Come ho conosciuto mio marito – L'Indecenza in Diretta (27 dicembre)
di
Lizbeth Gea
genere
esibizionismo
Quest’opera è di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi ed eventi sono frutto dell’immaginazione dell’autore o usati in modo fittizio.
Sara si svegliò nel cuore della notte, il suo corpo ancora scosso dagli spasmi nervosi. Era passata dall'estasi della sottomissione con Leyla a una paura incondizionata, alimentata dal messaggio glaciale di Marco arrivato poco prima: "Il tuo corpo diventerà un'icona digitale..." Quella frase le rimbombava in testa, mescolando l'umiliazione appena subita con la consapevolezza che il suo corpo era diventato merce per la rete.
Alle prime luci dell'alba, la sua disperazione raggiunse il limite. Afferrò il telefono e chiamò Marco, la sua voce un sussurro rauco e quasi irriconoscibile. «Dimmi chi è, Marco! Devi dirmelo! Che significa 'icona digitale'? Questa è un’invasione della mia vita, è oltre ogni accordo! Ti prego, dimmi cosa vuole quest’uomo da me!»
Marco rispose con una freddezza che le gelò il sangue nelle vene. «È il tuo prossimo cliente, Sara. È un hacker potentissimo, ma è meno pericoloso di quanto sembri. Ti voleva solo mettere nel mood giusto per il suo spettacolo. Non vuole sesso da te, ti vuole solo sfruttare la tua vanità. Dovrai esibirti online per uno sparuto gruppo di clienti facoltosi, le istruzioni te le darà direttamente lui. Siamo a metà del gioco, Sara. Fallo e basta.» Sara urlò nel telefono, le lacrime che le bruciavano le guance: «Sei un bastardo! Mi stai distruggendo l'anima! Non sono una...»
«Non lo sei, Sara. Credimi, lo sto facendo per te. Ora vai. Ricordati che puoi andartene quando vuoi; fino ad ora hai guadagnato 50.000 euro, e secondo me te ne servono di più» tagliò corto Marco, riattaccando con un click brutale che risuonò nella stanza come uno sparo.
Il pensiero di essere alla mercé di uno sconosciuto non le piaceva, ma Marco aveva ragione: aveva bisogno di soldi.
Sara attese ansiosamente per tutta la giornata notizie e istruzioni. A pranzo mangiò per distrarsi, e telefonò ai suoi figli che si stavano divertendo a Cortina; il figlio più piccolo sembrava essersi innamorato di una donna matura. Alle tre del pomeriggio, ricevette un messaggio: doveva recarsi verso uno studio cinematografico rinomato. Non era importante cosa indossasse, visto che sarebbe stata truccata e vestita direttamente lì. Quindi si mise un paio di jeans, una camicia e un maglione.
L'indirizzo la condusse in un grande complesso cinematografico a Cinecittà. Lo studio di posa era elegante, con pavimenti in resina lucida e un'aria di lusso discreto. Ad attenderla in un camerino di velluto rosso c'era un'équipe muta. Una stylist silenziosa le porse il suo "costume". Non un costume, ma la sua maschera: un body in lattice nero lucido che le fasciava il corpo come un guanto, esaltando ogni curva matura, e un paio di stivali al ginocchio con tacchi a spillo che la rendevano alta e maestosa. Il lattice, freddo e teso, le dava una sensazione di costrizione erotica, un'armatura sensuale. Era vestita come una diva del peccato. L'ultima cosa che le diedero fu l'attrezzatura: un auricolare in-ear color carne, che le permetteva di ricevere gli ordini in tempo reale dall'hacker, rendendo la sua sottomissione un atto privato e immediato; e l'anello, una spessa fascia d'argento con incastonata una micro-telecamera HD, che non solo era l'occhio del pubblico (trasmettendo il suo primo piano in continuazione), ma era anche un simbolo tangibile della sua proprietà. Il suo viso fu truccato con un fondotinta perfetto e gli occhi cerchiati di nero intenso, trasformando la sua paura in una bellezza tragica e disperata.
Quando entrò nello studio di posa principale, il contrasto fu scioccante. Il set era allestito come un boudoir futuristico, con tende di seta grigia e un letto rotondo di pelle bianca, ma al centro dominavano tre schermi di controllo. Al posto di un regista, c'era l'hacker: un ragazzo sui venticinque anni, gli occhi privi di emozione, fissi sui suoi feed. L'umiliazione si giocava sul set di un film che nessuno avrebbe mai visto.
«Lady Shame,» disse l'hacker con voce meccanica, usando il nickname provocatorio. «Metti l'anello e l'auricolare. Il feed è attivo sulla piattaforma 'The Gaze'. Abbiamo 70.000 abbonati ultra-premium che pagano per vedere te, la loro icona della degradazione di lusso. L'anello è il loro occhio. I miei ordini arriveranno solo tramite l'auricolare. La tua voce è l'unica cosa che ci lega alla realtà.»
Sara infilò l'anello, sentendo il peso freddo della telecamera sulla mano. Il suo corpo fasciato nel lattice apparve in un primo piano brutale sui monitor. L'auricolare si accese, e una voce digitalizzata e fredda le sibilò nelle orecchie: «Primo ordine. Mettiti a quattro zampe sul letto di pelle bianca. Devi dimostrare che sei una proprietà, un oggetto d'arte comprato. Inquadra il tuo culo. Leggi ad alta voce le tre richieste più oscene della chat. Voglio che la tua vanità si sfracelli contro l'orrore di questo lusso.»
Sara obbedì, sentendo il lattice scricchiolare mentre si posizionava sulla pelle bianca del letto. Si contorse per far inquadrare il suo sedere maturo e sodo avvolto nel lattice. La chat era un fiume di richieste sporche. Sara lesse, la voce inizialmente incrinata, poi sempre più rassegnata: «La sua figa matura è perfetta per un’orgia di gruppo, voglio vedere i suoi peli pubici subito!» «Vogliamo vederla leccare il suo culo subito, cagna! Fallo per i nostri soldi!» «Sei solo la schiava del nostro desiderio, inginocchiati e supplica il tuo padrone digitale! Fai la faccia da puttana disperata!» La Paura era lì, ma l'Eccitazione si mescolava in modo insopportabile: la sua vanità, quella parte di lei che amava essere guardata, stava urlando di piacere in quel vuoto lussuoso. Il lattice le si appiccicò ai peli pubici, un attrito costante che intensificava l'umidità. Il suo sesso maturo divenne immediatamente e abbondantemente bagnato, un segno inequivocabile di sottomissione.
Il silenzio radio dell'auricolare si interruppe, la voce metallica ordinò: «Lady Shame, il pubblico chiede uno spettacolo degno del tuo prezzo. Devi onorare il lattice e gli stivali. Primo ordine: Spogliarello Lento. Devi togliere il body pezzo per pezzo con una lentezza agonizzante. Ogni parte della tua carne esposta è un pagamento. Mentre ti spogli, devi palparti con aggressività. Devi eccitare te stessa per l'occhio della telecamera.»
Sara si alzò, le ginocchia che tremavano sotto il peso degli stivali alti. Iniziò a sfilare i guanti di lattice, le sue mani si mossero sul proprio corpo come quelle di un'amante crudele. Gli occhi erano fissi sull'obiettivo dell'anello. Prese il bordo del body sul fianco, e lo tirò giù con una lentezza esasperante. Quando il body le scoprì il seno pieno, Sara si afferrò i capezzoli, strizzandoli e torcendoli fino a farli diventare scuri e rigidi. Si schiaffeggiò il petto con un suono secco e umido, che veniva amplificato dagli schermi, e la sua pelle si arrossò istantaneamente. Leggeva i commenti che imploravano: «Sì! Fatti male, cagna! Fallo per noi!» L'umiliazione di doversi fare violenza da sola, su ordine di un pubblico anonimo, era un potente afrodisiaco.
Il body scese lentamente sui suoi fianchi e sul suo ventre. Sara posò le mani sulla sua passera bagnata, sfregando il clitoride con un gesto volgare e pubblico, ma i suoi occhi mostravano una finta vergogna che faceva impazzire la chat. Quando il body fu a terra, era completamente nuda, il suo corpo maturo e tonico esposto in una luce al neon crudele. Non c'era più nulla da nascondere. L'odore acre del suo sudore si mescolò all'odore di gomma del lattice appena tolto, una combinazione potente di sottomissione e desiderio.
«Secondo ordine. Sei completamente nuda. Inquadra i tuoi seni e i tuoi capezzoli. Adesso, il pubblico vuole l'umiliazione della merce. Ti è stata fornita della frutta. Usala per il pestaggio simbolico della tua dignità.»
Sul tavolo di vetro, c'erano due pompelmi maturi e sodi. L'auricolare non lasciò spazio a dubbi: «Devi schiacciarti i pompelmi sul corpo, Lady Shame. Devi distruggere la frutta sul tuo seno e sul tuo sesso. Simboleggia il tuo corpo, che è stato schiacciato per il profitto.»
Sara afferrò i pompelmi. Con un urlo di rabbia repressa, ne prese uno e lo sbatté con forza contro il suo petto. Il succo agro e freddo la schizzò sul viso e sul seno, lasciando le fibre rosse e bianche appiccicate ai capezzoli rigidi. Poi prese il secondo, e lo schiacciò con entrambe le mani direttamente sul suo sesso umido e abbondante. Il succo, misto al suo umore, inondò la sua coscia. L'odore pungente di agrumi e umidità vaginale era un'esperienza sensoriale perversa. Sara si mise a quattro zampe sul letto bianco, il succo appiccicoso che le colava sul corpo. L'atto di distruggere era diventato un'estasi.
«Terzo ordine. Il pubblico ha votato, e vuole il tuo fisting anale e la doppia penetrazione. Inquadra il tuo ano. Il fisting anale è il tabù più estremo. Devi penetrarti l’ano con il pugno. Ora.»
Il corpo di Sara era ormai schiavo della sua stessa eccitazione. Si voltò sui fianchi, inquadrando l'obiettivo sulle sue natiche. Il fisting anale non fu più un dolore, ma una sfida. Sara usò le dita con furia, poi la mano. Spingeva il pollice, poi l'indice, forzando la sua carne a cedere con brutalità. Un dolore cieco si trasformò in un piacere viscerale che le strappò un gemito rauco. Quando il pugno fu quasi dentro, il suo corpo rispose con una serie di spasmi viscerali. Continuò, il suo ano si allargava lentamente, cedendo all'invasione. La sua passera grondava per l'eccitazione masochista, l'umiliazione era un afrodisiaco potente che le dava un controllo perverso sul suo corpo.
«Quarto ordine. L’hacker non si accontenta. Voglio la tua performance di degradazione massima. Ti è stato fornito un oggetto specifico. Usalo per farti tripla penetrazione. Anale, vaginale e orale. Voglio penetrazione con il vibratore vaginale, un dildo anale, e il terzo oggetto lo voglio nella tua bocca. E devi raggiungere l’orgasmo in tutte e tre le cavità, leggendo contemporaneamente le richieste più estreme. Il picco di engagement è il tuo orgasmo.»
Sara si ritrovò con un dildo triplo e un vibratore. Si posizionò in ginocchio, la testa abbassata. Prese il vibratore e lo spinse nella sua vulva, poi il dildo triplo nell'ano. La terza parte, un plug appuntito, se la portò in bocca, sentendo il sapore metallico e amaro. Era completamente invasata, il suo corpo una macchina del sesso triplamente abusata. Mentre si spingeva gli oggetti, sentì la voce nell'auricolare ripeterle l'ordine: «Adesso, spingi l'anello, Lady Shame. Inquadra il tuo viso mentre la spinta ti distrugge.» Sara, forzò il braccio, le vene in evidenza sul collo.
Mentre le cavità venivano riempite e stimolate, l'auricolare le ordinò di leggere: «Ora urla che sei la puttana del debito! Grida che la tua figa è solo un bancomat, e che ti piace essere una schiava digitale! Voglio la prova che il tuo piacere è la nostra merce!» Sara obbedì, il suo viso una maschera di estasi e disperazione. Le spinte erano sincronizzate, il suo ano e la sua vagina si contraevano attorno agli oggetti. Urlò la sua vergogna, urlando al contempo il suo piacere più sporco: «Sì! Vostra! Sono vostra! Usatemi! Non fermatevi!» L'orgasmo fu un urlo finale, un crollo nervoso e fisico, che la lasciò riversa sul letto bianco, bagnata di succo di pompelmo, sudore, lacrime e fluidi.
L'hacker spense la live con un click, lasciandola tremante, esausta, e umiliata in modo totale. Le lanciò la busta dei 10.000 euro sul pavimento lucido, un gesto che valeva più di un insulto.
Sara si rivestì, la rabbia tornava, più forte del piacere. Prese il telefono e chiamò Marco, urlando la sua frustrazione. «Marco! Ho i tuoi 10.000 euro! Maledetto, prendili tu! Non voglio questo schifo! Sono un mostro! Non mi parlare più!» Il litigio era la sua unica valvola di sfogo.
Marco rispose con un tono improvvisamente cambiato, quasi affettuoso. «Bravissima, Sara. Sei bravissima, e l'affare è chiuso. Tieni i tuoi soldi, li hai guadagnati. Ascolta, ti passo una persona che vuole darti i complimenti. Forse lei ti può calmare un po', la sua opinione ti è sempre importata.» Marco mise il telefono in vivavoce e una voce familiare, calda e nostalgica, prese il sopravvento.
«Ciao, Sara. Sono Elisa. Marco mi ha parlato di te, e di come stai lavorando sodo... Mi ha dato il tuo numero. Non vedo l'ora di rivederti. Ti prego, chiamami appena hai un minuto libero. Ho così tante cose da dirti...» La voce di Elisa, la sua ex amante e il suo primo amore, fu un'iniezione di calma inaspettata. Sara si sentì immediatamente meglio, il cuore che batteva per un'emozione diversa dalla paura o dalla rabbia. L'idea di rivedere Elisa, l'unica che aveva amato in quel modo, la fece sorridere con una gioia autentica e complessa. La sua disperazione si trasformò in una curiosa eccitazione per il domani. L'incontro con Elisa era ora l'unica cosa che contava, una piccola, sporca speranza.
Sara si svegliò nel cuore della notte, il suo corpo ancora scosso dagli spasmi nervosi. Era passata dall'estasi della sottomissione con Leyla a una paura incondizionata, alimentata dal messaggio glaciale di Marco arrivato poco prima: "Il tuo corpo diventerà un'icona digitale..." Quella frase le rimbombava in testa, mescolando l'umiliazione appena subita con la consapevolezza che il suo corpo era diventato merce per la rete.
Alle prime luci dell'alba, la sua disperazione raggiunse il limite. Afferrò il telefono e chiamò Marco, la sua voce un sussurro rauco e quasi irriconoscibile. «Dimmi chi è, Marco! Devi dirmelo! Che significa 'icona digitale'? Questa è un’invasione della mia vita, è oltre ogni accordo! Ti prego, dimmi cosa vuole quest’uomo da me!»
Marco rispose con una freddezza che le gelò il sangue nelle vene. «È il tuo prossimo cliente, Sara. È un hacker potentissimo, ma è meno pericoloso di quanto sembri. Ti voleva solo mettere nel mood giusto per il suo spettacolo. Non vuole sesso da te, ti vuole solo sfruttare la tua vanità. Dovrai esibirti online per uno sparuto gruppo di clienti facoltosi, le istruzioni te le darà direttamente lui. Siamo a metà del gioco, Sara. Fallo e basta.» Sara urlò nel telefono, le lacrime che le bruciavano le guance: «Sei un bastardo! Mi stai distruggendo l'anima! Non sono una...»
«Non lo sei, Sara. Credimi, lo sto facendo per te. Ora vai. Ricordati che puoi andartene quando vuoi; fino ad ora hai guadagnato 50.000 euro, e secondo me te ne servono di più» tagliò corto Marco, riattaccando con un click brutale che risuonò nella stanza come uno sparo.
Il pensiero di essere alla mercé di uno sconosciuto non le piaceva, ma Marco aveva ragione: aveva bisogno di soldi.
Sara attese ansiosamente per tutta la giornata notizie e istruzioni. A pranzo mangiò per distrarsi, e telefonò ai suoi figli che si stavano divertendo a Cortina; il figlio più piccolo sembrava essersi innamorato di una donna matura. Alle tre del pomeriggio, ricevette un messaggio: doveva recarsi verso uno studio cinematografico rinomato. Non era importante cosa indossasse, visto che sarebbe stata truccata e vestita direttamente lì. Quindi si mise un paio di jeans, una camicia e un maglione.
L'indirizzo la condusse in un grande complesso cinematografico a Cinecittà. Lo studio di posa era elegante, con pavimenti in resina lucida e un'aria di lusso discreto. Ad attenderla in un camerino di velluto rosso c'era un'équipe muta. Una stylist silenziosa le porse il suo "costume". Non un costume, ma la sua maschera: un body in lattice nero lucido che le fasciava il corpo come un guanto, esaltando ogni curva matura, e un paio di stivali al ginocchio con tacchi a spillo che la rendevano alta e maestosa. Il lattice, freddo e teso, le dava una sensazione di costrizione erotica, un'armatura sensuale. Era vestita come una diva del peccato. L'ultima cosa che le diedero fu l'attrezzatura: un auricolare in-ear color carne, che le permetteva di ricevere gli ordini in tempo reale dall'hacker, rendendo la sua sottomissione un atto privato e immediato; e l'anello, una spessa fascia d'argento con incastonata una micro-telecamera HD, che non solo era l'occhio del pubblico (trasmettendo il suo primo piano in continuazione), ma era anche un simbolo tangibile della sua proprietà. Il suo viso fu truccato con un fondotinta perfetto e gli occhi cerchiati di nero intenso, trasformando la sua paura in una bellezza tragica e disperata.
Quando entrò nello studio di posa principale, il contrasto fu scioccante. Il set era allestito come un boudoir futuristico, con tende di seta grigia e un letto rotondo di pelle bianca, ma al centro dominavano tre schermi di controllo. Al posto di un regista, c'era l'hacker: un ragazzo sui venticinque anni, gli occhi privi di emozione, fissi sui suoi feed. L'umiliazione si giocava sul set di un film che nessuno avrebbe mai visto.
«Lady Shame,» disse l'hacker con voce meccanica, usando il nickname provocatorio. «Metti l'anello e l'auricolare. Il feed è attivo sulla piattaforma 'The Gaze'. Abbiamo 70.000 abbonati ultra-premium che pagano per vedere te, la loro icona della degradazione di lusso. L'anello è il loro occhio. I miei ordini arriveranno solo tramite l'auricolare. La tua voce è l'unica cosa che ci lega alla realtà.»
Sara infilò l'anello, sentendo il peso freddo della telecamera sulla mano. Il suo corpo fasciato nel lattice apparve in un primo piano brutale sui monitor. L'auricolare si accese, e una voce digitalizzata e fredda le sibilò nelle orecchie: «Primo ordine. Mettiti a quattro zampe sul letto di pelle bianca. Devi dimostrare che sei una proprietà, un oggetto d'arte comprato. Inquadra il tuo culo. Leggi ad alta voce le tre richieste più oscene della chat. Voglio che la tua vanità si sfracelli contro l'orrore di questo lusso.»
Sara obbedì, sentendo il lattice scricchiolare mentre si posizionava sulla pelle bianca del letto. Si contorse per far inquadrare il suo sedere maturo e sodo avvolto nel lattice. La chat era un fiume di richieste sporche. Sara lesse, la voce inizialmente incrinata, poi sempre più rassegnata: «La sua figa matura è perfetta per un’orgia di gruppo, voglio vedere i suoi peli pubici subito!» «Vogliamo vederla leccare il suo culo subito, cagna! Fallo per i nostri soldi!» «Sei solo la schiava del nostro desiderio, inginocchiati e supplica il tuo padrone digitale! Fai la faccia da puttana disperata!» La Paura era lì, ma l'Eccitazione si mescolava in modo insopportabile: la sua vanità, quella parte di lei che amava essere guardata, stava urlando di piacere in quel vuoto lussuoso. Il lattice le si appiccicò ai peli pubici, un attrito costante che intensificava l'umidità. Il suo sesso maturo divenne immediatamente e abbondantemente bagnato, un segno inequivocabile di sottomissione.
Il silenzio radio dell'auricolare si interruppe, la voce metallica ordinò: «Lady Shame, il pubblico chiede uno spettacolo degno del tuo prezzo. Devi onorare il lattice e gli stivali. Primo ordine: Spogliarello Lento. Devi togliere il body pezzo per pezzo con una lentezza agonizzante. Ogni parte della tua carne esposta è un pagamento. Mentre ti spogli, devi palparti con aggressività. Devi eccitare te stessa per l'occhio della telecamera.»
Sara si alzò, le ginocchia che tremavano sotto il peso degli stivali alti. Iniziò a sfilare i guanti di lattice, le sue mani si mossero sul proprio corpo come quelle di un'amante crudele. Gli occhi erano fissi sull'obiettivo dell'anello. Prese il bordo del body sul fianco, e lo tirò giù con una lentezza esasperante. Quando il body le scoprì il seno pieno, Sara si afferrò i capezzoli, strizzandoli e torcendoli fino a farli diventare scuri e rigidi. Si schiaffeggiò il petto con un suono secco e umido, che veniva amplificato dagli schermi, e la sua pelle si arrossò istantaneamente. Leggeva i commenti che imploravano: «Sì! Fatti male, cagna! Fallo per noi!» L'umiliazione di doversi fare violenza da sola, su ordine di un pubblico anonimo, era un potente afrodisiaco.
Il body scese lentamente sui suoi fianchi e sul suo ventre. Sara posò le mani sulla sua passera bagnata, sfregando il clitoride con un gesto volgare e pubblico, ma i suoi occhi mostravano una finta vergogna che faceva impazzire la chat. Quando il body fu a terra, era completamente nuda, il suo corpo maturo e tonico esposto in una luce al neon crudele. Non c'era più nulla da nascondere. L'odore acre del suo sudore si mescolò all'odore di gomma del lattice appena tolto, una combinazione potente di sottomissione e desiderio.
«Secondo ordine. Sei completamente nuda. Inquadra i tuoi seni e i tuoi capezzoli. Adesso, il pubblico vuole l'umiliazione della merce. Ti è stata fornita della frutta. Usala per il pestaggio simbolico della tua dignità.»
Sul tavolo di vetro, c'erano due pompelmi maturi e sodi. L'auricolare non lasciò spazio a dubbi: «Devi schiacciarti i pompelmi sul corpo, Lady Shame. Devi distruggere la frutta sul tuo seno e sul tuo sesso. Simboleggia il tuo corpo, che è stato schiacciato per il profitto.»
Sara afferrò i pompelmi. Con un urlo di rabbia repressa, ne prese uno e lo sbatté con forza contro il suo petto. Il succo agro e freddo la schizzò sul viso e sul seno, lasciando le fibre rosse e bianche appiccicate ai capezzoli rigidi. Poi prese il secondo, e lo schiacciò con entrambe le mani direttamente sul suo sesso umido e abbondante. Il succo, misto al suo umore, inondò la sua coscia. L'odore pungente di agrumi e umidità vaginale era un'esperienza sensoriale perversa. Sara si mise a quattro zampe sul letto bianco, il succo appiccicoso che le colava sul corpo. L'atto di distruggere era diventato un'estasi.
«Terzo ordine. Il pubblico ha votato, e vuole il tuo fisting anale e la doppia penetrazione. Inquadra il tuo ano. Il fisting anale è il tabù più estremo. Devi penetrarti l’ano con il pugno. Ora.»
Il corpo di Sara era ormai schiavo della sua stessa eccitazione. Si voltò sui fianchi, inquadrando l'obiettivo sulle sue natiche. Il fisting anale non fu più un dolore, ma una sfida. Sara usò le dita con furia, poi la mano. Spingeva il pollice, poi l'indice, forzando la sua carne a cedere con brutalità. Un dolore cieco si trasformò in un piacere viscerale che le strappò un gemito rauco. Quando il pugno fu quasi dentro, il suo corpo rispose con una serie di spasmi viscerali. Continuò, il suo ano si allargava lentamente, cedendo all'invasione. La sua passera grondava per l'eccitazione masochista, l'umiliazione era un afrodisiaco potente che le dava un controllo perverso sul suo corpo.
«Quarto ordine. L’hacker non si accontenta. Voglio la tua performance di degradazione massima. Ti è stato fornito un oggetto specifico. Usalo per farti tripla penetrazione. Anale, vaginale e orale. Voglio penetrazione con il vibratore vaginale, un dildo anale, e il terzo oggetto lo voglio nella tua bocca. E devi raggiungere l’orgasmo in tutte e tre le cavità, leggendo contemporaneamente le richieste più estreme. Il picco di engagement è il tuo orgasmo.»
Sara si ritrovò con un dildo triplo e un vibratore. Si posizionò in ginocchio, la testa abbassata. Prese il vibratore e lo spinse nella sua vulva, poi il dildo triplo nell'ano. La terza parte, un plug appuntito, se la portò in bocca, sentendo il sapore metallico e amaro. Era completamente invasata, il suo corpo una macchina del sesso triplamente abusata. Mentre si spingeva gli oggetti, sentì la voce nell'auricolare ripeterle l'ordine: «Adesso, spingi l'anello, Lady Shame. Inquadra il tuo viso mentre la spinta ti distrugge.» Sara, forzò il braccio, le vene in evidenza sul collo.
Mentre le cavità venivano riempite e stimolate, l'auricolare le ordinò di leggere: «Ora urla che sei la puttana del debito! Grida che la tua figa è solo un bancomat, e che ti piace essere una schiava digitale! Voglio la prova che il tuo piacere è la nostra merce!» Sara obbedì, il suo viso una maschera di estasi e disperazione. Le spinte erano sincronizzate, il suo ano e la sua vagina si contraevano attorno agli oggetti. Urlò la sua vergogna, urlando al contempo il suo piacere più sporco: «Sì! Vostra! Sono vostra! Usatemi! Non fermatevi!» L'orgasmo fu un urlo finale, un crollo nervoso e fisico, che la lasciò riversa sul letto bianco, bagnata di succo di pompelmo, sudore, lacrime e fluidi.
L'hacker spense la live con un click, lasciandola tremante, esausta, e umiliata in modo totale. Le lanciò la busta dei 10.000 euro sul pavimento lucido, un gesto che valeva più di un insulto.
Sara si rivestì, la rabbia tornava, più forte del piacere. Prese il telefono e chiamò Marco, urlando la sua frustrazione. «Marco! Ho i tuoi 10.000 euro! Maledetto, prendili tu! Non voglio questo schifo! Sono un mostro! Non mi parlare più!» Il litigio era la sua unica valvola di sfogo.
Marco rispose con un tono improvvisamente cambiato, quasi affettuoso. «Bravissima, Sara. Sei bravissima, e l'affare è chiuso. Tieni i tuoi soldi, li hai guadagnati. Ascolta, ti passo una persona che vuole darti i complimenti. Forse lei ti può calmare un po', la sua opinione ti è sempre importata.» Marco mise il telefono in vivavoce e una voce familiare, calda e nostalgica, prese il sopravvento.
«Ciao, Sara. Sono Elisa. Marco mi ha parlato di te, e di come stai lavorando sodo... Mi ha dato il tuo numero. Non vedo l'ora di rivederti. Ti prego, chiamami appena hai un minuto libero. Ho così tante cose da dirti...» La voce di Elisa, la sua ex amante e il suo primo amore, fu un'iniezione di calma inaspettata. Sara si sentì immediatamente meglio, il cuore che batteva per un'emozione diversa dalla paura o dalla rabbia. L'idea di rivedere Elisa, l'unica che aveva amato in quel modo, la fece sorridere con una gioia autentica e complessa. La sua disperazione si trasformò in una curiosa eccitazione per il domani. L'incontro con Elisa era ora l'unica cosa che contava, una piccola, sporca speranza.
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