La Colf della Zia.

di
genere
etero


La compianta Zia Adele, è stata, per ben quarant'anni, un vero e proprio punto cardinale della mia esistenza. Unica sorella di mia Madre, era rimasta nubile e, come ogni zia che si rispetti, mi viziava a dovere.
Fatta eccezione pel "maledetto ciclomotore", non ci fu mio desiderio che non fosse stato da lei esaudito: "in primis" quelli gastronomici, essendosi, in ciò, rivelata degnissima erede della povera Nonna.
Tuttavia, come ogni mortale, non era esente da difetti dei quali, il più macroscopico o, "tout court", il peggiore in assoluto, era la sua desolante ottusità etica.
Bastava entrare nelle sue grazie ed, automaticamente, anche il peggior malfattore, anche le più incallite "cocottes di lunghissimo corso" o, peggio ancora, anche le più avide "maitresses", venivano assurte, "ipso facto", al rango di santi, eroi e trasmigratori.
"Con questo", per dirla con "Don Lisander", alias Alessandro Manzoni, "la miglior pasta del mondo".
Il peggio del peggio, risiedeva nella sua vera e propria "religione" per i suoi cugini e relativa progenie.
La mia simpatia, per quei "signori", era, è ancora, e sarà, sempre tale che, se mi fossi chiamato Josip Broz, alias Maresciallo Tito, non avrei esitato, sia pure per un millisecondo, ad infoibarli: senza titubanza, od eccezione, alcuna.
"Omnia scripsi".
Col passare del tempo, la povera Zia, perse gran parte della sua gagliardia, si fece vecchierella e dovette ricorrere alla collaborazione di diverse colf che si succedettero nel tempo.
La più "erotica" di esse fu, senza alcun dubbio, la Signora "Paulette".
Più o meno mia coetanea, castana, sul metro e settantacinque, con una carnagione leggerissimamente olivastra, a tutta prima sembrava per nulla appetibile.
Fu solo quando la povera Zia mi significò il suo stato di donna separata, che il cacciatore si risvegliò in me.
Premesso, doverosamente, che il gatto che si ustionò con l'acqua calda aveva, in seguito, paura anche di quella fredda, è tuttavia decisamente raro che, al giorno d'oggi, una donna separata imponga a sé stessa una castità definitiva o, per lo meno, di lunga durata: prodigi della rivoluzione sessuale!
L'occasione si concretizzò un venerdì di metà giugno: del già torrido giugno di un anno prossimo alla prima metà degli anni novanta.
Ero, come ogni venerdì, andato a pranzo dalla Zia...
Oh sublime aroma del sugo al tonno che, con la dovuta lentezza, bolliva nel pentolino!
Oh ineffabile sapore dei bucatini - notino i Lettori: NON SPAGHETTI, SE MAI LINGUINE - carezzante il palato!
Per fortuna o, per meglio scrivere, per vera e propria grazia divina, la colf di mia cognata prepara un sugo al tonno assolutamente uguale a quello della povera Zia; non ho alcuna difficoltà ad ammettere che, la prima volta che l'assaggiai, mi si riempirono gli occhi di lacrime!
"Paulo majora scribamus".
Mentre la Zia si trovava nel soggiorno intenta a seguire la trasmissione televisiva della sua "telenovela" preferita, il Fato volle che, Paulette ed io, ci trovammo da soli, assolutamente soli, nella camera da letto.
La donna indossava una paio di fuseaux, grigi, che esaltavano, a dismisura, il suo "lato b", ed una maglietta marine, ovviamente bianca. La presenza di un castissimo reggiseno "da fatica", si notava di sotto la maglietta marine, della quale il sudore accentuava la trasparenza.
Potrei scrivere "istintivamente", la mia mano destra si posò sulle sue "rotondità", dando, nel contempo, una strizzatina al tutto.
- Ooooh - bisbigliò Paulette, girando la testa e piantandomi gli occhi in viso.
Non ho alcuna difficoltà a riconoscere che, a quell'epoca, l'astro di Lady Rowena, aveva iniziato a risplendere gagliardamente...ma tant'è.
Sorrisi, quasi sardonicamente, per poi aggiungere:
- Mi fai venire solo a vederti...
A queste parole, giunse, agli orecchi di entrambi, il tranquillo russare della Zia.
Ci guardammo, di nuovo, negli occhi, poi, all'unisono, demmo in una breve risata.
- Tutto tranquillo - bisbigliai, ed iniziai, subito, a sfilarle la maglietta. Paulette non oppose alcuna resistenza, anzi, "collaborò" sfilandosi i fuseaux.
La donna rimase in mutandine e reggiseno di cotone bianco: un insieme assolutamente casto.
Lungi da me l'idea di tediare il Lettore con una stucchevole disquisizione ma, in tutta onestà, ritengo che, anche la "lingerie" non trasparente, conferisca, a chi l'indossa, una carica erotica di tutto rispetto.
Una carica erotica, per dir così, "sussurrata", di non immediato impatto, nella maggior parte dei casi; ma assolutamente e, potrei scrivere, violentemente, rilevabile dagli "spettatori di palato fine".
Cfr. Il costume indossato da Ursula Andress in "Agente 007 Licenza di uccidere.
Così, per un lunghissimo minuto, mi beai della visione di Paulette in un abbigliamento assai simile a quello che, a suo tempo, indossava la Signora Dina.
Mi sembrò una giovane Amazzone, pronta alla battaglia, e pronta a donare sé stessa in caso di sconfitta.
Ratto, abbassai i pantaloni e, subito, la ragazza sedette sui talloni e si dette ad omaggiare il mio scettro con le sue labbra di fuoco.
Più che con la notissima professionalità "felsinea", Paulette sembrava posseduta da una libidine al limite della disperazione, da quella libidine che possiede la donna che sa di aver perso il suo uomo, forse anche per propria colpa, ed anela ad essere di nuovo posseduta, anela di nuovo a sentirsi, nel consumare l'amplesso, schiava e regina nel medesimo tempo, nei medesimi istanti.
Esplosi, oceanicamente, nella sua bocca e, mentre mi svuotavo in lei, potei chiaramente sentire il rumore della sua gola che, con avidità ferina, fagocitava il mio seme, spegnitore della sua ormai annosa "sete".
Mantenni l'erezione, e subito la feci girare di spalle e le poggiai le braccia sul cassettone.
Abbassatele le mutandine, mi schiantai, letteralmente, nel suo corpo, che aveva assunto la posizione "a la levrette", con un desiderio uguale, se non superiore al suo".
Quel corpo di donna, di vera, autentica femmina, che il coito, ed il caldo, avevano iniziato ad imperlare di sudore, e dal quale si levava, lieve ma percepibilissimo, l'afrore della sua eccitazione, aveva, letteralmente, portato i miei sensi al delirio.
Le abbrancai i fianchi ed iniziai a cavalcarla senza dimenticare il suo petalo di carne.
Paulette ansimava, digrignando i denti, senza potere, per le più ovvie ragioni, emettere quelle grida di gioia trionfale che, con tutta sé stessa, avrebbe voluto emettere.
Quando, contemporaneamente, ci accorgemmo della nuova, imminente eiaculazione, uscii dal suo corpo e lei tornò a sedersi sui talloni, riprendendo, spontaneamente, la "fellatio".
Esplosi di nuovo in lei e, con le mie ultimissime forze, come un animale ferito che sentisse sopraggiungere la morte, mi ricomposi, per andarmi a sedere nel soggiorno, vicino alla povera Zia, che ronfava di gran gusto.
Fu proprio Paulette a destarci, dopo una mezz'ora abbondante.
- Signora, io avrei finito...
La Zia, dopo averla pagata, mi chiese di accompagnarla alla porta.
Fu quando fummo sull'uscio che la ragazza mi diede un pezzetto di carta con sopra il suo numero di telefono cellulare e, nel mettermelo in mano, mormorò:
- Erano anni che non godevo così...
E, guardatomi negli occhi, si passo la lingua sulle labbra.

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scritto il
2023-02-21
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