Effetti Collaterali: Capitolo 1
di
RoomiesMA
genere
prime esperienze
Esiste una regola non scritta, nel nostro appartamento: è la distanza di sicurezza tra me e Asua. Ventitré centimetri, più o meno. È lo spazio che c'è tra le nostre tazze del caffè sul bancone la mattina. È la larghezza del cuscino che mettiamo tra noi sul divano quando guardiamo Netflix.
Viviamo insieme da un anno. Siamo Michael e Asia. Coinquilini. Amici di vecchia data. E, tecnicamente, colleghi di corso, anche se di Medicina vediamo più le nostre scrivanie che le aule.
Ma la vita vera, quella che pulsa tra un esame e l'altro, è fatta di altro. È fatta di lei.
Asia è... complicata da descrivere. La prima cosa che vedi sono i capelli, ovviamente. Rossi. Non color carota, ma di quel rosso scuro, intenso, che alla luce giusta sembra quasi mogano. Poi noti il suo corpo ben bilanciato, come si muove. Ha fatto danza per una vita e si vede: anche quando si alza per prendere l'acqua, c'è una fluidità che a me, ingessato sulla sedia per ore, fa impressione.
Io sono Michael. Osservo. E ultimamente, osservo un po' troppo.
Le mie uniche passioni sono il calcio e la musica Blues, tanto che ho iniziato a suinare la chitarra cercando di diventare il nuovo Stevie Ray Vaughan.
È un giovedì sera. Niente lezioni domani. Io sto provando a cucinare qualcosa di vagamente commestibile. Asia è in salotto, col tappetino steso a terra. Fa yoga.
O almeno, 'dovrebbe' fare yoga. In realtà, ha le cuffiette e sta combattendo con Spotify.
"Non è possibile!" sbotta, mettendosi seduta. Indossa un top sportivo e dei leggings che non lasciano molto all'immaginazione. Ho smesso di chiederle di coprirsi: mi ha risposto che l'affitto lo paga anche lei, e se vuole stare in mutande, starà in mutande. Difficile controbattere.
"Che succede?" chiedo dal cucinino, fingendo interesse per il sugo.
"Succede che la mia playlist 'Yoga Flow' è partita con i Rammstein. Di nuovo. Sto cercando di trovare il mio zen, non di invadere la Polonia."
Scoppio a ridere. "Beh, è un tipo di energia. Molto... decisa"
Si alza e viene verso di me, camminando sulle punte. Si ferma al confine della cucina e si sporge per guardare nella pentola, appoggiando una mano sul mio braccio per tenersi in equilibrio.
La sua pelle è calda. Il mio cervello va in freeze.
"Pasta al tonno? Di nuovo? Sei di una banalità disarmante," mormora. Il suo profumo, un mix di vaniglia e sudore leggero, mi riempie le narici. È a dieci centimetri da me. La regola è infranta.
"È nutriente ed economico," riesco a dire, la gola secca.
Lei alza gli occhi su di me. È così vicina che vedo le pagliuzze verdi nella sua iride. "Sei sicuro di non voler... provare qualcosa di diverso, ogni tanto?"
La domanda resta sospesa nell'aria, carica di un doppio senso che è quasi palpabile.
"Tipo?" sussurro.
Lei sorride, un angolo della bocca sollevato. "Tipo la pizza d'asporto. Ovvio." Si stacca, tornando al suo tappetino. "Muoviti, che ho fame."
Rimango a fissare il sugo che borbotta. Il mio cuore, invece, galoppa.
È un sbato sera. Diluvia. Abbiamo invitato un paio di amici. La casa è piena di chiacchiere, odore di birra e musica bassa. Io sono sul divano, incastrato in una discussione pallosissima sulle serie tv con un amico.
E Asia sta parlando con Marco.
Marco è del nostro corso. È il classico bravo ragazzo, carino, che piace a tutti. E sta palesemente flirtando con lei. E lei ride. Ride davvero buttando indietro la testa, con i capelli che le sfiorano la schiena.
Sento qualcosa di acido che mi sale dallo stomaco. È una sensazione primitiva, fastidiosa. Gelosia.
Non me ne accorgo, ma sto stringendo il bicchiere così forte che le nocche mi diventano bianche. A un certo punto, lei si volta. I nostri sguardi si incrociano da un lato all'altro della stanza.
Lei smette di ridere. Mi fissa per un secondo, due. Un'eternità. Il rumore della festa svanisce.
Poi, mi fa un piccolo sorriso, quasi di sfida. E si volta di nuovo verso Marco.
Qualche ora dopo, gli ospiti se ne sono andati. Rimaniamo solo io, lei e un salotto che sembra un campo di battaglia.
"Beh, è andata bene," dice lei, iniziando a raccogliere le lattine.
"Già. Sembravi divertirti. Soprattutto con Marco."
Non riesco a trattenermi. La frase esce più aspra di quanto volessi.
Asia si ferma, con tre lattine in mano. Si volta lentamente. "Scusa?"
"Niente. Ho detto che ti divertivi."
"Sì, mi divertivo. È una festa, Michael. È quello che si fa."
"Certo."
Lei si avvicina. Si ferma a un metro da me. "Hai un problema con Marco?"
"Io? No. Figurati. È un bravo ragazzo."
"Ma?"
"Ma niente. Solo... ti rideva addosso come uno squalo."
Lei scoppia a ridere. Una risata vera, diversa da quella che aveva riservato a Marco.
"Uno squalo? Addirittura? Maiky non è che, tante volte, sotto sotto.... sei geloso?"
"No!" sbotto, troppo velocemente. "Trovo solo ridicolo il suo approccio. Tutto lì."
Lei posa le lattine. Si avvicina ancora, annullando la distanza. Ora siamo di nuovo sotto la soglia di sicurezza.
"Sei geloso," sussurra, con un sorrisetto trionfante. "È carino."
"Non è carino. È... protettivo. Da coinquilino."
"Ah, 'protettivo'," ripete lei, assaporando la parola. "Allora, Coinquilino, mi aiuti a pulire o vuoi solo fare la guardia?"
Mi sfiora una guancia con un dito. "Rilassati, doc. Non c'è nessuno squalo qui."
Il suo tocco è leggero, ma lascia una scia di fuoco. Se ne va in cucina, lasciandomi solo nel caos, più confuso e agitato di prima.
Mercoledì. Non c'è nessuna festa. Non c'è nessun esame. C'è solo un temporale biblico che si è scatenato sulla città. L'elettricità è saltata da dieci minuti.
Siamo al buio.
"Fantastico," dice la voce di Asia dalla sua stanza. "Proprio ora che dovevo iniziare la nuova stagione di shameless "
"Usa il portatile," dico io, accendendo la torcia del telefono. La luce crea ombre lunghe e inquietanti.
"Batteria scarica. Ovviamente."
La vedo emergere dalla sua stanza come un fantasma. Indossa una mia vecchia maglietta di Stevie Ray Vaughan che su di lei diventa quasi un vestito, e dei calzini spaiati. I capelli sono raccolti in una coda disordinata
"E ora?" chiede, venendo in salotto.
"Aspettiamo. O accendiamo delle candele e invochiamo Satana. Vedi tu."
Lei ridacchia. "Opto per le candele. Ne abbiamo?"
"Nel cassetto in cucina. Quello delle cianfrusaglie."
Armeggiamo al buio. Io trovo le candele, lei un accendino. In pochi minuti, il salotto è illuminato da tre piccole fiamme sul tavolino. La luce è calda, arancione. Rende tutto più intimo. Il rumore della pioggia è assordante.
Ci sediamo sul divano. Distanti. La regola dei ventitré centimetri è in vigore.
"È quasi... romantico," dice lei, fissando una fiamma.
"Sì, se non fosse che puzzo di umidità e stiamo mangiando cracker."
Lei si gira verso di me. La luce della candela le fa brillare gli occhi. Non c'è ironia, stavolta.
"Grazie, Mike" dice, a bassa voce.
"Per cosa? Per i cracker?"
"Per essere... tu. Per essere un coinquilino normale. Per non averci provato."
Il mio cuore perde un battito. "Chi ha detto che non ci abbia mai pensato?"
È uscito da solo. L'ho pensato così forte che è diventato suono.
Silenzio. Un tuono rimbomba in lontananza.
Asia non distoglie lo sguardo. "Ah, sì? E come mai non l'hai fatto?"
"Perché," deglutisco, "è la regola numero uno, no? Non si combina un casino dove si vive. E tu sei... un casino complicato, Asia."
Lei sorride. Lentamente. "E cosi pensi che io sia complicata, tu invece sei facile ahah? Penso a quanto sarebbe facile rovinare tutto ogni singola mattina, quando ti sento alzare per andare a correre."
"Non vado a correre" dico, la voce roca. "Vengo a bere in cucina. Aspettando che tu esca dalla doccia."
Confessione per confessione. Il buio ci rende coraggiosi.
Asia inspira. "Sei un bastardo. Lo sapevo."
Si sposta. Un movimento fluido cancella i ventitré centimetri. Si inginocchia sul divano, di fronte a me. La luce della candela le illumina metà viso.
"E cosa vedi, quando esco dalla doccia?" sussurra.
"Vedo... troppe cose," ammetto.
"Fammi vedere cosa vedi, Michael."
Non è una domanda. È un ordine.
Allungo una mano, lentamente, come per non spaventare un animale selvatico. Le sfioro la guancia. È morbida. Lei chiude gli occhi, appoggiandosi al mio palmo.
L'avvicino a me. Il suo respiro, che sa di menta, mi colpisce il viso. Le nostre labbra si sfiorano. È un contatto esitante.
"Se lo facciamo," sussurro contro la sua bocca, "non si torna indietro."
"Chi ha parlato di tornare indietro?" risponde lei.
E mi bacia.
Non è un bacio dolce. È un impatto. È la somma di tutti gli sguardi rubati, delle battute a metà, della gelosia e della tensione accumulata in un anno. Le sue mani mi afferrano i capelli, stringendo. La sua bocca è affamata.
La tiro su di me, facendola sedere a cavalcioni sulle mie gambe. Il gesto è così naturale che sembra l'unica cosa logica da fare. Lei ansima nella mia bocca. La sua maglietta si è sollevata, e la mia mano trova la pelle nuda prima sulla sua schiena, poi davanti dove incontro il suo reggiseno che tiene prigioniera la sua terza di seno. È fuoco liquido.
Lei si stacca un secondo, gli occhi nei miei, il petto che si alza e si abbassa velocemente.
"La mia stanza," sussurra, con urgenza.
Ma io scuoto la testa, le mie mani che scivolano sui suoi fianchi, sotto l'orlo della maglietta...
"Troppo lontano," ansimo, prima di baciarle il collo. Mi spinge sullo schienale del divano, si toglie la maglietta rimanendo con il suo reggiseno bianco.
Ci siamo baciati ancora. Un bacio infinito, bello, desiderato. Non stavamo giocando. Volevo solo perdermi in quel momento e assaporare le sue labbra. Ancora e ancora.
Quando ci siamo staccati il respiro era corto e i suoi capelli erano scompigliati. La prendo e la sdraio sul divano, le sfilo i pantaloni gettandoli a terra. Comincio a baciare le sue cosce, su, sempre più su avvicinandomi inesorabile proprio li, alle sue mutandine bianche come il reggiseno. Eravamo agitati lo si capiva dai nostri respiri, ma non volevamo fermarci. Bacio con molta delicatezza il suo pube coperto dalle mutande, con la paura che mi dicesse di fermarmi. Non accadde.
Sento il suo odore e in quel momento è come se si fosse sbloccato qualcosa. Asia alza il sedere e si sfila le mutandine. Ha aperto le sue gambe lentamente, mostrandosi.
Senza dire una parola ho immerso il viso nelle sue cosce. Ho iniziato a leccarla assaporando ogni secondo di quel momento, lei mi teneva una mano sulla nuca. Le stava piancendo terribilmente, tanto da non riiscire a trattenere i sospiri sognanti che la sua bocca lasciava uscire. " Mio dio, mio dio... sii " ha esclamato più di qualche volta. Mi sono alzato e l'ho guardata negli occhi. " Ti è piace cosi? " le ho chiesto continuando a sfiorarla.
Mi sentivo terribilmente preso da quel momento che la mia eccitazione era arrivata ad un livello mai provato prima.
" Si " mi ha sussurrato lei all'orecchio alzandosi verso di me. Poggia entrambe le mani sul mio petto spingendomi giù sull'altra sponda del divano. Le sue mani scendono fino ad arrivare ai lacci della mia tuta, li slaccia e infila una mano sotto le mutande mentre lei si avvicina con le sue labbra verso le mie. Mi bacia in modo frettoloso poi si tira indietro afferrando con entrambe le mani i miei pantaloni cenrcando di tirarli giù. L'aiuto a sfilarmi i pamtaloni insieme alle mutande. I mio pene salta fuori come una molla dritto e pulsante.
" Ah però, non male " mi ha detto mostrando un leggero sorriso.
" Che c'è? È un cazzo di tutto rispetto sono 16 cm di pura eccitazione " scoppiammo in una risata tutti e due.
Asia però non perse tempo, ha iniziato a masturbarmi e a guardarmi negli occhi mordendosi il labbrio inferiore. Fio quello sguardo. Subito dopo si è abbassata e con la lingua ha iniziato a leccarmi dalle palle fino alla cappella per poi accompagnarlo in bocca con la sua mano. Smorfie di piacere comparivano ripetutamente sul mio viso mentre accompagnavo con una mano i suoi movimenti su e giù che si facevano più veloci, ma senza mai farle pressione. Non durai moltissimo con quel pompino perché ero troppo eccitato e agitato.
" Asia... sto.. sto per venire " l'ho avvertita con le parole che si strozzavano in gola.
" Non ti azzardare a venirmi in bocca " esclamò staccandosi di colpo.
Continuò a segarmi fino a quando il mio respiro si fece più affannoso e le pulsazioni del mio pene cominciarono ad aumentare. A quel Asia prese i miei pantaloni da terra e ci avvolse il mio cazzo.
Non ci è voluto molto prima che i fiotti di sperma venissero soppressi dai miei stessi pantaloni.
" Eddai Asia, sui pantaloni della tutta no "
Lei scoppiò a ridere
" È solo un po di sperma, vedila coma un piccola vendetta per tutte le volte che mi hai spiato in bagno. "
" Evidentemente non ti è dispiaciuto scoprirlo visto come è andata a finire "
" Stai zitto " afferrò di nuovo i miei pantaloni e me li tirò addosso ridacchiando.
Fu un esperienza indimenticabile e ancora oggi penso che sia stata la migliore della mia vita. Le candele, la pioggia, il temporale. Tutto questo ha reso il momento ancora più intenso e romantico,. E forse è proprio tutto questo che ha dato inizio a tutto il resto.
(...Continua...)
Viviamo insieme da un anno. Siamo Michael e Asia. Coinquilini. Amici di vecchia data. E, tecnicamente, colleghi di corso, anche se di Medicina vediamo più le nostre scrivanie che le aule.
Ma la vita vera, quella che pulsa tra un esame e l'altro, è fatta di altro. È fatta di lei.
Asia è... complicata da descrivere. La prima cosa che vedi sono i capelli, ovviamente. Rossi. Non color carota, ma di quel rosso scuro, intenso, che alla luce giusta sembra quasi mogano. Poi noti il suo corpo ben bilanciato, come si muove. Ha fatto danza per una vita e si vede: anche quando si alza per prendere l'acqua, c'è una fluidità che a me, ingessato sulla sedia per ore, fa impressione.
Io sono Michael. Osservo. E ultimamente, osservo un po' troppo.
Le mie uniche passioni sono il calcio e la musica Blues, tanto che ho iniziato a suinare la chitarra cercando di diventare il nuovo Stevie Ray Vaughan.
È un giovedì sera. Niente lezioni domani. Io sto provando a cucinare qualcosa di vagamente commestibile. Asia è in salotto, col tappetino steso a terra. Fa yoga.
O almeno, 'dovrebbe' fare yoga. In realtà, ha le cuffiette e sta combattendo con Spotify.
"Non è possibile!" sbotta, mettendosi seduta. Indossa un top sportivo e dei leggings che non lasciano molto all'immaginazione. Ho smesso di chiederle di coprirsi: mi ha risposto che l'affitto lo paga anche lei, e se vuole stare in mutande, starà in mutande. Difficile controbattere.
"Che succede?" chiedo dal cucinino, fingendo interesse per il sugo.
"Succede che la mia playlist 'Yoga Flow' è partita con i Rammstein. Di nuovo. Sto cercando di trovare il mio zen, non di invadere la Polonia."
Scoppio a ridere. "Beh, è un tipo di energia. Molto... decisa"
Si alza e viene verso di me, camminando sulle punte. Si ferma al confine della cucina e si sporge per guardare nella pentola, appoggiando una mano sul mio braccio per tenersi in equilibrio.
La sua pelle è calda. Il mio cervello va in freeze.
"Pasta al tonno? Di nuovo? Sei di una banalità disarmante," mormora. Il suo profumo, un mix di vaniglia e sudore leggero, mi riempie le narici. È a dieci centimetri da me. La regola è infranta.
"È nutriente ed economico," riesco a dire, la gola secca.
Lei alza gli occhi su di me. È così vicina che vedo le pagliuzze verdi nella sua iride. "Sei sicuro di non voler... provare qualcosa di diverso, ogni tanto?"
La domanda resta sospesa nell'aria, carica di un doppio senso che è quasi palpabile.
"Tipo?" sussurro.
Lei sorride, un angolo della bocca sollevato. "Tipo la pizza d'asporto. Ovvio." Si stacca, tornando al suo tappetino. "Muoviti, che ho fame."
Rimango a fissare il sugo che borbotta. Il mio cuore, invece, galoppa.
È un sbato sera. Diluvia. Abbiamo invitato un paio di amici. La casa è piena di chiacchiere, odore di birra e musica bassa. Io sono sul divano, incastrato in una discussione pallosissima sulle serie tv con un amico.
E Asia sta parlando con Marco.
Marco è del nostro corso. È il classico bravo ragazzo, carino, che piace a tutti. E sta palesemente flirtando con lei. E lei ride. Ride davvero buttando indietro la testa, con i capelli che le sfiorano la schiena.
Sento qualcosa di acido che mi sale dallo stomaco. È una sensazione primitiva, fastidiosa. Gelosia.
Non me ne accorgo, ma sto stringendo il bicchiere così forte che le nocche mi diventano bianche. A un certo punto, lei si volta. I nostri sguardi si incrociano da un lato all'altro della stanza.
Lei smette di ridere. Mi fissa per un secondo, due. Un'eternità. Il rumore della festa svanisce.
Poi, mi fa un piccolo sorriso, quasi di sfida. E si volta di nuovo verso Marco.
Qualche ora dopo, gli ospiti se ne sono andati. Rimaniamo solo io, lei e un salotto che sembra un campo di battaglia.
"Beh, è andata bene," dice lei, iniziando a raccogliere le lattine.
"Già. Sembravi divertirti. Soprattutto con Marco."
Non riesco a trattenermi. La frase esce più aspra di quanto volessi.
Asia si ferma, con tre lattine in mano. Si volta lentamente. "Scusa?"
"Niente. Ho detto che ti divertivi."
"Sì, mi divertivo. È una festa, Michael. È quello che si fa."
"Certo."
Lei si avvicina. Si ferma a un metro da me. "Hai un problema con Marco?"
"Io? No. Figurati. È un bravo ragazzo."
"Ma?"
"Ma niente. Solo... ti rideva addosso come uno squalo."
Lei scoppia a ridere. Una risata vera, diversa da quella che aveva riservato a Marco.
"Uno squalo? Addirittura? Maiky non è che, tante volte, sotto sotto.... sei geloso?"
"No!" sbotto, troppo velocemente. "Trovo solo ridicolo il suo approccio. Tutto lì."
Lei posa le lattine. Si avvicina ancora, annullando la distanza. Ora siamo di nuovo sotto la soglia di sicurezza.
"Sei geloso," sussurra, con un sorrisetto trionfante. "È carino."
"Non è carino. È... protettivo. Da coinquilino."
"Ah, 'protettivo'," ripete lei, assaporando la parola. "Allora, Coinquilino, mi aiuti a pulire o vuoi solo fare la guardia?"
Mi sfiora una guancia con un dito. "Rilassati, doc. Non c'è nessuno squalo qui."
Il suo tocco è leggero, ma lascia una scia di fuoco. Se ne va in cucina, lasciandomi solo nel caos, più confuso e agitato di prima.
Mercoledì. Non c'è nessuna festa. Non c'è nessun esame. C'è solo un temporale biblico che si è scatenato sulla città. L'elettricità è saltata da dieci minuti.
Siamo al buio.
"Fantastico," dice la voce di Asia dalla sua stanza. "Proprio ora che dovevo iniziare la nuova stagione di shameless "
"Usa il portatile," dico io, accendendo la torcia del telefono. La luce crea ombre lunghe e inquietanti.
"Batteria scarica. Ovviamente."
La vedo emergere dalla sua stanza come un fantasma. Indossa una mia vecchia maglietta di Stevie Ray Vaughan che su di lei diventa quasi un vestito, e dei calzini spaiati. I capelli sono raccolti in una coda disordinata
"E ora?" chiede, venendo in salotto.
"Aspettiamo. O accendiamo delle candele e invochiamo Satana. Vedi tu."
Lei ridacchia. "Opto per le candele. Ne abbiamo?"
"Nel cassetto in cucina. Quello delle cianfrusaglie."
Armeggiamo al buio. Io trovo le candele, lei un accendino. In pochi minuti, il salotto è illuminato da tre piccole fiamme sul tavolino. La luce è calda, arancione. Rende tutto più intimo. Il rumore della pioggia è assordante.
Ci sediamo sul divano. Distanti. La regola dei ventitré centimetri è in vigore.
"È quasi... romantico," dice lei, fissando una fiamma.
"Sì, se non fosse che puzzo di umidità e stiamo mangiando cracker."
Lei si gira verso di me. La luce della candela le fa brillare gli occhi. Non c'è ironia, stavolta.
"Grazie, Mike" dice, a bassa voce.
"Per cosa? Per i cracker?"
"Per essere... tu. Per essere un coinquilino normale. Per non averci provato."
Il mio cuore perde un battito. "Chi ha detto che non ci abbia mai pensato?"
È uscito da solo. L'ho pensato così forte che è diventato suono.
Silenzio. Un tuono rimbomba in lontananza.
Asia non distoglie lo sguardo. "Ah, sì? E come mai non l'hai fatto?"
"Perché," deglutisco, "è la regola numero uno, no? Non si combina un casino dove si vive. E tu sei... un casino complicato, Asia."
Lei sorride. Lentamente. "E cosi pensi che io sia complicata, tu invece sei facile ahah? Penso a quanto sarebbe facile rovinare tutto ogni singola mattina, quando ti sento alzare per andare a correre."
"Non vado a correre" dico, la voce roca. "Vengo a bere in cucina. Aspettando che tu esca dalla doccia."
Confessione per confessione. Il buio ci rende coraggiosi.
Asia inspira. "Sei un bastardo. Lo sapevo."
Si sposta. Un movimento fluido cancella i ventitré centimetri. Si inginocchia sul divano, di fronte a me. La luce della candela le illumina metà viso.
"E cosa vedi, quando esco dalla doccia?" sussurra.
"Vedo... troppe cose," ammetto.
"Fammi vedere cosa vedi, Michael."
Non è una domanda. È un ordine.
Allungo una mano, lentamente, come per non spaventare un animale selvatico. Le sfioro la guancia. È morbida. Lei chiude gli occhi, appoggiandosi al mio palmo.
L'avvicino a me. Il suo respiro, che sa di menta, mi colpisce il viso. Le nostre labbra si sfiorano. È un contatto esitante.
"Se lo facciamo," sussurro contro la sua bocca, "non si torna indietro."
"Chi ha parlato di tornare indietro?" risponde lei.
E mi bacia.
Non è un bacio dolce. È un impatto. È la somma di tutti gli sguardi rubati, delle battute a metà, della gelosia e della tensione accumulata in un anno. Le sue mani mi afferrano i capelli, stringendo. La sua bocca è affamata.
La tiro su di me, facendola sedere a cavalcioni sulle mie gambe. Il gesto è così naturale che sembra l'unica cosa logica da fare. Lei ansima nella mia bocca. La sua maglietta si è sollevata, e la mia mano trova la pelle nuda prima sulla sua schiena, poi davanti dove incontro il suo reggiseno che tiene prigioniera la sua terza di seno. È fuoco liquido.
Lei si stacca un secondo, gli occhi nei miei, il petto che si alza e si abbassa velocemente.
"La mia stanza," sussurra, con urgenza.
Ma io scuoto la testa, le mie mani che scivolano sui suoi fianchi, sotto l'orlo della maglietta...
"Troppo lontano," ansimo, prima di baciarle il collo. Mi spinge sullo schienale del divano, si toglie la maglietta rimanendo con il suo reggiseno bianco.
Ci siamo baciati ancora. Un bacio infinito, bello, desiderato. Non stavamo giocando. Volevo solo perdermi in quel momento e assaporare le sue labbra. Ancora e ancora.
Quando ci siamo staccati il respiro era corto e i suoi capelli erano scompigliati. La prendo e la sdraio sul divano, le sfilo i pantaloni gettandoli a terra. Comincio a baciare le sue cosce, su, sempre più su avvicinandomi inesorabile proprio li, alle sue mutandine bianche come il reggiseno. Eravamo agitati lo si capiva dai nostri respiri, ma non volevamo fermarci. Bacio con molta delicatezza il suo pube coperto dalle mutande, con la paura che mi dicesse di fermarmi. Non accadde.
Sento il suo odore e in quel momento è come se si fosse sbloccato qualcosa. Asia alza il sedere e si sfila le mutandine. Ha aperto le sue gambe lentamente, mostrandosi.
Senza dire una parola ho immerso il viso nelle sue cosce. Ho iniziato a leccarla assaporando ogni secondo di quel momento, lei mi teneva una mano sulla nuca. Le stava piancendo terribilmente, tanto da non riiscire a trattenere i sospiri sognanti che la sua bocca lasciava uscire. " Mio dio, mio dio... sii " ha esclamato più di qualche volta. Mi sono alzato e l'ho guardata negli occhi. " Ti è piace cosi? " le ho chiesto continuando a sfiorarla.
Mi sentivo terribilmente preso da quel momento che la mia eccitazione era arrivata ad un livello mai provato prima.
" Si " mi ha sussurrato lei all'orecchio alzandosi verso di me. Poggia entrambe le mani sul mio petto spingendomi giù sull'altra sponda del divano. Le sue mani scendono fino ad arrivare ai lacci della mia tuta, li slaccia e infila una mano sotto le mutande mentre lei si avvicina con le sue labbra verso le mie. Mi bacia in modo frettoloso poi si tira indietro afferrando con entrambe le mani i miei pantaloni cenrcando di tirarli giù. L'aiuto a sfilarmi i pamtaloni insieme alle mutande. I mio pene salta fuori come una molla dritto e pulsante.
" Ah però, non male " mi ha detto mostrando un leggero sorriso.
" Che c'è? È un cazzo di tutto rispetto sono 16 cm di pura eccitazione " scoppiammo in una risata tutti e due.
Asia però non perse tempo, ha iniziato a masturbarmi e a guardarmi negli occhi mordendosi il labbrio inferiore. Fio quello sguardo. Subito dopo si è abbassata e con la lingua ha iniziato a leccarmi dalle palle fino alla cappella per poi accompagnarlo in bocca con la sua mano. Smorfie di piacere comparivano ripetutamente sul mio viso mentre accompagnavo con una mano i suoi movimenti su e giù che si facevano più veloci, ma senza mai farle pressione. Non durai moltissimo con quel pompino perché ero troppo eccitato e agitato.
" Asia... sto.. sto per venire " l'ho avvertita con le parole che si strozzavano in gola.
" Non ti azzardare a venirmi in bocca " esclamò staccandosi di colpo.
Continuò a segarmi fino a quando il mio respiro si fece più affannoso e le pulsazioni del mio pene cominciarono ad aumentare. A quel Asia prese i miei pantaloni da terra e ci avvolse il mio cazzo.
Non ci è voluto molto prima che i fiotti di sperma venissero soppressi dai miei stessi pantaloni.
" Eddai Asia, sui pantaloni della tutta no "
Lei scoppiò a ridere
" È solo un po di sperma, vedila coma un piccola vendetta per tutte le volte che mi hai spiato in bagno. "
" Evidentemente non ti è dispiaciuto scoprirlo visto come è andata a finire "
" Stai zitto " afferrò di nuovo i miei pantaloni e me li tirò addosso ridacchiando.
Fu un esperienza indimenticabile e ancora oggi penso che sia stata la migliore della mia vita. Le candele, la pioggia, il temporale. Tutto questo ha reso il momento ancora più intenso e romantico,. E forse è proprio tutto questo che ha dato inizio a tutto il resto.
(...Continua...)
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