La Famiglia SpA - 4/5

Scritto da , il 2019-04-01, genere etero

La novità che la Famiglia S.p.A. aveva arruolato un nuovo elemento era rapidamente corsa di bocca in bocca o, per meglio dire, di vulva in vulva; con un facile gioco di parole, di membro in membro.
In poco tempo tutti i familiari avevano avvertito la necessità di darmi il benvenuto, perlopiù accogliendomi o facendosi accogliere fra le cosce aperte.
Fighe larghe, fighe secche, fighe saporite o fighe nauseanti: membri tesi, flaccidi, arcuati o rettilinei: benvenuto benvenuto.
Fino alla convocazione dell’Avvocato, il capoFamiglia: un tipo di mezza età rubicondo, ben pasciuto, che con una mano mi aveva fatto un cenno svolazzante di - entri pure -, mentre teneva la cornetta incastrata fra orecchio e spalla, studiandosi con attenzione le unghie dell’altra mano e, di tanto in tanto, mugugnando fonemi inintelleggibili.
Era visibilmente annoiato dalla conversazione a differenza del, credo, suo assistente o stagista, che disponeva i vari fascicoli della pratica alla sua portata.
La mano svolazzante planò su una mazzetta di fogli e, sotto lo sguardo del ragazzotto, ne sfogliò alcune pagine, l’indice grassoccio che scorre su una colonna di cifre.
Bofonchiò qualcosa nella cornetta, alzò gli occhi al cielo e sbuffando riagganciò. Silenzio. Lunghe occhiate si intrecciano.
Il Potere farà la sua mossa, e quale che sia, questa palla la devo acchiappare, costi quel che costi.

Vuole favorire, dottore?, mi chiede l’Avvocato estraendo il suo pene francamente ridicolo, in avanzato stato di avvizzimento..
Lo sperma scende colloso dal culo dell'assistente, piegato a squadra sulla scrivania ingombra di carte e si raccoglie in goccioline fra i peli biondi.
Il ragazzotto si volta, due occhi da vitella al macello; ragazzino, ho sempre pensato che avrei tagliato la gola a mamma per collaborare con lo questo studio, figurarsi fare la festa a te, che mi guardi con quelle ciglia lunghe.
Ti devo scannare e ti scannerò, legge sul mio volto; più in basso, legge qualcosa di ben gonfio, il fratello maggiore di ciò a cui è abituato o rassegnato a subire; un fratello maggiore che non ha bisogno di prepotenza o irruenza per imporsi; basta la presenza.
Si volta e si adagia, aspettando il momento; mi prostro fra le gambe, tuffo la bocca là in mezzo, e lecco i peli imperlati; mentre con la coda dell’occhio vedo l’Avvocato sorridere compiaciuto, l’omaggio al Potere è compiuto; si passa alla complicità
Mi alzo, gli divarico i glutei, espongo il buco e entro violentemente.
Il tizio proprietario del culo grugnisce o rantola o chessò; sicuramente è abituato a un calibro più minuto ed a una lunghezza più contenuta e, con una battuta, la sta trovando lunga; incorreggibile, ridacchio fra me e me mentre implacabile, lo afferro ai fianchi e comincio a montarlo; tenta di divincolarsi, di rendere più morbida la monta, ma lo sguardo implacabile del suo dominus ne blocca i tentativi; sento la sua rinuncia, l’affievolirsi delle sue resistenze, e sento la mia carne farsi largo in tutta la sua larghezza e lunghezza dentro la sua, di carne.
Lo monto, lo monto, lo monto e finalmente gli esplodo dentro; la scopata è durata il giusto: abbastanza per offrire all’Avvocato la gratificazione della mia gratitudine per il regalo ricevuto; abbastanza per aprire la strada dentro il ragazzo che, ne sono sicuro, tornerà ad offrirsi a me non per piacere ma per compiacenza.
E ora il fiocco sul pacco: mi tuffo nuovamente fra le natiche e inghiotto il gocciolio del mio sperma mescolato a quello dell’Avvocato, che bacio in bocca, così da fargli assaporare l’unione dei nostri sapori.
Evidentemente questo connubio riesce di suo gradimento, così, a maggiore suggello dell’alleanza fra vecchio e nuovo, si inginocchia e me lo prende in bocca. Dimenticavo, una delle prime regole del Potere è che se non puoi battere il tuo nemico conviene fartelo amico, e in questi casi conviene mostrarsi - solo mostrarsi - magnanimi; e magnanimamente l’Avvocato me lo prende in bocca, profondamente fino alla gola, e comincia a leccarmi le palle; in fondo, arrivato alle porte dell’Empireo, posso abbandonare la teoria e gustarmi un po’ la concretezza: così mi metto comodo e seguo le acrobazie della sua lingua attorno ai miei testicoli.

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