Chi è la cugina troia?

di
genere
etero

Adoro il tramonto, la compagnia di una donna, una birra, del vino, dell’amaro, basta che sia alcol. Serve altro?
Si. Lei aveva bisogno di sfogarsi, qualcuno che l’ascoltasse.
Il cofano della mia vecchia e adorata auto, una bottiglia di vodka alla fragola e noi di sopra in attesa dell’oscurità.
Ero disteso contro il parabrezza, sdraiato come fosse metà giugno, le mie mani erano un cuscino. Fumavo, avevo scolato mezza bottiglia di vodka, la testa fluttuava insieme a mille pensieri.
Lei era seduta all’indiana, con la bottiglia nel mezzo, una sigaretta in bocca. Qualche attimo di silenzio per contemplare il tonfo del sole nelle acque, l’arancione sfumato con cui si tinse il cielo sembrava pittura ad olio. Uno sfondo romantico, dolce, sembrava un film.
La spiaggia, una baracca, il mare, la brezza, il silenzio.
Sono stato semplicemente il suo diavolo vendicativo, uno strumento di piacere e rivalsa. Un malsano divertimento in cui ho sguazzato e schizzato.
Dopo la sigaretta si mise a parlare ed io ascoltai veramente quello che avevo intuito.

- Avevo 16 anni e Andrea 22, non mi sentivo pronta. Ilaria Sapeva quando fossi innamorata di quel ragazzo, gliene parlai quanto mi chiese se avevo adocchiato qualcuno, se avevo qualche cotta, insomma… Allora gli parlai di Andrea e così via. Poi il tutto successe quella sera, come al solito eravamo in piazzetta. La stronza disse: andiamo a parlarci! Io rimasi rigida, ero ansiosa, timida volevo eccome… Poi sorrise, pensavo andasse a dirgli qualcosa su di me, del tipo: “hey! Mia cugina vorrebbe conoscerti.” Insomma già fantasticavo. Fui interrotta da un “Vado io, tu sei troppo piccola.” E nulla… Quella stronza ci ha scopato la sera stessa. Ci sono rimasta di merda… Mia cugina si è scopata il ragazzo di cui ero innamorata dalla terza elementare. Vaffanculo! - Veronica con quell’urlo diretto verso il mare piatto lanciò la sua rabbia, rimase l’amarezza, forse sarebbe rimasta per sempre.
- Ed io sono stato la prima occasione per vendicarti? - Dissi guardando il cielo, attendendo l’oscurità.
- Tu… Mi guardavi, mi hai offerto da bere… Ho capito che non ti saresti fatto scrupoli! -
- Si, hai ragione. Mi chiedo se ci stavi pensando oppure hai improvvisato! -
- Sei stato una ispirazione… Così, improvvisa, lo sai? -
- Se vabbè… Comunque glielo dirai? -
- Quando vi lascerete. Non voglio metterti nei casini. In fondo va bene così! -
- Se va bene per te. Sei così sicura che ci lasceremo? - Risi, non aveva torto - Il casino ormai era fatto - Se non ci lasceremo? Glielo dirai prima o poi? -
- No, in questo caso no, sinceramente non so… Dai non mi ci fare pensare! -
- Perché? -
- Perché voglio continuare a scopare con te a sua insaputa… Come fai a stare con quella strega di merda? Il fisico? Il bel culo? Che ha di così particolare che attira i ragazzi… É una troia vero? -
Non risposi.

Con Veronica, la ragazza accanto a me sul cofano dell’auto, non fui dolce ma, nemmeno un bastardo. Con lei era come nuotare in una piscina piena d’alcol e poi fare sesso fino all’orgasmo, con irruenza però, senza fasce e frustate, senza sodomia.
Con sua cugina Ilaria invece; lei era una di quelle che il cazzo lo spolpano, bramose, incline alle mie dannate perversioni. L’amante ideale, la troia che non paghi, quella che lasci nuda a terra o ne racconti le porcherie con gli amici.
Ilaria voleva una relazione stabile da me, voleva fare la fidanzatina. Mi stava bene più o meno. I suoi ritmi però erano frenetici. Non volevo conoscere ne amici ne parenti. Non amavo Ilaria ma ci stavo, semplicemente a volte si vuole bene, quel sentimento basta.
Non volevo immischiarmi in un’altra relazione. Lei non sapeva che ero uscito da un rapporto di tre anni, tossico e dispersivo - da circa 15 giorni - quando ci conoscemmo. Tramite amici di amici la contattai con un solo scopo, lo stesso scopo che lei inizialmente accettò per divertirsi.
In poco tempo mi ritrovai coinvolto. Iniziai a frequentare il suo paese. Invece di rimanere in città, il sabato ci spostavamo altrove. Salivo a prenderla all’università, la scopavo come si deve, poi l’accompagnavo a casa. La sera uscivamo nel paesino. Una piazza e due bar.

Era una serata monotona, la sua compagnia di amiche e amici mi stavano letteralmente scassando i coglioni quando ad un certo punto, Ilaria salutò una persona, mi prese per mano dicendomi che mi avrebbe fatto conoscere sua cugina. Mi trascinò con una certa frenesia.
Mi ritrovai di fronte una ragazza di 19 anni veramente carina, solo che non sapeva di esserlo perché si nascondeva dietro degli occhiali da secchiona e una buffa frangetta. Capelli nerissimi poco oltre le spalle, un visino tutto sommato normale. Un bel fisichetto, niente male. Piacere e piacere, che poi alla fine, piacere di che?

Dissi che dovevamo bere, avrei fatto qualunque cosa per fuggire da quel gruppetto ed Ilaria non la sopportavo più, se ne accorse quando cambiai espressione in viso. Sapeva che volto avevo assunto. Il volto dell’uomo che la legava al letto, la fotteva facendole strillare di essere la mia troia mentre la coinquilina studiava e magari si masturbava pure.
Keglevich alla fragola, alla pesca e al melone. Una serie di cocktail in poco meno di una mezz’ora e Veronica era brilla, ancora più bella, disinvolta nelle chiacchiere. Avevamo un argomento in comune, forse un paio, non ricordo bene. Videogiochi e musica hip-hop.
All’una di notte Veronica era partita, rideva, parlava a sproposito e a stendo si reggeva in piedi. Sprizzava felicità, perché percepivo un senso di tristezza?
Io avevo solo un fottuto mal di testa. Ilaria e l’amica di Veronica erano talmente sobrie che mi facevano venir da vomitare. Comunque notai come Ilaria prendesse in giro la cugina con una spiccata arguzia e disprezzo nascosti da sorrisi gentili e al tempo stesso maligni.
Perché mi chiesi?
Si fece tardi, la piazza si svuotò, Ilaria voleva tornare a casa, se ne fregò altamente della cugina.
Mi misi in testa che non avrei lasciato sola quella ragazzina, dovevamo accompagnarla a casa, glielo dovevamo o forse glielo dovevo io dato che l’avevo fatta bere. Lo feci senza nessuna malizia, non avevo cattivi pensieri verso quella ragazza, mi era teneramente indifferente. Strano.
Ilaria per evitare di aiutare la cugina, addirittura volle essere accompagnata a casa per prima, dunque mi negò del sesso. Delegò quell’altra – l’amica di Veronica – ad aiutarmi per accompagnarla a casa. Ilaria in fondo non mi conosceva, mi lasciò volutamente solo con una ragazza mezza ubriaca.
Fu Veronica a dirmi dove abitava, sembrava abbastanza lucida, quindi prima accompagnai quell’altra. Dopo un poco ero solo in macchina con la cugina di Ilaria. Lei con la testa sul finestrino, le mani aggrappate per inerzia alla cintura di sicurezza. Era in trance, in dormiveglia, lucida a tratti. Infine arrivai a casa sua. Dovetti prenderla di forza per farla scendere dalla macchina, non voleva. Toccare quel corpo iniziò a farmi effetto, il cazzo si indurì lentamente, provai a tastarle il seno con una disinvoltura spudorata. Dopo qualche passo si riprese. Rovistando nella borsa tra una risata e l’altra prese un mazzo di chiavi, riuscì ad aprire il cancello. Abitava in un condominio abbastanza grande. Doveva percorre parecchi metri all’interno di un giardinetto prima di arrivare al primo edificio. Le misi una mano poco sotto la spalla per sorreggerla e l’accompagnai, la mano però cadde ed iniziai a toccarle il culo in maniera sfacciata. Sebbene fosse più piccolo di quello di Ilaria, insomma una senza culo più o meno, il fondo schiena di Veronica, visto da un occhio esperto, era il tipico culo che prende senso e forma a 90 gradi.

- Aspetta un attimo - mi disse con voce stridula. Poi si toccò a testa e si sedette su una panchina di sbarre di ferro.

Avvicinandomi, la guardai negli occhi, il mio sguardo penetrante infranse le lenti, lei sorrise. La sua testa non si reggeva, barcollava da una spalla all’altra.
- Dio, il mondo gira… -
Io rimasi in silenzio, lei abbassò lo sguardo ma, io lo risollevai con gentilezza, mi avvicinai, la baciai. Nella sua bocca ristagnava la vodka alla fragola, tra i vari sapori era quello che distinguevo di più. Il bacio era amaro ma vero, forte. Forse la sua condizione mi impedì di essere il solito depravato però… Mi sentivo come se… Non dovevo approfittarmi di lei… Ero abbastanza combattuto…
Stavamo baciandoci ancora, trascorse qualche minuto, le mie mani non l’avevano ancora molestata…

Era talmente persa che avrei potuto farle di tutto...

Ad un tratto, ricambiò quel bacio con impeto, mi sorprese dalla voglia che aveva di baciarmi. Mi avvolse con le braccia intorno al collo, come se si gettasse verso di me.
Infilai una mano sotto la maglietta, sotto il reggiseno. Allargò le gambe come un invito, la toccai attraverso i jeans, sfregai sulla figa fino a farla gemere, balzò su di me, ondeggiò il bacino, furono una manciata di minuti in cui la sua lingua fece un ispezione nella mia bocca. L’ubriaca si rese conto di dove fossimo, a me poco importava, me la sarei scopata in quel giardinetto, su quella panchina.
- Non qui… Vieni con me! -
Feci come mi disse, l’accompagnai.
Davanti al portone, frugò nella borsetta; chiavi, aprì, entrammo e poi?
In quell’istante subivo la mia metamorfosi.
La spinsi contro le cassette della posta del condominio, la presi in braccio tenendola per il culo, ci baciammo con fervore. Non baciavo in quella maniera da tempo, l’eccitazione primitiva ed animalesca sembrava assopita… Prevalse la passione.
Il cazzo diventò incontrollabile ed anche io. Iniziai a farla mia. La veemenza pulsava nel cuore, scorreva nelle vene che andavano la sotto. La feci scendere.
- No, no… Qui no… Vieni con me! -
La baciavo sul collo, toccavo i seni, avevo sbottonato il suo jeans, la mia mano si intrufolò… La stimolai, era tutta bagnata. La sua voglia era inequivocabile, la mia mano inzuppata.
Continuava a dirmi di no… Non mi fermò, non ci riuscì… La testolina barcollava. Dov’è la passione? Uccisa dall'irrefrenabile voglia di fottere.
La girai con la faccia verso le cassette della posta, gli abbassai i jeans, il perizoma, io feci uguale con una sola mossa. Infilai il cazzo. Gli diedi qualche colpo ben assestato, lei mi rispose gemendo e poi ancora:
- No… Non qui! - Il sospiro affannato e voglioso la tradiva e rendeva me sordo. Il cazzo gli piacque subito.
Non ascoltai i suoi mugoli, la stavo già scopando forte, l’inguine che sbatteva sul suo culetto si udiva fino l’ultimo piano. Nonostante il mio mal di testa, la montavo con foga, aggrappato ai suo fianchi. Lei picchiò il pugno contro una della cassette, il rumore rimbombò. Era un basta… Fermati.
Io mi fermai, lei invece si alzò subito i jeans… Camminò facendo scorrere la mano sulle cassette, poi sul muro, si reggeva, mi guardò. Di fronte a se aveva due rampe di scale, una saliva, una scendeva.
Io rimasi li come un coglione… avevo il cuore in gola, il cazzo ancora più duro e quel mal di testa.

- Di qua… - mi guardò ancora, quasi cadde quando si voltò.
Allungò la mano, io l’afferrai per sorreggerla, scendemmo quelle scale con difficoltà. Era tutto buio, facevamo luce con gli schermi dei telefonini, mi disse di cercare una porta di legno, ce ne erano 6. Con la chiave che mi diede provai tutte le serrature. Trovai quella giusta. Erano i garage degli inquilini. La sua famiglia invece l’aveva adibito ad una piccola taverna. Una cucina, un tavolo con del libri, delle sedie, una televisione, un divano, una piccola paretina dove supposi doveva esserci un bagno.

Era talmente persa che avrei potuto farle di tutto...

Mi gettai sul divano, abbassai i pantaloni e vi sprofondai, lo tirai nuovamente di fuori, lei si spogliò completamente, in maniera goffa, ridendo e barcollando. Era perfetta con tutte le sue imperfezioni. Un filo di pancia, un ventre tonico ed un sedere sodo… Ed era sempre sorridente.
Io lo tenevo in mano e lo segavo, aspettavo un pompino lei invece mi ignorò completamente e si sedette sul mio cazzo. La traforai all’istante, fu come infilare il cazzo nel burro squagliato.
Grondava di voglia, di quel nettare trasparente.
Mi si avvinghiò al collo - Fottimi, fottimi! - Disse.
Il suo respiro al sapore di vodka mi piaceva, era come uno spiffero di vento profumato, quasi provocante. Ci baciammo, il cazzo rimase li, duro e pulsante ma, immobile dentro la sua figa bagnata. Quel mal di testa mi lesionava il cranio e lei? Barcollava impalata sul mio cazzo. Vogliosa e indecisa…
Avendo bevuto, io non sarei venuto facilmente. Dunque la scopai come meritava, forte, entrai in modalità stallone. Mi inclinai per afferrarle il culo e affondare ripetutamente il mio cazzo dentro di lei, dopo una prolungata serie di movimenti pelvici, una penetrazione incalzante che la faceva quasi fluttuare sui miei quadricipiti, ritornai alla posizione precedente, la incitai a saltare, la spingevo, scivolai nuovamente in avanti permettendomi di sbatterla a più non posso nuovamente. Accarezzavo il culo, il seno. Potevo cambiare posizione, fare di lei quel che desideravo.

Lei… Mi guardava sconvolta, eccitata. Non era mai stata fottuta con impeto. Si teneva con le mani alle spalle, spesso sentivo che stringeva la presa, in quei momenti capivo che godeva. Spesso la testa cadeva all’indietro. A volte invece con le braccia si stringeva al mio collo permettendomi anche di leccarle le tette, strizzarle.
Nel momento cruciale, mi morse il collo… Delicatamente e successivamente, anche lei, come tante … Affondò le unghie nella mia carne, eccitandomi. Pare che lo facesse con consapevolezza. L’orgasmo le diede nuova linfa vitale, i suoi occhi brillavano, voleva ancora godere. Strinsi i suoi capelli, roteai il polso, e tirai dietro facendola urlare, la spinsi di lato, mi liberai dei pantaloni intralcianti, la presi nuovamente a me sollevandola da terra, forse pesava 40kg, volevo metterla sul tavolo ma prima… Volevo che mi succhiasse il cazzo, che mi estasiasse con un pompino, che mi mostrasse la sua abilità, la sua voglia. Volevo sentire la lingua leccarmi l’asta, il glande, ripulirlo dai suoi umori.
Era in ginocchio, succhiava… Non male ma, non tutte sanno spompinare come si deve. Sarà un' arte o tanta passione? Esperienza?
Presi nuovamente i suoi capelli, li strinsi nel mio pugno, un affondo di minchia senza pensarci. Quando mi accorsi che i testicoli sbattevano sul suo mento rimasi sorpreso… Un altro affondo, deciso. Un terzo, devastante. Non so che o quanta roba colò dalla sua bocca, il mio cazzo era ubriaco di vodka alla fragola. L’alzai in piedi tenendola ancora dai capelli, la presi dai fianchi e la posizionai sul tavolo, lei aprii leggermente le gambe ed io invece gliele spalancai e misi il cazzo dentro la sua unta figa. Una posizione fatta e rifatta… Per me è un classico ancora oggi, per lei… Il sesso selvaggio lo stava scoprendo con me e su quel tavolo il suo culo non si c'era mai seduto. La scopai fino a quando i suoi liquidi colarono dal tavolo, un po’ come una cascata.

Avevo perso le forze, mi tenevano svegli i suoi gemiti di piacere le unghie che squarciavano la schiena. Smisi di scoparla con irruenza quando lei gridò ancora e ancora, l’urlo soffocante dell’orgasmo, poi rise… Ed io non ebbi più nessuna sensazione dal mio cazzo, come se fosse affogato nella sua figa o investito da un’onda. Ero esausto.
Non avevo più voglia di scopare al contempo non volevo togliere il cazzo dalla sua figa calda e avvolgente. Era meraviglioso perché non aveva nessuna importanza, non mi interessava se l’avevo fatta godere o se io ero venuto. Ero appagato ad un altro livello. Non sapevo il perché. Non lo saprei spiegare nemmeno ora a distanza di tanti anni. Stremato più io che lei, mi gettai sul divano.
Ci accontentammo di qualche gemito e sospiro prolungato, dei baci, delle carezze. Il suo sorriso era tutto per me in quell’istante.
Ero davvero stanco, sfinito, come se avessi scopato per diverse ore. Infine lei si adagiò accanto a me, gambe aperte nuda, grondando liquidi, lucidi e bianchi, ridendo, guardando il mio cazzo duro tremendamente lucido.
- Fammi un pompino! - Sentivo quel desiderio di sborrare.
- Mi fa male la testa! -
- Fammi una sega! -
- Non ce la faccio!-
- Sai che si scopa per soddisfare entrambi? Scopare è una cosa seria, dunque, dato che tu sei venuta… Io dovrei anche! - Gli dissi scherzando. I suoi occhi oramai erano chiusi ma rispose ugualmente.
- Domani… Ok… Domani mi fai quello che vuoi! - La testolina cadde sulla mia spalla.

Anche la sua… Forse si sentiva sicura… Con me?

Restai altri dieci minuti, evitai di farla addormentare. L’aiutai a vestirsi e nel farlo gli infilai un dito nel culo, così si svegliò. Mi disse che dormiva la sotto, nella taverna. Gli lasciai il mio numero di telefono. Erano le 5 e qualcosa del mattino, come cazzo era possibile? Mancavano delle ore all’appello, i conti non tornavano. Il solo pensarci mi fece sprofondare nel mal di testa.
Mi chiamò l’indomani, mi disse tante cose. La raggiunsi però il venerdì.
Quel venerdì è un'altra storia...







di
scritto il
2022-05-30
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