First exchange? Intanto marco il territorio
di
La Recherche
genere
etero
(2 di 5) Dopo aver salutato i nostri nuovi amici nell’ascensore dell’hotel, rientriamo in camera a tarda ora. La mia testa è piena di pensieri e vado sul balcone a sentire l’oceano. Mio marito mi raggiunge e accende una sigaretta elettronica. Commentiamo la cena piacevole, poi lui mi passa la svapo e va in bagno.
Assaporando il fumo avvolgente in bocca, ripenso alle parole di Claire e alle sensazioni che ho provato osservandola a tavola. Cerco di ricostruire, di mettere a fuoco. Mi convinco, ripensando agli sguardi tra loro, che Michel sa benissimo cosa può avermi detto lei quando ci siamo allontanate dal tavolo: anche se lui ha una faccia angelica, la complicità che li unisce ha qualcosa di …licenzioso.
Dopo qualche minuto, vedo Marco che va nel letto e inizia a leggere.
In bagno mi preparo e, quando esco, indosso la più provocante delle camicie da notte che ho portato. Lui ha gli occhi puntati nel libro e devo attirare la sua attenzione perché mi guardi appoggiata allo stipite. Quando mi vede, coglie subito dallo sguardo il mio desiderio.
Gli mostro la boccetta che ho in mano: l’olio naturale che utilizziamo come lubrificante. “E’ proprio vacanza – dice – se ti presenti così la sera e non, come da tue preferenze, la mattina al risveglio!” Ha ragione.
Enfatizzando sensualità nel mio avvicinarmi a lui, arrivo sul letto a baciarlo. Prima sulla bocca, poi sposto le mie labbra dietro un suo orecchio; un respiro profondo; quindi, con la lingua, scendo sul collo. Piano. Poi ancora le mie labbra sulle sue, con passione.
Intanto le mani di lui scivolano delicate sulla morbida seta che copre il mio corpo. Le mie, invece, cercano il suo vigore e lo estraggono dall’apertura dei suoi boxer da notte.
“Simpatica Claire", gli dico alternando parole e baci, muovendo la mia mano sulla sua asta: su e giù, "però secondo me ci provava con te”.
Risponde: “Non mi sembra proprio, ma…”, il suo respiro dice bene quanto gli piaccia ciò che sto facendo: è come se si interrompesse a tratti, come se rimanesse sospeso di colpo, “…mi piace come ora stai marcando il territorio.”
Prendo l’olio e, dopo averne versato qualche goccia sul palmo della mano, divarico le gambe stese di Marco e mi metto in ginocchio tra di esse: difronte a lui. Ungo ciò che devo muovendo entrambe le mani su quell'asta in un moto verticale e rotatorio allo stesso tempo.
“Voglio darti piacere, ma hai mentito -dico- negando che lei ci stesse provando. Lo sai benissimo. E non credere, comunque, che in spiaggia non ti abbia visto guardarle il culo.”
Il movimento delle mie mani si fa più veloce, l’impugnatura più robusta, la sua erezione solida. “Allora, vediamo: vuoi essere sincero o devo smettere?”, domando.
“Davanti a questa minaccia -risponde sorridendo- confesserei anche cose che non ho fatto.”
Stringo ancora di più e indietreggio con le ginocchia. “Dimmi la verità, allora, e sarai ripagato.”
“Ha un culo piccolo, forse troppo piatto”, riconosce sbrigativamente.
“Tanto piatto che hai voluto guardarlo più volte...”, affermo chinandomi fino a baciare la punta del suo pene, poi con la lingua le giro intorno e scendo un paio di volte fino alla base.
“E a tavola lei non ci stava provando?”, chiedo.
“Forse”, risponde.
Torno alla punta e, con la lingua, sollecito il frenulo guardando lui negli occhi.
Sembra in apnea, se non per piccolissimi e rapidi respiri irregolari. So quanto gli piace ciò che sto facendo.
“Secondo me ti sei chiesto com’è a letto.” Dico queste parole affondando subito dopo il suo vigore nella mia bocca e dedicandomi ad esso per almeno due minuti di movimenti ininterrotti: su e giù.
Poi lo riguardo negli occhi: “O sbaglio?”, insisto.
Non risponde, la mia mano riprende a muoversi sul suo pene. “Sbaglio?”, chiedo ancora stringendo con forza la presa. Mi guarda e non sa cosa rispondere: è stranito e non capisce cosa io voglia sentirgli rispondere.
Continuando a masturbarlo, gli dico lentamente: “A me, al tuo posto, sarebbe venuto in mente. E’ una donna giovane, bella, spigliata, affascinante. E ha il fare di una che a letto sa godersela.” Riprendo la sua asta in bocca, ne avvolgo la cappella con la lingua, poi su e giù guardando Marco negli occhi. E’ spiazzato, ma sento la sua eccitazione.
“Allora te lo dico: mentre lei prima ci provava -affermo lasciando alle sole mani il lavoro sul suo membro- l’idea di te con lei mi intrigava.”
Sgrana gli occhi in un accenno di stupore. Il mio sguardo è complice mentre lo riprendo in bocca. Con la sensibilità delle labbra sento crescere il suo vigore: conseguenza di ciò che ho appena detto, ne sono certa. Causa-effetto.
Mi dedico a lui con abnegazione. Sono eccitata da quella situazione, da ciò che gli ho confessato. Con la mano sinistra mi tocco, mentre lui appoggia le sue alla mia nuca, come per attirarmi a salire sopra di lui. So che ora vuole penetrarmi. Ma allontano le sue mani guardandolo con tale intensità da fargli capire che non interromperò quello che sto facendo. Lascia cadere indietro la testa, arreso alla mia volontà.
“Goditela”, gli dico. “E se ti eccita, pensa pure che sia lei.” Ha le palpebre abbassate e colgo la reazione in un sussulto della sua asta. Poi, delicata, appoggia alla mia testa la sua mano destra, raccoglie come in una coda i miei lunghi capelli castani, avvolgendoli intorno al pugno, e accompagna i mei movimenti. Mi dedico a lui con tutta la passione che posseggo: alterno mani, bocca, lingua, gola. Lo faccio con foga, poi con calma, poi con forza, poi piano. Quando sento che sta venendo, voglio -e non mi è consueto- che lo faccia nella mia bocca: ogni goccia.
E così è. Non eiacula con l’abbondanza di un tempo, ma spasmi e gemiti esprimono la forza del suo piacere. Così come non poca è la spossatezza alla quale si abbandona. Deglutisco mentre una mia mano sul suo petto sente il battito forte del suo cuore: per qualche decina di secondi non rallenta. Riapre gli occhi in un’espressione di stupore e appagamento che mi gratifica.
Mi sorride riconoscente, poi mi prende a sé e mi bacia. Con forza mi rivolta al suo posto, facendomi venire in mente quanto detto da Claire a proposito del sollevare senza fatica. Ora le posizioni sono invertite e lui porta la sua bocca a baciare il mio monte di Venere.
E’ sempre stato bravo nel darmi piacere così, anche se è da qualche tempo che non glielo permetto per ragioni ora sopraffatte dal mio desiderio di godere. Mi lascio andare alla sua abilità: di labbra, di lingua, di dita che si alternano nel sollecitare il mio clitoride, nel succhiarlo, nel leccare le mie piccole labbra, la mia fessura, nell’entrare in me. Con indice e medio cerca dentro, con piccoli movimenti circolari, quella specie di tasto del piacere che c’è in un qualche punto recondito in fondo alla parete anteriore della mia vagina.
Dieci minuti buoni di cure che Marco mi dedica in un crescendo, mio, di emozioni e sensazioni. Me le godo e la mia testa viaggia guidata dalle parole di Claire. Immagino lei che lo osserva mentre lui la lecca e la cosa mi eccita al punto che, in più di una occasione, sento arrivare il mio piacere. Come quelle onde che i surfisti vedono in lontananza e che, forse, montano piano piano creando in loro la speranza che sia quella giusta: quella che cavalcheranno. E già vederla è emozione crescente, è prefigurarsi quel piacere. Poi però, con naturalezza, quell'onda si perde tra altre e dentro altre che ne mutano il destino. All’ennesima, però, è un montare senza titubanze, né argine possibile: è, proprio, come il crescere della più irruente tra le onde sulla cresta della quale oggi danzava Claire con il suo surf bianco. Esattamente nello stesso modo, mentre premo con le mani la testa di Marco serrata tra le mie gambe, sento il mio piacere alzare sempre più i gradi della sua inclinazione, fino a inalberarsi e -finalmente!- lasciarsi cadere in una sorta di deflagrazione travolgente. Potente e avvolgente come l’acqua che la compone, psichedelica sotto le mie palpebre come il bagliore di schizzi illuminati dal sole, effervescente come schiuma.
E’ come se quel piacere attraversasse ogni cellula di me. Qualcosa di talmente travolgente che mi scuote e che mi aliena da tutto, mi sradica e mi ricompone. Ripetutamente: non uno, ma più urti, lunghi, via via meno intensi e duraturi, ma non meno appaganti. Mi tolgono il fiato. Letteralmente squassata, lascio cadere la testa sui cuscini, ma solo quando l’ultimo eco del mio piacere di disperde, allento le gambe intorno a Marco, come se sciogliessi un nodo.
E resto lì, svuotata e piena insieme.
Marco scorre di fianco a me e dolcemente mi abbraccia mentre riprendo fiato. Mi bacia teneramente e ci ringraziamo a vicenda. Restiamo abbracciati mentre il mio respiro torna placido.
Lui spegne la luce e ci addormentiamo tra affettuose parole in quella posizione: appagati.
Assaporando il fumo avvolgente in bocca, ripenso alle parole di Claire e alle sensazioni che ho provato osservandola a tavola. Cerco di ricostruire, di mettere a fuoco. Mi convinco, ripensando agli sguardi tra loro, che Michel sa benissimo cosa può avermi detto lei quando ci siamo allontanate dal tavolo: anche se lui ha una faccia angelica, la complicità che li unisce ha qualcosa di …licenzioso.
Dopo qualche minuto, vedo Marco che va nel letto e inizia a leggere.
In bagno mi preparo e, quando esco, indosso la più provocante delle camicie da notte che ho portato. Lui ha gli occhi puntati nel libro e devo attirare la sua attenzione perché mi guardi appoggiata allo stipite. Quando mi vede, coglie subito dallo sguardo il mio desiderio.
Gli mostro la boccetta che ho in mano: l’olio naturale che utilizziamo come lubrificante. “E’ proprio vacanza – dice – se ti presenti così la sera e non, come da tue preferenze, la mattina al risveglio!” Ha ragione.
Enfatizzando sensualità nel mio avvicinarmi a lui, arrivo sul letto a baciarlo. Prima sulla bocca, poi sposto le mie labbra dietro un suo orecchio; un respiro profondo; quindi, con la lingua, scendo sul collo. Piano. Poi ancora le mie labbra sulle sue, con passione.
Intanto le mani di lui scivolano delicate sulla morbida seta che copre il mio corpo. Le mie, invece, cercano il suo vigore e lo estraggono dall’apertura dei suoi boxer da notte.
“Simpatica Claire", gli dico alternando parole e baci, muovendo la mia mano sulla sua asta: su e giù, "però secondo me ci provava con te”.
Risponde: “Non mi sembra proprio, ma…”, il suo respiro dice bene quanto gli piaccia ciò che sto facendo: è come se si interrompesse a tratti, come se rimanesse sospeso di colpo, “…mi piace come ora stai marcando il territorio.”
Prendo l’olio e, dopo averne versato qualche goccia sul palmo della mano, divarico le gambe stese di Marco e mi metto in ginocchio tra di esse: difronte a lui. Ungo ciò che devo muovendo entrambe le mani su quell'asta in un moto verticale e rotatorio allo stesso tempo.
“Voglio darti piacere, ma hai mentito -dico- negando che lei ci stesse provando. Lo sai benissimo. E non credere, comunque, che in spiaggia non ti abbia visto guardarle il culo.”
Il movimento delle mie mani si fa più veloce, l’impugnatura più robusta, la sua erezione solida. “Allora, vediamo: vuoi essere sincero o devo smettere?”, domando.
“Davanti a questa minaccia -risponde sorridendo- confesserei anche cose che non ho fatto.”
Stringo ancora di più e indietreggio con le ginocchia. “Dimmi la verità, allora, e sarai ripagato.”
“Ha un culo piccolo, forse troppo piatto”, riconosce sbrigativamente.
“Tanto piatto che hai voluto guardarlo più volte...”, affermo chinandomi fino a baciare la punta del suo pene, poi con la lingua le giro intorno e scendo un paio di volte fino alla base.
“E a tavola lei non ci stava provando?”, chiedo.
“Forse”, risponde.
Torno alla punta e, con la lingua, sollecito il frenulo guardando lui negli occhi.
Sembra in apnea, se non per piccolissimi e rapidi respiri irregolari. So quanto gli piace ciò che sto facendo.
“Secondo me ti sei chiesto com’è a letto.” Dico queste parole affondando subito dopo il suo vigore nella mia bocca e dedicandomi ad esso per almeno due minuti di movimenti ininterrotti: su e giù.
Poi lo riguardo negli occhi: “O sbaglio?”, insisto.
Non risponde, la mia mano riprende a muoversi sul suo pene. “Sbaglio?”, chiedo ancora stringendo con forza la presa. Mi guarda e non sa cosa rispondere: è stranito e non capisce cosa io voglia sentirgli rispondere.
Continuando a masturbarlo, gli dico lentamente: “A me, al tuo posto, sarebbe venuto in mente. E’ una donna giovane, bella, spigliata, affascinante. E ha il fare di una che a letto sa godersela.” Riprendo la sua asta in bocca, ne avvolgo la cappella con la lingua, poi su e giù guardando Marco negli occhi. E’ spiazzato, ma sento la sua eccitazione.
“Allora te lo dico: mentre lei prima ci provava -affermo lasciando alle sole mani il lavoro sul suo membro- l’idea di te con lei mi intrigava.”
Sgrana gli occhi in un accenno di stupore. Il mio sguardo è complice mentre lo riprendo in bocca. Con la sensibilità delle labbra sento crescere il suo vigore: conseguenza di ciò che ho appena detto, ne sono certa. Causa-effetto.
Mi dedico a lui con abnegazione. Sono eccitata da quella situazione, da ciò che gli ho confessato. Con la mano sinistra mi tocco, mentre lui appoggia le sue alla mia nuca, come per attirarmi a salire sopra di lui. So che ora vuole penetrarmi. Ma allontano le sue mani guardandolo con tale intensità da fargli capire che non interromperò quello che sto facendo. Lascia cadere indietro la testa, arreso alla mia volontà.
“Goditela”, gli dico. “E se ti eccita, pensa pure che sia lei.” Ha le palpebre abbassate e colgo la reazione in un sussulto della sua asta. Poi, delicata, appoggia alla mia testa la sua mano destra, raccoglie come in una coda i miei lunghi capelli castani, avvolgendoli intorno al pugno, e accompagna i mei movimenti. Mi dedico a lui con tutta la passione che posseggo: alterno mani, bocca, lingua, gola. Lo faccio con foga, poi con calma, poi con forza, poi piano. Quando sento che sta venendo, voglio -e non mi è consueto- che lo faccia nella mia bocca: ogni goccia.
E così è. Non eiacula con l’abbondanza di un tempo, ma spasmi e gemiti esprimono la forza del suo piacere. Così come non poca è la spossatezza alla quale si abbandona. Deglutisco mentre una mia mano sul suo petto sente il battito forte del suo cuore: per qualche decina di secondi non rallenta. Riapre gli occhi in un’espressione di stupore e appagamento che mi gratifica.
Mi sorride riconoscente, poi mi prende a sé e mi bacia. Con forza mi rivolta al suo posto, facendomi venire in mente quanto detto da Claire a proposito del sollevare senza fatica. Ora le posizioni sono invertite e lui porta la sua bocca a baciare il mio monte di Venere.
E’ sempre stato bravo nel darmi piacere così, anche se è da qualche tempo che non glielo permetto per ragioni ora sopraffatte dal mio desiderio di godere. Mi lascio andare alla sua abilità: di labbra, di lingua, di dita che si alternano nel sollecitare il mio clitoride, nel succhiarlo, nel leccare le mie piccole labbra, la mia fessura, nell’entrare in me. Con indice e medio cerca dentro, con piccoli movimenti circolari, quella specie di tasto del piacere che c’è in un qualche punto recondito in fondo alla parete anteriore della mia vagina.
Dieci minuti buoni di cure che Marco mi dedica in un crescendo, mio, di emozioni e sensazioni. Me le godo e la mia testa viaggia guidata dalle parole di Claire. Immagino lei che lo osserva mentre lui la lecca e la cosa mi eccita al punto che, in più di una occasione, sento arrivare il mio piacere. Come quelle onde che i surfisti vedono in lontananza e che, forse, montano piano piano creando in loro la speranza che sia quella giusta: quella che cavalcheranno. E già vederla è emozione crescente, è prefigurarsi quel piacere. Poi però, con naturalezza, quell'onda si perde tra altre e dentro altre che ne mutano il destino. All’ennesima, però, è un montare senza titubanze, né argine possibile: è, proprio, come il crescere della più irruente tra le onde sulla cresta della quale oggi danzava Claire con il suo surf bianco. Esattamente nello stesso modo, mentre premo con le mani la testa di Marco serrata tra le mie gambe, sento il mio piacere alzare sempre più i gradi della sua inclinazione, fino a inalberarsi e -finalmente!- lasciarsi cadere in una sorta di deflagrazione travolgente. Potente e avvolgente come l’acqua che la compone, psichedelica sotto le mie palpebre come il bagliore di schizzi illuminati dal sole, effervescente come schiuma.
E’ come se quel piacere attraversasse ogni cellula di me. Qualcosa di talmente travolgente che mi scuote e che mi aliena da tutto, mi sradica e mi ricompone. Ripetutamente: non uno, ma più urti, lunghi, via via meno intensi e duraturi, ma non meno appaganti. Mi tolgono il fiato. Letteralmente squassata, lascio cadere la testa sui cuscini, ma solo quando l’ultimo eco del mio piacere di disperde, allento le gambe intorno a Marco, come se sciogliessi un nodo.
E resto lì, svuotata e piena insieme.
Marco scorre di fianco a me e dolcemente mi abbraccia mentre riprendo fiato. Mi bacia teneramente e ci ringraziamo a vicenda. Restiamo abbracciati mentre il mio respiro torna placido.
Lui spegne la luce e ci addormentiamo tra affettuose parole in quella posizione: appagati.
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