Surprise
di
La Recherche
genere
scambio di coppia
Aveva ragione Marco: è un contesto, se non raffinato ed elegante, quantomeno signorile.
Più che un locale per scambisti sembra la club house di un golf, o un circolo esclusivo. Forse solitamente lo è, ma eccezionalmente "si apre".
E' appartato sulla collina; l'aria limpida dell'inverno valorizza la vista sulla città. All'ingresso una ragazza ci accoglie con gentilezza e prende in consegna i nostri cappotti ricordandoci di non portare gli smartphone con noi. Quindi ci invita a raggiungere gli altri ospiti direttamente alla cena. Evidentemente siamo in ritardo, cosa alla quale sono abituata, anche se non siamo certamente i soli ad aver affrontato le incognite di un lungo tragitto in auto per raggiungere un luogo dove non correre il rischio di incontrare qualcuno di conosciuto.
Veniamo accompagnati al nostro tavolo, composto da altre due coppie che ci accolgono con educazione, anche se distratti dalla ballerina che si sta esibendo in uno spettacolo burlesque in prossimità del nostro tavolo.
Osservo la sala: a colpo d'occhio, una trentina scarsa di coppie selezionate, di età tra i trentacinque e i sessant'anni. Il personale, il minimo indispensabile, è discreto e gli ospiti sono in sintonia con l'ambiente: come da informazioni che aveva raccolto Marco, nulla di volgare nell'abbigliamento e nei modi.
La cena è leggera e abbastanza veloce, i vini discreti, la compagnia al tavolo gradevole: due coppie over quaranta. Il lui di una, dall'accento campano, ci spiega che per loro questa è la quinta occasione in due anni in questo luogo. Lei interviene: "Tutte le volte è un'esperienza diversa, dipende quello che desideri: puoi mettere al centro lo spettacolo, l'attività più di gruppo, come giochi di ruolo, caccia al tesoro, scambio casuale, altrimenti appartarti. L'ultima volta c'era una performance di quella costrizione giapponese con le corde: lo shibari. Molto interessante e suggestiva. Mi ci sono prestata: un lasciarsi andare intenso e profondo. E' un'esperienza che ripeterei volentieri, ma non con mio marito -dice indicandolo con il mento- perché la cosa dev'essere gestita da una persona esperta, altrimenti ci ritroviamo nella cronaca." "Gioco erotico finito male. Muore soffocata -interviene lui anche gesticolando- scritto a tutta pagina sul giornale della città. Eviterei."
Sono simpatici. Lui fortemente stempiato, carnagione scura, robusto ed estroverso. Lei asciutta, con la pelle chiara e liscia; curata, il suo volto sembra quello una bambola di ceramica, con la bocca piccola messa in risalto dal rossetto di un rosso vivo. Occhi castani, ma spalancati e luminosi; occhiali dalla montatura rotonda e pesante che le danno un ché di intellettuale. O meglio, artistico. E' vivace. Penso possa organizzare mostre o lavorare per una rivista d'arte. Lui, ci scommetterei, è un venditore. L'intonazione della voce di lei certifica le radici in questa questa città. Si sono presentati come Giuseppe e Chiara.
L'altra coppia è meno loquace. Lui longilineo; mento sporgente e naso aquilino gli fanno il viso tagliente. Ha mani lunghe. Capelli scuri con accenni di color cenere, cortissimi. All'apparenza atletico -secondo me, fa maratone- ed educato. Apparentemente uno che ascolta, osserva, analizza. Potrebbe essere un libero professionista, penso. Medico, forse. Lei parla poco, ma è curiosa e partecipe. Giunonica con lunghi capelli rossi, mossi. Orecchini e collana di gusto, con pietre che aggiungono luminosità a quella già marcata degli occhi chiari. Ha dedicato tempo al suo makeup. Anche le mani sono curatissime e impreziosite da anelli e bracciali di gusto. Non riesco a immaginare cosa faccia. Non hanno detto i loro nomi.
Bella la vera che portano, non consueta: come se fossero due intrecciate, di oro bianco e rosso.
Marco chiede come funziona la serata. Io gli prendo la mano mentre la moglie del campano ci spiega che tra pochi minuti ci si sposterà in due salotti vicini, con bar e pista da ballo. Chiarisce che, poi, al piano di sopra ci sono diverse stanze, una delle quali adibita a dark room, un'altra con l'attrezzi per giochi particolari.
Indicandoci una signora in fondo alla sala, ci spiega che è lei che dà le carte. "Sembra una bella donna", dico.
"Nu quadro 'e luntananza -risponde Giuseppe- Nel senso che più da vicino non è particolarmente interessante. Se posso permettermi, non è come te che sei na carta 'e tre." Marco lo guarda con un punto di domanda stampato in faccia. "A tressette, il tre è la carta più preziosa", gli risponde l'altro.
"Lui ha sempre una definizione per tutti", interviene Chiara
"Ah! Divertente. Vediamo", chiedo io indicando poi una che si sta alzando dal tavolo davanti.
"San Giuseppe ci ha passato la pialla.", risponde. Condivido.
Indico un altro: "Curto e male 'ncavato -dice- cioè basso e cattivo, ma quella con lui è 'na capafemmena: una bella davvero. L'abbiamo già conosciuta ed è una fabbrica di appetito: insaziabile. Le piacciono giochi veramente molto, molto affollati."
"Interessante", rispondo con malizia guardando Marco.
La giunonica mi chiede cosa cerco per la serata. Mi scambio uno sguardo con Marco, che risponde per entrambi: "Ho sessant'anni e le maratone non fanno per me. Se c'è uno svantaggio nella differenza d'età nel matrimonio è che lei -dice baciando la mia mano che tiene la sua- ha molta più energia; però diciamo che siamo una coppia complementare: a lei piace avere più di un uomo che la soddisfi, a me più di una donna con cui giocare. E -prosegue- a proposito di giochi, a entrambi non dispiace qualche intrattenimento: sorprese, mistero, lacci, ordini da dare o da ricevere. Ma cose leggere."
Temevo proponesse qualcosa di eccessivo, invece va con misura verso l'obiettivo. Perché il modo in cui guarda le due donne al nostro tavolo mi dice che ha già un'idea sul proseguo. Se così fosse, dubito che i maschi mi lascerebbero a bocca asciutta. E, infatti, sono proprio loro due a guardarsi. Poi Giuseppe interviene con sorriso sornione: "Allora forse il caso ha apparecchiato già la tavola."
Inizia uno scambio di sguardi fra tutti, con segni e sorrisi di consenso. "Noi donne andiamo a rifarci il trucco", dice rinvigorita la giunonica facendo il gesto di alzarsi. "Una volta salite le scale -aggiunge Chiara rivolgendosi ai maschi- entrate nella stanza in fondo al corridoio, ma non prima di un quarto d'ora e con un paio di bottiglie di champagne, per favore". Si alza e mi rivolge un sorriso davvero intrigante. Guardo Marco, come per avere il suo consenso, quindi mi alzo e gli passo vicino baciandolo; m mette in mano un qualcosa di tessuto morbido, preso dalla tasca della sua giacca. "Così giochiamo a indovina indovinello", mi sussurra all'orecchio.
La stanza dove Chiara ci conduce è grande. Due ampi divani e due poltrone formano una U davanti all'intimità di un camino acceso; c'è poi un letto matrimoniale e un cassettone d'epoca sul quale brillano la fiamme di due candele dal profumo esotico. Anche il bagno è extra large: due lavabi e una doccia grandissima, con due soffioni e getti laterali. L'intera parete dei lavandini è uno specchio che raddoppia la sensazione di spazio.
"Come ci facciamo trovare?", chiede Chiara guardandoci nello specchio mentre ci laviamo le mani e aggiustiamo il rossetto.
"Non già nude anche perché non reggerei il confronto con te -afferma la giunonica guardandomi- che di sicuro non hai neanche una smagliatura, e il seno ti sta certamente su senza bisogno dei reggipetto che devo mettere io per contrastare gli effetti della forza di gravità."
Scoppio a ridere: reggipetto era una parola che diceva mia nonna, ma questo dettaglio lo tengo per me. Anche perché la rossa -glielo dico- è una bella donna: sexy ed elegante. Mostro loro la benda che mi ha dato Marco e Chiara dice, muovendosi verso il cassettone: "Guardate che la stanza è ricca di optional." Apre i cassetti ed è un tripudio di maschere, frustini, bende, manette, lacci in cuoio, preservativi, unguenti e falli di vari formati. Tiriamo fuori pochi pezzi, lasciando all'occorrenza i cassetti aperti.
Quando, dopo qualche minuto, bussano alla porta dicendo "servizio in camera", ci trovano sedute sul bordo di un divano, tutte e tre con le bende sugli occhi e con i polsi legati dietro la schiena.
La voce di Marco sovrasta le espressioni di gradimento degli altri due: "Signore, ecco lo champagne per voi." Sento che viene stappata una bottiglia e riempiti i bicchieri, poi il profumo secco dell' effervescenza mi segnala che il vino è vicino alla mia bocca. E infatti sento subito il freddo del vetro appoggiato al mio labbro.
Un sorso, due. Non è comodissimo bere senza comandare il bicchiere, ma riesco a non far colare neanche una goccia fuori dalla mia bocca. Cosa che, intuisco, non è riuscita a Chiara, che ride mentre Marco coglie l'occasione per dire: "Forse stando in ginocchio per terra non succede."
Eseguo, come immagino le due. Altro sorso: è buono e freddo il giusto. Poi cerco ancora il bicchiere con le labbra, ma è caldo ciò che tocco e che a quel punto bacio e lecco, non nascondendo il mio gradimento. Versi e rumori indicano che non sono la sola in quella condizione. Non so di chi sia, ma il suo vigore aumenta mostrando l'apprezzamento per le mie attenzioni avvolgenti. Dopo un paio di minuti, una breve pausa con un altro sorso di champagne. Quindi, di nuovo, labbra e bocca impegnate, ma senza dubbio ciò a cui mi sto dedicando è diverso da quello che mi impegnava prima. Cerco di immaginare e, nella mia testa, è di volto affilato i membro che sta crescendo nella mia bocca accogliente. Altra pausa e altro sorso: alternanza caldo-freddo.
E questo di adesso, ci scommetto, è Giuseppe. Con la lingua mi concentro sul frenulo: prima con dei colpetti, poi come a spalmarci sopra la mia saliva, poi ancora colpetti. La faccio saettare veloce e sento un gemito non trattenuto: è lui.
La posizione inizia a essere insostenibile, ma qualcuno ha già, fortunatamente, altri programmi. Una mano sotto al braccio, infatti, mi invita e aiuta ad alzarmi. Sento i maschi borbottare, ma l'unica parola che riconosco è "polsi"; poi le mie manette vengono aperte, le mie mani liberate. Nel buio dei miei occhi bendati, vengo condotta per la stanza. Un profumo dolce e caldo si fa più intenso e le mie braccia vengono guidate fino a farmi appoggiare le mani su una superficie liscia. Dev'essere il piano del cassettone; è uno dei lati corti, ne impugno uno spigolo. Delle mani si appoggiano alle mie spalle e poi convergono dietro il collo; scendono e aprono la zip del mio vestito. Lo lasciano cadere ai miei piedi, dove poi lo raccolgono facendomi alzare uno alla volta i piedi. Con l'immaginazione mi vedo e mi piaccio: le gambe dritte sui miei tacchi alti e il busto piegato in avanti valorizzano le rotondità del mio fondoschiena. Sono vestita solo di un intimo ricercato e morbido, e dei miei lungi capelli castani.
Quelle stesse mani mi accarezzano la schiena, i fianchi, le cosce. Poi qualcosa di freddo scorre piano e leggero da un mio polpaccio fino alla natica corrispondente. Si stacca e riprende sull'altra gamba. Quando arriva in alto sento un colpo secco di scudiscio. Non forte, ma improvviso, inatteso. Mi elettrizza. "Uno solo?", chiedo. Subito l'atro gluteo riceve lo stesso trattamento.
Il palmo di una mano calda mi accarezza l'interno della coscia e risale, mentre un altro colpo attinge la natica opposta. La mano raggiunge la mia intimità gonfia e umida. Le dita spostano il tessuto delle mutandine e massaggiano le mie grandi labbra. E' una sensazione eccitante e chiunque sia, ci sa fare: sa quali punti sollecitare, sa come muoversi. Sento il cuoio del frustino scorrere giù fino a una caviglia e poi invitarmi, con una piccola forza, ad allargare le gambe. La mano si allontana dal darmi piacere. Lui -lui chi?- si muove. Non so se attendermi di sentirlo premere per entrare in me, se aspettarmi un altro colpo sulle natiche o cosa. Morbida, umida e calda, invece, una lingua accarezza quelle labbra che prima erano soddisfatte dalle dita di lui.; traccia cerchi e poi si infila dentro, rigida e morbida in uno stesso momento. Una sensazione di piacere leggero si fa strada in me, ma dura poco perché tempo un paio di minuti e quella lingua, mio malgrado, si stacca. Sento gemiti di altri e vorrei vedere cosa sta succedendo. Delicatamente, ma con fermezza, vengo presa per un braccio e accompagnata a sedermi su una poltrona di velluto. Lui, dalla mano è un lui, mi fa divaricare le gambe al punto che metto le ginocchia a cavallo dei braccioli. Sposto il bacino in avanti e mi metto comoda: la lingua riprende a lavorare tra le mie labbra, solletica il glande del mio clitoride, poi di nuovo quei cerchi magici. Con le mani accarezzo la testa che c'è in mezzo alle mie cosce trovando la conferma della mia intuizione: sono la sua carta 'e tre. Mi rilasso e quella sensazione di piacere leggero si riaffaccia, me la godo. Comincio a strusciarmi contro la sua faccia, il mio piacere prende forma, ma anche questa volta troppo poco per arrivare fino in fondo. Lui, infatti, si alza e sento che viene al mio fianco. Gemiti di donna sono la colonna sonora di questa mia attesa per ciò che mi è riservato. Dopo poco, un'asta corposa viene appoggiata alla mi bocca: ora è vigorosa più di quando ero in ginocchio. Una mano dietro la nuca mi invita a qualcosa di più del solo leccarla come subito ho fatto. Nel mentre, altro vigore si appoggia alle altre mie labbra abbandonate: sento che, ricoperto dal silicone del preservativo, viene accompagnato in un movimento che sfrega sul mio clitoride e poi scorre dal basso all'alto più volte prima di esercitare la pressione che apre lentamente la mia fessura umida. Si muove con una velocità asincrona rispetto a quella del membro che ho in bocca. Due diverse personalità. Sotto è come se ci fosse cautela, o capacità di godersi o far godere di ogni millimetro; c'è metodo: sarà volto affilato. Esce, poi entra in un gioco che ogni volta lo porta più nella mia profondità. Con una spinta più forte, finalmente, lo sento tutto in me. Gemo. Ci sa fare: per pressione, ritmo, velocità crescente dei movimenti. Muovo il bacino in un cerchio aderendo il più possibile a lui. Intanto la mia bocca continua a godersi l'altro e viceversa. La sua mano sulla nuca ha un ché di prepotente, ma decido di aiutarmi anch'io con la mia: stringo alla base quell'arnese con indice e pollice, strozzando sempre di più, poi mollo di colpo e riprendo. Mi toglie la benda, lo guardo negli occhi. Non ha capito niente: il suo sorriso racconta che crede di avere il controllo. Preferivo quando ero bendata, sarà punito. Lo allontano da me e anche viso tagliente arretra quando mi muovo sulla poltrona. Faccio segno a Giuseppe di sedersi al mio posto. Si sfila del tutto i pantaloni e si adagia, con la sua asta robusta. Raccolgo da terra la mia benda, vado dietro la poltrona e gli chiedo di mettere dietro le braccia. Ridacchia, ma obbedisce. Gli lego i polsi, quindi torno davanti, mi siedo sui talloni e prendo in bocca il vigore dell'uomo taciturno, mentre con una mano impugno quello di Giuseppe. Il quale dice parole non proprio eleganti sulle mie qualità morali. "Guarda tua moglie -gli rispondo- gode di uno che non sa chi sia e intanto la lecca a un'altra: anche a lei mi pare piaccia la situazione."
E' uno stronzo, ho capito.
Mi alzo in piedi, poi piego il busto in avanti appoggiando le mie mani sulle cosce di lui seduto e, rivolta a viso tagliente, dico con il fare più provocatorio che ho in mente: "Tutta l'energia che hai, per favore." Diligente, appoggia il suo pene alla mia fessura e inizia a spingere con un'irruenza disordinata quanto efficace, opposta alla cautela e al metodo di prima. Tengo il volto davanti a quello di Giuseppe: voglio che mi veda godere. Tempo cinque minuti e sono la versione porca e castana di Mag Ryan in "Harry ti presento Sally" al fast food. Fingo un orgasmo travolgente guardandolo negli occhi. Madre simulo di riprendermi dal piacere, nonostante i colpi da dietro proseguano, bacio la sua asta: sempre guardandolo negli occhi. "Guarda -gli dico- guarda tua moglie, perché godrà ancora più di me. Riportandomi in posizione eretta, scivola fuori di me il turgore di viso affilato che, però, non sembra preoccupato da questa mia interruzione. E' un'uomo razionale, d'altro canto. Lo conduco per mano su letto e lo faccio sdraiare affianco a Marco. Il quale, supino, ha la giunonica seduta sul suo volto e Chiara che si dimena a cavallo del suo bacino.
Le due donne si baciano e accarezzano chiudendo quel triangolo di piacere.. Mi inserisco anch'io, unendo la mia bocca alle loro. Poi invito e aiuto Chiara a cambiare cavallo e passare su quello affianco. I capelli rossi della giunonica si chinano rapidi sul pube di Marco in un sessantanove che sarebbe da fotografare. Vado alle spalle di Chiara cercando, tra un colpo e l'altro, di leccare l'asta che è infilata in lei. Risalgo con la lingua fino a tutta la sua schiena, al collo. Con le mani stringo da dietro i suoi seni: silicone messo con misura, ma strizzare e torcere con le dita i suoi capezzoli mi eccita. Anche a lei non dispiace affatto, direi. Ridiscendo con la lingua dal collo, giù per tutte le vertebre: le dorsali, le lombari, le sacrali. Le sento scorrere una ad una, mentre lei, con movimenti circolari, si gode ciò che ha nelle viscere. La mia lingua arriva al sacro infilandosi nel solco delle sue natiche. Chiara si piega in avanti esponendo, indifeso, il suo fiore posteriore. E' una provocazione alla quale non voglio resistere: lo bacio, poi lo lecco, quindi infilo la lingua tenendola dura. Con le mani allargo quella parte delle natiche per agevolarmi l'accesso, ma poi è l'indice della mia mano destra che prende il posto della mia lingua: prima movimenti circolari sul perimetro interno, reso umido dalla mia saliva; poi una falange che si insinua. Chiara, all'evidenza, gradisce. Tenendo lì la mia mano, mi alzo e le bacio il collo, la guancia. Lei volta il viso fino a ché le nostre lingue giocano l'una nell'altra. Cerco con lo sguardo Giuseppe: guarda eccitato con le braccia legate dietro allo schienale. In quel mentre spingo anche il medio per entrare in lei. Le mie dita sentono il membro che scorre al di là della sottile membrana. Chiara geme. "Aspetta -le dico- che facciamo una bella sorpresa a tuo marito, al quale piace guardare, vedo." Attiro l'attenzione di Marco e gli faccio segno di andare dietro Chiara. Si libera della giunonica e va con il suo pene eretto alle spalle di Chiara che lo guarda di sbieco con un misto di aspettativa tensione. Vado a prendere un lubrificante nel cassetto mentre la rossa raggiunge Giuseppe: è una che non perde un minuto. Spalmo l'unguento sia sull'asta di Marco (la pastiglina ha fatto effetto, vedo) che sulla rosellina tesa di Chiara. Al resto ci pensano loro: il volto della donna esprime prima tensione e dolore, poi controllo, quindi piacere e in ultimo abbandono: un qualcosa di estatico mentre è schiacciata tra quei due corpi. Con le palpebre socchiuse, si lascia andare, anche dal punto di vista vocale: senza remore, senza freni, senza inibizioni. Senza pudore. Guardo la scena da lontano, massaggiando assieme alla rossa il membro di Giuseppe. Le mani mie e di lei si muovono in tandem. Con l'altra mia spingo sulla guancia Giuseppe a ché guardi sua moglie scossa dall'orgasmo che la possiede. Un primo schizzo di seme di lui attira la bella giunonica che con la bocca intercetta quelli successivi fino a farselo colare lungo la mascella. Mi chino anch'io: la bacio, lecco ciò che dalla sua bocca è scapato, lo prendo con la lingua e lo inghiotto guardandola negli occhi. Poi le prendo il volto e ci indirizziamo al letto, continuando quei nostri baci mentre i tre compagni di gioco che lo occupano si accasciano esausti di piacere. Il volto di Chiara è uno spettacolo: è sfatta dal godimento. Sono contenta per lei, ma per i prossimi dieci minuti o quel che sarà voglio solo godere di questa donna affascinante e famelica con la quale mi sto baciando. Non abbiamo bisogno di ciò che custodiscono i cassetti: ci diamo piacere reciprocamente con tutte le forme, diramazioni, spigolature dei nostri corpi. Siamo talmente eccitate che ci mettiamo davvero poco a raggiungere il piacere. Per me inizia come un soffio di vento a pelo d'acqua: il mio corpo è accarezzato da un'onda tremolante che ruota in mezzo alle gambe. Non sono nulla se non lì dove la lingua di lei era in me.
Solo quando terminiamo anche io e lei, ci rendiamo conto che sulla porta ci sono tre persone. Quasi si giustificano: "Non c'era il cartello di non disturbare", dice una scherzando. Un altro ha il pene in mano.
Marco ed io restiamo ancora un'oretta, in buona parte occupata da una doccia affollata con i nostri amici, dandoci ancora piacere. Poi la pasticca di Marco finisce il suo effetto e tanto vale ripartire per casa. Lui è stanco e mi chiede se posso guidare io. Si addormenta appena entriamo in autostrada e si risveglia solo quando sente spegnere il motore sotto casa. "Eccoci", gli dico. Cavaliere, scende e viene ad aprirmi la portiere. "Bella serata!", dice allungandomi la busta con quanto pattuito. "Davvero -gli dico- e quando vuoi ripetere sai che sono a tua disposizione." Faccio per sfilarmi la vera gemella alla sua.. "Tienila -mi dice- per la prossima volta."
Gli porgo le labbra per un bacio e vado al portone di casa mia.
larecherche@tutamail.com
Più che un locale per scambisti sembra la club house di un golf, o un circolo esclusivo. Forse solitamente lo è, ma eccezionalmente "si apre".
E' appartato sulla collina; l'aria limpida dell'inverno valorizza la vista sulla città. All'ingresso una ragazza ci accoglie con gentilezza e prende in consegna i nostri cappotti ricordandoci di non portare gli smartphone con noi. Quindi ci invita a raggiungere gli altri ospiti direttamente alla cena. Evidentemente siamo in ritardo, cosa alla quale sono abituata, anche se non siamo certamente i soli ad aver affrontato le incognite di un lungo tragitto in auto per raggiungere un luogo dove non correre il rischio di incontrare qualcuno di conosciuto.
Veniamo accompagnati al nostro tavolo, composto da altre due coppie che ci accolgono con educazione, anche se distratti dalla ballerina che si sta esibendo in uno spettacolo burlesque in prossimità del nostro tavolo.
Osservo la sala: a colpo d'occhio, una trentina scarsa di coppie selezionate, di età tra i trentacinque e i sessant'anni. Il personale, il minimo indispensabile, è discreto e gli ospiti sono in sintonia con l'ambiente: come da informazioni che aveva raccolto Marco, nulla di volgare nell'abbigliamento e nei modi.
La cena è leggera e abbastanza veloce, i vini discreti, la compagnia al tavolo gradevole: due coppie over quaranta. Il lui di una, dall'accento campano, ci spiega che per loro questa è la quinta occasione in due anni in questo luogo. Lei interviene: "Tutte le volte è un'esperienza diversa, dipende quello che desideri: puoi mettere al centro lo spettacolo, l'attività più di gruppo, come giochi di ruolo, caccia al tesoro, scambio casuale, altrimenti appartarti. L'ultima volta c'era una performance di quella costrizione giapponese con le corde: lo shibari. Molto interessante e suggestiva. Mi ci sono prestata: un lasciarsi andare intenso e profondo. E' un'esperienza che ripeterei volentieri, ma non con mio marito -dice indicandolo con il mento- perché la cosa dev'essere gestita da una persona esperta, altrimenti ci ritroviamo nella cronaca." "Gioco erotico finito male. Muore soffocata -interviene lui anche gesticolando- scritto a tutta pagina sul giornale della città. Eviterei."
Sono simpatici. Lui fortemente stempiato, carnagione scura, robusto ed estroverso. Lei asciutta, con la pelle chiara e liscia; curata, il suo volto sembra quello una bambola di ceramica, con la bocca piccola messa in risalto dal rossetto di un rosso vivo. Occhi castani, ma spalancati e luminosi; occhiali dalla montatura rotonda e pesante che le danno un ché di intellettuale. O meglio, artistico. E' vivace. Penso possa organizzare mostre o lavorare per una rivista d'arte. Lui, ci scommetterei, è un venditore. L'intonazione della voce di lei certifica le radici in questa questa città. Si sono presentati come Giuseppe e Chiara.
L'altra coppia è meno loquace. Lui longilineo; mento sporgente e naso aquilino gli fanno il viso tagliente. Ha mani lunghe. Capelli scuri con accenni di color cenere, cortissimi. All'apparenza atletico -secondo me, fa maratone- ed educato. Apparentemente uno che ascolta, osserva, analizza. Potrebbe essere un libero professionista, penso. Medico, forse. Lei parla poco, ma è curiosa e partecipe. Giunonica con lunghi capelli rossi, mossi. Orecchini e collana di gusto, con pietre che aggiungono luminosità a quella già marcata degli occhi chiari. Ha dedicato tempo al suo makeup. Anche le mani sono curatissime e impreziosite da anelli e bracciali di gusto. Non riesco a immaginare cosa faccia. Non hanno detto i loro nomi.
Bella la vera che portano, non consueta: come se fossero due intrecciate, di oro bianco e rosso.
Marco chiede come funziona la serata. Io gli prendo la mano mentre la moglie del campano ci spiega che tra pochi minuti ci si sposterà in due salotti vicini, con bar e pista da ballo. Chiarisce che, poi, al piano di sopra ci sono diverse stanze, una delle quali adibita a dark room, un'altra con l'attrezzi per giochi particolari.
Indicandoci una signora in fondo alla sala, ci spiega che è lei che dà le carte. "Sembra una bella donna", dico.
"Nu quadro 'e luntananza -risponde Giuseppe- Nel senso che più da vicino non è particolarmente interessante. Se posso permettermi, non è come te che sei na carta 'e tre." Marco lo guarda con un punto di domanda stampato in faccia. "A tressette, il tre è la carta più preziosa", gli risponde l'altro.
"Lui ha sempre una definizione per tutti", interviene Chiara
"Ah! Divertente. Vediamo", chiedo io indicando poi una che si sta alzando dal tavolo davanti.
"San Giuseppe ci ha passato la pialla.", risponde. Condivido.
Indico un altro: "Curto e male 'ncavato -dice- cioè basso e cattivo, ma quella con lui è 'na capafemmena: una bella davvero. L'abbiamo già conosciuta ed è una fabbrica di appetito: insaziabile. Le piacciono giochi veramente molto, molto affollati."
"Interessante", rispondo con malizia guardando Marco.
La giunonica mi chiede cosa cerco per la serata. Mi scambio uno sguardo con Marco, che risponde per entrambi: "Ho sessant'anni e le maratone non fanno per me. Se c'è uno svantaggio nella differenza d'età nel matrimonio è che lei -dice baciando la mia mano che tiene la sua- ha molta più energia; però diciamo che siamo una coppia complementare: a lei piace avere più di un uomo che la soddisfi, a me più di una donna con cui giocare. E -prosegue- a proposito di giochi, a entrambi non dispiace qualche intrattenimento: sorprese, mistero, lacci, ordini da dare o da ricevere. Ma cose leggere."
Temevo proponesse qualcosa di eccessivo, invece va con misura verso l'obiettivo. Perché il modo in cui guarda le due donne al nostro tavolo mi dice che ha già un'idea sul proseguo. Se così fosse, dubito che i maschi mi lascerebbero a bocca asciutta. E, infatti, sono proprio loro due a guardarsi. Poi Giuseppe interviene con sorriso sornione: "Allora forse il caso ha apparecchiato già la tavola."
Inizia uno scambio di sguardi fra tutti, con segni e sorrisi di consenso. "Noi donne andiamo a rifarci il trucco", dice rinvigorita la giunonica facendo il gesto di alzarsi. "Una volta salite le scale -aggiunge Chiara rivolgendosi ai maschi- entrate nella stanza in fondo al corridoio, ma non prima di un quarto d'ora e con un paio di bottiglie di champagne, per favore". Si alza e mi rivolge un sorriso davvero intrigante. Guardo Marco, come per avere il suo consenso, quindi mi alzo e gli passo vicino baciandolo; m mette in mano un qualcosa di tessuto morbido, preso dalla tasca della sua giacca. "Così giochiamo a indovina indovinello", mi sussurra all'orecchio.
La stanza dove Chiara ci conduce è grande. Due ampi divani e due poltrone formano una U davanti all'intimità di un camino acceso; c'è poi un letto matrimoniale e un cassettone d'epoca sul quale brillano la fiamme di due candele dal profumo esotico. Anche il bagno è extra large: due lavabi e una doccia grandissima, con due soffioni e getti laterali. L'intera parete dei lavandini è uno specchio che raddoppia la sensazione di spazio.
"Come ci facciamo trovare?", chiede Chiara guardandoci nello specchio mentre ci laviamo le mani e aggiustiamo il rossetto.
"Non già nude anche perché non reggerei il confronto con te -afferma la giunonica guardandomi- che di sicuro non hai neanche una smagliatura, e il seno ti sta certamente su senza bisogno dei reggipetto che devo mettere io per contrastare gli effetti della forza di gravità."
Scoppio a ridere: reggipetto era una parola che diceva mia nonna, ma questo dettaglio lo tengo per me. Anche perché la rossa -glielo dico- è una bella donna: sexy ed elegante. Mostro loro la benda che mi ha dato Marco e Chiara dice, muovendosi verso il cassettone: "Guardate che la stanza è ricca di optional." Apre i cassetti ed è un tripudio di maschere, frustini, bende, manette, lacci in cuoio, preservativi, unguenti e falli di vari formati. Tiriamo fuori pochi pezzi, lasciando all'occorrenza i cassetti aperti.
Quando, dopo qualche minuto, bussano alla porta dicendo "servizio in camera", ci trovano sedute sul bordo di un divano, tutte e tre con le bende sugli occhi e con i polsi legati dietro la schiena.
La voce di Marco sovrasta le espressioni di gradimento degli altri due: "Signore, ecco lo champagne per voi." Sento che viene stappata una bottiglia e riempiti i bicchieri, poi il profumo secco dell' effervescenza mi segnala che il vino è vicino alla mia bocca. E infatti sento subito il freddo del vetro appoggiato al mio labbro.
Un sorso, due. Non è comodissimo bere senza comandare il bicchiere, ma riesco a non far colare neanche una goccia fuori dalla mia bocca. Cosa che, intuisco, non è riuscita a Chiara, che ride mentre Marco coglie l'occasione per dire: "Forse stando in ginocchio per terra non succede."
Eseguo, come immagino le due. Altro sorso: è buono e freddo il giusto. Poi cerco ancora il bicchiere con le labbra, ma è caldo ciò che tocco e che a quel punto bacio e lecco, non nascondendo il mio gradimento. Versi e rumori indicano che non sono la sola in quella condizione. Non so di chi sia, ma il suo vigore aumenta mostrando l'apprezzamento per le mie attenzioni avvolgenti. Dopo un paio di minuti, una breve pausa con un altro sorso di champagne. Quindi, di nuovo, labbra e bocca impegnate, ma senza dubbio ciò a cui mi sto dedicando è diverso da quello che mi impegnava prima. Cerco di immaginare e, nella mia testa, è di volto affilato i membro che sta crescendo nella mia bocca accogliente. Altra pausa e altro sorso: alternanza caldo-freddo.
E questo di adesso, ci scommetto, è Giuseppe. Con la lingua mi concentro sul frenulo: prima con dei colpetti, poi come a spalmarci sopra la mia saliva, poi ancora colpetti. La faccio saettare veloce e sento un gemito non trattenuto: è lui.
La posizione inizia a essere insostenibile, ma qualcuno ha già, fortunatamente, altri programmi. Una mano sotto al braccio, infatti, mi invita e aiuta ad alzarmi. Sento i maschi borbottare, ma l'unica parola che riconosco è "polsi"; poi le mie manette vengono aperte, le mie mani liberate. Nel buio dei miei occhi bendati, vengo condotta per la stanza. Un profumo dolce e caldo si fa più intenso e le mie braccia vengono guidate fino a farmi appoggiare le mani su una superficie liscia. Dev'essere il piano del cassettone; è uno dei lati corti, ne impugno uno spigolo. Delle mani si appoggiano alle mie spalle e poi convergono dietro il collo; scendono e aprono la zip del mio vestito. Lo lasciano cadere ai miei piedi, dove poi lo raccolgono facendomi alzare uno alla volta i piedi. Con l'immaginazione mi vedo e mi piaccio: le gambe dritte sui miei tacchi alti e il busto piegato in avanti valorizzano le rotondità del mio fondoschiena. Sono vestita solo di un intimo ricercato e morbido, e dei miei lungi capelli castani.
Quelle stesse mani mi accarezzano la schiena, i fianchi, le cosce. Poi qualcosa di freddo scorre piano e leggero da un mio polpaccio fino alla natica corrispondente. Si stacca e riprende sull'altra gamba. Quando arriva in alto sento un colpo secco di scudiscio. Non forte, ma improvviso, inatteso. Mi elettrizza. "Uno solo?", chiedo. Subito l'atro gluteo riceve lo stesso trattamento.
Il palmo di una mano calda mi accarezza l'interno della coscia e risale, mentre un altro colpo attinge la natica opposta. La mano raggiunge la mia intimità gonfia e umida. Le dita spostano il tessuto delle mutandine e massaggiano le mie grandi labbra. E' una sensazione eccitante e chiunque sia, ci sa fare: sa quali punti sollecitare, sa come muoversi. Sento il cuoio del frustino scorrere giù fino a una caviglia e poi invitarmi, con una piccola forza, ad allargare le gambe. La mano si allontana dal darmi piacere. Lui -lui chi?- si muove. Non so se attendermi di sentirlo premere per entrare in me, se aspettarmi un altro colpo sulle natiche o cosa. Morbida, umida e calda, invece, una lingua accarezza quelle labbra che prima erano soddisfatte dalle dita di lui.; traccia cerchi e poi si infila dentro, rigida e morbida in uno stesso momento. Una sensazione di piacere leggero si fa strada in me, ma dura poco perché tempo un paio di minuti e quella lingua, mio malgrado, si stacca. Sento gemiti di altri e vorrei vedere cosa sta succedendo. Delicatamente, ma con fermezza, vengo presa per un braccio e accompagnata a sedermi su una poltrona di velluto. Lui, dalla mano è un lui, mi fa divaricare le gambe al punto che metto le ginocchia a cavallo dei braccioli. Sposto il bacino in avanti e mi metto comoda: la lingua riprende a lavorare tra le mie labbra, solletica il glande del mio clitoride, poi di nuovo quei cerchi magici. Con le mani accarezzo la testa che c'è in mezzo alle mie cosce trovando la conferma della mia intuizione: sono la sua carta 'e tre. Mi rilasso e quella sensazione di piacere leggero si riaffaccia, me la godo. Comincio a strusciarmi contro la sua faccia, il mio piacere prende forma, ma anche questa volta troppo poco per arrivare fino in fondo. Lui, infatti, si alza e sento che viene al mio fianco. Gemiti di donna sono la colonna sonora di questa mia attesa per ciò che mi è riservato. Dopo poco, un'asta corposa viene appoggiata alla mi bocca: ora è vigorosa più di quando ero in ginocchio. Una mano dietro la nuca mi invita a qualcosa di più del solo leccarla come subito ho fatto. Nel mentre, altro vigore si appoggia alle altre mie labbra abbandonate: sento che, ricoperto dal silicone del preservativo, viene accompagnato in un movimento che sfrega sul mio clitoride e poi scorre dal basso all'alto più volte prima di esercitare la pressione che apre lentamente la mia fessura umida. Si muove con una velocità asincrona rispetto a quella del membro che ho in bocca. Due diverse personalità. Sotto è come se ci fosse cautela, o capacità di godersi o far godere di ogni millimetro; c'è metodo: sarà volto affilato. Esce, poi entra in un gioco che ogni volta lo porta più nella mia profondità. Con una spinta più forte, finalmente, lo sento tutto in me. Gemo. Ci sa fare: per pressione, ritmo, velocità crescente dei movimenti. Muovo il bacino in un cerchio aderendo il più possibile a lui. Intanto la mia bocca continua a godersi l'altro e viceversa. La sua mano sulla nuca ha un ché di prepotente, ma decido di aiutarmi anch'io con la mia: stringo alla base quell'arnese con indice e pollice, strozzando sempre di più, poi mollo di colpo e riprendo. Mi toglie la benda, lo guardo negli occhi. Non ha capito niente: il suo sorriso racconta che crede di avere il controllo. Preferivo quando ero bendata, sarà punito. Lo allontano da me e anche viso tagliente arretra quando mi muovo sulla poltrona. Faccio segno a Giuseppe di sedersi al mio posto. Si sfila del tutto i pantaloni e si adagia, con la sua asta robusta. Raccolgo da terra la mia benda, vado dietro la poltrona e gli chiedo di mettere dietro le braccia. Ridacchia, ma obbedisce. Gli lego i polsi, quindi torno davanti, mi siedo sui talloni e prendo in bocca il vigore dell'uomo taciturno, mentre con una mano impugno quello di Giuseppe. Il quale dice parole non proprio eleganti sulle mie qualità morali. "Guarda tua moglie -gli rispondo- gode di uno che non sa chi sia e intanto la lecca a un'altra: anche a lei mi pare piaccia la situazione."
E' uno stronzo, ho capito.
Mi alzo in piedi, poi piego il busto in avanti appoggiando le mie mani sulle cosce di lui seduto e, rivolta a viso tagliente, dico con il fare più provocatorio che ho in mente: "Tutta l'energia che hai, per favore." Diligente, appoggia il suo pene alla mia fessura e inizia a spingere con un'irruenza disordinata quanto efficace, opposta alla cautela e al metodo di prima. Tengo il volto davanti a quello di Giuseppe: voglio che mi veda godere. Tempo cinque minuti e sono la versione porca e castana di Mag Ryan in "Harry ti presento Sally" al fast food. Fingo un orgasmo travolgente guardandolo negli occhi. Madre simulo di riprendermi dal piacere, nonostante i colpi da dietro proseguano, bacio la sua asta: sempre guardandolo negli occhi. "Guarda -gli dico- guarda tua moglie, perché godrà ancora più di me. Riportandomi in posizione eretta, scivola fuori di me il turgore di viso affilato che, però, non sembra preoccupato da questa mia interruzione. E' un'uomo razionale, d'altro canto. Lo conduco per mano su letto e lo faccio sdraiare affianco a Marco. Il quale, supino, ha la giunonica seduta sul suo volto e Chiara che si dimena a cavallo del suo bacino.
Le due donne si baciano e accarezzano chiudendo quel triangolo di piacere.. Mi inserisco anch'io, unendo la mia bocca alle loro. Poi invito e aiuto Chiara a cambiare cavallo e passare su quello affianco. I capelli rossi della giunonica si chinano rapidi sul pube di Marco in un sessantanove che sarebbe da fotografare. Vado alle spalle di Chiara cercando, tra un colpo e l'altro, di leccare l'asta che è infilata in lei. Risalgo con la lingua fino a tutta la sua schiena, al collo. Con le mani stringo da dietro i suoi seni: silicone messo con misura, ma strizzare e torcere con le dita i suoi capezzoli mi eccita. Anche a lei non dispiace affatto, direi. Ridiscendo con la lingua dal collo, giù per tutte le vertebre: le dorsali, le lombari, le sacrali. Le sento scorrere una ad una, mentre lei, con movimenti circolari, si gode ciò che ha nelle viscere. La mia lingua arriva al sacro infilandosi nel solco delle sue natiche. Chiara si piega in avanti esponendo, indifeso, il suo fiore posteriore. E' una provocazione alla quale non voglio resistere: lo bacio, poi lo lecco, quindi infilo la lingua tenendola dura. Con le mani allargo quella parte delle natiche per agevolarmi l'accesso, ma poi è l'indice della mia mano destra che prende il posto della mia lingua: prima movimenti circolari sul perimetro interno, reso umido dalla mia saliva; poi una falange che si insinua. Chiara, all'evidenza, gradisce. Tenendo lì la mia mano, mi alzo e le bacio il collo, la guancia. Lei volta il viso fino a ché le nostre lingue giocano l'una nell'altra. Cerco con lo sguardo Giuseppe: guarda eccitato con le braccia legate dietro allo schienale. In quel mentre spingo anche il medio per entrare in lei. Le mie dita sentono il membro che scorre al di là della sottile membrana. Chiara geme. "Aspetta -le dico- che facciamo una bella sorpresa a tuo marito, al quale piace guardare, vedo." Attiro l'attenzione di Marco e gli faccio segno di andare dietro Chiara. Si libera della giunonica e va con il suo pene eretto alle spalle di Chiara che lo guarda di sbieco con un misto di aspettativa tensione. Vado a prendere un lubrificante nel cassetto mentre la rossa raggiunge Giuseppe: è una che non perde un minuto. Spalmo l'unguento sia sull'asta di Marco (la pastiglina ha fatto effetto, vedo) che sulla rosellina tesa di Chiara. Al resto ci pensano loro: il volto della donna esprime prima tensione e dolore, poi controllo, quindi piacere e in ultimo abbandono: un qualcosa di estatico mentre è schiacciata tra quei due corpi. Con le palpebre socchiuse, si lascia andare, anche dal punto di vista vocale: senza remore, senza freni, senza inibizioni. Senza pudore. Guardo la scena da lontano, massaggiando assieme alla rossa il membro di Giuseppe. Le mani mie e di lei si muovono in tandem. Con l'altra mia spingo sulla guancia Giuseppe a ché guardi sua moglie scossa dall'orgasmo che la possiede. Un primo schizzo di seme di lui attira la bella giunonica che con la bocca intercetta quelli successivi fino a farselo colare lungo la mascella. Mi chino anch'io: la bacio, lecco ciò che dalla sua bocca è scapato, lo prendo con la lingua e lo inghiotto guardandola negli occhi. Poi le prendo il volto e ci indirizziamo al letto, continuando quei nostri baci mentre i tre compagni di gioco che lo occupano si accasciano esausti di piacere. Il volto di Chiara è uno spettacolo: è sfatta dal godimento. Sono contenta per lei, ma per i prossimi dieci minuti o quel che sarà voglio solo godere di questa donna affascinante e famelica con la quale mi sto baciando. Non abbiamo bisogno di ciò che custodiscono i cassetti: ci diamo piacere reciprocamente con tutte le forme, diramazioni, spigolature dei nostri corpi. Siamo talmente eccitate che ci mettiamo davvero poco a raggiungere il piacere. Per me inizia come un soffio di vento a pelo d'acqua: il mio corpo è accarezzato da un'onda tremolante che ruota in mezzo alle gambe. Non sono nulla se non lì dove la lingua di lei era in me.
Solo quando terminiamo anche io e lei, ci rendiamo conto che sulla porta ci sono tre persone. Quasi si giustificano: "Non c'era il cartello di non disturbare", dice una scherzando. Un altro ha il pene in mano.
Marco ed io restiamo ancora un'oretta, in buona parte occupata da una doccia affollata con i nostri amici, dandoci ancora piacere. Poi la pasticca di Marco finisce il suo effetto e tanto vale ripartire per casa. Lui è stanco e mi chiede se posso guidare io. Si addormenta appena entriamo in autostrada e si risveglia solo quando sente spegnere il motore sotto casa. "Eccoci", gli dico. Cavaliere, scende e viene ad aprirmi la portiere. "Bella serata!", dice allungandomi la busta con quanto pattuito. "Davvero -gli dico- e quando vuoi ripetere sai che sono a tua disposizione." Faccio per sfilarmi la vera gemella alla sua.. "Tienila -mi dice- per la prossima volta."
Gli porgo le labbra per un bacio e vado al portone di casa mia.
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