Come ho conosciuto mio marito – La regina trans (26 dicembre)
di
Lizbeth Gea
genere
trans
Quest’opera è di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi ed eventi sono frutto dell’immaginazione dell’autore o usati in modo fittizio.
Sara si svegliò il 26 Dicembre (Santo Stefano) con un senso di presentimento. Le prove di Marco non erano solo avventure; le avevano lasciato il dubbio che le volesse infliggere un'umiliazione studiata, o forse la stesse solo testando. Era solo alla seconda avventura, ma sentiva che la terza sarebbe stata cruciale.
Alle dieci in punto, il telefono vibrò e vide che il numero corrispondeva a quello di Marco. Strano, così presto. Rispose.
«Mia cara Sara, oggi è Santo Stefano. Ho visto l'assegno accreditato, complimenti per il lavoro con Paolo e Claudia. Spero ti stia riposando bene, visto che i ragazzi sono a Cortina. Per me, un giorno vale l'altro.» La sua voce era un misto di dispiacere finto e ironia affilata.
«Che stress, però. Non avrei mai voluto trovarmi in questa situazione,» rispose lei, cercando di sembrare seccata più che preoccupata.
«Ottimo. Ti dico solo che il cliente, o meglio la cliente, di stasera la conosci già. È Leyla, la trans a cui hai dato da mangiare al banchetto dell'altra sera. Ci sono uscito pure io, credimi, è fantastica. Avrai i tuoi 9000 euro per stasera. Ora ti saluto, devo andare a preparare le altre avventure per te,» e il telefono si spense senza neppure un saluto.
Era il momento di scoprire la sua missione. Sara si sedette e lesse la lettera con le istruzioni che Marco le aveva inviato via email.
«Dovrai andare al suo loft, l'indirizzo è scritto qui sotto, e la dovrai servire nuda. Dovrai essere la sua cameriera. Stranamente ha quasi gli stessi gusti di suo padre. Essendo il primo genito, o meglio la sua prima genita, è l'erede principale della famiglia, quindi per me averla dalla mia parte è importante. Mi raccomando, obbedisci a tutto quello che ti chiede, credimi, non è pericolosa.»
L'appuntamento era fissato per le 21:00. Le ore scorrevano lente, finché non giunsero le 20:00. Nonostante la richiesta di Marco di servirla nuda, Sara decise di vestirsi. Non come una prostituta, ma come se andasse a un primo appuntamento cruciale e segreto.
Sara si chiuse in bagno, iniziando la sua meticolosa trasformazione. Si truccò con cura: gli occhi furono accentuati con uno smoky eye nero e profondo che rendeva il suo sguardo misterioso e un po' crudele, mentre le labbra rimasero nude, enfatizzate solo da un lucido brillante. Sciolse i capelli, lasciando che le onde castane cadessero morbide sulle spalle, incorniciando il viso con una sensualità studiata.
Per l'abito, scelse la sua arma più affilata: un tubino nero di velluto elasticizzato che le fasciava il corpo, arrivando appena sopra il ginocchio. Era sobrio ma letale. Sotto, solo collant neri velatissimi e un paio di décolleté a spillo lucide. Ogni dettaglio era un atto di resistenza interiore—un tentativo di mantenere la sua dignità prima di spogliarsi, di trasformare l'umiliazione in potere.
Alle 20:45, Sara era pronta. Non più la madre di famiglia, ma un'elegante predatrice, pronta a cedere il suo corpo.
Sara raggiunse il loft minimalista, con ampie vetrate che si affacciavano sulla città illuminata. Suonò al citofono, e la porta si aprì con un clic secco. Raggiunse il secondo piano e la porta dell'appartamento era già socchiusa. Entrò.
Vide Leyla comodamente seduta sul divano di pelle bianca, nuda e immobile, come una scultura.
Il suo corpo era uno spettacolo di muscoli e linee androgine; i suoi capelli lunghi e scuri erano raccolti in una coda di cavallo. Il suo seno rifatto, sodo e alto, spiccava sopra gli addominali scolpiti. Sara notò subito il suo pene eretto, teso e in bella vista, che aveva iniziato a conoscere qualche sera fa. Leyla la fissava con gli occhi verdi glaciali, e in quel momento, la sua figura sul divano, nella luce soffusa del loft, sembrava un quadro di ribellione e potere assoluto.
«Sei in ritardo, Sara. Sii veloce. Non ho tempo per delle persone indecise,» disse Leyla, con la sua voce femminile costruita, fredda e tagliente.
Sara si ricordò le istruzioni e si spogliò velocemente. Lei, con i figli via, aveva tutto il tempo del mondo, ma dalle parole della trans, la sua cliente non l'aveva. Restò nuda. Leyla la fissò; Sara si sentì penetrata dai suoi occhi di ghiaccio verdi.
«Bene. Adesso che sei nuda, ora mi vestirai. Mi vestirai come la donna che vorrei essere e che ho sempre sognato di essere.» Leyla si accarezzò lentamente il pene eretto, si avvicinò alla sua cameriera per una notte e la baciò. Sapeva di fumo e di un profumo maschile e costoso. «E sono sicura che tu mi servirai a dovere.»
Sara si guardò in giro e notò un manichino in un angolo. Sopra, era appeso un vestito di raso color smeraldo scuro, pesante e opulento. Era un abito da sera di altri tempi: una lunga robe-manteau con un collo a scialle in velluto e maniche a pagoda, un capo che evocava l'eleganza istituzionale di un'epoca passata. Sara si diresse verso il manichino, prese il vestito, lo annusò: sapeva di seta nuova e di potere.
Si avvicinò a Leyla e iniziò a vestirla.
Le mani di Sara iniziarono a sfiorare la pelle liscia e muscolosa di Leyla. La veste era complessa, e Sara doveva muoversi con attenzione, le sue dita che accarezzavano involontariamente il seno rifatto e sodo di Leyla. Il desiderio la colpì come un'onda: voleva baciare e leccare quel seno, voleva afferrare quel pene eretto e pulsante. Ma Sara era una semplice serva. Non poteva prendere iniziativa, e si limitò a vestire quella nuova donna stupenda.
Mentre le allacciava la cintura di velluto in vita, Sara sentì un'eccitazione liquida scorrere lungo le sue gambe. Non capiva cosa stesse succedendo: il desiderio si mescolava alla paura e alla sottomissione.
Leyla, avvolta ora nel lussuoso raso smeraldo, afferrò Sara per il mento. Le sorrise, spostandole i capelli dietro l'orecchio. «Amo sentirmi donna, amo avere il possesso delle mie azioni e quello degli altri. Per me stasera sarai solo un oggetto, un bellissimo buco sottomesso, ma credimi, non te ne pentirai.» Le stampò un bacio sulla bocca, il sapore di fumo e desiderio che le invadeva le labbra.
Con una forza che Sara non si aspettava, Leyla la spinse brutalmente verso il basso. Leyla si alzò, la sua ampia gonna di raso si sollevò e la veste si fece una tenda attorno al suo corpo. «Vai sotto, Sara. Inginocchiati. Lecca la mia figa,» ordinò, la voce carica di un'autorità che Sara non poteva ignorare.
Sara ubbidì, cadendo sulle ginocchia. Non c'era vagina da leccare, ma un bellissimo e duro manganello che Sara afferrò con entrambe le mani. La carne era calda e liscia. Iniziò a leccare la cappella sensibile di quel cazzo prepotente. Dalle pieghe del raso non poteva vedere il viso di Leyla, ma il suo scopo primario era chiaro: prendere in bocca quel cazzo grosso e venoso, il simbolo della dominazione di Leyla.
Passò le labbra sui testicoli pieni e gonfi, tirandoli delicatamente con la lingua, prima di muoversi verso il retro. Arrivò con la lingua all'ano, penetrando la carne morbida con la punta umida.
«Quanto sei brava, troia,» sentì la voce ansimante di Leyla sopra di sé. «Ora ti prego, usa questo.»
Un oggetto gelido cadde sul pavimento lucido accanto a Sara: un dildo di vetro che rifletteva la luce del camino. Sara sorrise, la sottomissione aveva sbloccato un desiderio oscuro. Lo afferrò e, senza esitazione, lo piantò nel culo di Leyla.
Le gambe di Leyla si irrigidirono immediatamente per lo shock del freddo vetro. Lei iniziò a tremare e il suo pene divenne ancora più duro. Sara non perse tempo: prese il cazzo di Leyla nella bocca, se lo infilò dentro tutto fino ai testicoli. Spingeva e succhiava con furia, affascinata dalla potenza e dal calore di quell'essere umano che la stava distruggendo e ricostruendo.
Il gioco cambiò in un istante. Sara venne spinta via con un calcio netto allo sterno. Si ritrovò stesa sul pavimento, con Leyla che la dominava dall'alto, il raso smeraldo che scendeva come un sipario regale.
«Brava, ora me l'hai fatto diventare molto duro. E vedrai di che pasta sono fatta,» ringhiò Leyla. La prese per i capelli, sollevando il suo viso per guardarla negli occhi. La gentilezza era sparita.
Leyla la spinse violentemente sul divano. Sara appoggiò le mani alla spalliera, assumendo una posizione di sottomissione. Leyla le fece aprire le gambe. Le accarezzò il culo tondo, le dita che le premevano sul tessuto dei glutei. «Come vorrei averlo io un sedere così, Sara, ma posso farci una cosa che piacerà a entrambe.»
Leyla si tolse la cintura di velluto che aveva in vita e la sbatté con uno schiocco secco sul culo nudo di Sara. Sara sobbalzò, il dolore bruciante fu subito sostituito da un'ondata di umiliazione e desiderio. La parte inferiore della gonna di raso crollò a terra, liberando le sue gambe. Leyla rimase in piedi con il cazzo duro, abbassandosi per baciare la pelle eccitata del culo di Sara.
Leyla sfiorò la schiena di Sara con la sua cappella turgida, scendendo lentamente finché non trovò la porta posteriore. Senza preavviso, la penetrò. La donna ebbe subito la sensazione di violazione, che si fuse immediatamente in una fitta acuta di piacere totale. Come sempre, il suo cervello gridava resistenza, ma il suo corpo reagiva in un modo solo: gemeva, il corpo che si contraeva in una sottomissione disperata.
Leyla fece uscire il suo pene con uno schiocco violento che riecheggiò nel loft. L'ano di Sara era stretto, non ancora abituato, e la sensazione di strappo e liberazione fu accecante. Leyla passò il suo pene eretto e bagnato a pochi centimetri dalla figa di Sara, ma non la penetrò. Lo strusciò sul clitoride, lentamente, seducentemente.
«Senti il mio cazzo, Sara? È qui per te, ma ora non l'avrai. Ti farò impazzire. Voglio che implori la mia penetrazione. Devi chiederlo, puttana.»
«Ti prego, fottimi! Voglio che mi scopi! Voglio essere la tua puttana!» Sara non dovette recitare quelle parole. Le uscivano di puro istinto. Grazie a lei, grazie a Marco, si sentiva viva dopo anni di calvario.
In quel momento, sentì l'ano venire penetrato ancora, ma non era il cazzo della sua cliente: era il gelido dildo di vetro. Anche se piacevole, era diverso. Leyla aumentò il ritmo del dildo anale e poi, finalmente, le penetrò la vagina con il suo cazzo.
Sara impazzì. Urlò il nome di Leyla. Il suo corpo si contrasse in una scarica di orgasmi violenti e ripetuti. La sua passera si inondò di liquidi. Aveva raggiunto l'orgasmo prima della sua partner—un atto di sottomissione involontaria che la terrorizzò.
Ci pensò Leyla a punirla: «Sei venuta, vero, troietta?» Le afferrò i fianchi e iniziò a spingere il suo cazzo enorme dentro la sua figa. Era una furia cieca; come osava quella donna venire prima di lei? La sua penetrazione andò a cento all'ora, violenta e indomabile, finché non uscì del tutto con un grido animalesco.
Spinse Sara con forza sul divano. Sara era sdraiata, sfinita e umida. Leyla posizionò il pene turgido tra le sue tette ed esplose tutti i suoi semi sulla faccia rossa di piacere di Sara.
Leyla le mollò una sberla secca sulla guancia, leccò il suo stesso seme dalla faccia della donna, poi la afferrò per i capelli. «Tu sei mia. Anzi no, tu sei me, quello che vorrei essere io. Il tuo corpo è il mio corpo.»
Si accarezzò il pene lentamente, facendo sospiri lenti e calibrati. Si stava calmando. Il suo umore cambiò di nuovo. Andò verso un comodino e afferrò una busta. Si chinò su Sara, la baciò. La donna istintivamente aprì le labbra e accolse la lingua calda di Leyla. Ci fu un momento di inattesa dolcezza.
La trans prese i vestiti di Sara e glieli gettò. «Sei stata bravissima. A proposito, bellissimo vestito, peccato che non sia servito a molto.» Si accarezzava ancora il pene pieno di sborra. «Nella busta ci sono i 9000 euro che ti aveva promesso Marco. Digli che io e lui siamo a posto, che con me al comando dell'azienda non avrà mai problemi. Ora rivestiti ed esci, devo andare a cena dai miei,» disse sorridendo, la ribellione conclusa.
Sara tornò a casa distrutta fisicamente, ma una calma strana si era installata in lei. La paura della sottomissione, ancora lì, si era mescolata a un senso di profonda, sporca realizzazione. Aveva guadagnato i suoi soldi e i suoi figli erano al sicuro.
Si lasciò cadere a letto. Il telefono vibrò. Era un messaggio da Marco: «Congratulazioni, Sara. Sei l'attrice perfetta per il prossimo capitolo. Preparati, la prossima volta il pubblico non sarà composto da una coppia o un singolo. Il tuo corpo diventerà un'icona digitale, e la tua vergogna crescerà online. Ti chiamerà l'hacker.»
La comunicazione si spense e Sara iniziò a tremare. Non era una minaccia, ma un annuncio. Il suo corpo non era più solo suo, ma merce per la rete.
Sara si svegliò il 26 Dicembre (Santo Stefano) con un senso di presentimento. Le prove di Marco non erano solo avventure; le avevano lasciato il dubbio che le volesse infliggere un'umiliazione studiata, o forse la stesse solo testando. Era solo alla seconda avventura, ma sentiva che la terza sarebbe stata cruciale.
Alle dieci in punto, il telefono vibrò e vide che il numero corrispondeva a quello di Marco. Strano, così presto. Rispose.
«Mia cara Sara, oggi è Santo Stefano. Ho visto l'assegno accreditato, complimenti per il lavoro con Paolo e Claudia. Spero ti stia riposando bene, visto che i ragazzi sono a Cortina. Per me, un giorno vale l'altro.» La sua voce era un misto di dispiacere finto e ironia affilata.
«Che stress, però. Non avrei mai voluto trovarmi in questa situazione,» rispose lei, cercando di sembrare seccata più che preoccupata.
«Ottimo. Ti dico solo che il cliente, o meglio la cliente, di stasera la conosci già. È Leyla, la trans a cui hai dato da mangiare al banchetto dell'altra sera. Ci sono uscito pure io, credimi, è fantastica. Avrai i tuoi 9000 euro per stasera. Ora ti saluto, devo andare a preparare le altre avventure per te,» e il telefono si spense senza neppure un saluto.
Era il momento di scoprire la sua missione. Sara si sedette e lesse la lettera con le istruzioni che Marco le aveva inviato via email.
«Dovrai andare al suo loft, l'indirizzo è scritto qui sotto, e la dovrai servire nuda. Dovrai essere la sua cameriera. Stranamente ha quasi gli stessi gusti di suo padre. Essendo il primo genito, o meglio la sua prima genita, è l'erede principale della famiglia, quindi per me averla dalla mia parte è importante. Mi raccomando, obbedisci a tutto quello che ti chiede, credimi, non è pericolosa.»
L'appuntamento era fissato per le 21:00. Le ore scorrevano lente, finché non giunsero le 20:00. Nonostante la richiesta di Marco di servirla nuda, Sara decise di vestirsi. Non come una prostituta, ma come se andasse a un primo appuntamento cruciale e segreto.
Sara si chiuse in bagno, iniziando la sua meticolosa trasformazione. Si truccò con cura: gli occhi furono accentuati con uno smoky eye nero e profondo che rendeva il suo sguardo misterioso e un po' crudele, mentre le labbra rimasero nude, enfatizzate solo da un lucido brillante. Sciolse i capelli, lasciando che le onde castane cadessero morbide sulle spalle, incorniciando il viso con una sensualità studiata.
Per l'abito, scelse la sua arma più affilata: un tubino nero di velluto elasticizzato che le fasciava il corpo, arrivando appena sopra il ginocchio. Era sobrio ma letale. Sotto, solo collant neri velatissimi e un paio di décolleté a spillo lucide. Ogni dettaglio era un atto di resistenza interiore—un tentativo di mantenere la sua dignità prima di spogliarsi, di trasformare l'umiliazione in potere.
Alle 20:45, Sara era pronta. Non più la madre di famiglia, ma un'elegante predatrice, pronta a cedere il suo corpo.
Sara raggiunse il loft minimalista, con ampie vetrate che si affacciavano sulla città illuminata. Suonò al citofono, e la porta si aprì con un clic secco. Raggiunse il secondo piano e la porta dell'appartamento era già socchiusa. Entrò.
Vide Leyla comodamente seduta sul divano di pelle bianca, nuda e immobile, come una scultura.
Il suo corpo era uno spettacolo di muscoli e linee androgine; i suoi capelli lunghi e scuri erano raccolti in una coda di cavallo. Il suo seno rifatto, sodo e alto, spiccava sopra gli addominali scolpiti. Sara notò subito il suo pene eretto, teso e in bella vista, che aveva iniziato a conoscere qualche sera fa. Leyla la fissava con gli occhi verdi glaciali, e in quel momento, la sua figura sul divano, nella luce soffusa del loft, sembrava un quadro di ribellione e potere assoluto.
«Sei in ritardo, Sara. Sii veloce. Non ho tempo per delle persone indecise,» disse Leyla, con la sua voce femminile costruita, fredda e tagliente.
Sara si ricordò le istruzioni e si spogliò velocemente. Lei, con i figli via, aveva tutto il tempo del mondo, ma dalle parole della trans, la sua cliente non l'aveva. Restò nuda. Leyla la fissò; Sara si sentì penetrata dai suoi occhi di ghiaccio verdi.
«Bene. Adesso che sei nuda, ora mi vestirai. Mi vestirai come la donna che vorrei essere e che ho sempre sognato di essere.» Leyla si accarezzò lentamente il pene eretto, si avvicinò alla sua cameriera per una notte e la baciò. Sapeva di fumo e di un profumo maschile e costoso. «E sono sicura che tu mi servirai a dovere.»
Sara si guardò in giro e notò un manichino in un angolo. Sopra, era appeso un vestito di raso color smeraldo scuro, pesante e opulento. Era un abito da sera di altri tempi: una lunga robe-manteau con un collo a scialle in velluto e maniche a pagoda, un capo che evocava l'eleganza istituzionale di un'epoca passata. Sara si diresse verso il manichino, prese il vestito, lo annusò: sapeva di seta nuova e di potere.
Si avvicinò a Leyla e iniziò a vestirla.
Le mani di Sara iniziarono a sfiorare la pelle liscia e muscolosa di Leyla. La veste era complessa, e Sara doveva muoversi con attenzione, le sue dita che accarezzavano involontariamente il seno rifatto e sodo di Leyla. Il desiderio la colpì come un'onda: voleva baciare e leccare quel seno, voleva afferrare quel pene eretto e pulsante. Ma Sara era una semplice serva. Non poteva prendere iniziativa, e si limitò a vestire quella nuova donna stupenda.
Mentre le allacciava la cintura di velluto in vita, Sara sentì un'eccitazione liquida scorrere lungo le sue gambe. Non capiva cosa stesse succedendo: il desiderio si mescolava alla paura e alla sottomissione.
Leyla, avvolta ora nel lussuoso raso smeraldo, afferrò Sara per il mento. Le sorrise, spostandole i capelli dietro l'orecchio. «Amo sentirmi donna, amo avere il possesso delle mie azioni e quello degli altri. Per me stasera sarai solo un oggetto, un bellissimo buco sottomesso, ma credimi, non te ne pentirai.» Le stampò un bacio sulla bocca, il sapore di fumo e desiderio che le invadeva le labbra.
Con una forza che Sara non si aspettava, Leyla la spinse brutalmente verso il basso. Leyla si alzò, la sua ampia gonna di raso si sollevò e la veste si fece una tenda attorno al suo corpo. «Vai sotto, Sara. Inginocchiati. Lecca la mia figa,» ordinò, la voce carica di un'autorità che Sara non poteva ignorare.
Sara ubbidì, cadendo sulle ginocchia. Non c'era vagina da leccare, ma un bellissimo e duro manganello che Sara afferrò con entrambe le mani. La carne era calda e liscia. Iniziò a leccare la cappella sensibile di quel cazzo prepotente. Dalle pieghe del raso non poteva vedere il viso di Leyla, ma il suo scopo primario era chiaro: prendere in bocca quel cazzo grosso e venoso, il simbolo della dominazione di Leyla.
Passò le labbra sui testicoli pieni e gonfi, tirandoli delicatamente con la lingua, prima di muoversi verso il retro. Arrivò con la lingua all'ano, penetrando la carne morbida con la punta umida.
«Quanto sei brava, troia,» sentì la voce ansimante di Leyla sopra di sé. «Ora ti prego, usa questo.»
Un oggetto gelido cadde sul pavimento lucido accanto a Sara: un dildo di vetro che rifletteva la luce del camino. Sara sorrise, la sottomissione aveva sbloccato un desiderio oscuro. Lo afferrò e, senza esitazione, lo piantò nel culo di Leyla.
Le gambe di Leyla si irrigidirono immediatamente per lo shock del freddo vetro. Lei iniziò a tremare e il suo pene divenne ancora più duro. Sara non perse tempo: prese il cazzo di Leyla nella bocca, se lo infilò dentro tutto fino ai testicoli. Spingeva e succhiava con furia, affascinata dalla potenza e dal calore di quell'essere umano che la stava distruggendo e ricostruendo.
Il gioco cambiò in un istante. Sara venne spinta via con un calcio netto allo sterno. Si ritrovò stesa sul pavimento, con Leyla che la dominava dall'alto, il raso smeraldo che scendeva come un sipario regale.
«Brava, ora me l'hai fatto diventare molto duro. E vedrai di che pasta sono fatta,» ringhiò Leyla. La prese per i capelli, sollevando il suo viso per guardarla negli occhi. La gentilezza era sparita.
Leyla la spinse violentemente sul divano. Sara appoggiò le mani alla spalliera, assumendo una posizione di sottomissione. Leyla le fece aprire le gambe. Le accarezzò il culo tondo, le dita che le premevano sul tessuto dei glutei. «Come vorrei averlo io un sedere così, Sara, ma posso farci una cosa che piacerà a entrambe.»
Leyla si tolse la cintura di velluto che aveva in vita e la sbatté con uno schiocco secco sul culo nudo di Sara. Sara sobbalzò, il dolore bruciante fu subito sostituito da un'ondata di umiliazione e desiderio. La parte inferiore della gonna di raso crollò a terra, liberando le sue gambe. Leyla rimase in piedi con il cazzo duro, abbassandosi per baciare la pelle eccitata del culo di Sara.
Leyla sfiorò la schiena di Sara con la sua cappella turgida, scendendo lentamente finché non trovò la porta posteriore. Senza preavviso, la penetrò. La donna ebbe subito la sensazione di violazione, che si fuse immediatamente in una fitta acuta di piacere totale. Come sempre, il suo cervello gridava resistenza, ma il suo corpo reagiva in un modo solo: gemeva, il corpo che si contraeva in una sottomissione disperata.
Leyla fece uscire il suo pene con uno schiocco violento che riecheggiò nel loft. L'ano di Sara era stretto, non ancora abituato, e la sensazione di strappo e liberazione fu accecante. Leyla passò il suo pene eretto e bagnato a pochi centimetri dalla figa di Sara, ma non la penetrò. Lo strusciò sul clitoride, lentamente, seducentemente.
«Senti il mio cazzo, Sara? È qui per te, ma ora non l'avrai. Ti farò impazzire. Voglio che implori la mia penetrazione. Devi chiederlo, puttana.»
«Ti prego, fottimi! Voglio che mi scopi! Voglio essere la tua puttana!» Sara non dovette recitare quelle parole. Le uscivano di puro istinto. Grazie a lei, grazie a Marco, si sentiva viva dopo anni di calvario.
In quel momento, sentì l'ano venire penetrato ancora, ma non era il cazzo della sua cliente: era il gelido dildo di vetro. Anche se piacevole, era diverso. Leyla aumentò il ritmo del dildo anale e poi, finalmente, le penetrò la vagina con il suo cazzo.
Sara impazzì. Urlò il nome di Leyla. Il suo corpo si contrasse in una scarica di orgasmi violenti e ripetuti. La sua passera si inondò di liquidi. Aveva raggiunto l'orgasmo prima della sua partner—un atto di sottomissione involontaria che la terrorizzò.
Ci pensò Leyla a punirla: «Sei venuta, vero, troietta?» Le afferrò i fianchi e iniziò a spingere il suo cazzo enorme dentro la sua figa. Era una furia cieca; come osava quella donna venire prima di lei? La sua penetrazione andò a cento all'ora, violenta e indomabile, finché non uscì del tutto con un grido animalesco.
Spinse Sara con forza sul divano. Sara era sdraiata, sfinita e umida. Leyla posizionò il pene turgido tra le sue tette ed esplose tutti i suoi semi sulla faccia rossa di piacere di Sara.
Leyla le mollò una sberla secca sulla guancia, leccò il suo stesso seme dalla faccia della donna, poi la afferrò per i capelli. «Tu sei mia. Anzi no, tu sei me, quello che vorrei essere io. Il tuo corpo è il mio corpo.»
Si accarezzò il pene lentamente, facendo sospiri lenti e calibrati. Si stava calmando. Il suo umore cambiò di nuovo. Andò verso un comodino e afferrò una busta. Si chinò su Sara, la baciò. La donna istintivamente aprì le labbra e accolse la lingua calda di Leyla. Ci fu un momento di inattesa dolcezza.
La trans prese i vestiti di Sara e glieli gettò. «Sei stata bravissima. A proposito, bellissimo vestito, peccato che non sia servito a molto.» Si accarezzava ancora il pene pieno di sborra. «Nella busta ci sono i 9000 euro che ti aveva promesso Marco. Digli che io e lui siamo a posto, che con me al comando dell'azienda non avrà mai problemi. Ora rivestiti ed esci, devo andare a cena dai miei,» disse sorridendo, la ribellione conclusa.
Sara tornò a casa distrutta fisicamente, ma una calma strana si era installata in lei. La paura della sottomissione, ancora lì, si era mescolata a un senso di profonda, sporca realizzazione. Aveva guadagnato i suoi soldi e i suoi figli erano al sicuro.
Si lasciò cadere a letto. Il telefono vibrò. Era un messaggio da Marco: «Congratulazioni, Sara. Sei l'attrice perfetta per il prossimo capitolo. Preparati, la prossima volta il pubblico non sarà composto da una coppia o un singolo. Il tuo corpo diventerà un'icona digitale, e la tua vergogna crescerà online. Ti chiamerà l'hacker.»
La comunicazione si spense e Sara iniziò a tremare. Non era una minaccia, ma un annuncio. Il suo corpo non era più solo suo, ma merce per la rete.
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