Carla 9 - La fine di un sogno

Scritto da , il 2011-01-01, genere incesti

Episodi precedenti:

Mia madre Carla;
Mia madre Carla 2;
Mia nonna Anita:
Fra le braccia di mia nonna;
Mia nonna vuole diventare madre;
Mia madre Carla 3;
Il lato B di mia madre Carla;
Carla 8

Siamo appena usciti dal bagno. Gli accappatoi avvolgono i nostri corpi. Carla è seduta sulle mie gambe. Un mio braccio le cinge la vita. La guardo. È bellissima. L’amo.  Il nostro è un rapporto che, nel pubblico, non viene accettato. Se diventasse di dominio pubblico, nonostante la maggiore età, dovremmo lasciare la città, il paese. Saremmo continuamente additati come una coppia di pervertiti. Chi accetterebbe il fatto che madre e figlio sono amanti. Da non dimenticare che frequento anche il letto di mia nonna e che per ben due volte è stata da me inseminata facendola diventare madre di due splendidi bambini: un maschio ed una femmina. Ho due amanti che sono due meravigliose e bellissime donne. Quando sono fra le loro braccia sono l’uomo più felice di questo pianeta. Anita è la giumenta che deve essere continuamente domata. Quando la monto diventa una cavalla selvatica. Carla, invece, sembra essere una docile puledra ma che, poi, quando è a letto i suoi ormoni si scatenano trasformandola in un uragano dei sensi. Il nostro è un trio perfetto. Io sono il loro amante ed esse, oltre che trastullarsi con me sono tra loro amanti. Più volte ho avuto il piacere di vederle fare sesso tra loro. Non c’è niente di più eccitante che vedere due donne amarsi. Diverse volte mi hanno trascinato nei loro giochi sessuali. Ne sono sempre uscito distrutto. Ho visitato con immenso piacere i loro culetti e ne ho goduto. Loro si sono lasciate sodomizzare senza protestare. Con la mente occupata da questi pensieri non mi accorgo che mamma mi sta parlando. “Ehi. Non mi stai ascoltando. Qual è l’oggetto dei tuoi pensieri?” Mi riprendo. “Stavo pensando a voi due. A cosa succederebbe se la gente venisse a sapere.” “Non farmici pensare. Dovremmo scappare.” Un movimento del suo corpo fa si che una mammella fuoriesca dall’accappatoio. “Pensa a cosa si direbbe se si venisse a sapere che i due bambini sono miei figli.” “Non dimenticare che presto anch’io sarò incinta di te. A meno che non ci hai ripensato.” Allungo una mano e la poggio sulla mammella scoperta. “Non ci ho ripensato. L’idea di ingravidarti mi eccita. Dobbiamo, però, pensare, prima che tu venga fecondata, ad andare via. Ti immagini cosa accadrebbe quando gireresti per la città con un il pancione. Non ci vorrebbe molto a fare due più due.” “Con tua nonna non hanno parlato.” “Non hanno parlato a voce alta ma hanno bisbigliato che è peggio che parlare. No, mamma, se vuoi che ti fecondi dobbiamo andar via da questa città. Ci allontaneremo prima noi due. Troveremo dove stare e poi ci faremo raggiungere dalla nonna e dai bambini.” “Sei deciso?” “Sì.” “Questo significa che la possibilità di farti succhiare latte dalle mie mammelle si allontana.” “È meglio così.” In quel preciso istante Anita fa il suo ingresso. “Cosa è meglio?” Carla si libera dal mio abbraccio e va incontro alla suocera. “Tuo nipote è preoccupato che in città si sta sparlando di noi.” Nonna mi guarda. “Come te ne sei accorto?” “Al supermercato due donne mi hanno guardato e si sono nascoste dietro uno scaffale. Mi sono avvicinato su lato opposto ed ho prestato orecchio a quello che dicevano. Le ho sentite parlare di noi due. Di me e di te. Dicevano di essere sicure che qualcosa di strano esiste tra noi. Che il nostro non sembra un rapporto tra nonna e nipote. Che corre voce che tu ti trastulli con me.” “E sul conto di tua madre non hanno detto niente?” La guardo allarmato. Carla interviene. “Non dirmi che hanno parlato anche di me?” “No. Di te non hanno detto niente.” Rivolgo la mia attenzione alla nonna. “Tu cosa hai sentito?” Anita con un nodo alla gola risponde. “Io non ho sentito niente. Ho invece letto. Aspettate qui. Torno subito.” Esce e ritorna dopo pochi minuti. tra le mani ha una busta che mi porge. Dalla busta estraggo alcuni fogli dattiloscritti. Leggo e impallidisco. Li porgo a mia madre che li legge a sua volta. Finito di leggere guarda la suocera e con un filo di voce:”Sanno.” In quei fogli c’è scritto la nostra storia fin dal principio. Mancano solo gli episodi della nascita dei due bambini. C’è però scritto della prima gravidanza di mia nonna. C’è anche scritto del rapporto che c’è fra mia madre e mia nonna. Quella che ne esce più infangata è mia nonna. In quelle pagine vi è anche descritto il rapporto incestuoso che lei ha avuto con suo figlio ovvero mio padre. “Tuo figlio ha ragione. Prima che scoppi il casino noi tutti dobbiamo andare via. Tempo sette giorni prendo i bambini e vado via. Voi due, nel frattempo, allontanatevi e trovate un posto dove poter stare. I soldi per sistemarci altrove non ci mancano. Una volta trasferiti daremo una procura ad un avvocato affinché venda tutto quello che è di nostra proprietà. Dobbiamo sparire. Entrare nell’anonimato.” Le guardo. Nonostante la preoccupazione dipinta sul loro viso sono bellissime. “La pagherà. Non so come ma gliela faro pagare.” Carla mi guarda. “Chi dovrà pagarla?” “Tuo marito. Mio padre. Hai letto e non hai capito che quello che è scritto in questi fogli viene da tuo marito?” È la volta di Anita. “Tuo figlio ha ragione. la lettera l’ha scritta mio figlio. Solo tuo marito è a conoscenza di quello che c’è stato fra me e lui; del rapporto che esiste fra me e te; del fatto che tuo figlio entra nel tuo letto e nel mio e della mia prima gravidanza frutto del rapporto con tuo figlio. Nella lettera non si fa cenno del mio secondo parto perché lui non lo sapeva. È lui che ha messo in giro le voci. L’ho ha fatto in modo subdolo. La gente ci ha ricamato sopra e senza saperlo è giunta a delle conclusioni vere ma che non può provare. Si è voluto vendicare del fatto che mi sono fatta ingravidare da tuo figlio. Ha creduto che, facendomi mettere incinta da mio nipote, l’abbia tradito; l’ho lasciato andar via preferendo suo figlio a lui. Si sta vendicando.” Mia nonna sta mostrando ancora una volta di essere una persona razionale. “Dove pensi di andare?” “Ho una tenuta molto, ma molto lontano. Nessuno ne conosce l’esistenza. Nemmeno tuo padre. Sono contenta di non averglielo detto. Mi rifugerò là insieme ai bambini.” La cosa non mi allettava molto. Anita sta macchinando qualcosa di sgradevole. “Noi come faremo a raggiungerti?” Nonna mi guarda. Leggo nei suoi occhi un addio. “Sarò io a farmi viva. Tu e tua madre mi farete sapere dove vi siete sistemati.” La risposta di Anita è la conferma di quello che ho letto nei suoi occhi. “Da quando hai progettato di andare via?” “Da quando ho ricevuto la lettera.” È il momento di Carla. Anche lei ha capito che la suocera ha deciso di lasciarci. “Tua nonna ha ragione. Per il bene dei bambini dobbiamo lasciarla partire. Nel posto dove intende recarsi nessuno li conosce. Portano il cognome di tua nonna. Crederanno che sono figli di un rapporto finito male. Sono ancora piccoli. Non avranno difficoltà ad inserirsi. Ed è giusto che sia così.” Sono prostrato. Anita si avvicina. Porta una mano sotto al mio mento e lo solleva. Si china in avanti e poggia le sue labbra sulle mie. Mi bacia. “Quello che c’è tra noi non lo dimenticherò mai. Come sarà possibile dimenticare i momenti di gioia che mi hai regalato tenendomi stretta fra le tue braccia? Sei mio nipote ed ho voluto che fossi il mio amante e poi anche il padre dei miei figli. Del resto anche se volessi non ci riuscirei. Sarebbe la presenza dei tuoi figli a ricordarmi il mio amore per te.”  Ricambio il suo bacio. Lei si stacca da me ed esce dalla stanza senza voltarsi. Resto solo con Carla. Mamma va a sedersi sul letto. Ha l’accappatoio completamente aperto sul davanti. “Non stare a pensarci. Vedrai che la lontananza non sarà lunga. Noi, tua nonna, la rivedremo ancora. Ora è necessario allontanarci.” “Mamma io l’amo. Non è solo questo. Dovrò anche allontanarmi dai miei figli.” “Anche lei ti ama ed è proprio perché ti ama che si allontana. Piuttosto noi due cosa faremo?” “Noi andremo in un posto dove non ci conoscono; dove l’amore non è vissuto come un peccato; dove io posso amarti senza che nessuno abbia da ridire.” “Esiste un posto del genere? Dove pensi di trovarlo?” “Non lo so. Gireremo il mondo fino a quando non lo troveremo.” “Ricordati che io voglio un figlio da te. Mi sto avvicinando alla soglia dei 40 anni e voglio che tu mi ingravidi prima che li superi. Non voglio arrivare all’età di tua nonna per essere messa incinta.” Mi alzo dalla poltrona e la raggiungo. Mi siedo vicino a lei. Allungo una mano e raggiungo le sue mammelle. Le accarezzo. Lei ha un brivido. “Mamma non avere timore. Il figlio lo farai e se troviamo il posto adatto ti farò fare più di un figlio. Diventerai la mia scrofa.” Carla non è insensibile alle carezze che le sue prosperose mammelle stanno subendo. Oltre ad accarezzarle le tette, le pizzico anche i grossi capezzoli che ormai sono diventati duri come l’acciaio. Sento il suo corpo vibrare. “Mamma perché non ti giri e ti metti alla pecorina.” Carla come un automa si toglie l’accappatoio; sale sul letto e si mette carponi. Allarga le cosce in modo tale da darmi in visione i suoi organi genitali. La sua vagina grondante di umori è pronta a ricevere il mio alieno. Mi posiziono dietro di lei e con una mano accompagno il mio fallo fra le grandi labbra della pucchiacca di mia madre. La penetro. Il pene scivola dentro il ventre di Carla senza difficoltà alcuna. Mia madre si stende trascinando il mio corpo sulla sua schiena. “Oh! Amore. E’ bello sentire il tuo cazzo dentro di me. Ti prego, non muoverti. Voglio che questa presenza aliena che sta pulsando nel mio corpo si senta a suo agio.” Una strizzatina sulle pareti del pene mi dicono che ha messo in azione i suoi muscoli vaginali. Mi massaggia il cazzo con continue strizzate. Ululo. “Mamma. Sei formidabile. La tua fica mi sta mungendo il pene come se fosse il capezzolo di una vacca. Se continui così mi farai venire.” “È quello che voglio. Da oggi non ti succhierò più il cazzo. Niente più pompini e soprattutto niente più rapporti anali. Se mi vuoi dovrai chiavarmi in modo normale. Ogni volta che sei dentro di me devi riempire il mio ventre del tuo sperma. E questo fino a quando non sarò gravida.” Così sia. Le pompo il cazzo nella fica e scarico il mio liquido seminale nel suo caldo ventre. Lei lo riceve con gioia. “Sììììì. Lo sento. È caldo. Mi stai riempendo.” Per tutto il giorno e per tutta la notte mia madre mi cavalca fino a sfinirmi. Il mattino dopo Anita ed i bambini sono già pronti per partire. Pensando a quello che sta per fare non è riuscita a dormire. L’auto è già davanti al portico. I bambini sono già a bordo. Nonna ci abbraccia e senza voltarsi indietro sale sull’auto; mette in moto e parte. Il resto del giorno lo trascorriamo davanti al pc. A turno io e Carla navighiamo sul web per cercare un posto dove andare a stabilirci. L’impegno che mettiamo nella ricerca ci fa tralasciare il sesso. Per un lungo periodo io e mamma dormiamo in letti separati. La ricerca di un posto in cui andare a stare occupa la mente di mia madre. Il suo tempo libero lo passa davanti al PC. Oramai il web per lei non ha segreti. Purtroppo la ricerca risulta essere infruttuosa. Fino a quel momento sembra che non esista nessun posto dove due persone legate da vincoli di parentela che si amano possano stabilirsi senza avere fastidi. I giorni si susseguono. Un sera rientro da una passeggiata e trovo Carla seduta davanti alla scrivania della nonna intenta a esplorare il web. Mi avvicino e le poggio le mani sulle spalle. Al contatto avverto che i muscoli del collo sono contratti. Chino la testa e le do un bacio sul collo. Lei ha un brivido. Solleva la testa e mi guarda. “Ciao. Sei tornato presto.” I suoi occhi brillano. “Non mi andava di gironzolare senza di te al mio fianco. Trovato niente?” “Niente. Nessuno ci vuole.” Solo in quel momento mi accorgo che indossa una maglietta con una profonda scollatura a V. La mia vista sprofonda nella vertiginosa apertura. Vedo il solco che separa le bianche e grosse mammelle di mamma. Noto che non indossa il reggiseno. Sarà perché quelle stupende bocce di bianco alabastro hanno sempre suscitato le mie voglie sta di fatto che il mio socio ha un guizzo e comincia ad impennarsi. Le mie mani rispondendo ad un desiderio si muovono senza controllo e scivolano nell’apertura della maglietta. Scendono lungo il solco e si fermano solo quando sentono la spinta dei capezzoli contro il palmo delle mani. Le palpo. Le pastrugno. Sono morbide ed allo stesso tempo sode. Sono sempre stato innamorato delle tette di mia madre. Intanto l’alieno si è completamento svegliato. Si è indurito e spinge contro la schiena di Carla la quale continua a fissare i suoi occhi nei miei. Vi leggo il desiderio. “Mamma ho voglia del tuo corpo.” Lei si divincola ponendo fine alla palpazione delle sue tette. Si alza in piedi. Si libera della maglietta e della gonna. Afferra i bordi delle mutandine e le sfila. È nuda. Il suo bianco corpo riflette i raggi della luce artificiale delle lampade. Guardarla in quella veste è come vedere Venere che esce dal mare. È una meravigliosa visione quella che mi è davanti. Mi getta le braccia al collo. “Anch’io ho voglia di te. Sono mesi che siamo in astinenza. Basta. Che vadano a quel paese tutti i bigotti di questa terra. Non ce la faccio ad arrivare fino alla stanza da letto. Voglio che tu mi chiavi qui e subito. Scopri il tuo ariete e sfondami la fica. Fottimi.” Le nostre teste si avvicinano. Le nostre bocche si incontrano. Le mie labbra sono poggiate sulle sue. Si dischiudono. La lingua guizza verso l’esterno ed incontra la sua. Si toccano. Vibrano. Duellano. Fra loro si avviluppano. La lingua di Carla spinge indietro la mia. Entra nella mia bocca. La succhio. Rifà il cammino inverso. La mia lingua la segue. Valica le sue labbra ed entra nella sua bocca. Sento le labbra bloccarla e poi succhiarla. In questo le mie mani non stanno ferme. Accarezzo la schiena di quel meraviglioso corpo. Le sue sode natiche sono sotto le mie mani. Le stringo e le spingo contro di me. Il mio indurito ariete, ancora coperto dalla stoffa dei pantaloni, spinge contro il suo ventre. Le mani si spostano e risalgono. Arrivano alle mammelle. Mi scosto quel tanto che basta per artigliarle con le dita e le strizzo. Sentire quella massa di soda carne schiacciata contro il palmo delle mie mani mi eccita sempre di più. Le mie dita le artigliano i grossi capezzoli e li stringono fino a farle male. Il suo grido di dolore viene soffocato dalla congiunzione delle nostre bocche. Lei smette di baciarmi. “Mi hai fatto male. Che ti è preso?” “Scusami mamma. È stato un gesto incontrollato. Non volevo farti male. Ma quando le mie mani si poggiano sulle tue favolose mammelle e le mie dita circondano i tuoi splendidi capezzoli non riesco a trattenermi. Devo strizzarli.” Lei mi guarda negli occhi. “Lo so. Lo hai sempre fatto ed a me piace sentire le tue dita strizzarmeli, ma questa volta mi hai fatto male. Dai spogliati. Fammi vedere a che punto sei?”  Abbasso i pantaloni e con essi anche gli slip. Il mio ariete schizza sull’attenti. Carla lo guarda come se fosse la prima volta. “È bellissimo. Il tuo fallo darebbe la felicità a molte donne ed io sono una di quelle. Vuoi che ti faccia un pompino?” Ho un grosso desiderio di sentire le sue labbra avvolgere il mio cazzo; sentire il caldo della sua bocca. “No. Voglio solo metterlo nella tua vagina e scaricare nel tuo ventre il mio piacere. Girati e poggia le mani sulla scrivania.” Lei invece si piega sulle ginocchia e avvicina la bocca al gonfio glande. “Lasciami fare. Ho voglia di succhiartelo. Non ti preoccupare. Non ti farò venire. Il tuo seme lo depositerai nel mio ventre.” Apre la bocca e avvolge con le sue caldi labbra il mio alieno. Lo lecca. Lo succhia. Una sua mano e fra le mie cosce ed avvolge i miei gonfi testicoli. L’astinenza fa si che i miei ormoni vadano subito in ebollizione. Il pene vibra. È in quel momento che sento una forte stretta sulla borsa scrotale. Mi fa male. Grido dal dolore. Lei smette di succhiarmi il cazzo. Si rimette in piedi. Si gira verso la scrivania, poggia le mani sulla stessa ed indietreggia con il corpo piegandosi contemporaneamente in avanti. Allarga le gambe. Gira la testa. “Dai. Non tentennare. Dammelo. Sono pronta.” Mi porto dietro di lei. Con le mani le allargo le natiche. Avvicino il glande alle pulsanti grandi labbra e la penetro. Affondo nel suo corpo con lentezza. È talmente irrorata di umori che non faccio nessun sforzo per entrare. Quando il mio pube entra in contatto con le sue natiche fermo la spinta. Il mio cazzo è per tutta la sua lunghezza dentro il ventre di mia madre. Le metto le mani sui fianchi e comincio a chiavarla. Prima lentamente e poi sempre con più foga. Sento i suoi mugolii di piacere riempire la stanza. Il mio dentro fuori diventa più veloce. Sento il piacere invadere i miei testicoli e lo sperma incomincia a salire lungo il condotto uretrale. Come un vulcano erutto il mio seme nella vagina di Carla. “Sì. È bello sentire il tuo caldo sperma schiacciarsi contro il mio utero. Mi stai innaffiando.” Esausto mi abbandono sulla sua schiena. Avvicino la bocca al suo orecchio e le sussurro. “Non credere di cavartela così. Il giorno non è ancora finito e la notte deve ancora cominciare.” Non solo la notte fu densa di battaglie campali consumate fra le cosce di mia madre, ma per un mese intero i nostri momenti liberi li trascorriamo sollazzandoci. Il corpo di Carla diventa il mio trastullo. Ed è cosi che un mese passa. È venerdì quando rientro. La casa è in silenzio. Carla non c’è. Vado in cucina. Sul tavolo vedo una busta da lettere. La prendo. È indirizzata a me. L’apro. Riconosco la scrittura di mia madre. Leggo. Alla fine della lettura ho bisogno di sedermi. Carla mi scrive di essere incinta e che per il mio è suo bene è necessario separarci. Di non cercarla perché una nostra ricongiunzione sarebbe inutile. Non mi dimenticherà è che il figlio che porta in grembo sarà sempre lì a ricordarle i fantastici giorni trascorsi fra le mie braccia. Sono prostrato. La mia mente è in subbuglio. Anche mia madre come mia nonna mi ha lasciato. Nonostante le mie ricerche non riesco a trovare nessuna delle due. Un sogno ha fine. Il tempo lenisce qualsiasi ferita. Passano gli anni. Ho conosciuto una bella ragazza e l’ho sposata. Mi ha dato tre splendidi bambini. Sono felice della mia nuova vita. Di tanto in tanto la mia mente divaga e mi vedo stretto tra due meravigliose e splendenti donne: mia nonna e mia madre.
Fine
P. S.: questo è un racconto di pura fantasia. Ogni riferimento a persone o fatti realmente accaduti è puramente occasionale.

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