Mia madre e il vicino - Mickey pt.2

Scritto da , il 2021-11-07, genere pulp

Il giorno seguente al nostro incontro, attesi con impazienza il messaggio di Mickey.
Sul tardo pomeriggio provai a telefonare il numero che mi aveva dato, ma il cellulare risultava staccato.
Nei giorni seguenti provai e riprovai con messaggi e telefonate alle quali non ricevetti mai risposta.
Ero deluso come non mai.
Ero deluso io, ma delusa era anche mia madre.
Da quando avevo avuto il suo consenso ufficiale ad organizzare e, soprattutto, riprendere le sue scopate non ne ero ancora riuscito ad organizzare una decente.
Inoltre, le avevo promesso di soddisfare uno dei suoi sogni più reconditi: farlo con più uomini contemporaneamente e mi dava un fastidio tremendo il fatto di non essere ancora riuscito a mantenere la mia promessa.
A questo si aggiunge il fatto che, quando raccontai a mia madre dell’incontro con quel tizio (Mickey appunto) e della sorta di provino che voleva organizzarle, lei reagì con un entusiasmo per me inaspettato. La cosa doveva eccitarla molto. L’idea di essere “provinata” da uno sconosciuto e di essere la protagonista di un video amatoriale pornografico la facevano andare fuori di testa.
Così, ogni volta che mi chiedeva “allora? Qualche novità?”, la delusione che le si disegnava sul volto alle mie risposte negative mi rendeva ancor più amareggiato.

“Forza! Aprilo!” dissi a mia madre offrendole un pacco di cartone fresco di consegna del corriere.
Erano passate quasi due settimane dall’incontro con Mickey e, non avendo ancora sue notizie, decisi di fare un piccolo regalino a mia madre, giusto per tirarle su il morale.
Da quando avevamo il nostro piccolo-grande segreto, il rapporto tra di noi era cambiato totalmente. Devo ammettere che, anche se avrei voluto, non avevo mai avuto alcun rapporto fisico con mia madre, ma, lei cercava comunque di soddisfare alcune mie richieste. Per esempio, il suo modo di vestire, quando eravamo soli in casa, era sempre provocante e succinto e questo proprio da quando io glielo avevo espressamente richiesto. Così, non appena mio padre usciva di casa, mia madre sgattaiolava in camera sua e si infilava qualcosa di provocante.
Nel momento in cui si attingeva ad aprire il pacco, che le avevo ordinato su internet, indossava uno degli outfit che più preferivo in assoluto, leggings ultra aderente e top, ovviamente senza indosso intimo.
E vi assicuro che quei leggings le stavano da dio, aderendo perfettamente alla sua fica che poteva intravedersi perfettamente.
“Ma… sei impazzito?!” disse mia madre estraendo il contenuto della scatola, un grosso dildo venoso. Il suo tono era grato, quasi commosso.
“Ti piace?” le chiesi “E guarda… ha tre diverse modalità di vibrazione!” esclamai in aggiunta.
A quella frase mia madre non rispose. A giudicare dall’espressione stava, probabilmente, immaginando la sensazione di quel dildo venoso e vibroso dentro di lei.
“Potremo farci un bel video, che ne pensi? Nella scatola ci sono anche altri giochini… potremo simulare una doppia penetrazione?” chiesi distratto dal cellulare che aveva squillato e che stavo estraendo dalla tasca dei pantaloni.
“Co..Cosa? Intendi adesso?” mia madre arrossì violentemente a quella mia proposta anche se la sua ritrosia era tutta apparenza difatti, nel vedermi fissare il telefono ni silenzio, aggiunse prontamente “Su… non vai a prendere la vidoecamera?!”.
“Si… vado a prenderla… ma per un altro motivo” alzai lo sguardo dallo smartphone.
Il sorriso che avevo in volto parlava per me.
Rimasi in silenzio, voltando lo schermo del telefono verso mia madre in modo che anche lei potesse leggere il messaggio che mi era appena arrivato.
“Mickey ci ha mandato la posizione! Muoviti, vatti a preparare!” le dissi dandole una pacca sul sedere.
Vi dico solo che mia madre non se lo fece ripetere due volte.

“Siete giunti a destinazione” annunciò squillante la voce del navigatore.
“Mah… “ dissi guardandomi intorno da dentro l’abitacolo. Mia madre, seduta sul lato passeggero, era molto nervosa e con un cenno della mano mi fece segno di posteggiare l’auto.
Ci trovavamo nel parcheggio di quello che doveva essere un motel abbandonato da molto tempo ormai.
L’unica auto presente era la nostra.
Scendemmo dall’auto e ci incamminammo verso l’ingresso del motel.
In mano avevo la mia fedele videocamera, con il braccio libero sorreggevo mia madre che con quei tacchi vertiginosi, che le avevo fatto indossare, camminava con una cera difficoltà.
Salimmo le scale in legno che portavano all’ingresso dell’edificio. Sull’uscio incontrammo un uomo di una certa età seduto su una sedia anni ’50. I suoi occhi erano due fessure mentre ci studiava con aria circospetta.
Diede una lunga occhiata a mia madre, anzi guardò l’unica parte del suo corpo scoperta ovvero i piedi e le gambe, poi ci fece segno di proseguire con un cenno del capo “è la numero 17” mormorò, riferendosi alla stanza in cui saremmo dovuti entrare.
Io e mia madre ci incamminammo lungo la passerella di legno che cigolava sotto il passo dei suoi tacchi esagerati.
Lanciai un sorriso nervoso a mia madre che lei ricambiò prontamente. Si stringeva nel giaccone che era stata costretta ad indossare in modo da coprire l’outfit da troia arrizzacazzi che le avevo fatto mettere indosso.
Non feci in tempo a bussare che la porta si aprì cigolando, per quanto era vecchia sembra stesse per uscire dai cardini, Michey ci accolse con il sorriso e ci invitò ad entrare.

La stanza in cui ci ritrovammo era di uno squallore unico, indipendentemente dal fatto che il motel fosse in stato di abbandono da anni.
La carta da parati era tutta rovinata, così come la moquette. Si sentiva un forte odore di umidità. Nella stanza, oltre a un letto sfondato e una vecchia scrivania su cui erano sparse confezioni di medicinali e blister aperti, c’erano un armadio senza ante e uno stanzino adibito a bagno.
“Prego… accomodatevi… vi ha seguiti qualcuno per caso?” mormorò Mickey quasi parlando tra sé e sé. Era molto agitato, scrutò attraverso le persiane e solo quando fu certo di non vedere altre macchine all’orizzonte, si voltò di nuovo verso di noi.
Indossava una canottiera e un paio di jeans sbiaditi, dai quali si intravedeva un evidente gonfiore. Il gonfiore di un cazzo imbufalito e pronto a chiavare.
“E quindi questa sarebbe la mammina…” disse prendendo la mano di mia madre e avvicinandosela alla bocca con fare galante. Mia madre arrossì imbarazzata.
“Via, via… questo non serve… “ continuò strattonandola per toglierle il cappotto di dosso, che fu lanciato in un angolo. Mia madre iniziava a sembrare infastidita da quel modo di fare. “Buon Dio! Ma cosa abbiamo qui?!” disse Mickey estasiato mentre ammirava il corpo di mia madre.
Io, che avevo già cliccato su rec, stavo riprendendo tutto.
Feci una ripresa partendo dalle gambe, in modo da inquadrare tutto il corpo di mia madre. Le avevo fatto indossare una sorta di body a rete, con maglie molto larghe, che le arrivava fino all’ombellico. A questo si aggiungeva un corpetto nero che terminava sotto il seno mettendolo in evidenza ancor di più. Tocco finale, due strisce di nastro nero appiccicate sui capezzoli a formare una X.
Dopo averla palpeggiata per bene, Mickey si chinò concentrando la sua attenzione su quello che era il piatto forte di mia madre: le chiappe.
Le palpò, soppesandole, spremendole e infine, divaricandole in modo da avere una chiara visione del buco del culo di mia madre.
Guardò il buco del culo di mia madre a lungo, poi mi fece cenno di avvicinarmi “Inquadralo, un bel primo piano… ecco così… così quando avrò finito con lei facciamo il confronto… prima e dopo” e terminò la frase con un sonoro schiaffone sulla chiappa destra.
Mia madre, ormai ancor più infastidita, aprì la bocca per protestare ma fu subito zittita da Mickey che la fronteggiò minacciosamente.
“Signora… le ho forse dato l’autorizzazione a parlare?” la sua voce era viscida e sferzante. “cercherò di essere il più chiaro possibile, lei non è qui per parlare. Lei è qui per chiavare. Chiavare e basta. Ci siamo intesi?”.
Il suo modo di parlare aveva messo in riga mia madre che ora era spaventata, ma anche pronta ad obbedire. Aveva chiaramente riconosciuto l’autoritarietà di quell’uomo e lo guardava con occhi pieni di ubbidienza.
Ripresi Michey mentre, senza nessuna fretta, si toglieva i pantaloni e la canottiera. Il cazzo che aveva tra le gambe incuteva timore tanto quanto la sua voce. Grosso e teso in un erezione quasi anormale (in quel momento capì il perché di tutti quei blister sulla scrivania), Mickey aveva “imprigionato” il proprio cazzo e le proprie palle in una sorta di elastico nero, che ricordava molto la camera d’aria di una ruota di bicicletta, in modo da bloccare la circolazione e rendere l’esperienza ancora più piacevole e intensa.

Da quel momento in poi non capii più niente.
Ripresi mia madre che veniva afferrata e scaraventata a terra, culo all’aria e testa schiacciata su quella orrida moquette.
Mickey dopo averle lubrificato il culo la impalò con la sua nerchia. L’ano di mia madre, costretto a prendere il cazzo, lo prese prima con ritrosia, ma poi iniziò a divaricarsi adattandosi alle sue dimensioni e consentendo alla minchia di Mickey di entrare in fondo, fino alle palle.
Mickey inculava mia madre senza pietà affondando dentro di lei fino alle palle, schiacciandole la testa sulla moquette con un piede e insultandola in modi irripetibili. Per tutta risposta mia madre si pisciò addosso per il piacere e io ripresi tutto.
Mia madre, ovunque venisse sballottata nella stanza, finiva con il cazzo di Mickey su per il culo. Lui la pompava senza tosta e ogni volta che il buco del culo di mia madre, sfinito com’era, lo espelleva fuori lui subito rientrava pompando con ancora più forza, quasi volesse punire l’affronto.
Nonostante Mickey non avesse sfiorato nemmeno con un dito la fica di mia madre, questa aveva goduto in abbondanza. La moquette era piene di macchie dei suoi umori.
Più veniva degradata e umiliata e più godeva, ma l’apice ci fu quando Mikey sditalinò con anulare e medio il culo, ormai spaccato, di mia madre. “Guarda in camera, Mamma guarda in camera” chiesi io in preda all’eccitazione e all’euforia. Mia madre in preda, all’estasi causata dalle dita del porco che le stavano trapanando l’ano, riuscì ugualmente a sentirmi. Aprì gli occhi e, solo per un attimo, guardò dritto nell’obiettivo. Incrociare lo sguardo con l’obiettivo della videocamera fu, per lei troppo. Squirtò in maniera esplosiva tra le risate sguaiate e offensive di Mickey. Io mi ritrovai zuppo, zuppo degli umori di mia madre.
La scena conclusiva fu questa: mia madre inginocchiata con le mani sulle chiappe in modo da divaricarsele, Mickey, in piedi, le teneva la testa schiacciata sulla moquette, io facevo un primo piano al culo di mia madre. Il buco era letteralmente sfondato. Su ordine di Mickey, lei spinse con lo stomaco e un getto di sborra (che Mickey le aveva generosamente versato all’interno) le colò dal culo dritto nel piattino che le era stato fatto posizionare sotto.
Il video terminava con una scena di lei che puliva quel piatto.
Lo puliva con la lingua.


Riuscimmo a tornare a casa prima di cena.
Aiutai mia madre a salire in camera sua, camminava a gambe larghe e afatica, poverina.
La guardai mentre si spogliava di quei pochi brandelli di vestiti che Mickey le aveva lasciato addosso.
Aveva un aspetto distrutto.
Prima di entrare in doccia la abbracciai “Sei stata bravissima…” le sussurrai all’orecchio.
Lei mi sorrise e mi strinse forte a sé.
Dopo di che, si voltò e, prima di entrare in bagno per lavarsi, prese la scatola poggiata sul comodino. Ne estrasse il vibratore che le avevo regalato.
Lo guardò.
“Abbiamo anche questo da provare…” disse sorridendomi.
Poi diede un bacio al vibratore, lo baciò sulla cappella, e dopo essersi voltata, entrò in bagno.
Qualche secondo e lo scroscio dell’acqua mi avvisò che la giornata era finita e io avevo un video da visionare.

Isaia.racconti@gmail.com

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