Che palle
di
Dora
genere
sentimentali
Sabato, non è lontano. È già passato. Ma non è lontano.
C’era il sole, oggi c’è il grigio. Non ho impegni a riempire il vuoto. Niente lezioni, scuse per uscire, messaggi sul cellulare. Mi sento sempre inerte, come se buttassi il tempo.
Tu sei così ricco e non lo sai. Passi le giornate a suonare tra il conservatorio e le band. Prendi treni su treni. Anche io lo faccio, ma i miei sono sempre gli stessi, vado solo all’università. Non mi importa la fila di trenta sul libretto, mi sento sempre a corto di vita. Potrei sempre fare di più, ho fame, vorrei divorare tutto.
Sono a metà tra un sassolino sporco e una busta trasparente. E tu sei una foglia verde brillante con l’anima timida d’autunno. A volte riusciamo a tenerci la mano e anche a sorridere.
Oggi è una giornata del cazzo, non sto studiando. Non ho validi motivi per non farlo. Non ci stiamo per incontrare in una stazione.
Sabato non è lontano, eppure sembra una strana manciata di ore felici nella vita di un passante, incrociato, invidiato e mai più rivisto.
È iniziato con il traffico ferroviario bloccato. Ho immaginato un suicidio sui binari. Panico. Ma le porte si sono aperte, il mio morto immaginario è volato via e ci siamo stretti forte. Poi abbiamo iniziato a muoverci nella tua città di pietra calcarea, salsedine e quartieri residenziali in fasce.
Abbiamo camminato per ore nella luce, nel bagliore della novità, nei posti che frequenti tutti i giorni. E poi casa tua.
Ho scoperto che posso avere un’esperienza sessuale e divertirmi. Senza sentirmi maledettamente incapace o inadeguata. Essere baciata su tutto il corpo, nuda, mentre sei ancora totalmente vestito. Succhiare le tue dita perché mi va. Avere la tua faccia tra le cosce e non provare imbarazzo. Venire ripetutamente con le gambe che ti tremano addosso.
E poi nudo anche tu, delicatamente hai guidato la mia testa verso il basso, raccolto i capelli tra le mani. Ti ho accolto nella mia bocca con il piacere della restituzione. Ti ho bevuto con brama di conoscenza.
Oggi è una giornata di passaggio, spesa a non fare nulla, pensare, ricordare, scrivere. Ascolto sempre questa musica indipendente da ventenni malinconici come me. Non posso fare a meno di pensare che probabilmente sei triste. Casualmente stiamo di merda entrambi.
Forse a stare nudi abbracciati andrebbe meglio. Ma chi lo sa se ci rivediamo, quando ci rivediamo. Lo spero...
C’era il sole, oggi c’è il grigio. Non ho impegni a riempire il vuoto. Niente lezioni, scuse per uscire, messaggi sul cellulare. Mi sento sempre inerte, come se buttassi il tempo.
Tu sei così ricco e non lo sai. Passi le giornate a suonare tra il conservatorio e le band. Prendi treni su treni. Anche io lo faccio, ma i miei sono sempre gli stessi, vado solo all’università. Non mi importa la fila di trenta sul libretto, mi sento sempre a corto di vita. Potrei sempre fare di più, ho fame, vorrei divorare tutto.
Sono a metà tra un sassolino sporco e una busta trasparente. E tu sei una foglia verde brillante con l’anima timida d’autunno. A volte riusciamo a tenerci la mano e anche a sorridere.
Oggi è una giornata del cazzo, non sto studiando. Non ho validi motivi per non farlo. Non ci stiamo per incontrare in una stazione.
Sabato non è lontano, eppure sembra una strana manciata di ore felici nella vita di un passante, incrociato, invidiato e mai più rivisto.
È iniziato con il traffico ferroviario bloccato. Ho immaginato un suicidio sui binari. Panico. Ma le porte si sono aperte, il mio morto immaginario è volato via e ci siamo stretti forte. Poi abbiamo iniziato a muoverci nella tua città di pietra calcarea, salsedine e quartieri residenziali in fasce.
Abbiamo camminato per ore nella luce, nel bagliore della novità, nei posti che frequenti tutti i giorni. E poi casa tua.
Ho scoperto che posso avere un’esperienza sessuale e divertirmi. Senza sentirmi maledettamente incapace o inadeguata. Essere baciata su tutto il corpo, nuda, mentre sei ancora totalmente vestito. Succhiare le tue dita perché mi va. Avere la tua faccia tra le cosce e non provare imbarazzo. Venire ripetutamente con le gambe che ti tremano addosso.
E poi nudo anche tu, delicatamente hai guidato la mia testa verso il basso, raccolto i capelli tra le mani. Ti ho accolto nella mia bocca con il piacere della restituzione. Ti ho bevuto con brama di conoscenza.
Oggi è una giornata di passaggio, spesa a non fare nulla, pensare, ricordare, scrivere. Ascolto sempre questa musica indipendente da ventenni malinconici come me. Non posso fare a meno di pensare che probabilmente sei triste. Casualmente stiamo di merda entrambi.
Forse a stare nudi abbracciati andrebbe meglio. Ma chi lo sa se ci rivediamo, quando ci rivediamo. Lo spero...
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