Capitolo 5

Scritto da , il 2020-10-04, genere etero

Oggi grande novità nello stabilimento balneare.
Hanno installato “Radio Spiaggia”, ovvero un DJ che seleziona canzoni che non puoi evitare di ascoltare e sono in stereo…
Di fondo la musica va sempre bene; in linea di principio mi piace un po’ tutta, senza grossi problemi… però non sono per nulla sicura di voler ascoltare quella che decide qualcun altro…
È un po' come giocare d'azzardo. Si aspetta la prossima canzone, come se la pallina della roulette rimbazasse sui numeri.
Tac Tac Tac...
Sì, ok, è solo di sottofondo e il volume non è fastidioso, ma boh, non so se metterla nelle cose positive o negative…
Vabbè, ci rifletto, sperimento e poi tirerò le somme… Tanto non ci scommetto soldi, per cui di sicuro, non rischio di finire sul lastrico.

Vedo che sulla passerella c’è l’Emo, il nipote della gestrice storica del bagno… Mi guarda con quell’espressione da cane bastonato, come se volesse il permesso d’avvicinarsi.

Uhm… potrei quasi prenderci gusto a comandarlo a bacchetta.
…Naaa, dev’essere stressante fare la dominatrice.

Gli faccio cenno di avvicinarsi.
Sposto le gambe per fargli posto sul lettino, un chiaro invito al sedersi.

Mentre lui mi raggiunge e si accomoda, guardo Paolo. La sua espressione è “Davvero è lui che ti vuoi scopare?”
Pare davvero sconvolto…
Ne sono davvero compiaciuta.

Ignoro Nicholas, lì vicino.
Mi “scompensa” troppo il suo sguardo…

«Ho quella cosa che mi avevi chiesto…» Dice, sedendosi vicino a me.

«Finalmente una buona notizia! Ma, ehm... Vorrei farti notare che l’espressione da spia del KGB, si vede lontano un kilometro. È un tantinello sospetta…»

Dalla tasca dei pantaloncini prende una confezione di caramelle e me lo passa. «Ok, cercherò di fare il disinvolto, allora.»

«Meglio, va'. Grazie…» Dico, prendendolo ed alzandomi per andare a metterlo in borsa e prendere il portafoglio per dargli quello che deve avere…

«No, è un regalo…» Dice lui.

«Ah, beh, allora grazie…» Dico, tornando a sedermi.

«Io… ecco… questa sera c’è una serata rock qui vicino… se ti va, io ci vado con alcuni amici…» Dice imbarazzatissimo.
Non mi guarda nememno in faccia.

«Mi stai invitando? È un appuntamento?» Chiedo divertita.

«No, cioè, sì… ma non è un appuntamento… è solo che… credevo… potesse piacerti… e non la pubblicizzano molto. Tutti preferiscono il reggaeton adesso…»

«Respira… Ahahah. Sì, dài. Ci vengo volentieri…»

Ora, il motivo per cui ho accettato è un po’ un mistero. Ma credo, abbiano contribuito alcuni fattori. La naturale empatia che provo verso quel ragazzo. La faccia di Paolo. E sicuramente, il fatto che è vero che preferisco una serata rock ad una serata latina…

«Ok… ci vediamo qui alle dieci, con altri amici…»

«Perfetto…»

 ...

È dalle serate in cui ti aspetti poco, che in genere ne esce qualcosa di davvero divertente.
E mentre sto andando in macchina ad una festa con dei neopatentati, eterogenei, emo; di sicuro, non mi aspetto fuochi d’artificio.

La festa è in uno stabilimento balneare di un lido vicino. È proprio sulla spiaggia, un posto con poche pretese e che non ha nessun’ambizione d’essere alla moda… il che lo rende forse il posto più bello che abbia mai visto in zona. Per ora, c’è gente, ma non è una ressa, quindi non sei obbligato a combattere per il tuo spazio vitale.
Anche se l'allegrotto che non si sposta dalla porta del bar, perché sta battagliando con una, me lo becco lo stesso.
Visto che non si scrosta, nonostante gli sto piantata per un bel po' col fiato sul collo, uso la voce più tenera e gentile che riesco a farmi uscire.

«Scusami, cortesemente, dovrei passare. Per gentilezza, potresti toglierti dai coglioni? Grazie.»

Il poveretto ci rimane male e, sbalordito, finalmente si toglie dal pene. In silenzio.

Sento che commenta con un «Che principessa!», quando sono abbondantemente oltre lui. Ho un accesso di voglia di litigare, ma me la faccio passare subito. Voglio godermi la serata.

ll DJ è uno a cui non riesco a dare un’età. Ha i capelli bianchi, ma il suo aspetto è piuttosto giovanile… diciamo che sicuramente negli anni '80 era già abbastanza grande da ascoltare quel genere di musica… e probabilmente proprio per questo sta scegliendo canzoni davvero belle…

Come ad ogni festa rock che si rispetti, scorrono più che altro litri di birra; c’è chi poga, chi deambula scimmiottando una danza, chi canta… chi beve seduto intenzionato a gustarsi solo la musica…

Gli amici del mio nuovo amico Emo, dopo aver preso una birra, sono già li che “ballano”. Per un po’ mi fisso a guardare la ragazza che è con loro. Ha l’espressione da “teppista”. Mi chiedo se è così se io appaio al resto del mondo…
Nooo. Io mi vesto meglio. O perlomeno è la supponenza che provo guardando il suo vestiario androgino.

«Vuoi ballare?» Mi chiede l’Emo…

«No.» Dico sorseggiando la mia birra, mi guardo intorno…
Un tizio ci sta fissando…

«Se vuoi possiamo andare a fare un giro in spiaggia…» Azzarda il ragazzino.

Lo guardo.
Come cavolo ha detto di chiamarsi? Matteo… Mattia… evitiamo figure di cacca… saltiamo la parte in cui lo chiamo per nome.

«Senti…» gli dico calma, «non ti offendere, ma non sei il mio tipo… Forse è meglio che lo vai chiedere alla tua amica, "se si fa un giro in spiaggia con te"… credimi che non ti dirà di no.» Lo dico, avendo notato la faccia della ragazza quando ha visto che c’ero anche io a quella serata.

«E tu che fai? Rimani qui da sola?…» Mi dice lui, come se fosse un problema.

«Magari non per molto…» Dico sorridendo, guardando il tizio che continua a fissarci,
Il sorriso ovviamente non è per il mio piccolo amico.

«Ok… Sai dove siamo…» Mi dice lui andando dai suoi amici.

Io rimango appoggiata al banco… penso "…3..2..1…" ed eccolo qui…

«Dimmi che è tuo fratello…» Mi dice il tizio, che ora si è avvicinato.

«Ti sembra che ci assomigliamo?» Gli chiedo.

«No, direi proprio di no.» Dice lui guardandomi dalla testa ai piedi.

Non gli dico nulla, lo osservo.
In realtà lo sto studiando bene anche io.
Non sembra il tipo da “serata rock”. Ha una camicia bianca con le maniche arrotolate, un paio di jeans e delle Jordan.
Niente anfibi, niente magliettine nere con gruppi metal, che sembra un po’ la divisa di tutte le persone presenti…
Capelli castani, un po’ lunghi.
I lineamenti ricordano un po’ quello dei Nativi americani… Occhi stretti, il naso un po’ schiacciato… se non fosse per la carnagione, potrebbe facilmente dire d’essere un lontano parente di Toro Seduto.

«Mi chiamo Stefano.» Dice presentandosi.

«E perché dovrebbe essere un informazione importante?» Gli chiedo, bevendo un altro sorso di birra.

«Non lo è…» Dice lui, senza scomporsi minimanete.

Uhm… "Stai iniziando a diventare interessante." Penso.

«E quindi? Quale informazione importate potrei darti per catturare la tua attenzione?»

«Se ti dicessi che hai solo un ora di vita… cosa faresti?» Gli chiedo di getto. Voglio tagliare subito la testa al toro, capire se è tutto fumo e niente arrosto.

«Un ora?» Ripete pensandoci. «Credo che andrei a bere qualcosa di decente… Non voglio morire di certo bevendo birra scadente.» Dice.

Primo, ha ragione: la birra alla spina qui, non è proprio delle migliori (memorizzare che la prossima sarà in bottiglia).
Secondo, risposta molto soddisfacente.

«E cosa vorresti bere?»

«Eh no, prima devi dirmi cosa faresti tu, adesso…»

Ebbravo Stefano!! Mi rigiri la domanda che ti ho fatto… non credo sia mai successo prima…

«Niente… andrei a sedermi laggiù.» Dico, indicandogli un dondolo sulla spiaggia. «E ascolterei la musica…»

«…Un Cocktail Martini, ma fatto bene» Mi dice lui, rispondendo alla domanda che gli avevo fatto prima.

Uhm… "Sì, decisamente non è il tipo da festa rock…" Penso.

«Andiamo sul dondolo?» Gli chiedo .

«Uhm. Hai intenzione di morire entro un ora?» Scherza lui.

«Mah… Chissà…?!» Dico, camminado verso la mia meta…
Quel dondolo proprio mi attira.

Lui mi segue.

«Dato che è palese che tu sia un pesce fuor d’acqua, mi dici che cosa ci fai qui?» Gli chiedo quando si siede.

«Sono con degli amici e non ho la macchina… tu? Quelli con cui sei arrivata non sembrano amici tuoi…»

«No, infatti…» Dico guardando il gruppetto con cui sono in macchina, ballare. «…Diciamo che uno è un conoscente.» Aggiungo, guardando Stefano.
«Assomigli ad un Indiano…» Gli dico, poi.

«Spero non uno di quelli con il turbante.» Scherza.

Mi sforzo di non sorridere. Non voglio che pensi d’aver segnato un punto.

«No… di quelli con le penne in testa… In ogni caso, in un’altra vita, avevi un copricapo imbarazzante…»

«…Mio nonno materno era Canadese, magari chissà, qualche avo c’è!» Mi confessa.

«Fanculo Canada!!» Dico imitando la voce di uno dei pupazzetti di South Park…

Sorride.
Beh, almeno non è permaloso.

«Tu invece assomigli ad una davvero bella! … Non credevo l’avrei mai detto ad una con i capelli viola.» Dice, toccandomeli.

«C’è sempre una prima volta…»

«Già…»
Ha l’espressione di chi vuole baciarmi, ma si sta trattenendo dal farlo. Magari pensa che sia troppo presto… Meglio che capisca subito che parlare troppo mi annoia. Mi avvicino alle sue labbra con le mie.

«Parliamo ancora per molto o mi baci?» Gli chiedo a pochi centimetri dalle sue labbra.

Lui mi fa un mezzo sorriso poi mi bacia…

Ha un modo di baciare particolarmente dolce… Non che non mi piaccia… ma poi mi fa salire quella strana voglia di coccole che cerco di evitare come la peste. Le coccole sono una droga a cui ci si abitua troppo in fretta… e odio ogni genere di dipendenza… anche quella!

Quindi prendo in mano la situazione e mi faccio scivolare a cavalcioni su di lui continuando a baciarlo.
Gli metto le mani nei capelli ed inizio ad impegnarmi a dargli un bacio un po’ più “porco”, che comprende anche una lenta strusciata di inguine contro inguine.

Lui reagisce prontamente posandomi le mani sulle chiappe e assecondando quel movimento, mentre, finalmente, mi da un bel bacio zozzo!

“Oooh alla buon ora, ti sei sintonizzato sulla giusta frequenza…” Penso, iniziando a sentirmi arrapata.

Muovo i fianchi, le sue mani mi spingono contro la sua erezione. Sento il suo respiro sulla mia bocca… Sono davvero bagnata.
Credo che se andiamo avanti ancora un po’, potrei anche avere un orgasmo…

Porto le mie mani sulla patta dei suoi pantaloni, glieli slaccio…

«Dritta al sodo…» Dice lui, staccando le labbra dalle mie.

«Vediamo se ce n'è del sodo, qui sotto, oppure non vuoi?» Gli chiedo tirando fuori il cazzo dai suoi pantaloni e sistemandolo sotto la mia gonna proprio in mezzo alle mie gambe.

«Tu che dici?…» E mi infila le mani sotto la gonna, stringendomi le natiche.

«Dico che hai un bel cazzo…» Piano, all’orecchio.
Non so se sia vero… Non oggettivamente almeno… So solo che ho proprio voglia che me lo infili dentro…

Lui mi sposta di lato le slip… Ora non c’è più la stoffa a schermare quegli strusciamenti… Sento il suo cazzo sulla mia figa…
Mi bacia di nuovo.
Non sembra avere nessuna fretta di infilarlo…
Si sta gustando proprio la mia figa bagnata…
Credo che scopare sia una cosa che gli viene decisamente bene…
Continuo a muovermi piano sul suo cazzo…

Chiudo gli occhi…

Perché il mio cervello sta pensando sia Nicholas?

Forse è meglio se li riapro…
O forse no…
Vacillo in quel limbo di piacere…
Non so se sia Stefano a farmelo provare o il viaggio che si sta facendo il mio cervello… Non voglio rischiare, quindi li tengo chiusi…

Piano lo sento scivolare in me…
Lui ansima piano…
Io mi mordo il labbro e lo spingo più profondamente…
Voglio sentirlo entrare tutto…
Non ha il preservativo…
Ma chissene frega… prendo la pillola e beh… non sembra il tipo da malattie veneree, ma anche fosse così… non voglio assolutamente interrompere quella sensazione di incredibile benessere che sto provando…

Inzia a muoversi dentro di me… Piano, mi scopa da sotto… il dondolo cigola, ma non lo può sentire nessuno… anche fosse, sinceramente non me ne frega proprio niente.

Il mio cervello mi sta proiettando il viso di Nicholas che mi guarda mentre si lascia trasportare dal piacere.
La consapevolezza che il cazzo che si sta muovendo dentro di me, facendomi godere, si mescola all’illusione che sia Nicholas a scatenare quella smania di piacere che mi trasporta.

Qualcosa ha rotto il lucchetto di quei pensieri sul paparino che avevo sempre cercato di non fare. Qualcosa che non riesco a comprendere, ma che ora voglio lasciare libero di corrermi sulla pelle.

Con rude dolcezza, mi stringe più forte e con una stoccata decisa affonda così profondamente in me, da togliermi la forza di pensare.
Mi muovo sincronizzando i miei movimenti ai suoi.
Suoi di chi? Stefano o Nicholas? Tengo chiusi gli occhi, stacco le mie labbra dalle sue.
Cerco il suo collo lo mordo.
Lo sento, ansima nel mio orecchio, sento le sue mani stringere il mio sedere.
Con la voce rotta mi sussurra qualcosa che non ascolto.

Voglio scoparmi Nicholas.
Voglio farlo godere.
Voglio togliergli quell’aria da professore e guardarlo mentre mi scopa come un animale.
Voglio godere del suo piacere.
Voglio essere ancora più mignotta di quanto crede che possa essere.
Ohh si cazzarola, quanto voglio quell’uomo!!

Il mio piacere aumenta fino ad esplodere in un orgasmo che quasi mi stordisce.

Lui mi scopa ancora più forte. Ansima, poi mi avverte che deve venire.

Il solo pensiero della sborra di Nicholas, mi fa impazzire, dando nuova forza a quell’orgasmo.
«Non fermarti!» Dico prima di affondare ancora la mia lingua nella sua bocca.

Sento il calore della sua sborra dentro di me, i suoi spasmi di piacere.
Mi godo ogni istante di quei momenti.
Non voglio riaprire gli occhi.
Non voglio smettere di tenere dentro di me l’illusione.

Ma Stefano quando i nostri corpi si rilassano, torns a baciarmi di nuovo in quel modo dolce, con cui aveva iniziato.
Mi abbraccia più dolcemente.
Scivolo di nuovo sul mio lato del dondolo, lentamente, senza fargli capire che sto scappando da quelle coccole e forse anche da lui.

Lo guardo sistermarsi e chiudersi i pantaloni.
Non è brutto e non sembra un idiota.

«Wow.» Dice sospirando e passandosi la mano fra i capelli per rimetterli in ordine. «Come hai detto che ti chiami?» Mi chiede sorridendomi.

«Non l’ho detto.» Rispondo, pensando che sono più sconvolta dalla sensazione che mi ha dato quell’orgasmo, durante la proiezione mentale di Nicholas, che del fatto di aver appena fatto venire un completo estraneo dentro di me.

«Lo so.» Mi risponde Stefano.

Improvvisa, mi cala una tristezza ed un senso di solitudine.
Una piccola parte di me, mi sta dicendo che forse ho bisogno di lasciarmi andare con qualcuno. Che magari ho bisogno di aver bisogno di qualcuno.
Ho impiegato così tanto tempo a convincermi di non aver più bisogno di nessuno che questo pensiero è quasi un fallimento che brucia.

«Quindi?» M’incalza lui. «Se non mi dici il tuo nome, come faccio a salvarti fra i contatti?» Chiede scherzando, avvicinandosi a me con il viso.

Vuole un altro bacio, vuole il mio numero di cellulare, vuole il mio nome….vuole me!
Ma io non voglio lui.
E questo mi è ormai più che chiaro.
E se anche lo volessi, non sono sicura che gli potrebbe piacere la vera me!
Come tutti, è interessato solo alla me che gli sto mostrando.
Quella che sono, piace poco a me, figuriamoci ad un’altra persona.

Forse è per questo che ho questa strana fissazione per Nicholas. È probabilmente l’unico uomo a cui non sembra interessare per niente chi dimostro d’essere.
Ecco.
Quando ragiono così, ho un indomabile voglia di prendermi a sberle da sola!!

«Pronto? Ci sei ??!!» Dice Stefano.

«Ma che straminkia vuoi??!» Rispondo piuttosto aggressiva.
La sua voce fastidiosa ha interrotto il flusso dei miei pensieri.
Mi rendo conto che sono stata un po’ troppo aggressiva, perfino per i miei standard.
Non è colpa sua se il mio cervello mi sta remando contro, ultimamente. 
Niente uomini sposati. Non per principio morale, ma solo perché non voglio dare al mondo il mio contributo nella creazione di ex mogli depresse, melodrammatiche ed egocentriche come mia madre. 
Questa è la verità.

«Cosa succede?… Ho fatto qualcosa di male?»

«No… Non hai fatto niente di sbagliato… Sono io ad essere strana… Non ci badare.» Dico, cercando di non sembrare una con la sindrome di Tourette.

«Non ci badare… Mi sa che lo dissero anche per l'iceberg che affondò il Titanic.» È capace perfino di strapparmi un sorriso.

«Eh, forse dovrei mandare dei dispacci per avvisare che sono in giro…»

«Eh, è obbligatorio dal 1960… Mai letta la Convenzione internazionale per la salvaguardia della vita umana in mare?»

«Ahahah, no. Ma esiste?»

«Certo che esiste, leggiti in particolare la parte sulla sicurezza della navigazione…
Capitolo 5.»

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