Luisella - 3 -Nel mio perizona e nel mio cervello

Scritto da , il 2011-09-28, genere dominazione

…. “ingoialo!”. La sua voce era suadente ma il tono pacato e imperativo. Non mi diceva “bacialo” e neppure “succhialo” come mi avevano già chiesto in molti a Palermo, molti che io avevo piacevolmente accontentato. No, il suo era un ordine che non ammetteva obiezioni. Mi avvicinai alle sue gambe, mi accoccolai in mezzo ad esse, appoggiai le palme delle mani sulle sue cosce, guardai Roberto fulmineamente negli occhi come a dire di aver ben capito cosa voleva, abbassai la testa su quel membro eretto e lo feci sparire nella mia bocca. Con un movimento lento e continuo lo feci entrare sempre più a fondo fino a sentirmelo in gola. Trattenni il respiro e rimasi ferma quasi ad aspettare un suo ordine, Il mio stomaco cominciava a reagire per l’irritante intrusione, ma resistetti e quasi cercai di accoglierlo ancora più a fondo. Le dimensioni erano di tutto rispetto.

Quando tentai di risollevarmi Roberto mi prese la testa con le mani e me la guidò con decisione imprimendomi il ritmo e la profondità che lui desiderava. Mi sentivo quasi violata, costretta, dominata, usata, presa da un estraneo per puro piacere. Tuttavia non provavo la minima volontà di reagire a quel trattamento. Subivo passivamente, anzi eseguivo secondo l’ordine. Ingoiavo… E mentre Roberto mi premeva la testa impossessandomi della mia bocca in modo sempre più veloce e deciso, mi accorsi che quella situazione non mi disgustava e non mi creava problema. Anzi, mi piaceva. Peggio, la volevo. E il mio impegno in quel servizio aumentò a dismisura, quasi da esperta professionista, senza risparmiarmi.

Roberto doveva essere meravigliato della mia arrendevolezza e obbedienza e sicuro di aver colpito nel segno, invece di spogliarsi di qualla sua aria dominante e di abbandonarsi al piacere che gli stavo procurando senza risparmio, mi apostrofava con espressioni molto esplicite che mai gli avevo sentito usare nei rapporti lavorativi neppure parlando di altri. In quel momento il suo “parlare in troiese”, quel parlare che io avevo sempre stigmatizzato nei giovani leoni della mia terra, quasi mi eccitava e mi piaceva. Più mi insultava e più la mia bocca affondava con impegno e passione sulla sua virilità. Anche questo era una novità per me, e anche questo lui sembrava averlo capito.

Quel mostro d’uomo mi aveva messo a nudo l’anima e aveva saputo leggere in quegli angoli nei quali io non avevo mai messo occhio, ma dove forse si rintanava una parte di me che avevo sempre tenuto nascosta anche a me stessa ignorandone o negandone quasi l’esistenza. Forse per non concludere troppo in fretta all’improvviso cambiò posizione. Sollevandomi quasi di peso mi fece rialzare e, appoggiandomi la schiena contro la scrivania, dopo una breve pausa, stando in piedi davanti a me, comincio a scoparmi la bocca senza che io potessi muovere la testa per sottarrmi ai suoi affondi che via via si facevano sempre più decisi ed energici. Mi ripeteva come un ritornello “sei una troia, sei una troia,…”.

Mi stava accadendo qualcosa di nuovo: forse per la prima volta, mi sentivo dominata da un maschio potente che voleva usarmi a suo piacimento senza neppure ascoltare il mio parere o avere il mio consenso e mi scoprivo in completa sintonia con lui. Volevo essere usata! Volevo che lui mi dicesse cosa dovevo fare e come farlo. Volevo eseguire quello che lui mi comandava. Non avevo nessuna richiesta da fare, non volevo nulla, solo sapere quello che lui desiderava e lo avrei fatto, subito e comunque. Mi sentivo finalmente una donna e mi riecheggiavano nella mente le parole della mamma “…. lui non chiede, prende…. e poi finisce che piace anche te”. Cominciavo a capire i segreti di quella donna che velatamente ma in modo del tutto veritiero mi aveva rivelato la sua intima natura. Anche quando, con un gesto deciso smise di tormentare la sua bocca e mi riversò sulla scrivania per possedermi senza permesso in quella posizione come fossi una delle sue pratiche da sfogliare, non mi ribellai e non pensai neppure che era senza di preservativo. Allargai maggiormente le gambe e mi lasciai penetrare con energia e a lungo senza nemmeno osare lamentarmi finchè, dopo interminabili e più vigorosi assalti, sentii tutta la sua potenza esplodere dentro di me e un piacere diffuso impossessarsi del mio corpo. Lo sentii adagiarsi sfinito e ansimante sulla mia schiena finchè, rialzatosi, mi disse con tono autoritario ma privo di disprezzo, “sei proprio una troia e così ti tratterò nei prossimi giorni. Adesso non pulirti, rivestiti e vai a casa. Domani ti dirò cosa voglio.” Obbedii.

Con le gambe che colavano del mio e suo piacere mi rivestii velocemente e mi avviai verso l’uscita. Lui, tenendosi il suo membro in mano e senza ricomporsi mi guardava mentre mi allontanavo senza osare guardarlo. L’ora era tarda. Anche il pensiero di una cenetta con il titolare era svanito. Mi sentivo un po indolenzita, ma uno strano senso di gratitudine verso Roberto si faceva strada dentro il mio cervello in un modo che non avevo mai lontanamente immaginato e che mi destava sopresa. Roberto era entrato nel mio perizoma, ma ora stava entrando nel mio cervello. E lo faceva con forza, da maschio, facendomi sentire donna, totalmente femmina. Non mi stavo innamorando, stavo solo per diventare sua.

A casa, una doccia, un the, e subito a letto, Doveva far acquietare nel sonno una valanga di pensieri che a mente più lucida stavano inesorabilmente affiorando dentro di me. Non il pensiero di Massimo che avevo tradito. Ma come era potuto succedere? non avevo minimamente pensato a lui, mio marito! Non di aver troppo imprudentemente consentito ad un estraneo di venire dentro di me senza precauzioni. Ero forse impazzita? ingravidata da un estraneo! Non di essermi fatta scopare dal titolare. Mi ero dimenticata anche di quel “… se hai bisogno di un uomo lo cerchi fuori di qui”! Mi sconvolgeva il fatto di aver goduto nel sentirmi comandata e usata, di aver obbedito a un uomo che mi voleva e basta, di essere stata trattata da troia, anche nel linguaggio. Godevo insomma di essere stata comandata.

Lì nel mio letto, mossa dai mei pensieri, la mia mano cercava da sola di prolungare quel piacere che ora, invece di attenuarsi e spegnersi, quasi si ingigantiva di più estendendosi dal mio utero fino al mio cervello e mi stava travolgendo in un vortice di sensazioni piacevoli. Una masturbazione furiosa e accanita mise finalmente fine ai miei pensieri lasciando che il mio corpo si abbandonasse in un sonno ristoratore spegnendo i riflettori su una giornata straordinariamente intensa. La scoperta era stata troppo grande per non stancare anche il corpo: mi ero scoperta una donna cui piaceva essere comandata e usata. E tutto in me diceva che questa era la mia vera natura. La fanciulla allegra e spensierata di Palermo era ora una matura donna del nord che finalmente sapeva cosa chiedere al sesso.
(continua)

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