La violinista

Scritto da , il 2021-09-28, genere etero

Sono assorto nei miei pensieri e sto guardando costantemente il cellulare. Sono seduto a teatro. Prima fila di platea. Non ho proprio voglia questa sera di sentire musica. Avrei preferito una cena fuori o un bel cinema, che con questa pandemia mi manca proprio tanto.

Suona la prima campana e poi l'altra. Si avvicina lo spettacolo. Chissà che palle quella violinista francese. E' così con gli abbonamenti. Non si ha il tempo e neanche la voglia per approfondire, per scegliere, per appassionarsi. Ma tanto bisogna andare.

Scende il buio in sala. Ah. Il cellulare. Ecco silenziato. Che sonno. Adesso quasi quasi mi assopisco.

Guardando distrattamente per l'ultima volta il cellulare sento i primi passi sul palco. Iniziamo questa serata noiosa. Ma non potevo rimanere a casa ?

Sento il primo passo sul palco e poi un altro. Il silenzio che si fa sala. Alzo distrattamente lo sguardo annoiato e la vedo. Vedo il suo corpo affusolato, il suo abito lungo nero, i suoi capelli e le sue mani delicate sul violino. Vedo un passo dopo l'altro, entrare in scena con una eleganza che non ho mai visto. Movimenti misurati. Eleganti ma spontanei. Sensuali ma equilibrati.

Il rumore dei passi mi incanta in quell'atmosfera irreale. Saremo in mille in quel teatro e tutti per lei. Ma è come se fossimo improvvisamente solo io e lei. La sua bellezza mi lascia senza fiato e senza pensieri.

Non sento più tutti gli applausi della sala che è ai suoi piedi. Violinista famosa, ma pensavo francamente un altro genere.

Si avvicina al leggio. Prepara il violino. Con precisione ma con una determinazione affascinante. Le mani portano il violino al collo. Il respiro. Gli occhi che si socchiudono per un istante in concentrazione. L'applauso si è già fatto silenzio assoluto.

La guardo rapito. I suoi occhi concentrati su quello che è l'unico suo pensiero in quel momento.

Nuovamente una attesa. La concentrazione. Ed ecco l'inizio. Paganini. Capriccio numero 5. Inizio lento misurato. Poi il crescendo. Lo stacco dell'archetto. La velocissima pausa. Un istante. I suoi occhi incrociano i miei. Ed ecco l'inizio delle note forsennate l'archetto che corre sulle corde, le mani che si muovono rapide.

L'immagino nuda. Francamente non sono il tipo che immagina le donne nude le prime che vedo. Anzi.

Sento quelle note e quelle mani rapide e precise che fremono sulla mia pelle. E' completamente nuda. Di una eleganza erotica. Solo con i tacchi. Io. Lei. La musica. Nuda che suona per me e si muove producendo quelle note intense, rapidissime, ma dolcissime.

Sono li. Seduto al mio posto e la guardo dal basso verso l'alto. I suoi seni. Il suo pube. Il suo movimento sinuoso che accarezza il violino. Il suo sguardo incrocia sempre più spesso il mio e vedo dei sorrisi abbozzati e sottilmente maliziosi mentre continua a suonare nuda per me. Mi sento incantare. Rapire. Conquistare. Ed io, ugualmente, l'ammiro adorandola e omaggiandola non avendo occhi che per lei.

La immagino con la stessa abilità prendere il mio pene e con le mani accarezzarlo come farebbe con l'archetto sul violino. In un crescendo deciso ma contemporaneamente sensualissimo ed erotico. Vedo i suoi occhi nei miei e la sua bocca sul mio pene. Erotismo puro e non resisto più e le vengo in bocca e di incanto il mio orgasmo arresta la musica. La osservo quando ingoia il mio seme con elegante bramosia e mentre risalta quel gesto con accogliente personalità. Il suo sorriso malizioso, splendido ed il suo sguardo dritto nei miei occhi.

L'applauso scrosciante mi riporta in sala. Vedo lei che accenna un inchino, e di nuovo l'incrocio con i miei occhi. Ah ecco. Ora è vestita... un abito lungo nero che le incornicia il corpo. L'avevo subito notato alla sua entrata ma ora mi pare ancora più bello.

Fra pensieri ed erotismo il concerto finisce e sento già la mancanza di quel momento ed il ritornare all'assenza dei suoi occhi.

La fila per l'uscita, il cellulare, le mail. Quel ricordo sottilmente melanconico delle cose belle che sfuggono e lasciano un sapore che non si vuole dimenticare. Conosco il teatro e scelgo la strada più breve per l'uscita, nei meandri dello stesso.

"Excusez-moi, connaissez-vous un bon restaurant à proximité ?"

Alzo gli occhi distrattamente. Prima vedo la custodia di un violino. Poi solo due occhi e francamente mi sento già perduto.

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