Amore Proibito (11): Paura

Scritto da , il 2011-03-03, genere incesti


Amore Proibito (11): Paura
di sexysheriff

CAPITOLO 11

Marcel sentì un brivido percorrergli la schiena e rimase immobile: non riusciva a distogliere gli occhi da quella giovane coppia che si stava amando in un modo così completo e totale, al di fuori di ogni regola, di ogni legge. Fratello e sorella! Non osava quasi respirare per non interrompere quello che sentiva era la celebrazione di un rito, di un mistero. Li invidiò talmente tanto che avrebbe voluto piangere. Per un attimo gli venne in mente sua sorella, di due anni più giovane di lui e molto carina. Eppure mai avrebbe avuto voglia di baciarla, di spogliarla, di toccarla…. Non solo perché era proibito, tabù, ma proprio perché non sentiva alcuna attrazione fisica per lei, nessuna voglia nascosta. Anzi, il pensiero di doverla baciare, vedere nuda, toccare intimamente gli dava quasi un senso di nausea, di ribrezzo. Invece quei due erano diversi, erano attratti l’uno dall’altra come una calamita. Sara intanto si era distesa di nuovo tra loro due e ora sbadigliò.
- Che ne dite se dormiamo un poco?
Marcel fu d’accordo e anche Federico si raggomitolò al suo fianco, una mano abbandonata sui suoi seni. Sara tirò su il copriletto, spense la luce e allargò le mani, toccando tutti e due sul petto, sul ventre con un mugolio di piacere. Marcel le sussurrò all’orecchio, doveva capire certe cose.
- Ma come avete fatto a scoprire che vi volevate bene? Che volevate fare all’amore?
Sara gli raccontò sottovoce delle sue voglie fin da bambina del corpo del fratello, di Federico che la spiava di notte e concluse ridendo sommessa.
- Siamo sempre stati due bambini precoci, capisci?
- Ma tu… non pensi di farti una famiglia?
- E’ lui la mia famiglia.
- Ma non potrete avere figli.
- Chi l’ha detto? Gli hawaiani si sposavano tra fratelli.
- Ma non si fa più.
Sara alzò le spalle.
- E chi se ne importa? Quando vorremo, noi lo faremo.
- Non potrete sposarvi.
- Andremo a Gretna Green. A Reno. Ci sposeremo.
Marcel non parlò più, capiva che era inutile cercare di far capire a Sara la difficoltà di quella loro unione e nello stesso tempo invidiava la loro certezza, la loro sicurezza. Si addormentò quasi senza accorgersene, la sua mano che era scivolata tra le gambe di Sara, la testa sulla sua spalla, inalando il profumo che saliva dalla sua pelle e sognando di poterla portare via con sé, per sempre.

Marcel rimase con loro ancora due giorni, poi ripartì, promettendo però di restare in contatto, non aveva ancora finito il suo giro in Europa e, come disse abbracciando Sara, non aveva ancora deciso cosa fare. Lei lo baciò con passione, la lingua sulla sua e disse, sicura.
- Molla tutto e vieni a stare a Bologna!
Marcel rise.
- Ti piacciono i miei giochetti, vero?
Lei annuì, gli occhi nei suoi, liquidi, vogliosi.
- Da morire!
- Allora vieni via con me!
Sara scoppiò a ridere e lo respinse.
- Non ti arrendi mai, vero?
Federico gli strinse la mano, un sorriso aperto.
- Vieni quando vuoi, qui sarai sempre il benvenuto.
Marcel fece una smorfia.
- Lo so, tanto sei sicuro che non riuscirò a portartela via! Va bene, ragazzi, a presto!
Ah, vi lascio in omaggio i cinturini, se mai vi venisse voglia di usarli…. Ci sono mille modi di legarli ad un corpo di donna. O di uomo!
Strizzò loro un occhio e se ne andò, lasciando i due fratelli abbracciati e divertiti. Sara si strinse al fratello.
- Sei stato geloso?
Federico la guardò serio.
- All’inizio sì. Appena è arrivato avrei voluto che se ne andasse, mi sembrava che tu lo desiderassi troppo e che lui ti guardasse con troppo amore. Non mi piaceva.
Sara continuava a guardarlo e lui proseguì, sinceramente.
- Poi ho capito che se cominciavo a essere geloso di lui, lo sarei stato anche di ogni altro che ti fosse venuto vicino e che non avrei più potuto sopportare che nessuno ti toccasse, ti facesse sua, mai più. Ti avrei rinchiusa in una torre d’avorio, ti avrei tenuta prigioniera del mio amore. E tu avresti avuto voglia di uscire dalla prigione e ti avrei persa per sempre.
Sara fece quasi un gemito e tornò a posargli la testa sul petto.
- Ti amo, fratello mio!
Federico le passò una mano sui capelli, una dolcezza e una tenerezza estrema dentro di sé.
- Lo so. Per questo ho messo da parte la gelosia.
Si baciarono e Sara assaporò quel lungo bacio, comprendendo le paure del fratello, felice che le avesse superate e che avesse capito che lei non sarebbe mai stata di nessun altro all’infuori di lui, per sempre.

Un paio di sere dopo venne a cena Tarik, non aveva avvisato e Sara fece appena in tempo a correre in camera a infilarsi la tuta ma quando tornò in cucina vide subito che qualcosa non andava. Il ragazzo era cupo, triste.
- Tarik, cosa c’è che non va?
Lui guardò dall’uno all’altro e fece un profondo sospiro.
- Questa è l’ultima volta che vengo da voi.
I due ragazzi si guardarono e Federico chiese, preoccupato.
- Stai per partire? E’ì successo qualcosa a casa tua?
Tarik scuoteva la testa negando e ora lo guardò, aveva quasi le lacrime agli occhi.
- Ma non capisci? Io non posso più venire qui! Sono innamorato della tua donna!
Un lungo silenzio cadde tra loro e Federico guardò Sara ammiccando, mentre lei si stringeva nelle spalle, poi il giovane chiese, quasi gentile.
- Cosa stai chiedendo? Che mi faccia da parte e che te la lasci?
Tarik scosse di nuovo la testa negando, il viso triste.
- Naturalmente so che non lo farai, ma io…. Io sto impazzendo! Mi sogno di lei giorno e notte, Sara, sei diventata la mia ossessione! Non posso più vivere vedendoti così vicina senza poterti nemmeno sfiorare! Così non verrò più qui e forse cambierò anche università, per non pensare più a te!
Federico fece un lieve sorriso e chiese con un tono leggero.
- Così vorresti averla per te! Fidanzarti con lei? Sposarla? Portartela in Tunisia?
Tarik rimase in silenzio alcuni minuti, poi disse, serio.
- In Tunisia mio padre ha già scelto la moglie per me.
- Quindi la vorresti solo per il tempo che stai qui, giusto?
Tarik annuì, sentendosi quasi male.
Federico guardò Sara che fece un cenno con la testa e disse, sempre leggero, divertito.
- Allora si può fare.
Tarik sobbalzò.
- Vuoi dire che…. Me la cedi? Che la lasci libera?
Federico ora rise di gusto.
- Nemmeno per sogno! Lei è mia e rimarrà mia! Diciamo che te la presto. Con me presente, ovvio. Che ti concedo di dividerla con me.
Tarik era diventato serio e li guardava, cercando di capire se scherzassero oppure no.
- Tu accetteresti che io facessi sesso con lei davanti a te?
- No, assieme a me. Tu, io e lei.
Tarik fece una esclamazione e balzò in piedi, gli occhi sbarrati.
- Ah no, mai!
Federico si strinse nelle spalle.
- Allora addio, Tarik, puoi andare quando vuoi.
Sara si intromise in fretta, una mano posata sulla spalla di Federico.
- Tarik, Federico ti sta offrendo di dividermi con te. Avrebbe piacere essere presente, ma se tu non vuoi, non è obbligatorio. Solo devi capire che io non diventerò mai la tua ragazza fissa, che se faremo sesso assieme sarò solo perché Federico ti fa un regalo.
Il giovane precisò.
- E solo per una volta, sia chiaro!
Tarik era in piedi e li guardava, gli occhi brucianti, poi girò loro le spalle e corse via, sbattendo la porta d’ingresso.
Federico si stiracchiò con un sospiro.
- Quello non lo vediamo più!
Sara rise e aprì la cerniera della giacca della tuta, mettendo in mostra i suoi seni tesi e rosei.
- Peccato, mi sarebbe piaciuto vedere come fanno sesso i musulmani!
Il giovane la attrasse a sé e le infilò la mano dentro ai pantaloni, prendendole in mano la vulva e strizzandola leggermente.
- Mi informerò in Internet e te lo farò sapere!
Lei si dimenò sulla sua mano, gli occhi scintillanti.
- Ma con Tarik avevamo le notizie in diretta!
- Ti piace come Marcel?
Lei divenne seria e lo baciò.
- No, mi incuriosisce e basta. Amo Marcel.
- Come ami me?
Sara continuò a baciarlo, dolcemente.
- Se non amassi te, potrei amare lui.
- Se io non ci fossi più, andresti con lui?
Sara mosse ancora il bacino sulla sua mano, cominciava ad essere umida e calda e sussurrò.
- Ma tu ci sarai per sempre al mio fianco!
- Ma se, per ipotesi, io morissi? Andresti con lui?
Sara lo fissò negli occhi, vi si immerse e poi mormorò, come un giuramento.
- Sarei morta anch’io; morta dentro, capisci? E allora non mi importerebbe più con chi sono.
Federico sentì un brivido e strinse con dolcezza la vulva fremente, cercandole la vagina, immergendosi in essa, il sollievo che lo pervadeva, la sicurezza del loro rapporto che lo faceva sentire quasi immortale. Le sussurrò all’orecchio.
- Ad ogni modo, se Tarik ritorna, te lo concederò, contenta?
Lei mugolò, posizionandosi meglio sopra la mano di lui e continuando a baciarlo, sul viso, leccandolo, mordendolo e in pochi minuti sentì l’orgasmo nascerle da fondo delle viscere ed uscire come un getto di vapore, lasciandola tremante e calda tra le braccia del fratello.
Una settimana dopo Sara rientrò dal lavoro e trovò un bigliettino di Federico sul tavolo di cucina che la informava che restava a cena da un compagno di studi e che sarebbe rientrato tardi. Lei sospirò, Federico stava per affrontare un esame molto duro e in quegli ultimi quindici giorni stava studiando come un forsennato, dormendo poco e facendo poco all’amore con lei. Naturalmente lo capiva e cercava di distoglierlo il meno possibile, aveva ripreso ad indossare la tuta chiusa fino al collo per non dargli troppi stimoli, ma non vedeva l’ora che il maledetto esame fosse passato e di poter tornare alle loro abitudini di prima. Stava per entrare a fare la doccia quando suonò il campanello e lei andò ad aprire, trovandosi davanti Tarik, il viso teso. Lo invitò ad entrare con un sorriso.
- Tarik, che piacere rivederti! Tutto bene?
- Dov’è Federico?
- Stasera rientra tardi, sta preparando un esame.
Il giovane era in piedi davanti a lei e ora si umettò le labbra, impacciato.
- Volevo dirgli…. Che accetto la proposta.
Lei sollevò appena un sopracciglio, divertita.
- Quale proposta?
- Di…. che lui…. che tu faccia sesso con me, una volta soltanto.
Sara rimase in silenzio, la cosa non le dispiaceva. Chiese, calma.
- Quando contavi di farlo?
Tarik fece un passo avanti, gli occhi ardenti.
- Qui! Adesso, subito!
Sara scoppiò a ridere, divertita.
- Scordatelo, Tarik! Né qui né subito! Tra due ore, a casa tua, vengo io da te. E prepara qualcosa da mangiare, sono affamata!
Il giovane la guardava, estasiato.
- Dici davvero che verrai da me? Che faremo…. sesso?
Sara confermò, tranquilla.
- Federico te lo ha concesso, quindi è sì. Verrò a casa tua e faremo sesso, anche tutta la notte, se vorrai. Poi ci saluteremo e tu non chiederai niente altro né a me né a Federico, chiaro?
- Chiarissimo. Questo è l’indirizzo, ti aspetto tra due ore!
Fece per uscire, poi tornò indietro e chiese, quasi supplicando.
- Posso avere un anticipo?
Lei rise e gli posò le labbra sulla fronte.
- Eccoti un anticipo, un bacio sulla fronte! Via, adesso, devo prepararmi!
Tarik uscì volando e lei richiuse la porta, pensierosa. Aveva fatto bene a concedergli quella seduta di sesso? Ma d’altra parte Federico aveva già acconsentito e lei in quei giorni si sentiva particolarmente messa da parte. Con uno scatto si voltò, era deciso, avrebbe fatto sesso con Tarik! Scrisse un messaggio sul telefonino del fratello, poche parole ma sapeva che lui avrebbe capito. “Vado a cena con Tarik. Rientro tardi. Non mi aspettare. Ti amo.”
Poi rimase un attimo col telefonino in mano, decidendo di chiamare anche Marcel. La sua voce le giunse limpida e chiara e lei sorrise.
- Ciao Marcel, sono Sara.
- Bellissima! Hai deciso di lasciare Federico?
Lei rise.
- No, volevo chiederti, come fanno l’amore i musulmani?
Per lunghi istanti ci fu silenzio, poi Marcel chiese, duro.
- Tarik?
- Esatto, Tarik. Non ha accettato di essere in tre, ma vuole una seduta di sesso con me e Federico gli ha dato l’OK. Come mi devo comportare con lui?
Marcel era secco.
- Lascialo perdere, Sara, vieni da me piuttosto!
Lei rise.
- A parte che non so nemmeno dove sei, ma da te sai bene che non verrei mai!
Lui disse, la voce rauca.
- Sono tornato a Bologna, sono in un albergo vicino alla stazione. Perché non verresti da me?
Lei fece un lieve sospiro.
- Perché tu mi ami, Marcel.
- Anche Tarik ti amerà, dopo e continuerà a desiderarti!
- Ma di lui non me ne importa niente, mentre a te ci tengo.
Quella parole dette con semplicità diedero i brividi al giovane che riprese la voce secca, quasi rude.
- Ai musulmani piace fare sesso prendendo la donna da dietro, inginocchiata davanti a loro e con la testa nella polvere! Vogliono cavalcarla come un cammello!
Lei rise, divertita e Marcel continuò.
- E a loro piacciono le donne depilate, completamente depilate, capisci?
Lei fece un verso di sorpresa.
- Anche il pube?
- Specialmente il pube. Non sono attratti da pelurie di nessun genere. E amano profumi intensi, dolci, forti.
- Ho capito, ti ringrazio.
- Sara….
- Dimmi?
- Non farlo.
Lei chiese piano.
- Perché?
- Perché sono geloso, da impazzire. Già il pensiero che tu viva con Federico, che lui ti possa avere, toccare, baciare ogni momento del giorno e della notte mi fa morire, ma che adesso anche un altro ti possa avere, mi manda il sangue in ebollizione!
Lei disse, calma.
- Marcel, sai perché io e Federico ci amiamo così? Perché abbiamo capito che non dobbiamo essere gelosi. La gelosia rende prigionieri l’uno dell’altro e i prigionieri hanno voglia di evadere, capisci? E’ la perfetta libertà che ci tiene uniti.
Marcel sospirò, sconfitto, capiva cosa lei voleva dirgli. Mormorò.
- Stai attenta. Se le cose non vanno come ti piace, vieni via. E dammi l’indirizzo, per ogni eventualità.
La ragazza scoppiò a ridere.
- Nemmeno per sogno, non ho voglia di vederti piombare lì come un bulldozer! Non ti preoccupare, Tarik è un bravo ragazzo e sono sicura che andrà tutto benissimo.
- Telefonami quando rientri!
- Lo farò. Ciao e grazie, baci baci!
Chiuse la comunicazione, già dimenticando Marcel, tutta tesa a prepararsi per Tarik. Si fece una lunga doccia, poi rimase solo un istante incerta e poi si spalmò di crema depilatoria tra le gambe, immaginava la faccia di Federico quando avesse visto che non aveva più peluria sul pube! Poi si unse di olio profumato per tutto il corpo e passò all’abbigliamento. Scelse un paio di culottes di pizzo blu e un corpino dello stesso colore, agganciato davanti che le arrivava fino all’ombelico. Infilò un paio di pantaloni di velluto nero, gli stivali col tacco alto, un giubbotto di pelle nera con la cerniera lampo davanti, si pettinò i capelli e li raccolse in uno chignon, poi aprì l’armadio e tirò fuori una grande scatola, aprendola sul letto con un mezzo sorriso.
A quindici anni si era innamorata della danza del ventre e, con prese in giro e risate, si era iscritta ad un corso che tenevano in serale. Ricordava ancora come Federico rideva di questa sua pazzia e di come la sbeffeggiava cercando di imitarla, ma lei aveva tenuto duro, fino a finire il corso. Poi le era passata la voglia e il costume da odalisca era rimasto in quella scatola; a volte le veniva in mente di tirarlo fuori, di esibirsi per Federico, ma avevano sempre tante altre idee, tante altre cose da fare che non lo aveva mai indossato di nuovo. Pensò che ora era il momento, lo avrebbe fatto per Tarik, per dargli la sua unica seduta di sesso completa, da ricordare. Infilò il costume in una borsa di plastica, assieme ad una boccettina di profumo indiano che aveva comprato in una bancarella, sapeva che era dolcissimo e penetrante, pesante e sicuramente afrodisiaco e poi uscì, pronta per l’incontro col giovane tunisino.
Arrivò davanti alla porta e suonò il campanello e Tarik aprì immediatamente, come se fosse stato lì davanti ad aspettare lo squillo. La fece accomodare, un po’ impacciato.
- Vieni, posso offrirti del te?
- Sì, grazie.
Sedette ad un basso tavolino in un salottino arredato con solo un mobile scuro e tanti cuscini in terra, illuminato da lampade colorate che davano un aspetto irreale alla stanza. Da dove era seduta intravedeva la camera da letto, il letto basso e pieno di cuscini, anch’essa illuminata da lampade rosee, azzurrine, verdi. Tarik era nervoso, si vedeva che non sapeva cosa fare e lei chiese, gentile.
- Posso togliermi la giacca? Fa molto caldo qui dentro.
In effetti il calore era come quello di una serra, denso e umido e lui annuì, gli occhi su di lei, scintillanti.
Sara tirò la cerniera lampo lentamente poi si sfilò la giacca e la lasciò cadere per terra, restando un attimo ferma, a lasciarsi guardare, prima di tornare a sedersi. Ora vide che gli occhi del ragazzo non riuscivano a staccarsi dal suo corpetto di pizzo e così protese appena i seni mentre beveva il te.Tarik disse, la voce leggermente roca.
- Se vuoi, puoi metterti comoda…. toglierti gli stivali….

Lei fece un sorriso e tese la gamba, lasciando che fosse lui a sfilarglieli, a passargli poi le mani sui piedi nudi, infilandosi su per il pantalone, accarezzandole il polpaccio liscio. Disse, guardandola.
- Vorrei spogliarti.
Lei sorrise di nuovo.
- Perché non lo fai?
Tarik la fece alzare, armeggiò con la chiusura dei pantaloni e poi glieli fece scendere lentamente, accarezzandola dalla coscia alle caviglie, con dolcezza. Sara rimase in piedi, le gambe leggermente divaricate, le culottes che le modellavano i glutei, il corpetto che lasciava l’ombelico scoperto. Tarik allungò una mano e le sfiorò l’ombelico, guardandola negli occhi.
- Sai che questo è un punto molto erotico?
Lei annuì e rimase ferma, voleva scoprire cosa aveva intenzione di fare, come.
Il giovane continuò a percorrerle il ventre, tornando sempre all’ombelico e poi cominciò a slacciarle i gancetti del corsetto, uno ad uno, le dita che le sfioravano la pelle dandole dei piccoli brividi. Lo aprì, rimase a fissare i seni rosei che si alzavano e abbassavano ritmicamente nel respiro, poi le tolse il corsetto, lo lasciò cadere a terra e le toccò appena i seni, piccole mosse di assaggio, brevi carezze circolari. Sara li protese verso di lui, sentiva i capezzoli che si stavano indurendo e voleva che lui continuasse ad accarezzarla. Tarik alzò una mano e le sciolse i capelli, facendoglieli scendere sul viso, sui seni. Le massaggiò i capezzoli con i suoi capelli e poi si chinò a prenderli in bocca, solo con le labbra, tirandoli, succhiandoli. Sara gemette di piacere e lui proseguì, dall’uno all’altro, le mani che le scendevano sui fianchi, giocavano nel suo ombelico, risalivano alla nuca, lungo la spina dorsale, tornavano a stringere i seni che orami erano frementi e duri. Lei gli passò le dita sul petto, gli scostò i lembi della camicia, inserendosi dentro e accarezzando un petto glabro, liscio, morbido. Mentre lui continuava a giocare con i suoi seni, lei gli slacciò i bottoni, gli tolse la camicia e poi scese con le mani ad aprirgli i pantaloni, lo voleva nudo davanti a lei. Tarik si tolse i pantaloni e lei gli guardò il gonfiore che sembrava voler scoppiare dagli slip scuri e sorrise.
- Togli anche quelli.
Lui disse, la voce roca.
- Togli anche i tuoi.
Lei avrebbe preferito che fosse lui a toglierle le culottes, ma obbedì, infilando i pollici nel bordo e tirando giù, lentamente, vedeva che i suoi occhi erano fissi a quel bordo che scendeva, scendeva…. Dalle cosce le lasciò scivolare a terra e lui fece un verso con le labbra, quasi un rantolo. Lei sorrise, sapeva che lo meravigliava vederla depilata e ne godette. Intanto anche lui si era liberato degli slip e Sara contemplò il grosso membro scuro, eretto, rigido. Lo sfiorò con una mano e lui fece un altro rantolo, mentre le scorreva le dita dai seni al pube, infilandosi tra le sue gambe, arrivando a toccarla nel più profondo. Mosse le dita, gli occhi nei suoi e Sara gemette di piacere. Tarik la prese in braccio e la portò nella camera, adagiandola sul letto e stendendosi al suo fianco, baciandole i seni, succhiandoli. La ragazza gli prese una mano e cercò di farla scendere al pube, ma lui la ritrasse, tornando ai seni, all’ombelico. Lei si sentiva il fuoco tra le gambe e non sapeva come fare a calmarlo, così si girò, gli offrì la schiena, i glutei e lui la accarezzò, le dita che le separavano le natiche, che si insinuavano nella vagina da dietro, muovendosi con voluttà. Sara si chinò ancora di più in avanti e lui si mise in piedi, la fece inginocchiare, le spinse la schiena e il viso giù, fino ad essere affondata nei cuscini del letto e poi le si infilò di colpo nella vagina, da dietro, un unico movimento che le fece quasi mancare il respiro. Rimase immobile, mentre lui continuava a spingere con forza e poi lo sentì uscire quasi del tutto e di nuovo infilarsi con un colpo solo e gemette, non le piaceva quel modo sbrigativo e duro. Tarik cominciò a saltare su di lei, dentro e fuori, senza badare al suo piacere, mugolando e rantolando, fino a che lo sentì venire con un getto caldo che le scivolò lungo le cosce e poi crollare al suo fianco, ansante. Sara si alzò e scese dal letto, avviandosi al salottino e lui la richiamò, incerto.
- Sara… dove vai?
Lei lo fissò freddamente.
- Vado via. Hai avuto il tuo sesso con me, come volevi.
Lui la guardava, sorpreso.
- Ma…. avevi detto anche tutta la notte!
Lei fece una smorfia disgustata.
- E secondo te io rimango qui a farmi cavalcare come un cammello per tutta la notte? Tu sei fuori di testa! Volevo darti qualcosa da ricordare, ma questo che hai avuto è un incontro con una prostituta del Cairo e a me non va essere trattata da prostituta!
Tarik la guardava senza capire.
- Ma… tu cosa volevi fare?
Lei fece un sorriso acido.
- Se tu avessi accettato di fare sesso in tre avresti capito cosa intendevo. Ma non hai voluto.
- Spiegamelo tu, adesso.
Sara lo guardava, la faceva quasi ridere il suo viso contrito.
- Io volevo fare sesso assieme a te. Non che tu ti liberassi dal tuo peso e mi lasciassi da parte. Voglio godere con te, assieme a te. Voglio unire il mio orgasmo al tuo, venire assieme a te. Voglio che tu succhi il mio umore come io succhierò il tuo. Voglio che le tue mani mi passino su tutto il corpo, che la tua bocca mi baci in ogni angolo, che la tua lingua mi bagni dai piedi alla bocca! Questo è quello che voglio!
Lui arrossì, un cupo rossore che gli saliva dal collo al viso e poi abbassò gli occhi.
- Io non ho mai…. mai messo la bocca su una donna…. nella sua intimità.
Sara sorrise.
- Allora sarebbe ora che imparassi a farlo!
Tornò a distendersi al suo fianco, gli accarezzò il pene che subito si rizzò di nuovo e allargò appena le gambe, invitandolo.
- Prova a toccarmi, a sentirmi e poi…. baciami!
Il giovane si girò così che il pene restasse all’altezza della bocca di Sara che lo prese tra le labbra, succhiandolo e tenendolo con le mani, lisciandolo e premendolo e lui si chinò a guardare il pube liscio, lo sfiorò con le dita, timoroso. Poi si fece ardito e le aprì le grandi labbra, osservò estasiato la rossa fessura che si apriva per lui, palpitante e la accarezzò con le dita, l’umore che usciva copioso. Sara gemette e strinse il pene tra le labbra, succhiandolo avidamente e Tarik chinò il suo viso su quella fessura invitante e le passò la lingua, assaporando per la prima volta quel gusto acre, leggermente amaro che gli dava brividi per tutto il corpo. Sara aprì ancora di più le gambe, sollevando le ginocchia, voleva che lui infilasse la sua lingua dentro di lei, che desse sollievo al suo orgasmo che stava nascendo prepotente. Sentì il pene ingrossarsi, indurirsi e strinse con le labbra, con i denti, massaggiandolo con forza. Tarik le teneva la vagina aperta con le dita e leccava al suo interno, infilando la lingua, trovando la cosa piacevole e spingendola fino al limite estremo che gli era permesso, sentiva sotto alle sue labbra il calore che saliva, che la inondava e allora fece scattare la lingua avanti e indietro, velocemente, mentre sentiva che l’orgasmo stava travolgendolo e che il suo seme sgorgava nella gola di Sara che mugolava, agitando il bacino e sollevando le anche. Continuò ad infilare la lingua in quella vagina fremente, fino a che si fermò e rimase con la faccia affondata sulla vulva bollente, aspirando il profumo del sesso compiuto, il corpo che ancora tremava. Sara gli stava leccando con cura il membro e poi lo tolse dalla bocca, se lo spostò tra i seni, lo strinse tra le mammelle, dondolando appena. Il giovane gemette.
- Sono morto e sono in paradiso!
Lei rise, accarezzandogli il pene in riposo, poi scivolò fuori da sotto di lui e sedette, le gambe incrociate, la vulva esposta ed invitante.
- Questo, intendevo!
Tarik la guardò, gli occhi non riuscivano a staccarsi dal suo pube e lei seguì il suo sguardo e sorrise di nuovo.
- Sembra che non avessi mai visto una donna nelle sue parti intime!
Tarik fece un cenno vago con la mano.
- Non come con te. Vorrei continuare a toccarti. E so che ogni volta che ti tocco mi viene un orgasmo!
Lei scese dal letto e chiese, calma.
- Dov’è il bagno? Devo prepararti una sorpresa.
Lui indicò una porta fuori della camera e lei andò a recuperare il sacchetto di plastica e si chiuse nel bagno. Si passò il profumo su tutto il corpo, era dolce e pesante, dava quasi il capogiro. Poi indossò il costume da danzatrice del ventre, la gonna di velo rossa con i campanellini, il corsetto e il copricapo col velo sul viso e le cavigliere e i braccialetti, poi si fece sulla porta della camera e chiese, gli occhi ammiccanti sopra il velo che le copriva il viso.
- Ce l’hai della musica adatta?
Tarik fece quasi un grido e corse ad accendere una radio col lettore CD, infilando frenetico un CD. Subito per la stanza si sentì il ritmare dei tamburelli e il flauto in una melodia sensuale e ritmata. Sara entrò nella camera a passo di danza, sollevando le mani e muovendo il bacino in sintonia. Tarik la fissava, ipnotizzato e lei gli girò intorno, i veli che si alzavano lasciando vedere il pube nudo, le anche che ondeggiavano sempre più frenetiche; sempre danzando si tolse il corpetto e glielo lanciò, lasciando che i suoi seni nudi seguissero il ritmo, tremando con la musica, agitandosi e movendosi come se avessero vita propria. Poi si slacciò la gonna che cadde a terra e lei continuò a ballare, avvicinandosi sempre di più al letto, il velo che le copriva il viso e il corpo che emanava profumo. Tarik si slanciò su di lei, la trascinò sul letto, le tolse il velo e la baciò, mentre con le mani cercava di toccarla dappertutto, frenetico, quasi violento. Lei lo calmò con la voce, con le mani.
- Piano, fa piano, sono fragile!
Ma lui aveva perso il controllo. La girò con violenza, la penetrò nell’ano profondamente, mentre con le mani le scavava dentro la vagina, le strizzava i seni fino a farla piangere di dolore. Sara cercò di divincolarsi, cominciava ad avere paura di lui, ma il ragazzo era forte, la teneva come in una morsa. Disse di nuovo, cercando di girarsi.
- Mi stai facendo male!
Tarik disse a denti stretti.
- E’ quello che voglio! Tu vuoi solo giocare con me e poi vuoi tornare dal tuo prezioso Federico, ma ti ricorderai di me! Giuro che te ne ricorderai!
La penetrava nell’ano con forza, tenendola pressata sul letto, una mano che passava dalla vagina ai seni, dura, prepotente. Sara cercò ancora di muoversi, poi si sentì invadere dal languore, l’orgasmo le nasceva forte, violento. Gridò, mentre anche lui veniva dentro di lei e le colava sulle natiche. La lasciò e lei cercò di risollevarsi, ma Tarik era già pronto di nuovo, gli occhi duri, cattivi.
- Dove credi di andare? Sei mia per tutta la notte, ricordi?
Lei lo fissò incollerita.
- Ti ho già detto che non sono una prostituta e che se voglio me ne posso andare, anche subito!
Lui fece un piccolo sorriso obliquo.
- Ma non lo farai. Non te lo permetterò. Sei mia e resterai fino a quando lo vorrò.
- Perché ti comporti così? Dovresti essere grato a Federico che mi ha permesso di venire da te!
Il giovane fece una smorfia disgustata.
- Siete due degenerati! Lui che presta la sua donna e tu che ti adatti a fare sesso con un estraneo! E arrivi qui, profumata ed eccitata, mi sbatti addosso la tua danza del ventre, ti metti in mostra, mi costringi a leccarti in luoghi impensabili!
Lei disse, acida.
- Mi era sembrato che ti piacesse!
Lui la prese per le braccia, la spinse sul letto, le allargò le gambe a forza, infilandole una mano e passandogliela sulla vulva.
- Certo che mi è piaciuto! Più di quanto immaginassi, ma avrei voluto arrivarci da solo, non esserne costretto!
- Io non ho costretto nessuno! E adesso lasciami andare, non mi piace più stare con te!
Lui la trattenne distesa con forza, la mano che premeva tra i suoi seni.
- A me invece piace da morire stare con te! Dimmi cos’altro ti piace, oltre che ti lecchi tra le gambe?
Lei strinse le labbra e Tarik le salì sopra, tenendola ferma col suo peso, un mezzo sorriso sulle labbra.
- Ti piace che ti baci in bocca?
Lei distolse il viso, ma il giovane fu svelto ad afferrarla per i capelli e le posò la bocca sulla sua, premendo con forza, costringendola ad aprire le labbra e insinuandosi in lei con la lingua, frugandola senza gentilezza, con rabbia quasi. Sara cercò di respingerlo, ma lui le prese le mani e gliele tenne strette in una morsa, continuando a baciarla, togliendole quasi il respiro. Poi si sollevò e disse, ridendo.
- E adesso? Cos’altro ti piace?
Mentre con una mano le teneva i polsi, cominciò a pizzicarle i seni, stringendoli fino a farle male. Poi scese con la bocca e le morse i capezzoli, glieli tirò con i denti e lei gridò, il dolore la trapassava coma una lama e nello stesso tempo sentiva il lampo del desiderio che le nasceva dentro. Tarik la mordeva con forza, con passione, sentiva la sua bocca spostarsi lungo il suo corpo e gemette, completamente soggiogata. Lui le lasciò i polsi e le allargò le gambe, scendendole con la bocca fino a prendere tra le labbra il clitoride, a stringerlo con forza, mordendolo e facendola gridare di nuovo. Le passò la lingua sulle grandi labbra, sulla vagina e poi la morse, la succhiò e lei sollevò il bacino, movendo le anche e gemendo. Tarik sussurrò sulla sua vagina in fiamme.
- E’ così che ti piace?
Lei gemette ancora, non riusciva nemmeno a connettere e allora il giovane balzò su di lei e la infilzò, il suo membro duro come il ferro che si infilava dentro di lei come un maglio, dandole dei colpi poderosi che la facevano sobbalzare. Con le mani le prese i seni, li strizzò fino a che le vide le lacrime agli occhi e continuò a martellarla col suo membro turgido, sollevandole i glutei per accoglierlo meglio, tirandola giù con forza, le mani ad artiglio sulle sue natiche. Sara aveva perso il controllo del tempo, del luogo, sentiva solo quel pene poderoso che le arrivava fino alle viscere, il dolore ai seni, le unghie di lui conficcate nelle sue natiche e l’orgasmo che le giungeva ad ondate, micidiale. Urlò, sollevandosi, cercando di raggiungerlo, di toccarlo, ma lui si fece indietro e continuò, un leggero sorriso sulle labbra crudeli. Non diminuì il ritmo fino a che non la vide esausta e allora uscì da lei, la girò e la infilzò nell’ano, riprendendo a martellarla, abbandonata tra le sue braccia come una bambola rotta. Finalmente si fermò e la lasciò andare, buttandola da parte e distendendosi con un sospiro e lei rimase immobile, il corpo dolorante, i graffi e i morsi che le si facevano rossi, violacei. Tarik le passò una mano lungo la schiena, si soffermò su una natica, gliela pizzicò e lei gemette.
- Basta, ti prego!
Lui rise, affondando ancora di più le dita nella sua carne.
- Ma come?! Basta?! Siamo solo a metà della notte!
Lei disse tra i denti.
- Tu sei un sadico! Appena lo dirò a Federico, vedrai cosa ti fa!
Tarik rise, divertito, girandola e attirandola a sé, posizionandole le gambe una a destra e una a sinistra del suo corpo, tirando a sé fino a che la vulva fu posata sul suo pene.
- Non mi farà nulla, mia cara, perché io domattina alle sette parto per la Tunisia e non torno più! Per questo ti ho voluta stanotte.
Lei cercò di tirarsi indietro, sentiva il pene del giovane ergersi di nuovo e ora ne aveva paura.
- Lasciami andare, allora, non ti sei divertito abbastanza?
Tarik fece come un ruggito, prendendola per le spalle e scuotendola.
- No, non ancora! Sono sei mesi che mi fai impazzire, lo sai? Con la tua finta amicizia, invitandomi a cena, lasciando che ti guardassi, guardare ma non toccare, c’era sempre Federico a controllare! E io invocavo un tuo sguardo, una tua carezza, speravo che mi avresti dato un po’ di spazio, che ti saresti lasciata almeno ammirare! Credi che non sappia che ti coprivi tutta solo quando venivo io? Federico mi aveva detto una volta, ridendo, che quando eravate soli giravi senza biancheria intima e io così ti sognavo intorno a me! E adesso sei qui e mi devi ripagare di questi sei mesi di tortura!
Sara cercò di ragionare, con calma.
- Guarda che sono qui per questo, ma non occorre che tu diventi violento con me, che mi faccia male. Io voglio renderti felice, lasciarti un buon ricordo di me.
Lui la interruppe, il viso duro.
- Io invece non voglio un buon ricordo di te! Voglio solo ricordarmi la donna che mi sono fatta cento volte, il più brutalmente possibile, per cancellare anche il tuo ricordo!
Le spinse le natiche con violenza e lei si trovò col pene conficcato nella vagina, per la prima volta non lubrificata e cercò di spostarsi, ma lui la trattenne, duro.
- Non ti va bene così, forse?
Lei aveva le lacrime agli occhi, il membro duro di Tarik le faceva male e più si spingeva all’interno, più lei si ritraeva, la vagina secca che si arroventava e doleva.
- Lasciami andare, Tarik, mi stai facendo male!
Lui sorrise, acido.
- E’ quello che voglio!
Penetrò ancora in lei, spingendo con forza e poi cominciò a muoversi, mentre lei gemeva dalla paura e dal dolore. Tarik le tirò le gambe a sé, penetrando ancora più a fondo e nel frattempo si chinò a morderle un seno, facendole uscire una stilla di sangue dal capezzolo. Lei lo tempestò di pugni e Tarik rise, pizzicandole le natiche, i seni, fino a che si tolse da lei e la spinse da parte. Sara cercò di scendere dal letto, doveva andarsene da lì, subito! Ma il giovane fu svelto a prenderla per una caviglia e a trattenerla, ridendo.
- Non mi scappi, bellissima Sara!
- Ti prego, hai detto che eri innamorato di me, lasciamo andare!
- Sì, ero innamorato di te, ma voi mi avete umiliato, preso in giro! Volevate fare sesso in tre, forse Federico voleva sodomizzarmi e ora mi sto vendicando!
- Federico non voleva fare niente a te, voleva solo che tutti e tre godessimo assieme!
- Invece io voglio godere da solo!
Lei si agitava come una tigre e Tarik prese da sotto uno dei cuscini dei lacci di plastica e le legò i polsi, sempre ridendo. Poi tolse una delle lampade dal soffitto e passò i lacci sul gancio, tirando fino a tenerla legata con le braccia in alto, i piedi che appena sfioravano terra. Sara ora sentiva il terrore che le nasceva dentro, se solo avesse dato l’indirizzo a Marcel! Sperò che Federico rientrasse, che decidesse di venire a vedere come andavano le cose e cercò di nuovo di ragionare col ragazzo.
- Tarik, non fare stupidaggini, io non mi sto negando a te, non hai bisogno di legarmi!
Per tutta risposta il giovane prese un cappuccio nero e glielo infilò sul viso, così che lei non vide più nulla. I brividi di terrore le fecero accapponare la pelle, cosa aveva intenzione di farle ancora? Sentì il respiro del giovane vicinissimo e la sua voce roca che diceva.
- La paura ti sta irrigidendo i capezzoli….
Lei gemette e fece un passo indietro, solo per posarsi sul corpo del giovane che disse in tono di presa in giro.
- Mi vuoi così tanto?
Sara pianse di rabbia, di paura, lo sentiva muoversi intorno a lei e non vedeva nulla ed era tesa, il corpo in fiamme, in attesa di quello che lui avrebbe deciso di farle. Sentì la sua mano che le si infilava tra le gambe, rude, prendendole in mano la vulva intera e strizzandola con forza, con violenza e gridò. Tarik disse seccamente.
- Se non la smetti di gridare, ti imbavaglio!
- Tu continua a farmi male e io urlo, sempre più forte!
Lo schiaffo che le arrivò sul viso fu poderoso e lei rimase senza fiato, poi Tarik le tolse il cappuccio, le passò un fazzoletto sulla bocca e strinse forte e poi le rimise il cappuccio e Sara mugolò, disperata. Ora era cieca e muta! Per lunghi minuti ci fu silenzio e lei rimase immobile, il corpo in tensione. Poi di nuovo la mano di lui che la frugava senza delicatezza, le stringeva i seni, la bocca che si posava sul ventre, lo mordeva e poi scendeva a morderle il pube, le apriva le gambe e le mordeva il clitoride fino a farla lacrimare; cercò di sottrarsi a quei morsi e allora lui le bloccò le gambe con le mani, attirando il suo bacino a sé, afferrando in bocca le grandi labbra e mordendo con forza e poi scavandole dentro la vagina, ruvido, violento. Sara gemeva e si contorceva e lui la prese per le natiche e gliele allargò, infilandosi col grosso pene nell’ano, spingendo con forza, senza pietà. Lei non sentiva più stimoli di orgasmo, solo terrore e quel membro che scavava dentro di lei all’asciutto la faceva piangere. Tarik continuò per un tempo che a lei parvero ore. La violentava scientemente, metodicamente, da davanti, da dietro e nel frattempo la mordeva, la picchiava, la graffiava e la pizzicava, fino a che il suo corpo fu ricoperto di lividi e piccole ferite e lei si lasciò andare, le ginocchia piegate e il viso all’indietro. Finalmente Tarik si fermò, era tornato freddo ed efficiente. Riordinò la stanza, slegò la ragazza, la distese sul letto e la rivestì, spense le lampade, poi le tolse il cappuccio, il bavaglio. Lei aveva il viso sconvolto e lui la baciò, provocante, infilandole la lingua fin quasi in gola.
- Allora, ti è piaciuto? Peccato che non possiamo ripeterlo, io sto per partire. Dove hai la macchina?
Lei non si reggeva quasi in piedi.
- Qui davanti.
- Bene, ora ti accompagno alla macchina, sono sicuro che riuscirai ad arrivare a casa. Ringrazia anche Federico per la sua generosa offerta, dille che mi sono proprio divertito! Mi dispiace che tu non abbia fatto altrettanto, ma così vanno le cose!
Lei sibilò.
- Sei un bastardo e Federico te la farà pagare, te lo giuro!
Lui rise, allegro, mentre raccoglieva la borsa di lei, il sacchetto di plastica ed usciva, chiudendosi la porta alle spalle.
- Non mi troverà! Ho già i bagagli all’aeroporto e il mio volo è tra meno di un’ora! Il tempo che tu arrivi a casa e io sono in volo e tanti saluti!
Sara faceva fatica a fare le scale, le doleva tutto il corpo ed era sicura di avere la vagina e l’ano lacerati. Tarik la accompagnò alla sua macchina, le buttò dentro la borsa e il sacchetto e si chinò sul finestrino, gli occhi duri.
- Ricordatelo, quando di nuovo vorrai umiliare qualcuno!
- Io non volevo umiliare nessuno! Sei tu che non hai capito niente! Sei uno stupido bastardo!
- E tu una volgare puttana da strada. E Federico il tuo pappa!
Lei sibilò, fredda.
- Allora sta’ attento, perché non mi hai pagata ed hai rovinato la merce!
Tarik scoppiò a ridere e si ritrasse con un gesto di saluto con la mano.
- A non più rivederti, bellissima Sara! Ora un po’ meno bella, oserei dire!
Si avviò ridendo e lei rimase con le mani sul volante, tremando in tutto il corpo. Doveva riuscire a tornare a casa, raccontare a Federico cosa era successo, chiamare anche Marcel, Tarik non poteva cavarsela così, non glielo avrebbe permesso, a costo di inseguirlo fino in capo al mondo!
Mise in moto e partì, la vista le si annebbiava e sentiva dolore in ogni parte del corpo, ma riuscì ad arrivare fin davanti casa, per fortuna non c’era molto traffico. Scese con cautela, sapeva che stava sanguinando in varie parti del corpo, chiuse la macchina e cominciò a salire le scale, tre lunghi piani di scale, la mente che chiamava Federico, la voce che non usciva. Saliva trascinandosi dietro la borsetta, il sacchetto di plastica, la mano sul corrimano, la testa chinata. Finalmente arrivò alla porta, ma non aveva più la forza di cercare le chiavi, di aprire, così si appoggiò allo stipite e bussò con le nocche, sperando che Federico la sentisse. Le lacrime cominciarono a scenderle per le guance, il respiro che le si faceva affannoso e poi sentì i passi di suo fratello dietro la porta, che si spalancò facendola cadere addosso a lui che la sorresse, la fece entrare e richiuse, il viso subito preoccupato.
- Sara?! Piccola mia, cosa è successo? Un incidente? Stai bene?
Lei riuscì solo a mormorare.
- E’ stato Tarik.
Poi svenne e si lasciò andare, ora era al sicuro, avrebbe pensato a tutto suo fratello!



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