La sorpresa nei bagni del Conad - 3 giorni dopo
di
18enne_Super_Timida
genere
etero
Caro Diario,
Sono passati tre giorni da quando quel signore pelato mi ha usata nel bagno dei disabili del Conad.
Mi sembra di impazzire, non riesco a pensare più ad altro. Nella mente ho fissa l’immagine di quell’uomo sessantenne che si fa una sega con la mia testa e questo mi fa terribilmente bagnare la mia fichetta vergine. Ho già gettato nell’immondizia 3 paia di mutandine, per paura che a casa qualcuno potesse scoprire il mio segreto.
Sono da sempre una brava e prudente studentessa, ma da quando é successo non ho aperto nemmeno un libro e oggi mi sono persino rifiutata di andare all’interrogazione di chimica. Non mi interessa più di niente, né della scuola, anche se la maturità é vicina, né di uscire con Martina, la mia migliore amica e compagna di banco, anche lei 18enne.
Adesso voglio vivere solo per quel momento di trasgressione e libertà, in cui sono davvero me stessa, in cui tutte le mie paure e insicurezze lasciano libero sfogo ai cazzi durissimi degli uomini, dentro la mia bocca. Ho deciso che solo la bocca sarà la porta del mio piacere, dato che voglio conservare la mia fichetta vergine e stretta ancora per un bel po’.
Sono le 17:00, sono da sola in casa e non riesco a smettere di pensare. Conto, 1…2….3….4…5….6…. sono lucida e razionale.
Basta, ho deciso.
Prendo lo zainetto, metto le scarpe ed esco, non chiudendo neanche a chiave la porta di casa.
Dopo il vicolo svolto a destra, direzione Conad. Non devo comprare niente, ma spero solo di poterlo rivedere e limonare ancora una volta, l’ultima, il suo enorme cazzone peloso.
Cammino velocemente, sento caldo e il viso bollente, il cuore batte a mille.
Entro nel supermercato e non so bene dove cercarlo. Giro senza una meta, facendo finta di osservare le offerte negli scaffali e scruto ogni singolo uomo maturo che incrocio nel mio cammino. Lui non c’é e se pensavo davvero di poterlo rincontrare, sono una cogliona.
Sto per piangere, sono afflitta. Ma non voglio tornare a casa. Faccio un altro giro tra gli scaffali e penso che niente é perduto: se non trovo lui, troverò un suo simile. Realizzo che il posto migliore per poter annusare l’ebrezza di uomini maturi é il reparto degli olii motore e accessori macchina.
Così vado di corsa alla corsia numero 12, facendo slalom tra i carrelli che incontro. Mi fermo di botto, inspiro ed espiro. Giro l’angolo ed eccomi arrivata. La corsia é completamente deserta, quasi come se l’universo mi stia dicendo «Che cazzo fai? Non é prudente.»
Ma io non voglio pensare alle conseguenze, voglio solo sentirmi usata e umiliata, anche sta volta.
É da troppo tempo che sto qui senza comprare niente, i commessi penseranno che sto rubando, meglio andare via.
Vado verso l’uscita, sbuffando e col broncio. Intravedo da lontano una sagoma che mi incuriosisce. È un uomo maturo, che parla inferoricitamente al telefono, e mi avvicino, facendo finta di scegliere dei surgelati, e cercando di origliare la sua voce.
Sembra molto incazzato e nervoso, forse con suo figlio. Lo rimprovera e chiudendo la telefonata esclama un virile «Vaffanculo, testa di cazzo.»
Oh mio Dio, che bella voce possente, sono di nuovo magicamente felice e arrapata. Voglio seguirlo e lo faccio. Arriva al carrello di una rossa signora chic, dalla piega perfetta. Capisco che è sua moglie, quando senza neanche guardarla in faccia le chiede: «Che mi fai a cena?»
Lei risponde sottovoce, accennando un sorriso passivo-aggressivo, mi fa tenerezza.
«Scusi signora, io adesso desidero essere usata da suo marito. Si levi dal cazzo» penso.
Non é altissimo, é brizzolato, con un pochino di barba grigia, ha gli occhiali e un po’ di pancetta. Indossa un giubbotto di pelle, dei jeans a sigaretta e delle scarpe da ginnastica. Credo abbia 50-55 anni, ma si vede lontano un miglio che é un bastardo maschilista.
Lo seguo ancora e mentre la moglie continua a spingere il carrello da sola, lui sta dietro, per fatti suoi, e cazzeggia col telefono.
«Signore La prego, si giri, sono proprio qui, al Suo servizio» dico sottovoce da lontano, ma lui non mi sente.
Devo pensare, devo agire. Corro al reparto cartolibreria, apro una confezione di penne e ne prendo una. Apro una confezione di post-it e ne prendo uno. Ci scrivo sopra il mio grido di aiuto:
«La supplico, mi segua nel bagno dei disabili, oltre le casse, a sinistra. Non lo dica a nessuno, La prego.»
Piego il foglietto e lo tengo stretto nella mia mano sudata per l’emozione.
Ritorno da loro, la moglie é abbastanza lontano, lui sempre più rotto di palle.
Mi avvicino da dietro, silenziosamente, ho la gola secca.
«Scusi, Le é caduto questo foglio…» ma lui non si gira, é troppo impegnato a pensare a se stesso.
Ci riprovo, tirandogli la giacca da un lato.
«Mi…mi scusi» balbetto, con lo sguardo basso. Lui si gira e mi squadra dalla testa ai piedi.
«Scusi Signore, Le é caduto questo», lasciandogli cadere il bigliettino sulla sua mano ruvida, scappo via.
Mi nascondo dove non può vedermi e lo spio. Prima di leggerlo si guarda attorno, é dubbioso.
Lo ha letto, oh mio Dio, lo ha letto, che cazzo ho combinato.
Vedo che si avvicina alla moglie, le dice frettolosamente qualcosa e si allontana dalla parte opposta alla mia.
Penso che mi abbia rifiutata. Ok, ci rinuncio, ho fatto la mia figura di merda quotidiana.
Devo comunque fare la pipí e ne approfitto per ritornare in quel bagno dei disabili dove tutto é iniziato.
Metto la carta igienica sulla tavoletta, abbasso pantaloni e mutandine e mi siedo. La pipí inizia a sgorgare fuori dal mio corpo, e sto godendo.
Il mio sguardo é fisso nel vuoto, non sento più il cuore pulsare.
Sento bussare alla porta. «É occupato» dico, ma continuano a bussare.
Mi alzo, con i pantaloni ancora calati, apro leggermente la porta, spio all’esterno.
La porta mi si rincula addosso, uno spintone che mi fai indietreggiare senza capire il perché.
«Fammi entrare o mi vedono» dice lui.
È il signore a cui avevo consegnato il bigliettino. Visto sotto questa luce a neon non mi fa impazzire. Almeno non come quel pelato bastardo della prima volta.
«Ma buonasera bellezza, vedo che ti sei già abbassata le mutandine» dice alzandomi la mano, e facendomi fare una piroetta, con ancora le goccioline di pipí che mi rigano l’interno coscia.
«E cosí ti piacciono gli uomini maturi, eh?» insiste.
«Si Signore, soprattutto quelli sposati» gli dico, tenendo il viso basso dalla vergogna. «Mi scusi, non so perché le ho lasciato quel biglietto, non ero in me. Adesso vorrei andare via…».
«Tranquilla bambolina, mi sembrava troppo bello per essere vero. Almeno pulisciti prima» mi dice, facendomi indietreggiare, spalle al muro.
Prende della carta igienica, se la arrotola tra le dita, si inginocchia e appoggiandomi una mano sulla pancia mi pulisce la fichetta, mentre io guardo altrove. Mi sento protetta, al sicuro.
Lui arrotola la carta igienica sporca e fa canestro nel cestino, io perdo qualche altra gocciolina di pipí.
«Oh ma che disastro, continui a gocciolare» mi dice, «Vuoi che ti pulisca per bene?» continua, guardandomi fissa nelle palle degli occhi.
Annuisco, mordendomi il labbro.
Avvicina il suo nasone sulle mie cosce, risalendo e respirando l’odore del mio piscio. Arriva fino alla fichetta e rimane stupito.
«Era una vita che non vedevo una fica cosí pura, posso baciarla?» chiede.
Non rispondo. Affondo la mia piccola mano tra i suoi capelli grigi, spingendogli la testa contro me.
Sento la punta della sua lingua che mi fa il solletico sul pube, é cosí calda e rugosa. Mi piace, mi sta inebriando.
Mi da una gigantesca leccata sulla fica e dopo mi ci soffia sopra. Ho i brividi e la pelle d’oca.
Chiudo gli occhi. Sento che ci si sta avventando sopra. Inizio a gemere, e lui mi tappa la bocca, con le sue mani incallite. Vedo la sua fede di matrimonio dorata, quanto cazzo mi eccita.
Inizio a succhiargli quel dito con l’anello, mentre lui mi spompina il clitoride. Mi piace tantissimo.
Sputo fuori il suo dito dalla mia bocca, «Signore posso succhiare il suo orecchio? La prego» gli chiedo mentre ho gli occhi chiusi.
Si alza, mi appoggia il dito che gli avevo riempito di saliva sul clitoride, tamburellando, e mi porge il suo profilo destro.
Il dito entra piano nella mia fichetta, é bollente, mentre io gli succhio il lobo dell’orecchio, e poi gli ci ficco tutta la mia linguetta dentro.
«La supplico, mi insulti, mi dica che sono una troia bastarda, La prego» gli sussurro.
«Ma che cazz…» risponde lui, fermandosi.
«Brutto coglione, fallooooo e non fermarti» gli ordino.
Riprende a scoparmi la ficchetta con il suo dito, solo uno, quello medio, il più grosso.
«Sei una puttana del cazzo, puttanella, ti piace eh? Stai godendo?» dice lui, provando ad accontentarmi.
«Vacca, cavalla, giovane puttana» continua.
Penso che lui non ci sa fare, non sa comandare, é tutto fumo.
Vorrei solo godere e farlo stare zitto. Gli prendo la testa dai capelli e lo spingo in basso.
Lui si inginocchia e riprende a leccarmi la passera, ormai fradicia dalla sua saliva, mista al mio lubrificante naturale.
Cazzo, sto venendo, voglio urlarlo al mondo intero, «sono una lurida cagna bastardaaaa, guardatemiiii» dico. Lui non si ferma e vengo sulla faccia.
Continua a leccarmi, con aviditá, ma adesso, voglio solo andare via.
Lo spingo lontano da me, mi rialzo le mutandine, i pantaloni, prendo lo zainetto e corro via, lasciandolo lí dentro.
Mi dirigo verso l’uscita e vedo sua moglie seduta in una panchina, con la spesa nel carrello, già sistemata nelle borse.
«Tesoro, tutto bene? Sembri spaventata…vuoi un cioccolatino?» mi chiede sua moglie.
La guardo e non rispondo. Sono schifata per quello che ho fatto e soprattutto incazzata perché quel coglione di suo marito non mi ha saputa insultare, umiliare, come il signore di sabato scorso.
Caro diario, incontrerò mai di nuovo quel signore pelato che mi ha fatta sentire viva per la prima volta in 18 anni? Io continuerò la mia ricerca.
A domani.
Sono passati tre giorni da quando quel signore pelato mi ha usata nel bagno dei disabili del Conad.
Mi sembra di impazzire, non riesco a pensare più ad altro. Nella mente ho fissa l’immagine di quell’uomo sessantenne che si fa una sega con la mia testa e questo mi fa terribilmente bagnare la mia fichetta vergine. Ho già gettato nell’immondizia 3 paia di mutandine, per paura che a casa qualcuno potesse scoprire il mio segreto.
Sono da sempre una brava e prudente studentessa, ma da quando é successo non ho aperto nemmeno un libro e oggi mi sono persino rifiutata di andare all’interrogazione di chimica. Non mi interessa più di niente, né della scuola, anche se la maturità é vicina, né di uscire con Martina, la mia migliore amica e compagna di banco, anche lei 18enne.
Adesso voglio vivere solo per quel momento di trasgressione e libertà, in cui sono davvero me stessa, in cui tutte le mie paure e insicurezze lasciano libero sfogo ai cazzi durissimi degli uomini, dentro la mia bocca. Ho deciso che solo la bocca sarà la porta del mio piacere, dato che voglio conservare la mia fichetta vergine e stretta ancora per un bel po’.
Sono le 17:00, sono da sola in casa e non riesco a smettere di pensare. Conto, 1…2….3….4…5….6…. sono lucida e razionale.
Basta, ho deciso.
Prendo lo zainetto, metto le scarpe ed esco, non chiudendo neanche a chiave la porta di casa.
Dopo il vicolo svolto a destra, direzione Conad. Non devo comprare niente, ma spero solo di poterlo rivedere e limonare ancora una volta, l’ultima, il suo enorme cazzone peloso.
Cammino velocemente, sento caldo e il viso bollente, il cuore batte a mille.
Entro nel supermercato e non so bene dove cercarlo. Giro senza una meta, facendo finta di osservare le offerte negli scaffali e scruto ogni singolo uomo maturo che incrocio nel mio cammino. Lui non c’é e se pensavo davvero di poterlo rincontrare, sono una cogliona.
Sto per piangere, sono afflitta. Ma non voglio tornare a casa. Faccio un altro giro tra gli scaffali e penso che niente é perduto: se non trovo lui, troverò un suo simile. Realizzo che il posto migliore per poter annusare l’ebrezza di uomini maturi é il reparto degli olii motore e accessori macchina.
Così vado di corsa alla corsia numero 12, facendo slalom tra i carrelli che incontro. Mi fermo di botto, inspiro ed espiro. Giro l’angolo ed eccomi arrivata. La corsia é completamente deserta, quasi come se l’universo mi stia dicendo «Che cazzo fai? Non é prudente.»
Ma io non voglio pensare alle conseguenze, voglio solo sentirmi usata e umiliata, anche sta volta.
É da troppo tempo che sto qui senza comprare niente, i commessi penseranno che sto rubando, meglio andare via.
Vado verso l’uscita, sbuffando e col broncio. Intravedo da lontano una sagoma che mi incuriosisce. È un uomo maturo, che parla inferoricitamente al telefono, e mi avvicino, facendo finta di scegliere dei surgelati, e cercando di origliare la sua voce.
Sembra molto incazzato e nervoso, forse con suo figlio. Lo rimprovera e chiudendo la telefonata esclama un virile «Vaffanculo, testa di cazzo.»
Oh mio Dio, che bella voce possente, sono di nuovo magicamente felice e arrapata. Voglio seguirlo e lo faccio. Arriva al carrello di una rossa signora chic, dalla piega perfetta. Capisco che è sua moglie, quando senza neanche guardarla in faccia le chiede: «Che mi fai a cena?»
Lei risponde sottovoce, accennando un sorriso passivo-aggressivo, mi fa tenerezza.
«Scusi signora, io adesso desidero essere usata da suo marito. Si levi dal cazzo» penso.
Non é altissimo, é brizzolato, con un pochino di barba grigia, ha gli occhiali e un po’ di pancetta. Indossa un giubbotto di pelle, dei jeans a sigaretta e delle scarpe da ginnastica. Credo abbia 50-55 anni, ma si vede lontano un miglio che é un bastardo maschilista.
Lo seguo ancora e mentre la moglie continua a spingere il carrello da sola, lui sta dietro, per fatti suoi, e cazzeggia col telefono.
«Signore La prego, si giri, sono proprio qui, al Suo servizio» dico sottovoce da lontano, ma lui non mi sente.
Devo pensare, devo agire. Corro al reparto cartolibreria, apro una confezione di penne e ne prendo una. Apro una confezione di post-it e ne prendo uno. Ci scrivo sopra il mio grido di aiuto:
«La supplico, mi segua nel bagno dei disabili, oltre le casse, a sinistra. Non lo dica a nessuno, La prego.»
Piego il foglietto e lo tengo stretto nella mia mano sudata per l’emozione.
Ritorno da loro, la moglie é abbastanza lontano, lui sempre più rotto di palle.
Mi avvicino da dietro, silenziosamente, ho la gola secca.
«Scusi, Le é caduto questo foglio…» ma lui non si gira, é troppo impegnato a pensare a se stesso.
Ci riprovo, tirandogli la giacca da un lato.
«Mi…mi scusi» balbetto, con lo sguardo basso. Lui si gira e mi squadra dalla testa ai piedi.
«Scusi Signore, Le é caduto questo», lasciandogli cadere il bigliettino sulla sua mano ruvida, scappo via.
Mi nascondo dove non può vedermi e lo spio. Prima di leggerlo si guarda attorno, é dubbioso.
Lo ha letto, oh mio Dio, lo ha letto, che cazzo ho combinato.
Vedo che si avvicina alla moglie, le dice frettolosamente qualcosa e si allontana dalla parte opposta alla mia.
Penso che mi abbia rifiutata. Ok, ci rinuncio, ho fatto la mia figura di merda quotidiana.
Devo comunque fare la pipí e ne approfitto per ritornare in quel bagno dei disabili dove tutto é iniziato.
Metto la carta igienica sulla tavoletta, abbasso pantaloni e mutandine e mi siedo. La pipí inizia a sgorgare fuori dal mio corpo, e sto godendo.
Il mio sguardo é fisso nel vuoto, non sento più il cuore pulsare.
Sento bussare alla porta. «É occupato» dico, ma continuano a bussare.
Mi alzo, con i pantaloni ancora calati, apro leggermente la porta, spio all’esterno.
La porta mi si rincula addosso, uno spintone che mi fai indietreggiare senza capire il perché.
«Fammi entrare o mi vedono» dice lui.
È il signore a cui avevo consegnato il bigliettino. Visto sotto questa luce a neon non mi fa impazzire. Almeno non come quel pelato bastardo della prima volta.
«Ma buonasera bellezza, vedo che ti sei già abbassata le mutandine» dice alzandomi la mano, e facendomi fare una piroetta, con ancora le goccioline di pipí che mi rigano l’interno coscia.
«E cosí ti piacciono gli uomini maturi, eh?» insiste.
«Si Signore, soprattutto quelli sposati» gli dico, tenendo il viso basso dalla vergogna. «Mi scusi, non so perché le ho lasciato quel biglietto, non ero in me. Adesso vorrei andare via…».
«Tranquilla bambolina, mi sembrava troppo bello per essere vero. Almeno pulisciti prima» mi dice, facendomi indietreggiare, spalle al muro.
Prende della carta igienica, se la arrotola tra le dita, si inginocchia e appoggiandomi una mano sulla pancia mi pulisce la fichetta, mentre io guardo altrove. Mi sento protetta, al sicuro.
Lui arrotola la carta igienica sporca e fa canestro nel cestino, io perdo qualche altra gocciolina di pipí.
«Oh ma che disastro, continui a gocciolare» mi dice, «Vuoi che ti pulisca per bene?» continua, guardandomi fissa nelle palle degli occhi.
Annuisco, mordendomi il labbro.
Avvicina il suo nasone sulle mie cosce, risalendo e respirando l’odore del mio piscio. Arriva fino alla fichetta e rimane stupito.
«Era una vita che non vedevo una fica cosí pura, posso baciarla?» chiede.
Non rispondo. Affondo la mia piccola mano tra i suoi capelli grigi, spingendogli la testa contro me.
Sento la punta della sua lingua che mi fa il solletico sul pube, é cosí calda e rugosa. Mi piace, mi sta inebriando.
Mi da una gigantesca leccata sulla fica e dopo mi ci soffia sopra. Ho i brividi e la pelle d’oca.
Chiudo gli occhi. Sento che ci si sta avventando sopra. Inizio a gemere, e lui mi tappa la bocca, con le sue mani incallite. Vedo la sua fede di matrimonio dorata, quanto cazzo mi eccita.
Inizio a succhiargli quel dito con l’anello, mentre lui mi spompina il clitoride. Mi piace tantissimo.
Sputo fuori il suo dito dalla mia bocca, «Signore posso succhiare il suo orecchio? La prego» gli chiedo mentre ho gli occhi chiusi.
Si alza, mi appoggia il dito che gli avevo riempito di saliva sul clitoride, tamburellando, e mi porge il suo profilo destro.
Il dito entra piano nella mia fichetta, é bollente, mentre io gli succhio il lobo dell’orecchio, e poi gli ci ficco tutta la mia linguetta dentro.
«La supplico, mi insulti, mi dica che sono una troia bastarda, La prego» gli sussurro.
«Ma che cazz…» risponde lui, fermandosi.
«Brutto coglione, fallooooo e non fermarti» gli ordino.
Riprende a scoparmi la ficchetta con il suo dito, solo uno, quello medio, il più grosso.
«Sei una puttana del cazzo, puttanella, ti piace eh? Stai godendo?» dice lui, provando ad accontentarmi.
«Vacca, cavalla, giovane puttana» continua.
Penso che lui non ci sa fare, non sa comandare, é tutto fumo.
Vorrei solo godere e farlo stare zitto. Gli prendo la testa dai capelli e lo spingo in basso.
Lui si inginocchia e riprende a leccarmi la passera, ormai fradicia dalla sua saliva, mista al mio lubrificante naturale.
Cazzo, sto venendo, voglio urlarlo al mondo intero, «sono una lurida cagna bastardaaaa, guardatemiiii» dico. Lui non si ferma e vengo sulla faccia.
Continua a leccarmi, con aviditá, ma adesso, voglio solo andare via.
Lo spingo lontano da me, mi rialzo le mutandine, i pantaloni, prendo lo zainetto e corro via, lasciandolo lí dentro.
Mi dirigo verso l’uscita e vedo sua moglie seduta in una panchina, con la spesa nel carrello, già sistemata nelle borse.
«Tesoro, tutto bene? Sembri spaventata…vuoi un cioccolatino?» mi chiede sua moglie.
La guardo e non rispondo. Sono schifata per quello che ho fatto e soprattutto incazzata perché quel coglione di suo marito non mi ha saputa insultare, umiliare, come il signore di sabato scorso.
Caro diario, incontrerò mai di nuovo quel signore pelato che mi ha fatta sentire viva per la prima volta in 18 anni? Io continuerò la mia ricerca.
A domani.
0
voti
voti
valutazione
0
0
Continua a leggere racconti dello stesso autore
racconto precedente
La sorpresa nei bagni del Conad
Commenti dei lettori al racconto erotico