La prima volta con “Lui” - terza parte

di
genere
etero

Non riuscivo a crederci! Mi aveva portata a visitare un castello! Lui non amava molto i luoghi chiusi, ne avevamo sempre parlato, preferiva lunghe passeggiate in montagna, mentre io amavo tutto ciò che raccontava una storia, che profumava di secoli e vite passate. Era diverso adesso che eravamo insieme. Quando ci scrivevamo e sentivamo avevamo spesso litigato, perché era presuntuoso, chiuso nel suo mondo, era rancoroso e vendicativo. Pensavo, però, che per essersi innamorato di una come me, folle, solare, sempre con il sorriso sulle labbra, doveva esserci un lato “colorato” anche in lui e forse stava mostrandomelo. Girovagammo per gli appartamenti, le prigioni, cercavamo di stare sempre un po’ più distanti dagli altri visitatori, perché lui non riusciva a togliermi le mani di dosso e infilava le mani sotto il mio vestito per strizzarmi le chiappe, o semplicemente mi baciava appassionatamente. Arrivammo in un corridoio pieno di quadri, mi soffermai a leggere la storia di ogni personaggio, quando ne trovai una interessante lo dissi a lui. “Guarda! Lei era una principessa, sposata a questo qui accanto. Lui la beccò a tradirlo con un altro nobile, amico di vecchia data. Li uccise mentre ancora erano coinvolti nell’amplesso!” “Mmmmm, interessante…” e lo sguardo che mi posò fu inequivocabile. “Ma dove?????” Chiesi io alzando un po’ troppo il tono della voce. “Shhhhh….vieni con me!” Afferrò la mia mano e mi ricondusse giù dove c’erano le prigioni, in effetti avevo visto angoli bui ed era completamente libero dal personale di controllo, non c’erano neanche telecamere, era un po’ abbandonato perché era la parte peggio conservata. Trovò subito una nicchia in cui eravamo nascosti da occhi indiscreti e capii che l’aveva già adocchiata prima. Mi saltò addosso, mi baciava con premura, mentre con le mani afferrava il mio culo e mi sollevava leggermente per spingermi contro il suo rigonfiamento. “Sei già pronto!” Scherzai. “Con te? Sempre…. Ti desidero ogni istante!” Aprì i bottoni del vestito e si avventò sui miei seni, mi torturava giocando con i capezzoli, li succhiava avidamente, si sentiva il rumore che provocava e sentii anche i miei versi, non mi ero accorta che avevo cominciato a farli. Poi scese giù, si mise una gamba sulla spalla, spostò le mie mutandine, leccò un paio di volte le grandi labbra e poi cominciò a succhiare il clitoride, sembrava una ventosa tanto era bravo, mi sentivo le gambe di gelatina, le mie mani di aggrappavano ai suoi capelli. Lo implorai: “Ti prego….ti prego…” “Cosa vuoi?” E succhiò più forte. “Prendimi….qui…” Non se lo fece ripetere due volte, scattò in piedi, liberò il membro, mi sollevò permettendomi di agganciare le gambe attorno alla sua vita, spostò le mie mutandine e mi infilò il cazzo tutto dentro fino a sbattere le palle contro di me. Urlai e lui mi mise una mano sulla bocca. “Shhhhhh….siamo soli qui, è vero….ma il suono si amplifica….ti sentiranno in tutto il castello!” Mi morsi le labbra e mi aggrappai alla sua schiena. Lui cominciò a spingere velocemente, non avevamo il tempo di goderci il momento, doveva essere una sveltina, decisi di incitarlo un po’. “Siiiii…..siiiiii….sbattimi così…..fammi godere…” “Mi stai stritolando il cazzo! Sei fantastica! Ti farò godere ancora e ancora e ancora….” E sulle ultime parole le spinte arrivarono più veloci e profonde e io esplosi insieme a lui in un orgasmo perfetto, ma urlai, non riuscii a trattenermi. Mi rimise subito giù, pensò lui a sistemarci in pochi secondi e mi trascinò fuori prima che arrivasse qualcuno. A me tremavano le gambe, ma ridevo come una pazza, lui era un po’ più preoccupato, eppure il suo sguardo era divertito. Gli lasciai la mano e mi avviai verso l’automobile, mi fermai soltanto per girarmi e lanciargli uno sguardo malizioso. “Ok, mi hai fatta godere, ma era una sveltina….io voglio una scopata come quella di questa mattina….” E continuai verso l’auto lasciandolo a bocca aperta. Pranzammo in un’osteria dove conosceva i proprietari, mi presentò come la sua compagna, lo lasciai fare, mi piaceva giocare a essere una coppia felice, anche se non era per molto. Decisi che dovevo provocarlo se volevo replicare il godimento di quella mattina. Attorno all’osteria c’era vegetazione e sentieri che arrivavano ai pendii tutti intorno, gli proposi di avventurarci in uno dopo mangiato. “Non hai l’abbigliamento adatto” provò a spiegarmi. “Cammineremo solo per un po’….mi piacerebbe prendere aria pura” cercai di convincerlo. Alla fine cedette e ne seguimmo uno che sembrava il più praticabile con un paio di semplici sneakers è un abitino svolazzante. Camminavamo mano nella mano, ero eccitata da morire solo all’idea di cosa avrebbe potuto farmi, tuttavia aspettai mezz’ora, quando mi sembrò che eravamo abbastanza lontani da occhi indiscreti. “Dobbiamo parlare” esordii. “Di cosa?” Era davvero tenero, non aveva compreso nulla. “Di noi….di quello che siamo….del fatto che io andrò via…” Mi strinse la mano. “Non credo sia il caso di parlarne adesso!” Mi fermai di botto. “Io credo di sì! Credo che tu ti stia illudendo! Mi hai presentata come la tua compagna!!!!!! Io sabato vado via!!!!” Quasi urlai. Mi afferrò schiacciandomi contro di lui. “Lo sooooo!!!!! Quante volte vuoi ripetermelo?????? Lo so! Ma so anche che tornerai! Perché mi appartieni! Lo sento io e lo sentì tu che siamo l’uno per l’altra!” “Cosa?????? Sei impazzito????? Noi non ci sentiremo più! Tu devi sparire! Io tornerò dalla mia famiglia e tu sarai solo un lontano ricordo!” Dai suoi occhi vidi passare prima il dolore, poi di nuovo la rabbia. Si piegò verso terra portando giù anche me. Premette le labbra sulle mie e io cercai di rifiutargli il bacio per rendere credibile il mio gioco. Con i denti mi costrinse ad aprire la bocca, infilò la lingua con una durezza che mi eccitò ancora di più. Con un colpo solo aprì il mio vestitino facendo saltare via qualche bottone e si avventò sui capezzoli, strappò con facilità anche le mutandine. “Fermati! Fermati!” Protestai sempre per recitare la mia parte, ma il desiderio pulsava in tutto il mio ventre e sulla mia figa bagnata e colante. Mi afferrò le mani e le bloccò. “Ora ti mostrerò che sei mia! Che ormai mi appartieni e non puoi cancellarmi con un colpo di spugna!” “Aspetta! Aspetta!” Provai ancora a lottare debolmente. Lui per fortuna non mi ascoltò ed entro lunghissimo e durissimo, mi sentii aprire le pareti interne, ricominciò a scoparmi con tutta la rabbia di quella mattina, sembrava trasformarsi, aveva bisogno di dimostrarmi che lo volevo quanto lui voleva me. Non ero mai stata così lussuriosa e calcolatrice nel sesso, avevo sempre fatto un dolce sesso appagante con mio marito, ma con lui c’era una sensualità, una carnalità, una spregiudicatezza che adoravo. “Eccotelo troia! Volevi questo! Mi hai provocato solo per avere questo! E cazzo! Te lo darò…..siiiiii, ti darò tutto quello che vuoi!” Aveva capito, forse dopo un primo attimo di incazzatura, poi aveva capito ciò che volevo. Allora mi liberai a godere di quel piacere che mi stava infliggendo, fregandomene di dove ero sdraiata, mentre lui mi allargava sempre più le gambe e continuava a chiamarmi “La mia troia! Sei la mia bellissima troia!” Cosa c’era di sbagliato in me? Perché adoravo che mi chiamasse così? Venne urlando, sentii tutto il suo seme caldo sparato dentro di me, mentre dava gli ultimi colpi per svuotarsi completamente venni anch’io, gli morsi una spalla con forza, lui urlò per il dolore e io rimasi immobile, appagata, si sdraiò accanto a me, mi baciava la testa. “Guarda cosa mi hai fatto….hai strappato il mio vestito…” “Ho esaudito il tuo desiderio….volevi essere presa con forza e mi è venuto in mente questo…. In auto ho la mia giacca, la puoi indossare tu…” Lo guardai e gli accarezza i il viso. “Da quando sono qui sembri così perfetto…” Sorrise e vidi che gli occhi si inumidivano. “Sono solo arrivato in ritardo”. Mi posò un bacio dolce a stampo, poi mi aiutò ad alzarmi e mi condusse indietro senza più dire una parola.
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scritto il
2023-11-05
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