Uccidi Uribe - Puttana da Yacht - 05

di
genere
pulp

È uno di quei momenti che decidono la tua vita.
Sono sul molo, legata praticamente nuda in un completino bdsm stile principessa manga catturata dagli orchi. Manco a dirlo sono uno schianto di figa.
Sullo yacht, in cima alla passerella c'è Luìs Enrique Vargas in persona, felice come un imperatore romano al colosseo. È il puttaniere milionario che m'ha adescata per darmi in pasto al suo amico Daniel Uribe di professione re della droga.
Di fianco ho la mia sadoaguzzina prada vestita con due gorilla nero armani.
In testa ho i bip di conferma dei ragazzi del centro, il Colonnello che mi ordina di procedere.
Insomma sono messa maluccio, sembra già tutto deciso. Ma c'è il pubblico, una ventina di marinai, facchini, meccanici ed anche un paio di ufficiali portuali che si godono la scena a bocca aperta. Posso ancora salutare tutti e andare verso loro, voglio vedere come possono costringermi ad imbarcarmi.
Ma io sono quella delle scelte sbagliate.
Salgo la passerella.
Il mio culetto fa esplodere un'ovazione meglio che a ciaodarwin!
Adoro i latini.

Vargas è più grasso che in fotografia.
Bermuda tripla xl, camicia havaiana aperta sul panzone che tende un ombelico dove ci puoi mettere una palla da tennis, doccia con tre flaconi di Valentino Uomo per abbattere i gabbiani in volo sul porto, rolex di tre chili su polso peloso, catena d'oro per valorizzare le tette cascanti ancor più villose, cosce flaccide, espressione da stregatto di centocinquanta chili ed occhiali a specchio: ci credo che debba pagare così tanto per avere una puttana.
La Sadolesbica mi consegna a lui cedendogli il guinzaglio.
Vargas è meno formale, mi saluta con bacetti alla guancia e grattatine alla fighetta e, quando tenta d'abbracciarmi per toccarmi il culetto, mi respinge col panzone. S'accontenta dei seni e mi bacia con lingua in bocca anestetizzata a mentini.
Io miagolo da brava micetta al mio irruento micione. È il mio lavoro.
Alle mie spalle ritirano la passerella e sotto di me i potenti motori spingono i trenta metri del barcone.
“... Non ti sei offesa, vero? Devi capire, mi spiace per tutte queste cazzate dei controlli, ma qui siamo costretti, non si sta mai abbastanza attenti e per me la sicurezza è tutto.” Mi ribacia felice. “Ma ora sei a bordo, basta con le paranoie! Qui siamo liberi.”
In effetti mi libera. Mi slaccia reggipetto e perizoma toccheggiando, ma si dimentica di slegarmi le mani e levarmi cinturone e cinturini di ecopelle.
M'accompagna in un favoloso salotto a cielo aperto: avorio, teak ed ottoni lucidi. “Che ne dici di rilassarci un poco?” Si lascia cadere seduto sul divano ed allarga le gambe. Io mi c'innamoro all'istante: è un divano favoloso, dalla linea perfetta, così bello ed elegante che vorrei rubarlo. Sarebbe perfetto nella mia sala.
La lesbofigona ci osserva.
In ginocchio incuneata fra le cosce che sono due maiali e con le mani ammanettate dietro la schiena non è facile tirarglielo fuori di bocca, ma Vargas non ha alcuna fretta ed accende la tv. Alla fine, grufolando sotto il panzone duro, riesco ad afferrare coi denti il cursore della zip ed aprirla. Sono già sudata marcia. Ancora qualche acrobazia di lingua e tiro fuori un cazzotto dignitoso, ma che ha fatto il suo tempo.
Non sono così puttana da fingere meraviglia, lo spompino e basta.
E ci ripenso: questo divano stonerebbe con gli altri mobili, me li farebbe sfigurare. Sarei poi costretta a rifare tutto l'arredamento.

Siamo già in alto mare quando eiacula uno sputo di sborra contro il palato.
Abbiamo fatto conoscenza, ora può mostrarmi il suo barcone. Si rialza con agilità inaspettata, si rinfodera il cazzotto sotto il panzone e mi fa fare il giro turistico: la piscinetta, la plancia, le sale, la palestra, le cabine e la nostra camera con le lenzuola di seta nera. Ho un brivido. Tre giorni qui?!
Ma Vargas è un porcogentile, mi sorprende con la sue premure: mi slega addirittura per lasciarmi andare in bagno ed aspetta pazientemente dietro la porta. Ci faccio anche la doccia, non voglio più uscire, io mi faccio tre giorni di crociera chiusa in bagno! Due bip brevi all'orecchio mi richiamano all'ordine. Devo uccidere Uribe.
Esco.
Rieccolo. Un bacio bavoso e mi riaggancia i polsi dietro la schiena. “Ti spiace se ti tengo legata? È una mia fissa, mi eccitano troppo le cagnette legate.”
No problem, hai pagato. E poi fai bene, potrei spararmi in testa.

Sul ponte vuole che prenda il sole mentre lavora al pc e al telefono. Temo che Vargas voglia far colpo su di me atteggiandosi a milionario indaffarato con troia che si gode il sole: spara cifre a sei zeri e mi fa sentire com'è duro con i suoi sottoposti. Che abbia disfunzioni erettili?
Ma con me è premuroso, l'ho detto, e non c'è rischio che mi rimangano i segni del cinturone e delle manette: ogni tanto si ricorda di me e viene a cospargermi di crema solare. Lo fa scrupolosamente, insistendo fra le pieghe e nelle cavità. Non nego il piacere, si fa la manicure tutti i giorni e ha le dita a salsicciotto che mi gratificano mentre sono intontita dal sole.
Poi si rialza in piedi per osservare il lavoro fatto. “Sei la più figa mai salita su questa barca.”
Spero che la lesboinvidiosa non abbia sentito.
Mi rannicchio in ginocchio all'ombra del pachiderma e lo ringrazio mungendogli di bocca il cazzo semimoscio.
“Stanotte! Ora devo lavorare. Stanotte ti faccio godere.”
E torna al Pc.
Lo imploro appena un pochino come deve fare una puttanella desiderosa d'accoppiarsi con un pachiderma profumato valentino.
Vargas non è stupido, sa che non deve esagerare coi viagra.

Siamo ormeggiati al largo dell'Isla Grande, nell'arcipelago del Rosario. La cenetta è sotto le stelle a base d'aragosta e cameriere filippino in guanti bianchi. Mangiamo poltroncina contro poltroncina, Vargas m'imbocca, mi slinguazza e mi fa sorseggiare lo champagne che odio mentre mi racconta tutta la sua vita.
Al dessert siamo ancora al primo suo primo milione, la luna stessa non ne può più e si getta nell'oceano. Io credo d'aver un sorriso da paresi facciale.
I ragazzi del Centro bippano ogni tanto per tenermi sveglia.
Finalmente ci alziamo e ci spostiamo sul mio favoloso divano da ventimila dollari. Lo sbirciavo continuamente mentre fingevo d'ascoltare Vargas. È troppo bello, la perfezione fatta cuscino. Ci fuggirei insieme. Sì, mi ci vedo: saluto il pachiderma e scappo via col divano.
Mi slimona mentre gli racconto la mia vita. Vuole sapere tutto di me: il primo pompino, la prima volta, il primo in culo, la prima orgetta, la prima marchetta, il primo negro, il primo gruppo, la prima volta in spiaggia, al cesso, a scuola, in auto, in chiesa ed al supermercato, il primo video, il primo cane... m'accorgo solo ora d'aver fatto un sacco di prime cose. Vargas si eccita, m'interrompe soltanto per farsi dare una succhiata urgente e torna a domandarmi. Si sta innamorando di me.
Io m'allungo, mi struscio, mi rannicchio e faccio le fusa, innamorata persa di questo divano. Ci lesbicherei sopra con un bel twink gay, come l'inglesino di tre settimane fa, purtroppo ho solo un ippopotamo che non si vergogna d'essere nudo.
Sono una professionista, non mi lascio distrarre dal divano e m'impalo seduta sui coglioni del porco di turno, il mio pancino incavato contro il panzone ingombrante.
Ora vuole sapere i miei numeri, è un businessman: quanti pompini alla festa del liceo, quanti eravamo in camera in gita, quanti giorni di scopata al mare col mio fidanzatino, quanti centimetri il suo cazzo, quanto prendevo per il culo quando ero una nessuna a caccia di fama, e quanti anni di galera si sarebbero presi i miei clienti... Vargas m'ascolta segandosi: chiude le sue manone sui miei fianchi e mi muove su e giù per segarsi, senza alcuno sforzo, come se fossi una figa di gomma. Quando secondo lui sono stata troppo troia mi torce il capezzolo, ma subito mi premia con due dita grassottelle nel bucetto.
Godo, non lo nego, ed allora racconto e le mie porcate peggiori per farmi mordere il capezzolo ed artigliare all'ano. Lo eccitano le storie forti, m'invento d'essere stata stuprata figa e culo per una notte intera dal mio ragazzo con tre suoi amici. Mi parte un maledetto orgasmo che è la pallida copia dei miei terremoti, ma che inorgoglisce al massimo il cinghiale sovrappeso. Non sa che lui non c'entra, mi è successo davvero, a Tulsa col campione di football del campus.
Credo sia venuto anche lui, ansima come un leone marino sudato. No problem, non preoccuparti micione mio, tra nove mesi non busserò alla tua porta con un cinghialotto in braccio.
Ma Vargas fissa spaventato dietro di me. Giro la testa.
È arrivata la sadolesbica.

Vista da seduta sembra alta due metri. S'è messa in libertà: reggiseno rosso gonfio come uno spinnaker all'America's Cup e hotpants dipinti direttamente sulla figa che usa per rompere le noci. Gli addominali mi sconvolgono, quella se li è fatta facendo piegamenti con Vargas in spalla, e non voglio sapere come s'è fatta i muscoli delle cosce, potrebbero soffocare un'anaconda.
Col braccio teso punta una Glock17 con silenziatore. Dietro di lei tre uomini, immobili e pericolosi.
“Vargas! Davvero credevi che non t'avremmo scoperto?”
Opporcaputtana!, sono finita nel bel mezzo di una lite familiare.
La punta della pistola mi ordina di levarmi. Mi sfilo a fatica, sempre per queste maledette manette! Vargas m'aiuta a rimettermi in piedi. Mi spiace amico, so che hai pagato ma devo andarmene, il culetto sarà per un'altra volta.
Borbotta agitato: “No, no, io non...”
Un botto, come dello champagne che odio, e s'apre un foro sulla fronte del milionario.
Nooo, sul mio divano no!
scritto il
2025-04-18
5 8 3
visite
1 8
voti
valutazione
7.6
il tuo voto

Continua a leggere racconti dello stesso autore

racconto precedente

Uccidi Uribe - Cartagena - 04
Segnala abuso in questo racconto erotico

Commenti dei lettori al racconto erotico

cookies policy Per una migliore navigazione questo sito fa uso di cookie propri e di terze parti. Proseguendo la navigazione ne accetti l'utilizzo.