La Ela (ep. 2)

Scritto da , il 2021-04-06, genere feticismo

L’indomani l’ho vista arrivare a scuola in una macchina che doveva essere quella del marito. Dentro c'era lui che guidava. La cosa non mi è andata giù. Prima che scendesse dall'auto sono entrato nell'edificio per non farmi vedere e mi sono chiuso in bagno a imprecare contro il cravattaro.
Mi sono seduto sul water e mi sono fatta una cagata. Prima di uscire, mi sono masturbato e ho sborrato sullo stronzo che galleggiava. Ci ho sputato sopra e infine ho tirato lo sciacquone.
Quando sono entrato in aula, mi sono reso conto che l’orale era iniziato da cinque minuti. Il Presidente di Commissione mi stava guardando.
-Scusate il ritardo, ma sono stato poco bene- ho detto evitando di guardare la Ela negli occhi
Mi sono seduto e gli esami sono proseguiti.
Durante la mattinata ho cercato di non calcolarla e ho fatto in modo di mettere in difficoltà i ragazzi durante il colloquio.
La Ela ha cercato un paio di volte di bloccarmi. Si è messa in mezzo al discorso fissandomi ma io, entrambe le volte, le ho risposto un attimo! guardando di lato e ho continuato a parlare con il candidato di turno facendogli obiezioni in merito a quanto questo avesse appena espresso
Poi, alla fine dei colloqui, mi si è scagliata contro perché avevo messo in agitazione i ragazzi e mi ero sovrapposto alla sua voce.. Il collega di inglese ha aggiunto che avevo esagerato. Gli ho risposto che non riuscivo a seguire i loro discorsi perché avevo la vescica piena e dovevo scappare in bagno. Il Presidente ha fatto finta di non sentire.
Sono tornato ai cessi e, mentre pisciavo, ho immaginato che al posto del water ci fosse lei in ginocchio con la bocca aperta.
Sono rientrato in aula e il prof. d'inglese ha proposto a me e alla Ela di andare al bar con lui e per la pausa pranzo. Abbiamo mangiato un panino e bevuto una birra a testa. La guardavo di sfuggita mentre mangiava e sorseggiava. Avrei voluto farmi imboccare la poltiglia che stava masticando.
Siamo rientrati a scuola. Io e la Ela, prima di andare via, abbiamo detto al Presidente che saremmo andati nell'auletta delle riunioni a controllare la documentazione dei candidati per vedere se era tutto a posto. Il capo ci ha risposto che doveva andare via e che avrebbe lasciato le chiavi dell'auletta e dell'armadio dei documenti a lei, che era la vicepresidente della sottocommissione.
Poi si è levato di mezzo e noi due siamo andati nell'aula. Eravamo di nuovo soli.
Indossava un paio di jeans che le stavano stretti sul culo, una camicetta che era aperta fino al secondo bottone ed aveva le scarpe da ginnastica senza calzini. L'odore che emanava dalle running mi ha incasinato il cervello. Fissavo le sue caviglie. Nel pomeriggio sarebbe tornata a casa e avrebbe sfilato via dalle scarpe quei piedi raggrinziti per il sudore. Se lo avesse fatto davanti al marito, questi sarebbe rimasto indifferente alla scena.
Ho aperto l'armadio, ho preso la cartella e l’ho appoggiata sul banco.
Lei mi si è seduta accanto a una distanza di cinque centimetri, ha aperto il faldone e si è messa a sfogliarne le carte. Le guardavo le mani. Avevano le dita affusolate. Le unghie non erano smaltate né molto lunghe.
La peluria sull’avambraccio spiccava sopra la pelle che non era abbronzata.
Volevo accarezzargliela.
Ho provato a sfiorarla con la scusa di prendere una penna che era davanti a lei sul banco. Ho notato che le è venuta la pelle d'oca…

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