Come ho conosciuto mio marito – Il Banchetto Sospeso (24 dicembre)
di
Lizbeth Gea
genere
orge
Quest’opera è di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi ed eventi sono frutto dell’immaginazione dell’autore o usati in modo fittizio.
Sara si svegliò il giorno dopo sentendosi in colpa, ma appena andò in banca a versare l'assegno e scoprendo che era coperto, si sentì molto meglio. Quei soldi erano reali. Visto che ora se lo poteva permettere decise di andare a mangiare al ristorante, tanto i suoi figli rimanevano a scuola per tutto il giorno.
Mentre stava mangiando, il cellulare squillò. Il numero era sconosciuto, ma la sua mente riconobbe la voce ancor prima che parlasse.
«Sara?»
«Sono io. Spero che sia per un buon motivo.» Le piaceva battibeccare, era la sua unica arma rimasta.
«Ti ho contattata perché devi guadagnare l'assegno di stasera.» La voce di Marco era secca, priva di gioia, e tagliava dritto al punto finanziario. «Il tuo primo incarico è stato completato. Ora, passiamo alla vera formazione. Stasera ho preparato per te un incarico particolare, ma prima ho pensato ai tuoi figli.»
Sara mise giù la forchetta. Non era più solo un modo per sfogare la rabbia. Era lavoro sporco.
«Bene, a questo ci ho pensato io. Tra poco riceverai a casa una busta con le istruzioni di stasera e dentro troverai pure un viaggio a Cortina per quattro, ovviamente per i tuoi figli e i loro due amici più cari, così ci sbarazziamo di loro per una settimana.» Il tono di Marco si fece dolce come il veleno. «Sono sicuro che una suite in un hotel a quattro stelle farà dimenticare loro l'assenza della madre. E in aggiunta, nella busta metterò pure mille euro in contanti, per le loro spese. Diciamo che è un anticipo per il tuo lavoro di stasera.»
Sara sorrise, quasi a sé stessa. «Sai, sto giorno e notte con loro. Forse anche a me fa piacere stare lontana per qualche giorno. Solo per questo accetto la tua proposta per stasera.»
Marco procedette con il briefing, ignorando l'angoscia di Sara. «Chi è, e cosa devo fare?» La sua risposta fu repentina, ma ora c'era un velo di angoscia sotto l'audacia.
Marco ignorò la domanda. «Il cliente è un uomo importante, non ha nulla a che vedere con il bar. Con lui devo firmare un contratto redditizio per la gestione di certe palestre. Vuole una performance, una vera interpretazione ad alto livello, prima di firmare. Ti avviso, non sarà da solo, ma dovrai concentrarti solo su di lui.»
Sara sentì un nodo alla gola. L'idea di un pubblico le riportò il sapore disgustoso della panna.
«Dovrai fare l'attrice, Sara. Non era il tuo sogno da ragazzina?»
«Certo, ma non un'attrice porno, Marco. Un'attrice, punto.»
«Storie. L'arte è arte, e il tuo corpo è la tela. Non c'è bisogno di vestiti, è questo il punto della performance. Dovrai essere nuda sul tavolo, sei la portata principale. Ti sporcheranno, ti leccheranno, ti umilieranno. Non devi opporre resistenza e neanche coprirti. Mettila così, sei il piatto bianco su cui impiatteranno le loro perversioni.»
Sara si sentì un forte disagio. La sua voce si abbassò, tradendo la titubanza. «E tu mi darai altri diecimila euro come ieri sera, se accetto questo... questo schifo?»
«Ovvio che sì. Il prezzo è sempre quello. La tua dignità vale diecimila euro a sessione, e ti sto dando l'opportunità di guadagnarli.»
Sara cercò una via di fuga, un modo per mantenere un briciolo di controllo in quel gioco malato. «Ok accetto, però me ne posso andare quando voglio, e in quel caso rinuncerò ai soldi. È così che funziona, vero?»
«Ovvio. È così che deve essere il nostro gioco, e sarà sempre così. Non sono un aguzzino, Sara, sono il tuo partner d'affari. Però...» La sua voce si fece improvvisamente gelida. «Sappi che se la commissione salta per un tuo ripensamento, o se la performance non soddisfa il cliente, potrei non contattarti mai più. E addio soldi per i tuoi figli. È un rischio che devi calcolare.»
Il telefono tacque per un lungo, pesante istante. Sara inghiottì. La minaccia era chiara: la sua disperazione era il suo collare.
«Ok. Accetto» rispose, la voce a malapena un sussurro.
La chiamata si interruppe. Sara si vestì in fretta e tornò a casa dal ristorante.
Poco dopo, il corriere suonò. Sara aprì la busta e dentro trovò il denaro, la prenotazione per Cortina, e la lettera con le istruzioni. Chiamò subito i suoi figli, che arrivarono da scuola un po' svogliati ma subito cambiarono volto.
«Mamma, sul serio? Cortina! Sei la migliore madre del mondo!» urlò il figlio sedicenne, e lei pensò: se sapessero cosa sto facendo per loro, forse cambierebbero idea. La figlia più grande invece era scettica, ma l'allettava l'idea di passare una settimana di lusso con il suo ragazzo. Invece il figlio non sapeva chi portare.
Alle 17:00, un taxi arrivò e portò via i ragazzi alla stazione, diretti verso Cortina. Sara li guardò allontanarsi dalla porta, e in quel momento, la madre era scomparsa. L'assenza dei figli non era un vuoto, bensì una licenza. Per la prima volta da quando aveva accettato quel lavoro, si sentiva elettrizzata: era finalmente libera di lavorare.
Sara si dedicò alla sua missione. Passò tutto il pomeriggio a pensare, cercando disperatamente di immaginare cosa l'attendeva, ma quello che le successe dopo non poteva mai pensarlo nella vita. Le istruzioni di Marco erano precise: Niente biancheria intima, solo un corto vestito nero. Si diede un'ultima occhiata allo specchio, il suo seno sembrava ancora più grosso del solito.
Dentro di sé era ancora confusa, stava per vendersi un'altra volta, quel ruolo non era ancora nelle sue corde.
Alle venti in punto si fermò una macchina davanti a casa sua, suonò il clacson e capì che era giunta l'ora di lavorare. Salì in macchina e chiese istruzioni all'autista, ma non rispose. L'auto si fermò davanti a una villa moderna, un monolite di cemento e vetro.
Un addetto in livrea la scortò attraverso un corridoio freddo e nel salone principale. L'aria era densa di profumi costosi, champagne e tabacco pregiato. Appena entrò, fu investita dalla scena: cinque persone la stavano aspettando, sedute intorno a un lungo tavolo di marmo nero.
L'addetto, con una fredda formalità, la presentò: «Signor Armando, la Signora è qui per la performance.»
Sara incontrò lo sguardo del suo cliente, Armando. Era un uomo corpulento sulla cinquantina, con una pancia prominente che spingeva contro lo smoking di velluto. Aveva i capelli corti e unti, e i suoi occhi piccoli e porcini la squadravano con avidità.
Accanto a lui, sedeva Contessa. Una donna matura, sui sessant'anni, ma ancora rigidamente in forma. I suoi lunghi capelli bianchi come la neve erano raccolti in una coda bassa. Il suo volto, tirato ma ancora affascinante, era sormontato da occhi di ghiaccio che la scrutavano con curiosità scientifica, come se fosse un campione da laboratorio. Indossava un abito di seta verde smeraldo che le fasciava le gambe magre.
Di fronte, c'era la coppia giovane che emanava un'aura di ricchezza nervosa. L'uomo, Valerio, snello, quasi effeminato, in completo sartoriale grigio perla. Aveva capelli biondi e radi e occhi ansiosi. Accanto a lui, Elena, la moglie, era fasciata in un vestito di raso rosso. Era bellissima, con capelli castani ondulati e un seno prosperoso appena trattenuto dal vestito, ma i suoi occhi marroni, troppo lucidi, tradivano insoddisfazione.
Infine, all'angolo del tavolo, c'era la donna che Marco aveva nominato: Leyla. Era alta, slanciata, con le gambe incredibilmente lunghe e affusolate, esaltate dall'abito di pelle nera. I suoi lineamenti erano androgini e taglienti, e i suoi capelli scuri, lisci e lucidi le incorniciavano un viso quasi scultoreo. I suoi occhi erano tristi e intensamente curiosi, fissi su Sara. Era difficile stabilire se quel corpo perfetto fosse il risultato della natura o di una volontà ferrea.
Armando disse “Sei bellissima, sei come mi avevano preannunciato” guardò i suoi invitati in modo autoritario “ora signori abbiamo la nostra portata principale” poi guardando Sara “ora se non ti dispiace spogliarti, abbiamo bisogno del nostro piatto”.
Sara eseguì. Si sfilò lentamente il vestito. Si sdraiò sul marmo freddo del tavolo. I suoi capezzoli si irrigidirono subito come riflesso. Istintivamente si coprì il seno con le mani, ma sentì la lama fredda di un coltello scorrere sulla sua pelle. «No cara, qui decidiamo noi cosa devi fare», sibilò Armando. Subito lei mise le braccia lungo il corpo, in attesa, la mente ancorata solo al pensiero dei soldi.
Armando afferrò una ciotola e le rovesciò addosso una cascata di cioccolato fuso, denso e per fortuna non bollente, che si diffuse su tutto il suo ventre. «Ora signori, il banchetto è servito.» In quel momento giunse il caos, come dei vampiri che sentivano l'odore del sangue fresco: gli ospiti assalirono il suo corpo.
La Contessa si chinò tra le sue gambe e, perdendo ogni compostezza, urlò: «Apriti, troia! Voglio bere direttamente dalla tua figa inzuppata!» Le afferrò i fianchi con violenza e spalmò sulla passera della panna montata. La Contessa, ansimando, iniziò a leccare gli umori con avidità brutale, la lingua che si attorcigliava e succhiava il suo clitoride come una ventosa. Il calore divampò dal basso; la sua passera palpitava, rigurgitando lubrificazione sopra la panna.
Contemporaneamente, la coppia giovane si concentrò sul seno e sul collo. Valerio strinse la gola di Sara in modo possessivo e leccò il cioccolato dal collo con una lingua ruvida e ossessiva. Poi le sputò un grumo denso in bocca. Elena prese un calice di Champagne, versò il contenuto freddo sul seno sinistro di Sara e lo succhiò con un impeto così volgare da far schioccare le labbra. Le tirò il capezzolo turgido con i denti. Sara gemette, e sentì il muscolo del ventre contorcersi nella lotta disperata per non cedere al piacere.
Leyla afferrò le cosce di Sara con la forza di una morsa, i suoi occhi di ghiaccio la fissavano. Con un gesto rapido, sollevò l'orlo del suo abito di pelle nera, rivelando il suo pene già duro e venoso e lo scroto rasato. Leyla spalmò il cazzo con il cioccolato fuso preso dal seno di Sara. Poi, afferrando il pene, lo spinse con violenza nella bocca di Sara, stringendole la testa per i capelli.
«Ecco il tuo cioccolatino, puttana! Mangialo, ti piace la sorpresa? Ingoia la mia vergogna!» Leyla iniziò a penetrarla volgarmente in bocca con spinte profonde e ritmiche. Sara non poté reagire. Il disgusto era totale, il sapore di cioccolato e la consistenza della pelle tesa del pene le inondò la gola.
Mentre Leyla penetrava la sua bocca, la Contessa aveva intensificato il suo cunnilingus. Sara si sentì impazzire. Non poté resistere. Il suo corpo si contrasse spasmodicamente. Sara si masturbò involontariamente con le mani affondate nel cioccolato.
Mentre Leyla la teneva ferma, Valerio si accanì sui suoi seni, schiaffeggiandoli con violenza a palmo aperto. Elena si era spogliata e stava succhiando con foga il pene del suo partner, fissando con occhi vitrei il corpo tremante di Sara, come se fosse uno specchio della sua eccitazione repressa.
Armando era ormai al massimo della sua eccitazione. Si tolse i pantaloni in pochi secondi, rivelando un ventre cadente e un pene turgido, ma così piccolo da sembrare ridicolo. «Basta con questi giochini! È giunto il momento del mio finale, il dolce.» Se lo fece leccare: la Contessa, Elena e Leyla si inginocchiarono e si contesero il suo membro con baci e schiocchi umidi, mentre Leyla si concentrò a succhiare i testicoli flaccidi.
La Contessa diede un'ultima leccata alla passera di Sara, preparandola. Armando le sollevò le gambe, portandole alle spalle, e spinse il suo pene piccolo ma duro con una forza penetrante, attraversando completamente la passera bagnata e dilatata di Sara. Nonostante le dimensioni umilianti, la nostra escort improvvisata sentì una fitta acuta e profonda dentro di sé. Gemette con un urletto acuto, il bacino che si inarcava.
L'uomo corpulento si trasformò in un animale eccitato. «Prendilo tutto dentro la tua accogliente passera! Fottiti da sola per me, troia!» Le spinte diventarono profonde, disperate e irregolari. Sara sentiva i testicoli flaccidi di Armando che sbattevano ritmicamente contro il suo sedere.
Intorno a loro il caos era parossistico. La Contessa si chinò e prese a succhiare e mordere i seni di Sara con un vigore da vampiro. Sara girò la testa e vide la bocca di Elena che si avvicinava alla sua. Si baciarono in un bacio sporco di cioccolato, mentre Valerio stava penetrando la sua compagna.
Leyla invece si mise con il suo scroto sopra la bocca di Sara. Istintivamente, Sara leccò i testicoli mentre vedeva Elena succhiargli la cappella del pene di Leyla. In meno di pochi secondi, entrambe le donne furono inondate da un cospicuo sperma caldo di Leyla che gridò di piacere.
Tutta quella scena distrasse Sara. Si accorse di Armando solo quando lo sentì gemere in un ruggito rauco. Vide il suo volto rosso contrarsi, gli si piegò la testa all'indietro e percepì l'arrivo della sua eiaculazione. Sentì il getto abbondante, caldo e bruciante del suo sperma inondare la sua passera. Questo gesto finale lasciò Sara senza fiato, paralizzata da una paura gelida.
L'uomo corpulento si ritrasse con un grugnito di soddisfazione. «Che cena soddisfacente, puttana.» Le gettò un asciugamano sporco. «Pulisciti e vestiti, cagna, e dì a Marco che può ritenersi il contratto firmato.»
Lei obbedì e senza dire nulla uscì dalla porta da dove era entrata pochi minuti prima.
Salì in macchina e non parlò con l'autista. Si vergognava, sia per quello che aveva fatto, sia per l'eccitazione che aveva provato. Stranamente, si era sentita viva.
L'autista la riportò davanti a casa sua. Appena scese dalla macchina, alzò la testa e vide Marco appoggiato alla sua auto, in attesa. Aveva in mano un foglietto piegato: l'assegno da €10.000.
«Allora Sara, com'è andata la tua seconda esperienza?» La sua voce era bassa e quasi impercettibile.
Lei non sapeva come rispondere, cosa dire. «Direi che è stato un banchetto eccentrico, dove quegli stronzi mi hanno usata, abusata, mi sono sentita umiliata.» Prese l'assegno dalle mani di Marco. «Ma il mio pensiero era rivolto solo a questo.»
Lui rise. «Dai, sono sicuro che in fondo un po' te la sei goduta. Dimmi la verità e ti dirò un loro segreto, cara.»
Sara sentì il viso bruciarle dalla vergogna. Doveva essere onesta? «Sì», sussurrò, girando la testa di lato. «Sì, Marco. Contro la mia volontà e contro il buon senso. Mi sono sentita umiliata, ridicolizzata, soprattutto dal suo micro-pene, ma ho goduto, ho dovuto soffocare il mio orgasmo.»
«Bene, era quello che volevo sentirti dire.» Aprì la portiera della macchina. «Ora lascia che ti dica che hai appena scopato una famiglia intera. I due genitori, e i loro due figli.E sappi che prima Leyla si chiamava Luca.» Fece per entrare in macchina, poi sollevò per l'ultima volta la testa. «Comunque, visto che giorno è domani, sappi che sarai il regalo di Natale di una persona speciale. »
Scomparve nell'abitacolo, lasciando lì Sara da sola con l'assegno in mano e con i suoi pensieri e la consapevolezza sconvolgente di quello che era successo quella sera.
Sara si svegliò il giorno dopo sentendosi in colpa, ma appena andò in banca a versare l'assegno e scoprendo che era coperto, si sentì molto meglio. Quei soldi erano reali. Visto che ora se lo poteva permettere decise di andare a mangiare al ristorante, tanto i suoi figli rimanevano a scuola per tutto il giorno.
Mentre stava mangiando, il cellulare squillò. Il numero era sconosciuto, ma la sua mente riconobbe la voce ancor prima che parlasse.
«Sara?»
«Sono io. Spero che sia per un buon motivo.» Le piaceva battibeccare, era la sua unica arma rimasta.
«Ti ho contattata perché devi guadagnare l'assegno di stasera.» La voce di Marco era secca, priva di gioia, e tagliava dritto al punto finanziario. «Il tuo primo incarico è stato completato. Ora, passiamo alla vera formazione. Stasera ho preparato per te un incarico particolare, ma prima ho pensato ai tuoi figli.»
Sara mise giù la forchetta. Non era più solo un modo per sfogare la rabbia. Era lavoro sporco.
«Bene, a questo ci ho pensato io. Tra poco riceverai a casa una busta con le istruzioni di stasera e dentro troverai pure un viaggio a Cortina per quattro, ovviamente per i tuoi figli e i loro due amici più cari, così ci sbarazziamo di loro per una settimana.» Il tono di Marco si fece dolce come il veleno. «Sono sicuro che una suite in un hotel a quattro stelle farà dimenticare loro l'assenza della madre. E in aggiunta, nella busta metterò pure mille euro in contanti, per le loro spese. Diciamo che è un anticipo per il tuo lavoro di stasera.»
Sara sorrise, quasi a sé stessa. «Sai, sto giorno e notte con loro. Forse anche a me fa piacere stare lontana per qualche giorno. Solo per questo accetto la tua proposta per stasera.»
Marco procedette con il briefing, ignorando l'angoscia di Sara. «Chi è, e cosa devo fare?» La sua risposta fu repentina, ma ora c'era un velo di angoscia sotto l'audacia.
Marco ignorò la domanda. «Il cliente è un uomo importante, non ha nulla a che vedere con il bar. Con lui devo firmare un contratto redditizio per la gestione di certe palestre. Vuole una performance, una vera interpretazione ad alto livello, prima di firmare. Ti avviso, non sarà da solo, ma dovrai concentrarti solo su di lui.»
Sara sentì un nodo alla gola. L'idea di un pubblico le riportò il sapore disgustoso della panna.
«Dovrai fare l'attrice, Sara. Non era il tuo sogno da ragazzina?»
«Certo, ma non un'attrice porno, Marco. Un'attrice, punto.»
«Storie. L'arte è arte, e il tuo corpo è la tela. Non c'è bisogno di vestiti, è questo il punto della performance. Dovrai essere nuda sul tavolo, sei la portata principale. Ti sporcheranno, ti leccheranno, ti umilieranno. Non devi opporre resistenza e neanche coprirti. Mettila così, sei il piatto bianco su cui impiatteranno le loro perversioni.»
Sara si sentì un forte disagio. La sua voce si abbassò, tradendo la titubanza. «E tu mi darai altri diecimila euro come ieri sera, se accetto questo... questo schifo?»
«Ovvio che sì. Il prezzo è sempre quello. La tua dignità vale diecimila euro a sessione, e ti sto dando l'opportunità di guadagnarli.»
Sara cercò una via di fuga, un modo per mantenere un briciolo di controllo in quel gioco malato. «Ok accetto, però me ne posso andare quando voglio, e in quel caso rinuncerò ai soldi. È così che funziona, vero?»
«Ovvio. È così che deve essere il nostro gioco, e sarà sempre così. Non sono un aguzzino, Sara, sono il tuo partner d'affari. Però...» La sua voce si fece improvvisamente gelida. «Sappi che se la commissione salta per un tuo ripensamento, o se la performance non soddisfa il cliente, potrei non contattarti mai più. E addio soldi per i tuoi figli. È un rischio che devi calcolare.»
Il telefono tacque per un lungo, pesante istante. Sara inghiottì. La minaccia era chiara: la sua disperazione era il suo collare.
«Ok. Accetto» rispose, la voce a malapena un sussurro.
La chiamata si interruppe. Sara si vestì in fretta e tornò a casa dal ristorante.
Poco dopo, il corriere suonò. Sara aprì la busta e dentro trovò il denaro, la prenotazione per Cortina, e la lettera con le istruzioni. Chiamò subito i suoi figli, che arrivarono da scuola un po' svogliati ma subito cambiarono volto.
«Mamma, sul serio? Cortina! Sei la migliore madre del mondo!» urlò il figlio sedicenne, e lei pensò: se sapessero cosa sto facendo per loro, forse cambierebbero idea. La figlia più grande invece era scettica, ma l'allettava l'idea di passare una settimana di lusso con il suo ragazzo. Invece il figlio non sapeva chi portare.
Alle 17:00, un taxi arrivò e portò via i ragazzi alla stazione, diretti verso Cortina. Sara li guardò allontanarsi dalla porta, e in quel momento, la madre era scomparsa. L'assenza dei figli non era un vuoto, bensì una licenza. Per la prima volta da quando aveva accettato quel lavoro, si sentiva elettrizzata: era finalmente libera di lavorare.
Sara si dedicò alla sua missione. Passò tutto il pomeriggio a pensare, cercando disperatamente di immaginare cosa l'attendeva, ma quello che le successe dopo non poteva mai pensarlo nella vita. Le istruzioni di Marco erano precise: Niente biancheria intima, solo un corto vestito nero. Si diede un'ultima occhiata allo specchio, il suo seno sembrava ancora più grosso del solito.
Dentro di sé era ancora confusa, stava per vendersi un'altra volta, quel ruolo non era ancora nelle sue corde.
Alle venti in punto si fermò una macchina davanti a casa sua, suonò il clacson e capì che era giunta l'ora di lavorare. Salì in macchina e chiese istruzioni all'autista, ma non rispose. L'auto si fermò davanti a una villa moderna, un monolite di cemento e vetro.
Un addetto in livrea la scortò attraverso un corridoio freddo e nel salone principale. L'aria era densa di profumi costosi, champagne e tabacco pregiato. Appena entrò, fu investita dalla scena: cinque persone la stavano aspettando, sedute intorno a un lungo tavolo di marmo nero.
L'addetto, con una fredda formalità, la presentò: «Signor Armando, la Signora è qui per la performance.»
Sara incontrò lo sguardo del suo cliente, Armando. Era un uomo corpulento sulla cinquantina, con una pancia prominente che spingeva contro lo smoking di velluto. Aveva i capelli corti e unti, e i suoi occhi piccoli e porcini la squadravano con avidità.
Accanto a lui, sedeva Contessa. Una donna matura, sui sessant'anni, ma ancora rigidamente in forma. I suoi lunghi capelli bianchi come la neve erano raccolti in una coda bassa. Il suo volto, tirato ma ancora affascinante, era sormontato da occhi di ghiaccio che la scrutavano con curiosità scientifica, come se fosse un campione da laboratorio. Indossava un abito di seta verde smeraldo che le fasciava le gambe magre.
Di fronte, c'era la coppia giovane che emanava un'aura di ricchezza nervosa. L'uomo, Valerio, snello, quasi effeminato, in completo sartoriale grigio perla. Aveva capelli biondi e radi e occhi ansiosi. Accanto a lui, Elena, la moglie, era fasciata in un vestito di raso rosso. Era bellissima, con capelli castani ondulati e un seno prosperoso appena trattenuto dal vestito, ma i suoi occhi marroni, troppo lucidi, tradivano insoddisfazione.
Infine, all'angolo del tavolo, c'era la donna che Marco aveva nominato: Leyla. Era alta, slanciata, con le gambe incredibilmente lunghe e affusolate, esaltate dall'abito di pelle nera. I suoi lineamenti erano androgini e taglienti, e i suoi capelli scuri, lisci e lucidi le incorniciavano un viso quasi scultoreo. I suoi occhi erano tristi e intensamente curiosi, fissi su Sara. Era difficile stabilire se quel corpo perfetto fosse il risultato della natura o di una volontà ferrea.
Armando disse “Sei bellissima, sei come mi avevano preannunciato” guardò i suoi invitati in modo autoritario “ora signori abbiamo la nostra portata principale” poi guardando Sara “ora se non ti dispiace spogliarti, abbiamo bisogno del nostro piatto”.
Sara eseguì. Si sfilò lentamente il vestito. Si sdraiò sul marmo freddo del tavolo. I suoi capezzoli si irrigidirono subito come riflesso. Istintivamente si coprì il seno con le mani, ma sentì la lama fredda di un coltello scorrere sulla sua pelle. «No cara, qui decidiamo noi cosa devi fare», sibilò Armando. Subito lei mise le braccia lungo il corpo, in attesa, la mente ancorata solo al pensiero dei soldi.
Armando afferrò una ciotola e le rovesciò addosso una cascata di cioccolato fuso, denso e per fortuna non bollente, che si diffuse su tutto il suo ventre. «Ora signori, il banchetto è servito.» In quel momento giunse il caos, come dei vampiri che sentivano l'odore del sangue fresco: gli ospiti assalirono il suo corpo.
La Contessa si chinò tra le sue gambe e, perdendo ogni compostezza, urlò: «Apriti, troia! Voglio bere direttamente dalla tua figa inzuppata!» Le afferrò i fianchi con violenza e spalmò sulla passera della panna montata. La Contessa, ansimando, iniziò a leccare gli umori con avidità brutale, la lingua che si attorcigliava e succhiava il suo clitoride come una ventosa. Il calore divampò dal basso; la sua passera palpitava, rigurgitando lubrificazione sopra la panna.
Contemporaneamente, la coppia giovane si concentrò sul seno e sul collo. Valerio strinse la gola di Sara in modo possessivo e leccò il cioccolato dal collo con una lingua ruvida e ossessiva. Poi le sputò un grumo denso in bocca. Elena prese un calice di Champagne, versò il contenuto freddo sul seno sinistro di Sara e lo succhiò con un impeto così volgare da far schioccare le labbra. Le tirò il capezzolo turgido con i denti. Sara gemette, e sentì il muscolo del ventre contorcersi nella lotta disperata per non cedere al piacere.
Leyla afferrò le cosce di Sara con la forza di una morsa, i suoi occhi di ghiaccio la fissavano. Con un gesto rapido, sollevò l'orlo del suo abito di pelle nera, rivelando il suo pene già duro e venoso e lo scroto rasato. Leyla spalmò il cazzo con il cioccolato fuso preso dal seno di Sara. Poi, afferrando il pene, lo spinse con violenza nella bocca di Sara, stringendole la testa per i capelli.
«Ecco il tuo cioccolatino, puttana! Mangialo, ti piace la sorpresa? Ingoia la mia vergogna!» Leyla iniziò a penetrarla volgarmente in bocca con spinte profonde e ritmiche. Sara non poté reagire. Il disgusto era totale, il sapore di cioccolato e la consistenza della pelle tesa del pene le inondò la gola.
Mentre Leyla penetrava la sua bocca, la Contessa aveva intensificato il suo cunnilingus. Sara si sentì impazzire. Non poté resistere. Il suo corpo si contrasse spasmodicamente. Sara si masturbò involontariamente con le mani affondate nel cioccolato.
Mentre Leyla la teneva ferma, Valerio si accanì sui suoi seni, schiaffeggiandoli con violenza a palmo aperto. Elena si era spogliata e stava succhiando con foga il pene del suo partner, fissando con occhi vitrei il corpo tremante di Sara, come se fosse uno specchio della sua eccitazione repressa.
Armando era ormai al massimo della sua eccitazione. Si tolse i pantaloni in pochi secondi, rivelando un ventre cadente e un pene turgido, ma così piccolo da sembrare ridicolo. «Basta con questi giochini! È giunto il momento del mio finale, il dolce.» Se lo fece leccare: la Contessa, Elena e Leyla si inginocchiarono e si contesero il suo membro con baci e schiocchi umidi, mentre Leyla si concentrò a succhiare i testicoli flaccidi.
La Contessa diede un'ultima leccata alla passera di Sara, preparandola. Armando le sollevò le gambe, portandole alle spalle, e spinse il suo pene piccolo ma duro con una forza penetrante, attraversando completamente la passera bagnata e dilatata di Sara. Nonostante le dimensioni umilianti, la nostra escort improvvisata sentì una fitta acuta e profonda dentro di sé. Gemette con un urletto acuto, il bacino che si inarcava.
L'uomo corpulento si trasformò in un animale eccitato. «Prendilo tutto dentro la tua accogliente passera! Fottiti da sola per me, troia!» Le spinte diventarono profonde, disperate e irregolari. Sara sentiva i testicoli flaccidi di Armando che sbattevano ritmicamente contro il suo sedere.
Intorno a loro il caos era parossistico. La Contessa si chinò e prese a succhiare e mordere i seni di Sara con un vigore da vampiro. Sara girò la testa e vide la bocca di Elena che si avvicinava alla sua. Si baciarono in un bacio sporco di cioccolato, mentre Valerio stava penetrando la sua compagna.
Leyla invece si mise con il suo scroto sopra la bocca di Sara. Istintivamente, Sara leccò i testicoli mentre vedeva Elena succhiargli la cappella del pene di Leyla. In meno di pochi secondi, entrambe le donne furono inondate da un cospicuo sperma caldo di Leyla che gridò di piacere.
Tutta quella scena distrasse Sara. Si accorse di Armando solo quando lo sentì gemere in un ruggito rauco. Vide il suo volto rosso contrarsi, gli si piegò la testa all'indietro e percepì l'arrivo della sua eiaculazione. Sentì il getto abbondante, caldo e bruciante del suo sperma inondare la sua passera. Questo gesto finale lasciò Sara senza fiato, paralizzata da una paura gelida.
L'uomo corpulento si ritrasse con un grugnito di soddisfazione. «Che cena soddisfacente, puttana.» Le gettò un asciugamano sporco. «Pulisciti e vestiti, cagna, e dì a Marco che può ritenersi il contratto firmato.»
Lei obbedì e senza dire nulla uscì dalla porta da dove era entrata pochi minuti prima.
Salì in macchina e non parlò con l'autista. Si vergognava, sia per quello che aveva fatto, sia per l'eccitazione che aveva provato. Stranamente, si era sentita viva.
L'autista la riportò davanti a casa sua. Appena scese dalla macchina, alzò la testa e vide Marco appoggiato alla sua auto, in attesa. Aveva in mano un foglietto piegato: l'assegno da €10.000.
«Allora Sara, com'è andata la tua seconda esperienza?» La sua voce era bassa e quasi impercettibile.
Lei non sapeva come rispondere, cosa dire. «Direi che è stato un banchetto eccentrico, dove quegli stronzi mi hanno usata, abusata, mi sono sentita umiliata.» Prese l'assegno dalle mani di Marco. «Ma il mio pensiero era rivolto solo a questo.»
Lui rise. «Dai, sono sicuro che in fondo un po' te la sei goduta. Dimmi la verità e ti dirò un loro segreto, cara.»
Sara sentì il viso bruciarle dalla vergogna. Doveva essere onesta? «Sì», sussurrò, girando la testa di lato. «Sì, Marco. Contro la mia volontà e contro il buon senso. Mi sono sentita umiliata, ridicolizzata, soprattutto dal suo micro-pene, ma ho goduto, ho dovuto soffocare il mio orgasmo.»
«Bene, era quello che volevo sentirti dire.» Aprì la portiera della macchina. «Ora lascia che ti dica che hai appena scopato una famiglia intera. I due genitori, e i loro due figli.E sappi che prima Leyla si chiamava Luca.» Fece per entrare in macchina, poi sollevò per l'ultima volta la testa. «Comunque, visto che giorno è domani, sappi che sarai il regalo di Natale di una persona speciale. »
Scomparve nell'abitacolo, lasciando lì Sara da sola con l'assegno in mano e con i suoi pensieri e la consapevolezza sconvolgente di quello che era successo quella sera.
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