First exchange? (Un semplice passo)
di
La Recherche
genere
scambio di coppia
5)
All’appuntamento nella hall dell'albergo siamo tutti puntuali. Claire è particolarmente affascinante: indossa un vestito nero corto con una profonda scollatura, adornato da una collana scura. La soluzione è sexy ma elegante per chi, come lei, ha un seno piccolo (che appare in un “vedo non vedo” dalla lunga apertura). Le gambe snelle, sottolineate dal vestito corto e dai tacchi medi, culminano in caviglie minute, impreziosite da due brillantini sui sandali neri. Uno scialle bianco sulle spalle danza ad ogni passo come una nuvola. Mi sorprende il mio osservare così i dettagli di una donna…
In taxi, i nostri amici ci comunicano che devono anticipare a domani la loro partenza per un problema di lavoro. Anche se ci conosciamo da poco, la cosa mi lascia un senso di malinconia. Dopo un quarto d’ora, arriviamo in una stradina pedonale circondata da case bianche che ci conduce al centro della cittadina, vivace reticolato di vicoli tortuosi. ll ristorante, decorato con piastrelle arabe, è un ambiente intimo; la cena è piacevole, offre piatti tradizionali e un buon vino bianco. La naturale complicità tra noi fa passare in fretta quasi due ore. Siamo al dessert quando Claire e Michel rispondono alla richiesta di mio marito di mantenere la promessa fatta in SPA, raccontandoci del loro comune tatuaggio al linguine.
Premettono che tutti i tatuaggi hanno una storia, un valore, un significato, ecc... e che per tale ragione sono sempre interessanti, anche se talvolta forieri di sorprese. Raccontano, a proposito, la vicenda di un loro conoscente che era stato in Giappone e si era fatto tatuare una scritta sulla spalla ("dans la région deltoïdienne", per usare le parole che Claire pronuncia con voce rotonda). Spiegando il tatuaggio, il loro amico aveva riferito: “Significa Taurus, che è simbolo di potenza, forza, resistenza, tenacia.” L'uomo aveva raccontato, tronfio, di aver fatto un viaggio di lavoro nella terra dei Samurai, occasione durante il quale aveva conosciuto una ragazza locale sessualmente molto prestante. Era stata lei, alla fine di qualche notte di passione, a portarlo a fare quel tatuaggio che lui esibiva con orgoglio.
Peccato che una sera, al mare con altre persone, proprio mentre il loro amico stava raccontando per l’ennesima volta l’origine di quella scritta, Michel per scherzare ne aveva messo in dubbio la traduzione. Ne era nata una divertente presa in giro dell’amico, culminata nel ricorso a Google Translate con fotocamera.
Il responso era stato impietoso: verme!
Ridiamo per questa divertente storia, poi però è il momento del racconto del loro tatuaggio.
Claire e Michel si guardano con fare complice. Lui le chiede di spiegare e lei lo fa, in modo di primo acchito sbrigativo: dice che lo hanno fatto a Hong Kong, un anno dopo essersi sposati, che è una cosa che li unisce e che significa due parole. Fa la misteriosa, provocando Marco, il quale mostra impazienza. Claire ci gioca, scherzandolo con malizia. Ridiamo. Mi attraversa il pensiero che lei stia recitando un pezzo del suo repertorio personale, ciò che mi incuriosisce ancora di più: dove andrà a parare?
La osservo. E' seduta vicino a mio marito e mi è ancora più evidente l’atteggiamento che avevo notato ieri sera a tavola. Mi piace vedere il modo in cui è seducente con lui: un fare lento che somministra intimità a piccole dosi, che crea legame. Anche nei movimenti: nell'appoggiare una mano a lungo sulla sua spalla mentre gli fa una battuta, nel parlare all’orecchio del proprio marito guardando invece lui negli occhi, nel segnalargli di avere il bicchiere del vino vuoto, nel giocare con il lungo gioiello che ha al collo, attirando l'attenzione sulla scollatura del proprio vestito.
“Sono due parole -spiega poi Claire- quella sopra significa libertà, quella sotto assieme. Ma l'ideogramma di 'assieme' -specifica- ha un significato non tanto di ...compagnia, quanto di legame, di intesa.”
Marco sembra deluso e la guarda come ad aspettare una storia retrostante.
Lei, con gli occhi puntati in quelli di mio marito, prende un sorso di vino e la situazione in mano:
“Sai, Marco -dice con voce bassa e seducente- Michel ed io crediamo che ci
sia qualcosa di irresistibilmente affascinante nell’essere liberi da ogni vincolo.” Fa una pausa, il suo dito scivola piano lungo il bordo circolare del bicchiere, poi continua, “Libertà di desiderare, prima, e di assecondare il desiderio, poi. Senza vergogna. Senza quelle etichette che la società ci impone.”
Altra breve pausa. Gli occhi di lei lo scrutano, poi beve un altro sorso di vino. Riprende: “Etichette che accettiamo senza pensarci, perché ci fanno sentire sicuri. Giusto, sbagliato,
possibile, impossibile, opportuno, inopportuno.
Sono tutti confini che ci lasciamo entrare dentro, il più delle volte senza neanche accorgercene. Ecco, e se il vero piacere fosse spingersi oltre? Oltre ogni cosa che ti dicono sconveniente.
Senza paura di essere giudicati. Liberamente.”
Fa un sorriso appena accennato, volgendo gli occhi luminosi verso il marito: “Abbiamo capito tutto questo in un angolo nascosto di Hong Kong, incontrando forse un ultimo baluardo di vita post-coloniale, cioè ancora legata a quando quei luoghi, per alcuni fortunati, erano esotici: 'altro' per regole, per cultura, per morale. Contesti più facilmente caratterizzati, così, da un clima di libertà, ambiguità, trasgressione. Il tatuaggio? È stato semplicemente il nostro modo di celebrare l'esperienza che in quella vacanza abbiamo fatto.”
Sorrido intimamente ammirata: ha metodo.
Marco, invece, è titubante; il suo sguardo esprime un commento silenzioso tra l'interlocutorio e l'interrogativo. Appoggia delicatamente la sua mano sulla mia, sul tavolo.
Claire riprende, come preoccupata che lui non abbia capito: “A me e a Michel piace sperimentare cose che ai più potrebbero apparire lontane dal concetto di matrimonio. Però per noi non lo sono affatto, anzi rafforzano la nostra unione: perché non sono la ricerca di qualcosa che manca nell’altro. Al contrario: sono un’esplorazione concordata, costruita con l’altro. Un 'noi' più largo, più consapevole e vissuto d’intesa. Ecco perché l’altra parola: legame, intesa.”
Osservo Michel: imperturbabile, ascolta con distacco, come se quello che si sta dicendo riguardasse altri. Di certo è sua moglie quella che dà le carte e solo quando è lei a coinvolgerlo, con lo sguardo, lui allora interviene rivolgendosi a me: “Cosa ne pensi di tutto questo? Ti turba? Dai, non dirmi che vedere tuo marito desiderato da un’altra donna non ti affascina, vero?”
Il tono della voce di Michel è sofisticato, ma per quanto la si possa imbellettare, la domanda è parecchio diretta.
Marco si volta di scatto verso di me, mi guarda e strige la mia mano. Sono certa che sta ripensando alle mie parole di ieri sera, a ciò che gli ho detto anche prima di venire a questa cena. Non può che essere stupito dal fatto che Michel abbia intercettato la mia emozione, che sappia leggere il mio pensiero. Quel gesto di Marco, però, mi ridesta da una sorta di fascinazione idilliaca, mi riporta con i piedi per terra. E' un monito, come se mio marito volesse avvisarmi di una situazione di pericolo.
Lo è però solo per lui, però. Quindi, penso, devo solo aiutarlo a ragionare.
“Sapete cosa?", rispondo sempre con la mano di mio marito sulla mia, "Riconosco una astratta curiosità verso tutto ciò, ma soprattutto sono contenta di questo vostro ...equilibrio. Per qualche coppia, però, potrebbe essere destabilizzante, no? Forse anche fatale.”
“Verissimo. Ma non se deciso assieme", replica subito Claire, con il suo sorriso luminoso e sporgendosi verso di me. "La complicità tra di voi due, ad esempio, è evidente. Se ci fosse -prosegue- anche in relazione a questa ...curiosità, come l'hai definita tu, non ci sarebbe nulla di cui avere timore. Anzi! Diverso è quando ce l'ha solo uno dei e l’altro la subisce. Allora sì, ovviamente è una bomba che distrugge. Viceversa, vissuta d’accordo, insieme, secondo me rafforza il legame. E, per quella che è la nostra esperienza, fa evolvere l'intimità nella coppia verso una dimensione incredibilmente profonda perché, scindendola dalla dimensione fisica, la ...sublima.”
Interviene Michel, spostandosi i lisci capelli biondi dalla fronte: "Forse non esiste una formula che mette al riparo al 100% ogni unione, no? La nostra, per noi, sta funzionando da anni. Questo, senza dubbio, possiamo dirlo."
"E vi è mai capitato -domando- di avere a ché fare con una coppia dove uno dei due …non che fosse contrario, né che la subisse, ma semplicemente era indeciso?"
"Certo: noi", risponde ancora Claire. "Se Michel non avesse forzato la mia titubanza, non avremmo mai iniziato a vivere questa esperienza. Ero combattuta, piena di punti di domanda. Se, rassicurandomi, non avesse fatto lui il primo passo..."
Lo sguardo di lei si muove su Marco, come ad attendere una sua considerazione. Lo conosco: se non vuole esprimersi sull'argomento, con furbizia troverà il modo di glissare.
E infatti risponde: "Magari, in verità, quegli ideogrammi che vi siete tatuati significano solo 'I love Hong Kong'.”
Claire, prontamente, non permette alle battute di rompere la tensione che si è creata. Accarezza sulla guancia mio marito, una carezza voluttuosa. Passa l’altra mano leggera a portare i propri capelli dietro l’orecchio. Sorride a Marco e, con uno sguardo che è provocazione, ma che è soprattutto desiderio sfacciato, gli dice lentamente: “Se vuoi, prendi il tuo telefono, andiamo io e te alla toilette, scatti una foto e cerchiamo su Google Translate.”
Nell'aria, dopo quelle parole, resta un'energia erotica enorme: la sento circondarmi, attraversarmi, pervadermi. Marco è imbambolato, ora è la sua mano ad essere nella mia. La stringo. Spero che lui capisca che è per spingerlo, incitarlo, non per trattenerlo.
Lo sguardo di Claire verso Marco ha, ai miei occhi, una forza pazzesca. E’ intensità. In una frazione di secondo nella mia testa balena la scena di Marco che si alza, con lei che lo tiene per mano. Penso agli occhi di Claire che lo guardano mentre camminano fuori dalla sala: cosa vedono di lui?
Come sullo sfondo dello sguardo di loro che si allontanano, penso a Michel e me che restiamo al tavolo. Già: sarebbe, lui, una sorta di dazio per sapere Claire con Marco. E’ un bell’uomo, penso. Alto, magro e con un fascino angelico e misterioso allo stesso tempo.
Mi ridesto. Marco indugia in un sorriso nervoso per un tempo che mi appare lunghissimo. Mi guarda. Le nostre mani sono sempre l'una nell'altra. Potrebbe sembrare che non sappia cosa dire, ma io so che sta facendo i conti con la sua natura: quella che fa di lui l’antitesi del 'carpe diem'. Perché lui rimugina, analizza, riflette, si fa domande …e, intanto, le occasioni passano.
Vorrei che leggesse nei miei occhi che può lasciarsi andare, che può concedersi l’esperienza di fare una follia, di lanciarsi. E so che quella specifica follia gli piacerebbe e non pregiudicherebbe proprio un bel niente tra noi, anzi darebbe ancora più compiutezza al nostro legame, alla nostra complicità.
Claire rilancia: sempre tenendo lo sguardo fisso in quello di lui, sposta sul tavolo il tovagliolo che aveva sulle gambe. Come a dire a Marco: "Andiamo?"
Mi sembra un tempo enorme quello che sta passando nel silenzio di tutti noi che attendiamo la reazione di mio marito.
La velocità dei pensieri magari inganna, amplifica, dilata. Certo è che, nelle more, irrompe la cameriera: ci offre su un vassoio quattro bicchieri di un Porto invecchiato "ben venticinque anni!", esclama. Li lascia sul tavolo, avvertendo che il locale chiuderà a breve.
Il silenzio occupa ancora spazio. Lo rompe Marco con una considerazione sconsolata su quel vino liquoroso che ha atteso tanti anni per essere poi offerto a una bevuta frettolosa. L'eccessivo numero di parole che utilizza mi trasmette la nitida sensazione che voglia sfuggire dalla situazione che sia era creata.
Una smorfia di Claire esprime, seppur simpaticamente, una delusione che sa di definitivo.
Il treno è passato…
Beviamo con una qualche battuta di circostanza, paghiamo, usciamo. Nel tragitto verso la fermata dei taxi parliamo solo del fatto che con la loro partenza, la nostra frequentazione finirà. Claire si raccomanda con me: anche se ci fossero onde più grandi, in questi giorni devo fare ancora surf.
Sono sicura, tuttavia, che al di là delle parole che stiamo dicendo, anche gli altri stiano pensando solo, come me, che prima al tavolo s’è spezzato l’attimo: qualcosa che poteva essere è stato lasciato andare via.
Mentre le voci degli altri si muovono nell'abitacolo, rifletto e penso che nella testa di Marco sia passata, come imperativo, l’espressione "confort zone!", ma nella mia rimbomba la parola “rimpianto”.
Arrivati in albergo, saliamo tutti e quattro nell’ascensore: stretti, vicini.
Le porte si chiudono con un suono metallico che sembra tagliare l’aria; nelle pareti a specchio siamo molte riproduzioni di noi che si osservano. Il mio sguardo si incrocia di riflesso con quello di Marco, che è dietro di me. Cerco nei suoi occhi di vedere quello che, con desiderio, guardava prima Claire. Vorrei accarezzargli anch’io la guancia: come lei, con lei. Provare a persuaderlo circa la meraviglia di quella proposta, di quelle sue parole al tavolo. Solo sentirle ha fatto sì che in me, in qualche modo, qualcosa cambiasse. Come se un dado fosse stato tratto. Lei è ancora dietro di me, un passo più in là, ma il suo sguardo, diretto e profondo, ora ha una vena annoiata, delusa, rassegnata.
L'ascensore si ferma a un piano che non ci interessa. Scendono tre persone. Dopo poco, le porte si richiudono. Claire è silenziosa. Attraverso gli specchi, i suoi occhi scivolano ora da un punto all’altro. Spero, e la cosa mi fa trattenere il respiro, di incrociarli nei miei, di dirle con essi: "Dai, un ultimo tentativo!"
Non succede. Vedo, invece, lo sguardo di Marco: sembra quello di un ragazzino che ha rotto un vetro con il pallone, perdendolo. Capisco che ora, di colpo, la sua testa sia probabilmente piena di quello che poteva essere. Troppo tardi.
E invece, ecco che accade.
Un piccolo gesto.
Michel. Sembra fuori posto, ai margini di tutto quel desiderio sul quale ho rimuginato. Invece, capisco, è la chiave.
E’ alla mia sinistra. In un attimo che sembra dilatarsi all'infinito, ci guardiamo direttamente negli occhi .
Le porte dell'ascensore iniziano a scorrere aprendosi al piano della stanza mia e di mio marito. Il pensiero mi attraversa rapido: non è più fantasia. È qui, è ora.
Attendo ad uscire. Giro la testa, guardo Marco quasi dietro di me. Non esprimo nulla.
Prendendo la mano di Michel, mio corpo si sposta piano in avanti, verso il pianerottolo. Il suo palmo è caldo, la presa è delicata, ma subito mi asseconda. Non c’è bisogno di dire niente. Il movimento è l’atto stesso della scelta: un semplice passo. Assieme varchiamo la soglia.
Poi mi volto verso Marco, gli sorrido con amore: “Bonne nuit!”
La porta dell’ascensore inizia a chiudersi dietro di noi due; mentre Marco e Claire restano immobili, sui volti loro si apre un sorriso: quello di Claire è stupendo. E' sorpresa, è entusiasmo. L'ultima cosa che noto, dentro quell'ascensore, è la mano di lei in quella di lui. Non il contrario.
Sospiro di sollievo, intimamente euforica. Poi sento il fruscio metallico della corsa che è ripresa.
Il cuore mi batte all’impazzata. Mi sento come se fossi sospesa in un equilibrio instabile. Ma c’è anche qualcosa di liberatorio, un respiro profondo che mi scivola dentro mentre mi allontano con Michel: la paura di quello che sto per fare si mescola con il piacere averne il dominio.
Camminiamo velocemente, il silenzio è carico di anticipazione, ma poi, quando siamo arrivati alla porta della mia stanza, lui mi guarda di nuovo. Un sorriso, veloce, pieno di significato. Non è solo l’emozione di un incontro fisico: è qualcosa di più. E’ un'energia fortissima quella che viviamo: so e sento che si sta veramente -qui e ad un paio di piani più in alto- per attraversare una linea.
Quando metto la mano sulla maniglia della porta, c'è una frazione di secondo in cui mi fermo, l'ansia di quello che farò mi prende di sorpresa. Lascio entrare Michel e rivolgo lo sguardo lungo il corridoio, vuoto. Un attimo solo, poi seguo lui, chiudo la porta dietro di me. Non c’è più ritorno.
Siamo nella stanza, ma è un luogo quasi irrilevante. Michel osserva solo che è identica alla loro, poi si dimostra subito più virile di quanto avevo colto. Forse è la mia decisione che lo ha colpito? Mi spinge con le spalle alla parete. Tocca il mio corpo con passione, libera le mie spalle dalla canottiera di strass che indosso, scende con le mani al mio seno (libero, si), poi vi immerge il volto e bacia tutto. Soprattutto i capezzoli grandi e duri. Quindi, scende con le mani e con la bocca: prima al ventre, poi fino a sollevare completamente la mia gonna. Sposta di lato lo slip leggero, si inginocchia e bacia con avidità la mia fessura. E' bravo.
Solleva una mia gamba sopra alla sua spalla. La lingua che scorre tra le mie piccole labbra dà un fremito al mio corpo tutto.
Il mio corpo…. qui c’è solo il mio corpo: la mia mente è in un’altra stanza. E’ con Marco, è con Claire: li immagino. Di più: li vedo in quello spazio uguale a quello dove siamo io e Michel. Sento il pulsare del mio cuore e penso sia quello dell’emozione di mio marito. Emetto un gemito di piacere e lo vivo come se fosse quello di lei davanti ai colpi della lingua di Marco, sotto quel piccolo cespuglio ordinato a forma di triangolo.
Sento il desiderio di Claire per lui, il mio lui, come se attraversasse i piani che ci separano. Ne immagino le forme, i gesti. Lei che prende mio marito, lo fa cadere di spalle sul letto, gli abbassa i pantaloni, si impossessa del suo membro, lo bacia, lo adora, lo succhia con avidità a lungo. E poi lei che si alza, con lo sguardo fisso rivolto a quell’asta turgida, si toglie quel poco di indumenti che ha ancora indosso, apre la confezione di un preservativo, lo pone tra le labbra e con la bocca, guardando Marco, lo infila su ciò che vuole dentro di sé. Quindi sale sopra di lui a cavalcioni, scende e si issa sul suo vigore. E si muove: prima piano, poi più veloce, sui fianchi, su e giù, avanti e indietro, disegnando otto con i movimenti del ventre, piena del vigore di lui.
E continuativamente lo guarda.
Quella scena si sviluppa nella mia mente come se io fossi in quella camera e la osservassi da dietro di lei: le mani di Marco prendono quei fianchi esili, stringono quelle natiche piccole e compatte, domano Claire che si muove vivace.
Dai movimenti dalla schiena, dalle braccia alzate a riunire le mani dietro la propria nuca, riconosco che il piacere di lei sta già crescendo, quasi nervoso, come l’appetito vorace di un affamato. C’è volizione nel montare di quel godimento dentro di lei. Come se dicesse a sé stessa: subito!
E' il corpo di lei che parla. Una tensione progressiva lo anima: è iniziata come una vibrazione di bassa intensità, divenuta poi fremito, quindi ora è un tremolio intenso. Ed eccolo, poi, dopo un lungo attimo di sospensione, che esplode come in una scossa che coinvolge tutti i 752 muscoli di quella donna eccitante.
E' bellissima: agitata dalle convulsioni di un piacere che è deflagrato dopo un tempo appeso.
Vedo proprio, sento, gli spasmi che la colgono, le contrazioni del suo ventre. L’appagamento che la pervade.
E’ stupendo 'guardare' quel corpo che gode mentre sovrasta mio marito. Vedere come si lasci andare, come si abbandoni. Voglio scorgere, nella parete specchiata dietro alla testata del letto, il volto di lei che gode: lo immagino soddisfatto, quasi beffardo.
Guardo in quello specchio e vedo. Vedo il mio volto. Il mio appagamento, il mio sorriso di soddisfazione, il mio compiacimento.
E’ come se mi riprendessi da un sogno, accorgendomi che era realtà. Solo che i personaggi erano diversi. Il desiderio, l’appetito, la voracità che proiettavo su Claire: tutte situazioni che stavo vivendo io. Michel è sotto di me e continua a muoversi, la sua potenza spinge dentro al mio ventre, le sue mani tengono i miei fianchi. Appagata, prendo l’iniziativa: mi sfilo da lui, sdraiandomi al suo fianco supina e invitandolo a tornare in me. Mi sale sopra, nella più classica delle posizioni. Sento, sotto le mie natiche, la confezione del preservativo che lui indossa: evidentemente -mi sorprendo a pensare- l'angelo biondo era uscito attrezzato per la sera: cosa che mi eccita. Voleva che succedesse. Voleva me.
Le sue mani, mentre spinge in me, giocano con le mie tette. Gli sussurro in un orecchio che voglio che, poi, venga sul mio petto. Mi guarda entusiasta, mentre delle piccole perle di sudore adornano la sua fronte. Dopo poco, esce da me, sale a cavalcioni del mio busto, sfila il preservativo e infila il suo membro nel solco del mio seno. Con le mani, spingo le tette richiudendo tra esse quell’asta. Guardo quel ventre che si muove spingendo quel vigore. Intravedo, a tratti, gli ideogrammi sulla pelle glabra. D’un tratto, atteso e improvviso, uno schizzo del piacere di lui mi colpisce sotto il mento. Poi un altro. La colonna sonora di quel momento sono versi di lui, mentre dalla sua cappella escono ultimi spasmi di un bianco piacere che si raccoglie -lo sento- nella mia fossa giugulare.
Immaginarla nel ruolo di recipiente mi dovrebbe far ridere, se i miei pensieri non stessero provando orgoglio per la soddisfazione che ho prodotto.
Lui si accascia supino al mio fianco, il suo respiro è affannato. Prendo un kleenex dal comodino e pulisco il segno del piacere di lui. Uno non basta e ne devo prendere un altro mentre i polmoni di lui non sembrano ancora avviarsi a ritrovare il ritmo naturale.
Ora siamo stesi uno al fianco dell’altro, paghi.
Mi domando: e adesso come funziona? Si riveste ed esce? O si addormenta al mio fianco e domattina raggiunge sua moglie? Come ci si …sincronizza con gli altri noi?
Il pensiero torna a loro, a Marco e Claire: a che punto saranno?
L’immagine di Claire con i capelli scompigliati, sudata, che lo guarda, che lo desidera diventa un esercizio di fantasia che cresce, si ingigantisce. Ogni dettaglio è vivido: il modo in cui Claire lo sta accarezzando, come muove le mani sul pene di lui, come si sfiorano le loro labbra.
Sento Michel che si alza: starà andando a lavarsi, penso. No, sento che apre il minibar. Dal corridoio della stanza mi chiede se desidero qualcosa. “Eau petillante, mercì”, rispondo. Sento che muove bicchieri.
Ma nella mia testa torno alla stanzaqualche piano più su: ora immagino la bellezza conturbante di Claire sopraffatta dal piacere, il suo respiro affannato.
E’ incredibile, ma la figura e l’emozione di Marco sono meno nitide nella mia immaginazione: come starà reagendo lui? Si starà abbandonando a lei come si abbandona a me? O forse ci sarà una parte di lui che non ha mai mostrato?
Questa domanda mi dà un fremito e muove le mie dita ad accarezzare delicatamente i margini della mia fessura, poi il bottoncino che ne è il vertice e che con il polpastrello del medio stimolo delicatamente.
Michel mi sorprende in quest’atto, guardandomi senza che io mi sia accorta del suo essere li con un bicchiere per mano. Non mi interrompe, mi osserva da in piedi, con un sorriso inclinato, compiaciuto. Io continuo, piano. Poi lui viene ad appoggiare un bicchiere sul comodino a me vicino. Beve d'un sorso l'altro deposita anch'esso. Va in fondo al letto, vi sale in ginocchio. Apre le mie gambe, piegandomele. Si china in mezzo a loro e inizia a baciarmi dove gioca la mia mano. Quindi è il turno della sua lingua, fredda dell'acqua appena presa. Si aiuta, poi, con le dita che divaricano le mie labbra per permettere a quella lingua di andare dentro.
Poi una, due dita si fanno strada in me: le sento muoversi, scavarmi cercando in punto preciso. Lo trovano, ci giocano. Colgo che, come se avessero trovato un interruttore, con il loro movimento esse accendono in un punto indefinito del mio corpo ciò che diventerà il mio prossimo piacere.
Quindi le sue dita escono umide e vanno come a riparare alla base della mia fessura mentre la lingua di riprende a leccare tutta la lunghezza delle mie labbra, fino al clitoride. E’ stupendo ciò che provo. Lui insiste in un'opera paziente che dura a lungo.
Poi sento quelle due dita portare i miei umori più in basso e sollecitare, con mio piacere, un’altra zona sensibile: quella che non abita particolarmente i gusti di Marco. E’ una sensazione nuova: lingua e dita, così vicine ma in posti diversi, mi donano una condizione di piacere sempre più intensa. Sospiro.
Il dito che compie un movimento circolare sulla mia rosellina, ora si fa più impertinente, invadente, mentre le labbra di lui quasi succhiano il mio clitoride gonfio. Un primo dito s’è fatto strada, ma sento l’altro spingere a dilatare piano ancora quel mio muscolo. Porto le mani sotto le mie natiche per agevolare quell’ingresso. Modifico, prima, anche l’inclinazione del bacino mentre volto rapida lo sguardo sul comodino.
Cerco con gli occhi la boccetta del mio olio naturale. C’è, è lì.
Con le mani ai glutei e con la volontà mi apro. Mi apro a lui. Al piacere che voglio.
Un’apertura totale.
A ciò che sto per fare.
(Fine)
All’appuntamento nella hall dell'albergo siamo tutti puntuali. Claire è particolarmente affascinante: indossa un vestito nero corto con una profonda scollatura, adornato da una collana scura. La soluzione è sexy ma elegante per chi, come lei, ha un seno piccolo (che appare in un “vedo non vedo” dalla lunga apertura). Le gambe snelle, sottolineate dal vestito corto e dai tacchi medi, culminano in caviglie minute, impreziosite da due brillantini sui sandali neri. Uno scialle bianco sulle spalle danza ad ogni passo come una nuvola. Mi sorprende il mio osservare così i dettagli di una donna…
In taxi, i nostri amici ci comunicano che devono anticipare a domani la loro partenza per un problema di lavoro. Anche se ci conosciamo da poco, la cosa mi lascia un senso di malinconia. Dopo un quarto d’ora, arriviamo in una stradina pedonale circondata da case bianche che ci conduce al centro della cittadina, vivace reticolato di vicoli tortuosi. ll ristorante, decorato con piastrelle arabe, è un ambiente intimo; la cena è piacevole, offre piatti tradizionali e un buon vino bianco. La naturale complicità tra noi fa passare in fretta quasi due ore. Siamo al dessert quando Claire e Michel rispondono alla richiesta di mio marito di mantenere la promessa fatta in SPA, raccontandoci del loro comune tatuaggio al linguine.
Premettono che tutti i tatuaggi hanno una storia, un valore, un significato, ecc... e che per tale ragione sono sempre interessanti, anche se talvolta forieri di sorprese. Raccontano, a proposito, la vicenda di un loro conoscente che era stato in Giappone e si era fatto tatuare una scritta sulla spalla ("dans la région deltoïdienne", per usare le parole che Claire pronuncia con voce rotonda). Spiegando il tatuaggio, il loro amico aveva riferito: “Significa Taurus, che è simbolo di potenza, forza, resistenza, tenacia.” L'uomo aveva raccontato, tronfio, di aver fatto un viaggio di lavoro nella terra dei Samurai, occasione durante il quale aveva conosciuto una ragazza locale sessualmente molto prestante. Era stata lei, alla fine di qualche notte di passione, a portarlo a fare quel tatuaggio che lui esibiva con orgoglio.
Peccato che una sera, al mare con altre persone, proprio mentre il loro amico stava raccontando per l’ennesima volta l’origine di quella scritta, Michel per scherzare ne aveva messo in dubbio la traduzione. Ne era nata una divertente presa in giro dell’amico, culminata nel ricorso a Google Translate con fotocamera.
Il responso era stato impietoso: verme!
Ridiamo per questa divertente storia, poi però è il momento del racconto del loro tatuaggio.
Claire e Michel si guardano con fare complice. Lui le chiede di spiegare e lei lo fa, in modo di primo acchito sbrigativo: dice che lo hanno fatto a Hong Kong, un anno dopo essersi sposati, che è una cosa che li unisce e che significa due parole. Fa la misteriosa, provocando Marco, il quale mostra impazienza. Claire ci gioca, scherzandolo con malizia. Ridiamo. Mi attraversa il pensiero che lei stia recitando un pezzo del suo repertorio personale, ciò che mi incuriosisce ancora di più: dove andrà a parare?
La osservo. E' seduta vicino a mio marito e mi è ancora più evidente l’atteggiamento che avevo notato ieri sera a tavola. Mi piace vedere il modo in cui è seducente con lui: un fare lento che somministra intimità a piccole dosi, che crea legame. Anche nei movimenti: nell'appoggiare una mano a lungo sulla sua spalla mentre gli fa una battuta, nel parlare all’orecchio del proprio marito guardando invece lui negli occhi, nel segnalargli di avere il bicchiere del vino vuoto, nel giocare con il lungo gioiello che ha al collo, attirando l'attenzione sulla scollatura del proprio vestito.
“Sono due parole -spiega poi Claire- quella sopra significa libertà, quella sotto assieme. Ma l'ideogramma di 'assieme' -specifica- ha un significato non tanto di ...compagnia, quanto di legame, di intesa.”
Marco sembra deluso e la guarda come ad aspettare una storia retrostante.
Lei, con gli occhi puntati in quelli di mio marito, prende un sorso di vino e la situazione in mano:
“Sai, Marco -dice con voce bassa e seducente- Michel ed io crediamo che ci
sia qualcosa di irresistibilmente affascinante nell’essere liberi da ogni vincolo.” Fa una pausa, il suo dito scivola piano lungo il bordo circolare del bicchiere, poi continua, “Libertà di desiderare, prima, e di assecondare il desiderio, poi. Senza vergogna. Senza quelle etichette che la società ci impone.”
Altra breve pausa. Gli occhi di lei lo scrutano, poi beve un altro sorso di vino. Riprende: “Etichette che accettiamo senza pensarci, perché ci fanno sentire sicuri. Giusto, sbagliato,
possibile, impossibile, opportuno, inopportuno.
Sono tutti confini che ci lasciamo entrare dentro, il più delle volte senza neanche accorgercene. Ecco, e se il vero piacere fosse spingersi oltre? Oltre ogni cosa che ti dicono sconveniente.
Senza paura di essere giudicati. Liberamente.”
Fa un sorriso appena accennato, volgendo gli occhi luminosi verso il marito: “Abbiamo capito tutto questo in un angolo nascosto di Hong Kong, incontrando forse un ultimo baluardo di vita post-coloniale, cioè ancora legata a quando quei luoghi, per alcuni fortunati, erano esotici: 'altro' per regole, per cultura, per morale. Contesti più facilmente caratterizzati, così, da un clima di libertà, ambiguità, trasgressione. Il tatuaggio? È stato semplicemente il nostro modo di celebrare l'esperienza che in quella vacanza abbiamo fatto.”
Sorrido intimamente ammirata: ha metodo.
Marco, invece, è titubante; il suo sguardo esprime un commento silenzioso tra l'interlocutorio e l'interrogativo. Appoggia delicatamente la sua mano sulla mia, sul tavolo.
Claire riprende, come preoccupata che lui non abbia capito: “A me e a Michel piace sperimentare cose che ai più potrebbero apparire lontane dal concetto di matrimonio. Però per noi non lo sono affatto, anzi rafforzano la nostra unione: perché non sono la ricerca di qualcosa che manca nell’altro. Al contrario: sono un’esplorazione concordata, costruita con l’altro. Un 'noi' più largo, più consapevole e vissuto d’intesa. Ecco perché l’altra parola: legame, intesa.”
Osservo Michel: imperturbabile, ascolta con distacco, come se quello che si sta dicendo riguardasse altri. Di certo è sua moglie quella che dà le carte e solo quando è lei a coinvolgerlo, con lo sguardo, lui allora interviene rivolgendosi a me: “Cosa ne pensi di tutto questo? Ti turba? Dai, non dirmi che vedere tuo marito desiderato da un’altra donna non ti affascina, vero?”
Il tono della voce di Michel è sofisticato, ma per quanto la si possa imbellettare, la domanda è parecchio diretta.
Marco si volta di scatto verso di me, mi guarda e strige la mia mano. Sono certa che sta ripensando alle mie parole di ieri sera, a ciò che gli ho detto anche prima di venire a questa cena. Non può che essere stupito dal fatto che Michel abbia intercettato la mia emozione, che sappia leggere il mio pensiero. Quel gesto di Marco, però, mi ridesta da una sorta di fascinazione idilliaca, mi riporta con i piedi per terra. E' un monito, come se mio marito volesse avvisarmi di una situazione di pericolo.
Lo è però solo per lui, però. Quindi, penso, devo solo aiutarlo a ragionare.
“Sapete cosa?", rispondo sempre con la mano di mio marito sulla mia, "Riconosco una astratta curiosità verso tutto ciò, ma soprattutto sono contenta di questo vostro ...equilibrio. Per qualche coppia, però, potrebbe essere destabilizzante, no? Forse anche fatale.”
“Verissimo. Ma non se deciso assieme", replica subito Claire, con il suo sorriso luminoso e sporgendosi verso di me. "La complicità tra di voi due, ad esempio, è evidente. Se ci fosse -prosegue- anche in relazione a questa ...curiosità, come l'hai definita tu, non ci sarebbe nulla di cui avere timore. Anzi! Diverso è quando ce l'ha solo uno dei e l’altro la subisce. Allora sì, ovviamente è una bomba che distrugge. Viceversa, vissuta d’accordo, insieme, secondo me rafforza il legame. E, per quella che è la nostra esperienza, fa evolvere l'intimità nella coppia verso una dimensione incredibilmente profonda perché, scindendola dalla dimensione fisica, la ...sublima.”
Interviene Michel, spostandosi i lisci capelli biondi dalla fronte: "Forse non esiste una formula che mette al riparo al 100% ogni unione, no? La nostra, per noi, sta funzionando da anni. Questo, senza dubbio, possiamo dirlo."
"E vi è mai capitato -domando- di avere a ché fare con una coppia dove uno dei due …non che fosse contrario, né che la subisse, ma semplicemente era indeciso?"
"Certo: noi", risponde ancora Claire. "Se Michel non avesse forzato la mia titubanza, non avremmo mai iniziato a vivere questa esperienza. Ero combattuta, piena di punti di domanda. Se, rassicurandomi, non avesse fatto lui il primo passo..."
Lo sguardo di lei si muove su Marco, come ad attendere una sua considerazione. Lo conosco: se non vuole esprimersi sull'argomento, con furbizia troverà il modo di glissare.
E infatti risponde: "Magari, in verità, quegli ideogrammi che vi siete tatuati significano solo 'I love Hong Kong'.”
Claire, prontamente, non permette alle battute di rompere la tensione che si è creata. Accarezza sulla guancia mio marito, una carezza voluttuosa. Passa l’altra mano leggera a portare i propri capelli dietro l’orecchio. Sorride a Marco e, con uno sguardo che è provocazione, ma che è soprattutto desiderio sfacciato, gli dice lentamente: “Se vuoi, prendi il tuo telefono, andiamo io e te alla toilette, scatti una foto e cerchiamo su Google Translate.”
Nell'aria, dopo quelle parole, resta un'energia erotica enorme: la sento circondarmi, attraversarmi, pervadermi. Marco è imbambolato, ora è la sua mano ad essere nella mia. La stringo. Spero che lui capisca che è per spingerlo, incitarlo, non per trattenerlo.
Lo sguardo di Claire verso Marco ha, ai miei occhi, una forza pazzesca. E’ intensità. In una frazione di secondo nella mia testa balena la scena di Marco che si alza, con lei che lo tiene per mano. Penso agli occhi di Claire che lo guardano mentre camminano fuori dalla sala: cosa vedono di lui?
Come sullo sfondo dello sguardo di loro che si allontanano, penso a Michel e me che restiamo al tavolo. Già: sarebbe, lui, una sorta di dazio per sapere Claire con Marco. E’ un bell’uomo, penso. Alto, magro e con un fascino angelico e misterioso allo stesso tempo.
Mi ridesto. Marco indugia in un sorriso nervoso per un tempo che mi appare lunghissimo. Mi guarda. Le nostre mani sono sempre l'una nell'altra. Potrebbe sembrare che non sappia cosa dire, ma io so che sta facendo i conti con la sua natura: quella che fa di lui l’antitesi del 'carpe diem'. Perché lui rimugina, analizza, riflette, si fa domande …e, intanto, le occasioni passano.
Vorrei che leggesse nei miei occhi che può lasciarsi andare, che può concedersi l’esperienza di fare una follia, di lanciarsi. E so che quella specifica follia gli piacerebbe e non pregiudicherebbe proprio un bel niente tra noi, anzi darebbe ancora più compiutezza al nostro legame, alla nostra complicità.
Claire rilancia: sempre tenendo lo sguardo fisso in quello di lui, sposta sul tavolo il tovagliolo che aveva sulle gambe. Come a dire a Marco: "Andiamo?"
Mi sembra un tempo enorme quello che sta passando nel silenzio di tutti noi che attendiamo la reazione di mio marito.
La velocità dei pensieri magari inganna, amplifica, dilata. Certo è che, nelle more, irrompe la cameriera: ci offre su un vassoio quattro bicchieri di un Porto invecchiato "ben venticinque anni!", esclama. Li lascia sul tavolo, avvertendo che il locale chiuderà a breve.
Il silenzio occupa ancora spazio. Lo rompe Marco con una considerazione sconsolata su quel vino liquoroso che ha atteso tanti anni per essere poi offerto a una bevuta frettolosa. L'eccessivo numero di parole che utilizza mi trasmette la nitida sensazione che voglia sfuggire dalla situazione che sia era creata.
Una smorfia di Claire esprime, seppur simpaticamente, una delusione che sa di definitivo.
Il treno è passato…
Beviamo con una qualche battuta di circostanza, paghiamo, usciamo. Nel tragitto verso la fermata dei taxi parliamo solo del fatto che con la loro partenza, la nostra frequentazione finirà. Claire si raccomanda con me: anche se ci fossero onde più grandi, in questi giorni devo fare ancora surf.
Sono sicura, tuttavia, che al di là delle parole che stiamo dicendo, anche gli altri stiano pensando solo, come me, che prima al tavolo s’è spezzato l’attimo: qualcosa che poteva essere è stato lasciato andare via.
Mentre le voci degli altri si muovono nell'abitacolo, rifletto e penso che nella testa di Marco sia passata, come imperativo, l’espressione "confort zone!", ma nella mia rimbomba la parola “rimpianto”.
Arrivati in albergo, saliamo tutti e quattro nell’ascensore: stretti, vicini.
Le porte si chiudono con un suono metallico che sembra tagliare l’aria; nelle pareti a specchio siamo molte riproduzioni di noi che si osservano. Il mio sguardo si incrocia di riflesso con quello di Marco, che è dietro di me. Cerco nei suoi occhi di vedere quello che, con desiderio, guardava prima Claire. Vorrei accarezzargli anch’io la guancia: come lei, con lei. Provare a persuaderlo circa la meraviglia di quella proposta, di quelle sue parole al tavolo. Solo sentirle ha fatto sì che in me, in qualche modo, qualcosa cambiasse. Come se un dado fosse stato tratto. Lei è ancora dietro di me, un passo più in là, ma il suo sguardo, diretto e profondo, ora ha una vena annoiata, delusa, rassegnata.
L'ascensore si ferma a un piano che non ci interessa. Scendono tre persone. Dopo poco, le porte si richiudono. Claire è silenziosa. Attraverso gli specchi, i suoi occhi scivolano ora da un punto all’altro. Spero, e la cosa mi fa trattenere il respiro, di incrociarli nei miei, di dirle con essi: "Dai, un ultimo tentativo!"
Non succede. Vedo, invece, lo sguardo di Marco: sembra quello di un ragazzino che ha rotto un vetro con il pallone, perdendolo. Capisco che ora, di colpo, la sua testa sia probabilmente piena di quello che poteva essere. Troppo tardi.
E invece, ecco che accade.
Un piccolo gesto.
Michel. Sembra fuori posto, ai margini di tutto quel desiderio sul quale ho rimuginato. Invece, capisco, è la chiave.
E’ alla mia sinistra. In un attimo che sembra dilatarsi all'infinito, ci guardiamo direttamente negli occhi .
Le porte dell'ascensore iniziano a scorrere aprendosi al piano della stanza mia e di mio marito. Il pensiero mi attraversa rapido: non è più fantasia. È qui, è ora.
Attendo ad uscire. Giro la testa, guardo Marco quasi dietro di me. Non esprimo nulla.
Prendendo la mano di Michel, mio corpo si sposta piano in avanti, verso il pianerottolo. Il suo palmo è caldo, la presa è delicata, ma subito mi asseconda. Non c’è bisogno di dire niente. Il movimento è l’atto stesso della scelta: un semplice passo. Assieme varchiamo la soglia.
Poi mi volto verso Marco, gli sorrido con amore: “Bonne nuit!”
La porta dell’ascensore inizia a chiudersi dietro di noi due; mentre Marco e Claire restano immobili, sui volti loro si apre un sorriso: quello di Claire è stupendo. E' sorpresa, è entusiasmo. L'ultima cosa che noto, dentro quell'ascensore, è la mano di lei in quella di lui. Non il contrario.
Sospiro di sollievo, intimamente euforica. Poi sento il fruscio metallico della corsa che è ripresa.
Il cuore mi batte all’impazzata. Mi sento come se fossi sospesa in un equilibrio instabile. Ma c’è anche qualcosa di liberatorio, un respiro profondo che mi scivola dentro mentre mi allontano con Michel: la paura di quello che sto per fare si mescola con il piacere averne il dominio.
Camminiamo velocemente, il silenzio è carico di anticipazione, ma poi, quando siamo arrivati alla porta della mia stanza, lui mi guarda di nuovo. Un sorriso, veloce, pieno di significato. Non è solo l’emozione di un incontro fisico: è qualcosa di più. E’ un'energia fortissima quella che viviamo: so e sento che si sta veramente -qui e ad un paio di piani più in alto- per attraversare una linea.
Quando metto la mano sulla maniglia della porta, c'è una frazione di secondo in cui mi fermo, l'ansia di quello che farò mi prende di sorpresa. Lascio entrare Michel e rivolgo lo sguardo lungo il corridoio, vuoto. Un attimo solo, poi seguo lui, chiudo la porta dietro di me. Non c’è più ritorno.
Siamo nella stanza, ma è un luogo quasi irrilevante. Michel osserva solo che è identica alla loro, poi si dimostra subito più virile di quanto avevo colto. Forse è la mia decisione che lo ha colpito? Mi spinge con le spalle alla parete. Tocca il mio corpo con passione, libera le mie spalle dalla canottiera di strass che indosso, scende con le mani al mio seno (libero, si), poi vi immerge il volto e bacia tutto. Soprattutto i capezzoli grandi e duri. Quindi, scende con le mani e con la bocca: prima al ventre, poi fino a sollevare completamente la mia gonna. Sposta di lato lo slip leggero, si inginocchia e bacia con avidità la mia fessura. E' bravo.
Solleva una mia gamba sopra alla sua spalla. La lingua che scorre tra le mie piccole labbra dà un fremito al mio corpo tutto.
Il mio corpo…. qui c’è solo il mio corpo: la mia mente è in un’altra stanza. E’ con Marco, è con Claire: li immagino. Di più: li vedo in quello spazio uguale a quello dove siamo io e Michel. Sento il pulsare del mio cuore e penso sia quello dell’emozione di mio marito. Emetto un gemito di piacere e lo vivo come se fosse quello di lei davanti ai colpi della lingua di Marco, sotto quel piccolo cespuglio ordinato a forma di triangolo.
Sento il desiderio di Claire per lui, il mio lui, come se attraversasse i piani che ci separano. Ne immagino le forme, i gesti. Lei che prende mio marito, lo fa cadere di spalle sul letto, gli abbassa i pantaloni, si impossessa del suo membro, lo bacia, lo adora, lo succhia con avidità a lungo. E poi lei che si alza, con lo sguardo fisso rivolto a quell’asta turgida, si toglie quel poco di indumenti che ha ancora indosso, apre la confezione di un preservativo, lo pone tra le labbra e con la bocca, guardando Marco, lo infila su ciò che vuole dentro di sé. Quindi sale sopra di lui a cavalcioni, scende e si issa sul suo vigore. E si muove: prima piano, poi più veloce, sui fianchi, su e giù, avanti e indietro, disegnando otto con i movimenti del ventre, piena del vigore di lui.
E continuativamente lo guarda.
Quella scena si sviluppa nella mia mente come se io fossi in quella camera e la osservassi da dietro di lei: le mani di Marco prendono quei fianchi esili, stringono quelle natiche piccole e compatte, domano Claire che si muove vivace.
Dai movimenti dalla schiena, dalle braccia alzate a riunire le mani dietro la propria nuca, riconosco che il piacere di lei sta già crescendo, quasi nervoso, come l’appetito vorace di un affamato. C’è volizione nel montare di quel godimento dentro di lei. Come se dicesse a sé stessa: subito!
E' il corpo di lei che parla. Una tensione progressiva lo anima: è iniziata come una vibrazione di bassa intensità, divenuta poi fremito, quindi ora è un tremolio intenso. Ed eccolo, poi, dopo un lungo attimo di sospensione, che esplode come in una scossa che coinvolge tutti i 752 muscoli di quella donna eccitante.
E' bellissima: agitata dalle convulsioni di un piacere che è deflagrato dopo un tempo appeso.
Vedo proprio, sento, gli spasmi che la colgono, le contrazioni del suo ventre. L’appagamento che la pervade.
E’ stupendo 'guardare' quel corpo che gode mentre sovrasta mio marito. Vedere come si lasci andare, come si abbandoni. Voglio scorgere, nella parete specchiata dietro alla testata del letto, il volto di lei che gode: lo immagino soddisfatto, quasi beffardo.
Guardo in quello specchio e vedo. Vedo il mio volto. Il mio appagamento, il mio sorriso di soddisfazione, il mio compiacimento.
E’ come se mi riprendessi da un sogno, accorgendomi che era realtà. Solo che i personaggi erano diversi. Il desiderio, l’appetito, la voracità che proiettavo su Claire: tutte situazioni che stavo vivendo io. Michel è sotto di me e continua a muoversi, la sua potenza spinge dentro al mio ventre, le sue mani tengono i miei fianchi. Appagata, prendo l’iniziativa: mi sfilo da lui, sdraiandomi al suo fianco supina e invitandolo a tornare in me. Mi sale sopra, nella più classica delle posizioni. Sento, sotto le mie natiche, la confezione del preservativo che lui indossa: evidentemente -mi sorprendo a pensare- l'angelo biondo era uscito attrezzato per la sera: cosa che mi eccita. Voleva che succedesse. Voleva me.
Le sue mani, mentre spinge in me, giocano con le mie tette. Gli sussurro in un orecchio che voglio che, poi, venga sul mio petto. Mi guarda entusiasta, mentre delle piccole perle di sudore adornano la sua fronte. Dopo poco, esce da me, sale a cavalcioni del mio busto, sfila il preservativo e infila il suo membro nel solco del mio seno. Con le mani, spingo le tette richiudendo tra esse quell’asta. Guardo quel ventre che si muove spingendo quel vigore. Intravedo, a tratti, gli ideogrammi sulla pelle glabra. D’un tratto, atteso e improvviso, uno schizzo del piacere di lui mi colpisce sotto il mento. Poi un altro. La colonna sonora di quel momento sono versi di lui, mentre dalla sua cappella escono ultimi spasmi di un bianco piacere che si raccoglie -lo sento- nella mia fossa giugulare.
Immaginarla nel ruolo di recipiente mi dovrebbe far ridere, se i miei pensieri non stessero provando orgoglio per la soddisfazione che ho prodotto.
Lui si accascia supino al mio fianco, il suo respiro è affannato. Prendo un kleenex dal comodino e pulisco il segno del piacere di lui. Uno non basta e ne devo prendere un altro mentre i polmoni di lui non sembrano ancora avviarsi a ritrovare il ritmo naturale.
Ora siamo stesi uno al fianco dell’altro, paghi.
Mi domando: e adesso come funziona? Si riveste ed esce? O si addormenta al mio fianco e domattina raggiunge sua moglie? Come ci si …sincronizza con gli altri noi?
Il pensiero torna a loro, a Marco e Claire: a che punto saranno?
L’immagine di Claire con i capelli scompigliati, sudata, che lo guarda, che lo desidera diventa un esercizio di fantasia che cresce, si ingigantisce. Ogni dettaglio è vivido: il modo in cui Claire lo sta accarezzando, come muove le mani sul pene di lui, come si sfiorano le loro labbra.
Sento Michel che si alza: starà andando a lavarsi, penso. No, sento che apre il minibar. Dal corridoio della stanza mi chiede se desidero qualcosa. “Eau petillante, mercì”, rispondo. Sento che muove bicchieri.
Ma nella mia testa torno alla stanzaqualche piano più su: ora immagino la bellezza conturbante di Claire sopraffatta dal piacere, il suo respiro affannato.
E’ incredibile, ma la figura e l’emozione di Marco sono meno nitide nella mia immaginazione: come starà reagendo lui? Si starà abbandonando a lei come si abbandona a me? O forse ci sarà una parte di lui che non ha mai mostrato?
Questa domanda mi dà un fremito e muove le mie dita ad accarezzare delicatamente i margini della mia fessura, poi il bottoncino che ne è il vertice e che con il polpastrello del medio stimolo delicatamente.
Michel mi sorprende in quest’atto, guardandomi senza che io mi sia accorta del suo essere li con un bicchiere per mano. Non mi interrompe, mi osserva da in piedi, con un sorriso inclinato, compiaciuto. Io continuo, piano. Poi lui viene ad appoggiare un bicchiere sul comodino a me vicino. Beve d'un sorso l'altro deposita anch'esso. Va in fondo al letto, vi sale in ginocchio. Apre le mie gambe, piegandomele. Si china in mezzo a loro e inizia a baciarmi dove gioca la mia mano. Quindi è il turno della sua lingua, fredda dell'acqua appena presa. Si aiuta, poi, con le dita che divaricano le mie labbra per permettere a quella lingua di andare dentro.
Poi una, due dita si fanno strada in me: le sento muoversi, scavarmi cercando in punto preciso. Lo trovano, ci giocano. Colgo che, come se avessero trovato un interruttore, con il loro movimento esse accendono in un punto indefinito del mio corpo ciò che diventerà il mio prossimo piacere.
Quindi le sue dita escono umide e vanno come a riparare alla base della mia fessura mentre la lingua di riprende a leccare tutta la lunghezza delle mie labbra, fino al clitoride. E’ stupendo ciò che provo. Lui insiste in un'opera paziente che dura a lungo.
Poi sento quelle due dita portare i miei umori più in basso e sollecitare, con mio piacere, un’altra zona sensibile: quella che non abita particolarmente i gusti di Marco. E’ una sensazione nuova: lingua e dita, così vicine ma in posti diversi, mi donano una condizione di piacere sempre più intensa. Sospiro.
Il dito che compie un movimento circolare sulla mia rosellina, ora si fa più impertinente, invadente, mentre le labbra di lui quasi succhiano il mio clitoride gonfio. Un primo dito s’è fatto strada, ma sento l’altro spingere a dilatare piano ancora quel mio muscolo. Porto le mani sotto le mie natiche per agevolare quell’ingresso. Modifico, prima, anche l’inclinazione del bacino mentre volto rapida lo sguardo sul comodino.
Cerco con gli occhi la boccetta del mio olio naturale. C’è, è lì.
Con le mani ai glutei e con la volontà mi apro. Mi apro a lui. Al piacere che voglio.
Un’apertura totale.
A ciò che sto per fare.
(Fine)
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