca confidenza con gli altri, scambiarono poche parole con il resto della comitiva, e tra se stessi. Erano incuriositi dalla particolare atmosfera che l’ambiente circostante metteva in contrasto, fra un luogo discusso persino sulle riviste patinate e delle persone in gran misura assai più “normali” di quanto quelle atmosfere avrebbero potuto lasciare immaginare. Osservavano la situazione, studiando i partecipanti e cercando di immaginare, dai discorsi che venivano fatti, quale fosse la reale natura delle diverse personalità riunite intorno a quel tavolo: l’arrogante e maturo dirigente che cercava di imporre la propria affermazione anche nella conversazione, il simpatico di turno, che trasformava ogni cosa in battuta, ma lasciava intravedere al contempo profondità d’animo e superficialità di vita, l’arrampicatrice da soap-opera che in qualche modo mirava a conseguire qualche interessante opportunità anche da quegli incontri casuali. E Lei, la più giovane del gruppo, intimidita ed imbarazzata da quello strano pandemonio di allegria cercata ad ogni costo, per scaricare tensioni e frustrazioni quotidiane, e contemporaneamente in attesa di poter prendere parte più attiva a quel mondo del lavoro da cui provenivano tutti i festaioli, ed in cui Ella stessa si era affacciata da poco.
Solo Lui, uno dei nuovi aggregati, è brillante, per tutta la sera. Racconta, parla, descrive. È un uomo sicuro di sé, e si vede. La sua voce si confonde con quella del mare, è rassicurante.
La classica granita di agrumi, con foglie di menta e chicchi d’uva passita, celebrò con il suo arrivo la fine di una cena piacevole quanto indescrivibile, durante la quale nessuno sembrava essersi avvicinato a nessuno degli altri più di quanto non fosse prima di incontrarli. Sulla lunga scala a chiocciola che riportava al piazzale dove erano state lasciate le macchine, ritornando alle rispettive case, i soliti saluti, qualche promessa di rivedersi più spesso, un appuntamento fugace per una partita a tennis … e lo scambio rituale di indirizzi e telefoni con i nuovi aggregati, per allargare il giro e rivedersi “alla prossima”.
Quasi per caso, proprio all’ultimo minuto, Lei fece scivolare nella mano di Lui il proprio biglietto da visita:
Suonarono strane, quelle parole, ad entrambi, sia per il modo in cui erano state formulate, non allineato alla tradizionale procedura con cui si avviano fra giovani le nuove relazioni, sia perché, in effetti, i due si erano praticamente ignorati per tutta la sera, anche se entrambi avevano lanciato sguardi trasversali al rispettivo indirizzo, quando ritenevano di essere non visti. E poi, cosa si celava dietro a quella dichiarazione che era, insieme, una richiesta ed una manifestazione di intenti?
Lei chiuse lo sportello della macchina e partì con uno strepito della frizione, in sofferenza per via dei tacchi, stordita dalla cena, dal vento e dalla canzone del mare che aveva fatto da sfondo a tutta la serata.
Lui, a propria volta, si avviò verso casa.
Non si sarebbero più incontrati, se non per caso, e nulla sembrava giustificare l’incredibile uscita di Lei. Il bigliettino finì nella tasca, per esservi dimenticato, e la serata proseguì altrove, l’ultimo bicchiere prima di tornare a casa. Il sonno giunse come al solito non appena ebbe posato la testa sul cuscino, ma quelle parole …
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