Un Uomo incompleto

Scritto da , il 2010-05-05, genere etero

Appena sceso dall'aereo, Claudio riempì i polmoni di quell'aria frizzante, tipica della primavera romana, che lo accolse dandogli il benvenuto insieme a un sole caldo e avvolgente.
Lo attendevano tre giorni pieni di incontri, di cene tra operatori del settore, di strette di mano fugaci, di chiacchiere politiche, utili alle sue relazioni personali e, forse, a lenire quel dolore proprio al centro del petto, dove il cuore aveva iniziato ad accelerare i suoi battiti appena messo piede a terra.
Roma gli ricordava, nonostante fosse passato un anno, un amore che lo aveva sconquassato totalmente, così profondamente da farlo accartocciare su sé stesso godendo del suo dolore, delle sue lacrime... senza scampo.
Il percorso in taxi dall'aeroporto all'albergo, al centro di Roma (incontrarsi e soggiornare nel centro di ogni città ha un forte impatto istituzionale e commerciale), lo aveva pugnalato ancora, attraversandogli la mente con le sensazioni, mai dimenticate, di allora.
Ancora col cuore in gola, scese all'albergo assegnatogli, entrò nella hall, ricevendo un sorriso stampigliato sulla bocca del portiere, che si ricordava ancora di lui nonostante il tempo trascorso. Era lo stesso albergo dove aveva trascorso l'ultimo giorno con Stefania, dove Claudio aveva avuto la consapevolezza, nel suo ultimo atto erotico, che l'avrebbe perduta...
Emozionato, salì con l'ascensore fino al terzo piano. E con la stessa emozione, entrò nella stanza...
Un'altra stilettata forte, proprio sotto lo sterno, dove lo stomaco stentava ad accordarsi con il diaframma in una stretta che gli limitava il respiro...
La stanza era in penombra, l'atmosfera quasi identica all'altra: il colore delle tende, del copriletto, fortunatamente, erano diversi anche se la disposizione era la stessa. Amava la penombra... gli dava la sensazione di non doversi scoprire, di poter mantenere il mondo vicino al suo corpo, senza nessuna dispersione...
I contorni di quella scena impressa nella sua mente presero lentamente a divenire sempre più consistenti, netti, reali: Stefania seduta sul letto, vestita...Claudio di fronte con la testa di lei tra le sue mani, trattenendola sul suo ventre...un atto di estrema tenerezza, quasi a volerla fissare nel suo grembo in un gesto solitamente femminile che in Claudio era una prerogativa naturale. Le accarezzava i capelli mentre il volto di Stefania premeva poco sotto l'ombelico...
Immediata la reazione del suo sesso che, a contatto con il dolce premere del viso di lei, si era istintivamente risvegliato, anche se ostacolato e contenuto dai boxer.
Stefania capiva il bisogno di Claudio di farsi accogliere tra le sue labbra e non impedì lo sciogliersi del suo abbraccio intorno ai fianchi di lui, iniziando a sbottonare i pantaloni, guardandolo negli occhi, muta, in quel silenzio così carico di parole...così pieno delle richieste d'amore di entrambi... un amore diverso e incompleto...
Claudio trattenne il respiro mentre lei apriva le sue labbra ad esaudire il desiderio di un diverso abbraccio, caldo, intorno al suo sesso...trattenne il respiro per non rompere l' armoniosa simmetria di quel momento.
Lo accolse dentro di sé e mentre questo accadeva, Claudio perdeva ogni laccio, ogni legame, ogni catena per farsi uccidere per sempre...
Avrebbe voluto che quell'istante durasse in eterno. Non voleva sgorgare dentro di lei subito, così come avrebbe desiderato, perché sapeva che, facendolo, le avrebbe regalato la parte più viva dell'uomo che amava perdutamente questa donna e ne sarebbe rimasto privo per il resto della sua vita. Lei sarebbe stata la sua morte, da quel momento in poi.
Ma ormai era troppo tardi: fiotti caldi accompagnarono l'urlo soffocato di Claudio, un urlo che sarebbe stato liberatorio se i sentimenti di liberazione fossero stati diversi, se il pianto non lo avesse preso subito dopo, sconquassandogli il petto, trafiggendolo di lame roventi, dell'odore dell'abbandono che di lì a poco lo avrebbe ghermito...
Lo squillo del cellulare lo riportò repentinamente alla realtà.
Incapace di riprendere il contatto con la materia intorno, il display luminoso gli sembrò l'unico appiglio che avesse, in quel momento, per riafferrare la coscienza di sé stesso.
Guardò il numero... ancora stordito dall'invasione brutale di quel ricordo, non riuscì a riconoscere subito il nome sul display...poi, scosso da un' istantanea rimembranza, si costrinse a rispondere: era Clarissa, la sua confidente speciale di Roma.
Tra tutte le donne cui aveva permesso di avvicinarsi a lui, dopo l'abbandono di Stefania, Claudio scelse lei, la quarta nell'ordine temporale, per affidarle tutto di sé stesso. Clarissa era riuscita, mesi prima, a fargli esperire una repressione rabbiosa che Claudio nutriva nei confronti di un mondo dove non sapeva più vivere dal momento in cui Stefania aveva abbandonato la sua vita, dal momento in cui lei aveva bruscamente interrotto prima il contatto fisico, lasciandolo lì, in quella camera di albergo, e poi negandosi al telefono nei mesi successivi.
Clarissa era stata il cuscino per raccogliere le sue lacrime, il muro dove sbattere i pugni, il contenitore dei suoi insulti. Il vaso dove che lui aveva riempito con le delusioni di una vita incompiuta. L'uomo incompleto...
Lei non lo aveva abbandonato, pur conscia della potenza demolitrice delle emozioni così scardinanti di Claudio. Aveva, lei, una grande forza in sé, tale da non farsi umiliare nei momenti più drammatici dei pensieri di Claudio durante le loro conversazioni telefoniche. Clarissa non aveva altro modo per aiutarlo...se non offrirgli il proprio cuore, così puro e incontaminato nonostante tutto...il suo corpo, anche se da lontano Claudio non poteva assaporarne il calore e la tenerezza... il suoi orgasmi, le cui finalità erano sconosciute ad entrambi...Un rapporto dove l'Amore, l'Amicizia, la Stima andavano oltre l'accezione delle parole...E non si erano mai incontrati di persona ma Claudio riponeva tutta la sfiducia in lei, sentimento che Clarissa riusciva a rimodellargli addosso, accendendolo di nuova luce... anche se Claudio aveva in bisogno fisico di perdersi e per lei lui era burrasca, vento e fuoco, profondità, rosso, nero, lama, artiglio, carezza, corpo, neve, sale, lucciola, nubi, lingua, fianchi, odore, sangue...
Tutto, fino a quel momento, era stato un intenso scambio di emozioni...
Claudio fu felice di sentire la voce di Clarissa ricordargli il loro appuntamento quel pomeriggio e lo fu altrettanto quando, guardando l'orologio, si accorse che mancava veramente poco a quell'incontro.
Conclusero subito la telefonata. Clarissa stava arrivando...
Disfò la valigia. Sfilò dalla borsa alcuni documenti che gli sarebbero serviti per la riunione nel tardo pomeriggio e si abbandonò sotto il getto ristoratore della doccia.
Avvolto nell'accappatoio e immerso in pensieri senza forma, si avvicinò alle ante della finestra che lo invitavano a spiare l'andirivieni quotidiano di quella strada del centro romano. La luce esterna, splendente nel primo pomeriggio, urtò stridente dentro ai suoi occhi. Le rondini garrivano felici, librandosi nell'aria, felici della luce cui andavano incontro con piroette istantanee. Un giorno Clarissa gli aveva confidato di stupirsi ogni volta che le rondini, garrendo, le regalavano il senso dello stupore. Ma Claudio stava così bene dentro la sua penombra...
Vide un taxi fermarsi davanti all'ingresso dell'albergo dal quale sbucò una scarpa femminile, elegante, che fasciava, almeno gli pareva che così fosse, un altrettanto piede elegante, aggraziato - che buffo, pensò -, come se la proprietaria di quella scarpa fosse intenta a parlottare con l'autista. L'immagine della scarpa lo distrasse dallo sproloquio insensato con sé stesso perché preso dalla curiosità di vedere il resto di quel piede solitario.
Vide la donna posare l'altro piede, una mano afferrare la maniglia della portiera e, finalmente, un casco biondo e spettinato emergere dal buio dell'auto. Si rese immediatamente conto che quel casco spettinato apparteneva a Clarissa, mettendo a fuoco il ricordo delle foto che lei gli aveva spedito. Tolse l'accappatoio, infilò i pantaloni e si gettò addosso la prima camicia pulita a portata di mano... accidenti...i calzini, le scarpe...
Non fece in tempo a pensare questo che un leggero bussare arrivò attraverso la porta.
Stramaledicendosi (aveva perso troppo tempo a rileggersi il dolore dentro) urlò: "un momento!". Saltellando mentre infilava la seconda scarpa, arrivò alla porta, la aprì e, prima ancora di vederne la figura, sentì il profumo lieve di Clarissa...muschio, arancio, altre essenze che non riuscì a cogliere...ma era un profumo che la identificava e, anche se mai si erano incontrati, lui "sapeva" essere quello...prodigiosa la forza della mente, quando si mescola alle strane alchimie umane...
Clarissa lo abbracciò, senza attendere che la porta si chiudesse dietro le sue spalle e da quell'abbraccio ambedue avvertirono la straordinaria e calda umanità che li accomunava.
Fu Clarissa, quindi, a chiudere il mondo fuori da quella stanza.
Fu lei ad avvicinarsi a Claudio, ad abbracciarlo ancora, a prendergli il volto tra le mani, a baciarlo sulle labbra...a far forza sul suo petto per farlo indietreggiare, per farlo abbandonare sul letto...e fu sempre lei ad accovacciarsi sul suo corpo, a sbottonargli la camicia e lasciargli le sue labbra sulla pelle.
Claudio rimase muto, ansimante di fronte a quella passionalità che aveva sentito molte volte, al telefono, crescere e abbandonarsi, rilasciare dolore e gioia insieme, stille di lacrime amare e giocose, schegge di una Donna che Claudio riteneva straordinariamente in grado di farlo "andare dall'altra parte di sé". L'unica che, se avesse mai fallito, lo avrebbe ucciso ulteriormente, lasciando il suo cadavere vagante e perduto nel nulla dell'oblìo.
Sentiva le mani di Clarissa percorrergli delicatamente la pelle. In quei gesti lievi Claudio riusciva, lentamente, a ritrovare sé stesso, dopo tanto, troppo tempo trascorso in errabonde, fraudolente e fugaci apparizioni femminili.
Non riusciva più a resistere alla tentazione di sentire la pelle di Clarissa né voleva evitare l' appropriazione di quel corpo migliore, migliore per ciò che era al suo interno.
Così, in silenzio, Claudio la abbracciò e, facendo questo, rovesciò la situazione, delicatamente, adagiandosi sul corpo di lei, ancora vestiti della loro identità ma pronti alla reciproca equivalenza, dove lui diveniva lei...dove le mani erano le mani dell'altro...dove non c'era un dominatore né un dominato, giacché c'era una assoluta somiglianza tra i due ruoli... tra i due corpi...
Adagiato su Clarissa, Claudio iniziò a baciarla...i baci erano lenti, prolungati come prolungato era il momento che non volevano fermare... come la mano che le cercava il sesso, dove quella di lei si intrecciava nella sua in un unico strumento di piacere...piccola ampolla dal prezioso nettare che mille volte aveva desiderato bere, mai pago di assetarsi...
A questo punto Clarissa sussurrò al suo orecchio "prendimi"...
Entrò in lei e non sentì altro che fuoco ardente, vitale, impetuoso. Capì, in quel momento, che il passato stava scomparendo, che lui non voleva più perdersi nei meandri dei tuguri della sua e altrui anima. La penetrava e i suoi polmoni respiravano aria piena. La guardava chiudere gli occhi per godere di quegli istanti.
Affondò dentro di lei anche se per un attimo, un attimo solo avrebbe voluto distruggerla, annientarla...mentre orgasmi la pervadevano, mentre lei perdeva i sensi, tutti, in quel donarsi completamente...
"Berrò ogni stilla di te: lacrime, sudore, saliva, seme. Così disseterò il mio corpo. E ogni pensiero che sgorgherà da te andrà direttamente al mio cuore". Questo gli disse, e così dicendo lo obbligò a fermarsi. Approfittando del suo smarrimento, Clarissa si mise in ginocchio davanti a lui, lo baciò appassionatamente sulle labbra e, percorrendo il suo corpo, accolse il suo sesso nella sua gola...mentre Claudio, inerme, si lasciava prendere così, atterrito da quell'atto che gli ricordava l'ultimo atto di una commedia dolorosa.
Il calore e il desiderio della bocca di Clarissa lo riportarono per un attimo indietro nel tempo. Avrebbe voluto strapparle i capelli, rabbiosamente, ma aveva un casco spettinato tra le mani, un casco che non riconosceva perché non era quello di allora, più morbido e giocoso e una bocca diversa che gli stava succhiando l'anima...completamente...
Ecco, Clarissa lo stava portando dall'altra parte...altrove, dove tutto poteva essere diverso...
Le esplose nella gola, piangendo e ridendo insieme, grato per la vita a questa Donna che era stata in grado di compiere questo miracolo, che le aveva impresso nuova identità, dove non sarebbe più stato un Uomo Incompleto...

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