Daria e Gervasia Tettamanzi: due sorelle devastanti
di
Kendall
genere
dominazione
Le premesse.
Mai un cognome fu più appropriato: Daria e Gervasia Tettamanzi. Erano due biondone sul metro e ottanta con seni fuori misura. A occhio, le due donne superavano il quintale e di parecchio (almeno 20 chili, se non di più): le classiche BBW col faccione ripieno e la pelle liscia priva di rughe. Non capivo che età avessero quando le ho conosciute ma, dati alla mano forniti dai vicini, saranno state sui 50, benché non li dimostrassero.
Quando le vidi la prima volta notai subito il loro fisico imponente: avevano il collo taurino, grosse braccia toniche, pancia evidente ma non esagerata, due sequoie solide e dritte al posto delle gambe sempre in bella mostra.
Camminavano con un portamento tutto loro: petto in fuori (come se ce ne fosse bisogno), movimenti all’unisono (sembravano due soldati in parata), passo deciso che non ammetteva dubbi (dovevi farti di lato se le incrociavi sulle scale) e sguardo enigmatico (ti guardavano voluttuose ma senza mai sorridere).
Io abitavo temporaneamente al terzo piano sotto di loro. Ero uno specializzando in ortopedia al primo anno fuori città dopo la laurea: tutto il giorno in ospedale a farmi le ossa, anche in senso non figurato del termine. Quando tornavo a casa, uscivo a correre per scaricarmi e spesso le incontravo sulle scale. All’inizio, non mi ero fatto domande su quei ripetuti incroci con queste sorelle del piano di sopra. Poi compresi che non erano state delle coincidenze. Avevano messo gli occhi su di me.
Al tempo, ero single perché puntavo tutto sulla professione e non volevo legami fissi. Ammetto che in quel periodo la mia vita sessuale… non esisteva affatto o, meglio, per sopravvivere alle pulsioni emergenti…provvedevo “in proprio” e tiravo avanti. Devo anche confessare che la decisione derivava dal fatto che ero rimasto scottato dall’unica storia avuta al liceo e da allora… solo donne a pagamento e del genere che mi piaceva, appunto quelle giunoniche.
L’approccio
Dopo un mese dal mio arrivo in quella casa, non avevo ancora parlato con le due Tettamanzi ma un bel giorno di giugno sentii suonare il campanello. Ero appena uscito dalla doccia, così indossai frettolosamente una canottiera e andai ad aprire la porta. Di fronte a me c'erano le due sorelle che mi guardavano ferme come due statue: molto simili tra di loro, più alte di me pur se con gli infradito bassi, imponenti e con un sorriso di circostanza stampato sui loro volti. Una delle due prese a parlare.
- Buonasera, dottor Martini. La disturbiamo?
- No, figuratevi. Posso esservi utile?
- Non vorremmo abusare della sua disponibilità, ma sappiamo che lei è un medico e abbiamo un problema.
- Ditemi.
- Mia sorella Daria ha preso una distorsione ad una caviglia più di un mese fa, ma le fa ancora piuttosto male.
- Sì, qui di lato, vede? Non è gonfia ma duole.
- Potrebbe visitarla?
In quel momento, mi sentii un po’ imbarazzato perché ero svestito e avevo la casa in totale disordine, per cui cercai di prendere tempo.
- Volentieri, ma il mio appartamento in questo momento è poco presentabile. Possiamo fare domani?
- Se vuole, può salire più tardi da noi.
- Ah, va bene facciamo fra mezz'oretta.
Il tranello.
Al momento non ci diedi molto peso, ma quando le vidi andar via prima di richiudere la porta non potei fare a meno di notare che questa Daria camminava benissimo senza mostrare segni di sofferenza alla caviglia. Sta di fatto che mezz'ora dopo entravo a casa loro. Mi fecero accomodare in soggiorno. Daria si sedette sulla poltrona appoggiando la gamba sul seggiolino che si trovava di fronte. Mentre io mi apprestavo inginocchiato a esaminare la presunta caviglia dolorante, Gervasia si pose dietro di me molto vicino alla mia schiena al punto da sentire il contatto di una sua gamba. In quel momento non mi ero reso conto che si trattava di una postura voluta.
La caviglia in questione non dava alcun segno evidente di problemi: Daria, come sua sorella, aveva un'ossatura robusta in ogni parte del corpo e anche le caviglie mostravano una circonferenza di tutto rispetto. Dopo aver testato le articolazioni della donna, ipotizzai un indolenzimento solo un po’ più lungo da smaltire. Coi dovuti modi glielo comunicai e continuai la visita per vedere se il ginocchio mostrasse segni di borsite o simili.
Notai che i polpacci erano estremamente tonici ed emanavano forza muscolare. Le due sorelle non potevano certo sapere che io ero sempre stato molto attratto dalle donne con le gambe muscolose e potenti. Infatti, manipolare quella caviglia e palpare quel polpaccio mi stimolò un indurimento del pene. L'inattesa erezione mi procurò un piccolo dolore di posizione che mi costrinse a mettermi in piedi di botto e a toccarmi furtivamente le parti basse per riacquisire la normale postura. Sicuramente le due sorelle se ne accorsero.
- Qualcosa non va?
- No, niente. Era la posizione. Ora è tutto ok.
Notai lo sguardo di intesa malizioso tra le due sorelle. Era come se avessero intuito la mia inclinazione è così Gervasia ne approfittò.
- Allora, dottore, se non è niente di cui preoccuparsi per mia sorella, posso approfittarne per un'ulteriore domanda?
- Certo!
- È da un po’ di giorni che quando faccio le scale, mi fa male qui (tirandosi su la gonna e indicando l’inguine laddove c'è l'osso del bacino). La coscia mostrava una massa muscolare considerevole e io rimasi un po’ imbambolato a guardarla senza rendermi conto del linguaggio del corpo che stavo involontariamente utilizzando. La sorella Gervasia interpretò correttamente cosa stavo provando e fece un’altra mossa: mi prese la mano e mi fece toccare il presunto punto dolente.
- Ecco! E’ qui!
In quel momento, il mio corpo tradì le sue debolezze: mentre palpavo guidato sinuosamente dalla sua mano, qualcosa si ingrandì nei miei pantaloni corti estivi e le due donne se ne accorsero immediatamente.
- Non posso fare una diagnosi qui su due piedi però anche nel suo caso potrebbe essere stato un semplice indolenzimento.
- Non ha per caso qualche pomata che può essere utile a tutti e due.
Qui in casa no, ma se volete domani sera vi porto un gel molto efficace dall’ospedale.
Grazie! - dissero quasi all'unisono le due donne cui si illuminarono gli occhi come se si prefigurassero qualche sviluppo positivo della situazione.
Sandwich, schiacciamenti e godimenti
La sera seguente, dopo la corsa e la successiva doccia, suonavo al campanello delle sorelle Tettamanzi. Quando mi aprirono la porta, vidi che il loro abbigliamento era diverso da quello della sera precedente: scarpe con tacchi alti le rendevano ancora più imponenti, due minigonne svolazzanti mettevano in evidenza le poderose cosce, due cortissime canottiere non riuscivano a contenere gli enormi seni e mettevano in evidenza delle spalle larghe e dei braccioni grossi come una delle mie gambe.
Non nascondo che quella visione ebbe un effetto immediato su di me che, indossando gli stessi pantaloncini del giorno precedente, rendevo facilmente decodificabili le reazioni involontarie delle mie parti basse. Compresi subito che non c'era più la distanza sociale del giorno precedente e che la serata avrebbe potuto prendere una piega inattesa.
- Accomodati. Possiamo darci del tu?
- Certamente! Ho portato il gel.
- Benissimo!
Daria prese il tubetto, lesse rapidamente il fogliettino illustrativo e poi si rivolse a me.
- Puoi spalmarmi tu che sicuramente avrai una manualità più professionale della mia.
- Be’, non è che ci vuole una grande specializzazione ma se ti fa piacere…
La donna si posizionò sulla poltrona, io mi inginocchiai e lasciai che la sua gamba si posasse sopra il mio ginocchio facendomi quasi cadere per il peso. Poi cominciai a spalmare.
- Che mano delicata! È un piacere sentire come spalma, sai Gervasia?
- Davvero Daria? Allora poi ne approfitto anch’io!
La cosa stava cambiando aspetto e io cominciai a capire che le due tipe avevano in mente un piano. Se non fossi stato attratto comunque dai loro corpi, avrei dovuto balzare fuori immediatamente da quell’appartamento… ma non lo feci. C'era qualcosa in quei due colossi che mi attirava e mi coinvolgeva. E così stetti al gioco. Quando mi voltai verso la sorella, me la trovai di fronte a pochi centimetri con la gonna alzata che mi indicava il punto dove spalmare la pomata.
La mia postura era piuttosto bizzarra: inginocchiato con gli occhi all'altezza delle sue mutandine sarei stato costretto a spalmare la pomata in una posizione quasi servile. Come se non bastasse, quando iniziai a diffondere il contenuto della pomata sull’inguine, la donna pose delicatamente le mani sulle mie spalle.
- Sei proprio bravo a massaggiare! Sento già che mi sta passando!
- Davvero bravo il nostro dottor Martini. Come ti chiami di nome?
- Matteo - dissi con una voce leggermente tremante perché cominciavo a capire che c'era qualcosa di strano nel loro comportamento.
- Sai Matteo, che sei proprio un bello e bravo ragazzo!
- Grazie, ma non sto facendo niente di straordinario.
- No, per ora no.
Non mi ero accorto che la sorella nel frattempo era venuta dietro di me. Pure lei mi mise le mani sulle spalle.
- Anche a noi sarebbe piaciuto fare le massaggiatrici, vero Gervasia.
- Be’, però possiamo sempre esercitare in privato.
- Ci vorrebbe un paziente con problemi muscolari e alle ossa.
Io non capivo dove stessero andando a parare ma cominciai ad avvertire veramente una situazione bislacca.
- Giusto! Ad esempio, il nostro dottor Matteo mi sembra che abbia bisogno di qualche cura particolare.
- Hai ragione! È così magrolino! Mi sembra un po’ patito.
- Guarda quelle sue gambettine scheletriche.
- Hai visto gli avambracci quando spalmava?
- Erano la metà della metà dei tuoi polpacci!
- È vero, secondo me c'è qualcosa che non va nella sua dieta.
- O forse ha bisogno di un'altra cura particolare!
- Dai! Vediamo se i nostri massaggi possono portargli beneficio.
Io ero confuso e, proprio mentre stavo cercando una scusa per andarmene, improvvisamente, la scena cambiò in modo radicale: le sorelle Tettamanzi uscirono allo scoperto! Mi sentii alzare da dietro sotto le ascelle: due forti avambracci mi avevano improvvisamente imprigionato mentre di fronte a me l'altra sorella si posizionava in tutta la sua imponenza gonfiando il petto e mettendosi in posa come una culturista.
- Ti piace il mio seno, Matteo?
- Attento come rispondi a mia sorella… non sbagliare…se no potresti sentire male alle tue braccine!
- Ma cosa avete in mente? Perché mi state bloccando?
- Vedrai, la nostra cura ti piacerà.
Mentre una mi teneva immobilizzato tappandomi pure la bocca per impedirmi di gridare, l’altra mi stava togliendo calzoncini e mutande. Non riuscivo neanche a dimenarmi tale era la forza superiore che mi tratteneva. Allora cercai di giocare d’astuzia.
- Ok! Ok! Ho capito. Non serve che mi trattenete con la forza. Sto al gioco.
Sentendo questo, mollarono la presa e io fulmineamente corsi verso la porta d’ingresso (“Chi se ne frega se qualcuno mi vede sulle scale. L’importante è scappare!). Arrivai alla porta ma inaspettatamente una delle due sorelle fu più veloce di me e mi sbarrò la strada guardandomi con occhi libidinosi.
Mi furono addosso e mi tolsero la canottiera: ero nudo senza più la possibilità di fuggire. In men che non si dica anche loro si spogliarono. Poi fecero alcuni giri attorno a me: mi sentivo umiliato proprio sul piano fisico. Vedevo queste due matrone eccitarsi nel dominarmi e divertirsi nello sfottermi.
- Vero che non dirai a nessuno che ti sei fatto dominare da due donne?
- Povero omino così debole e indifeso è stato messo sotto da due vere donne.
Appena il girotondo di scherni finì, Gervasia mi abbracciò dal davanti simulando tenerezza mentre Daria faceva altrettanto da dietro.
- Ti piacciono i panini imbottiti?
- Cosa?
- Sì, perché ora saprai come si sente il prosciutto all’interno di un sandwich.
Iniziarono a comprimermi tra i loro corpi muovendosi in modo sinuoso. La mia testa sprofondava nell’enorme e turgido seno di Daria che usava la mia mano destra per masturbarsi, mentre Gervasia si sfregava contro il mio sedere tirando il dito medio della mia mano sinistra… proprio dentro di sé. Ero sballottato avanti, indietro e di lato: ero diventato un oggetto manipolato a loro piacimento.
Io ero inerme: un po’ perché erano nettamente più forti di me e un po’ perché mi stavo lasciando andare vinto dal desiderio di seguire le loro fantasie erotiche.
- Vedi Daria, come sta già meglio il nostro Matteo?
- Certo! E se fa il bravo potremmo anche guarirlo!
Questa prima parte del loro trattamento andò avanti fino a quando Gervasia si eccitò a tal punto da raggiungere il primo orgasmo seguita a ruota dalla sorella minore. Vederle godere mi procurò invidia e frustrazione.
Senza neanche riposarsi un po’, una delle sorelle…non ricordo chi… mi trascinò a terra sul tappeto persiano che avevano in soggiorno e mi mise sopra di lei senza parlare. Ricordo il suo faccione che mi guardava mentre io ero letteralmente dentro alle sue tette.
Poi avvertii una botta tremenda sulla schiena! L’altra sorella a si era lasciata cadere a peso morto su di me che stavo a pancia sotto. Mi trovavo ora schiacciato tra questi due bolidi che avevano ripreso a sfregarsi per eccitarsi incuranti di ciò che stavo provando io. Mi sentivo leccare la schiena da una sorella che sospirava dietro di me mentre l’altra la imitava da sotto.
Cercai ancora di ribellarmi ma una mano mi prese il collo da dietro e cominciò a stringere fino a quasi soffocarmi del tutto.
- Tranquillo! Poi verrà il tuo turno, piccolo Matteo.
- Adesso però sta’ fermo che proseguiamo la terapia.
Il sandwich a terra mi vedeva ancora schiacciato tra i due corpi sudati e in continuo movimento eccitatorio. Ad un certo punto, la sorella che mi stava sopra mi rigirò di 180 gradi per mettere la mia faccia a contatto della figa della sorella.
Da bravo, lecca che facciamo un bel 69!
Sentii il mio pene scivolare nella bocca di una delle due mentre iniziai a fare il mio dovere. Ormai mi ero arreso e finii in una condizione mentale confusa ai limiti dello svenimento. Leccavo e sentivo un piacere crescente. Può darsi che in quel frangente le due sorelle si diedero il cambio sia a farsi leccare che a farmi il pompino. Non me lo ricordo proprio!
Quando raggiunsi l’acme del piacere non ero più in grado di intendere e di volere: mi ricordo i loro gemiti di godimento mentre sborravo come non mai. Non so neanche se le stavo ancora leccando. Ebbi addirittura l’impressone che sul più bello mi avessero abbandonato per baciarsi tra di loro! Dopo di ciò… la nebbia: sonno o perdita dei sensi non fa differenza.
Un anno “piacevole”
Quando mi riebbi, loro erano in bagno a lavarsi. Ero esausto e senza forze mentre le vidi ritornare fresche come due rose.
- Visto Daria, che bel colorito ha adesso il nostro paziente?
- Siamo proprio brave, vero dottore?
Non avevo neanche la forza di parlare e mi misi seduto a terra ancora senza vestiti.
- Non farti venire lontanamente l’idea di parlare con qualcuno di quello che abbiamo fatto.
- Prima negheremmo ogni cosa, poi verremmo a prenderti e ti faremmo un trattamento ancora più speciale.
- Siamo troppo forti per te. Io, ad esempio, potrei spezzarti una ad una le dita delle tue manine, così non potrai più operare come chirurgo.
- Io, invece, potrei schiacciarti tra le gambe e romperti le vertebre, così non potrai più andare a correre.
Le loro parole erano come dei macigni ma io le sorpresi. Si aspettavano un mio umiliante silenzio o un moto di rabbia represso. Invece, no. La mia reazione spontanea fu un’altra e servì a chiarire anche a me stesso la natura di quella mia inclinazione sessuale.
- Ma chi vi ha detto che voglio parlare con qualcuno dell’accaduto. Ho goduto come un riccio mentre mi dominavate con la forza. Solo che era la prima volta ed ero un po’ impacciato nel mio ruolo di dominato e… vorrei farlo meglio. Ho capito che dentro di me ho sempre desiderato essere dominato sessualmente da corpi come i vostri. Ma stavolta, mi dovete scusare, ero impreparato.
Sentivo che dietro ai loro occhi di ghiaccio c’era la soddisfazione di aver trovato la persona giusta per i loro travolgenti giochi erotici così come io ero sicuro di aver trovato in loro dei tipi ideali per soddisfare i miei più segreti bisogni sessuali. Nacque una strana ma duratura relazione a senso unico servo-padrone che portò piacere fisico ed equilibrio psichico in tutte tre. Non so quanti rapporti avemmo insieme e quante posizioni, quanti amplessi veri e propri ne scaturirono.
Tutto finì quando dopo un anno mi fu offerta una borsa di studio negli Stati Uniti, lascai l’Italia e non vi feci ritorno per molto tempo.
Se ci sarà occasione, vi racconterò come mi accomiatai dalle potenti sorelle Tettamanzi: fu un’esperienza devastante!
Mai un cognome fu più appropriato: Daria e Gervasia Tettamanzi. Erano due biondone sul metro e ottanta con seni fuori misura. A occhio, le due donne superavano il quintale e di parecchio (almeno 20 chili, se non di più): le classiche BBW col faccione ripieno e la pelle liscia priva di rughe. Non capivo che età avessero quando le ho conosciute ma, dati alla mano forniti dai vicini, saranno state sui 50, benché non li dimostrassero.
Quando le vidi la prima volta notai subito il loro fisico imponente: avevano il collo taurino, grosse braccia toniche, pancia evidente ma non esagerata, due sequoie solide e dritte al posto delle gambe sempre in bella mostra.
Camminavano con un portamento tutto loro: petto in fuori (come se ce ne fosse bisogno), movimenti all’unisono (sembravano due soldati in parata), passo deciso che non ammetteva dubbi (dovevi farti di lato se le incrociavi sulle scale) e sguardo enigmatico (ti guardavano voluttuose ma senza mai sorridere).
Io abitavo temporaneamente al terzo piano sotto di loro. Ero uno specializzando in ortopedia al primo anno fuori città dopo la laurea: tutto il giorno in ospedale a farmi le ossa, anche in senso non figurato del termine. Quando tornavo a casa, uscivo a correre per scaricarmi e spesso le incontravo sulle scale. All’inizio, non mi ero fatto domande su quei ripetuti incroci con queste sorelle del piano di sopra. Poi compresi che non erano state delle coincidenze. Avevano messo gli occhi su di me.
Al tempo, ero single perché puntavo tutto sulla professione e non volevo legami fissi. Ammetto che in quel periodo la mia vita sessuale… non esisteva affatto o, meglio, per sopravvivere alle pulsioni emergenti…provvedevo “in proprio” e tiravo avanti. Devo anche confessare che la decisione derivava dal fatto che ero rimasto scottato dall’unica storia avuta al liceo e da allora… solo donne a pagamento e del genere che mi piaceva, appunto quelle giunoniche.
L’approccio
Dopo un mese dal mio arrivo in quella casa, non avevo ancora parlato con le due Tettamanzi ma un bel giorno di giugno sentii suonare il campanello. Ero appena uscito dalla doccia, così indossai frettolosamente una canottiera e andai ad aprire la porta. Di fronte a me c'erano le due sorelle che mi guardavano ferme come due statue: molto simili tra di loro, più alte di me pur se con gli infradito bassi, imponenti e con un sorriso di circostanza stampato sui loro volti. Una delle due prese a parlare.
- Buonasera, dottor Martini. La disturbiamo?
- No, figuratevi. Posso esservi utile?
- Non vorremmo abusare della sua disponibilità, ma sappiamo che lei è un medico e abbiamo un problema.
- Ditemi.
- Mia sorella Daria ha preso una distorsione ad una caviglia più di un mese fa, ma le fa ancora piuttosto male.
- Sì, qui di lato, vede? Non è gonfia ma duole.
- Potrebbe visitarla?
In quel momento, mi sentii un po’ imbarazzato perché ero svestito e avevo la casa in totale disordine, per cui cercai di prendere tempo.
- Volentieri, ma il mio appartamento in questo momento è poco presentabile. Possiamo fare domani?
- Se vuole, può salire più tardi da noi.
- Ah, va bene facciamo fra mezz'oretta.
Il tranello.
Al momento non ci diedi molto peso, ma quando le vidi andar via prima di richiudere la porta non potei fare a meno di notare che questa Daria camminava benissimo senza mostrare segni di sofferenza alla caviglia. Sta di fatto che mezz'ora dopo entravo a casa loro. Mi fecero accomodare in soggiorno. Daria si sedette sulla poltrona appoggiando la gamba sul seggiolino che si trovava di fronte. Mentre io mi apprestavo inginocchiato a esaminare la presunta caviglia dolorante, Gervasia si pose dietro di me molto vicino alla mia schiena al punto da sentire il contatto di una sua gamba. In quel momento non mi ero reso conto che si trattava di una postura voluta.
La caviglia in questione non dava alcun segno evidente di problemi: Daria, come sua sorella, aveva un'ossatura robusta in ogni parte del corpo e anche le caviglie mostravano una circonferenza di tutto rispetto. Dopo aver testato le articolazioni della donna, ipotizzai un indolenzimento solo un po’ più lungo da smaltire. Coi dovuti modi glielo comunicai e continuai la visita per vedere se il ginocchio mostrasse segni di borsite o simili.
Notai che i polpacci erano estremamente tonici ed emanavano forza muscolare. Le due sorelle non potevano certo sapere che io ero sempre stato molto attratto dalle donne con le gambe muscolose e potenti. Infatti, manipolare quella caviglia e palpare quel polpaccio mi stimolò un indurimento del pene. L'inattesa erezione mi procurò un piccolo dolore di posizione che mi costrinse a mettermi in piedi di botto e a toccarmi furtivamente le parti basse per riacquisire la normale postura. Sicuramente le due sorelle se ne accorsero.
- Qualcosa non va?
- No, niente. Era la posizione. Ora è tutto ok.
Notai lo sguardo di intesa malizioso tra le due sorelle. Era come se avessero intuito la mia inclinazione è così Gervasia ne approfittò.
- Allora, dottore, se non è niente di cui preoccuparsi per mia sorella, posso approfittarne per un'ulteriore domanda?
- Certo!
- È da un po’ di giorni che quando faccio le scale, mi fa male qui (tirandosi su la gonna e indicando l’inguine laddove c'è l'osso del bacino). La coscia mostrava una massa muscolare considerevole e io rimasi un po’ imbambolato a guardarla senza rendermi conto del linguaggio del corpo che stavo involontariamente utilizzando. La sorella Gervasia interpretò correttamente cosa stavo provando e fece un’altra mossa: mi prese la mano e mi fece toccare il presunto punto dolente.
- Ecco! E’ qui!
In quel momento, il mio corpo tradì le sue debolezze: mentre palpavo guidato sinuosamente dalla sua mano, qualcosa si ingrandì nei miei pantaloni corti estivi e le due donne se ne accorsero immediatamente.
- Non posso fare una diagnosi qui su due piedi però anche nel suo caso potrebbe essere stato un semplice indolenzimento.
- Non ha per caso qualche pomata che può essere utile a tutti e due.
Qui in casa no, ma se volete domani sera vi porto un gel molto efficace dall’ospedale.
Grazie! - dissero quasi all'unisono le due donne cui si illuminarono gli occhi come se si prefigurassero qualche sviluppo positivo della situazione.
Sandwich, schiacciamenti e godimenti
La sera seguente, dopo la corsa e la successiva doccia, suonavo al campanello delle sorelle Tettamanzi. Quando mi aprirono la porta, vidi che il loro abbigliamento era diverso da quello della sera precedente: scarpe con tacchi alti le rendevano ancora più imponenti, due minigonne svolazzanti mettevano in evidenza le poderose cosce, due cortissime canottiere non riuscivano a contenere gli enormi seni e mettevano in evidenza delle spalle larghe e dei braccioni grossi come una delle mie gambe.
Non nascondo che quella visione ebbe un effetto immediato su di me che, indossando gli stessi pantaloncini del giorno precedente, rendevo facilmente decodificabili le reazioni involontarie delle mie parti basse. Compresi subito che non c'era più la distanza sociale del giorno precedente e che la serata avrebbe potuto prendere una piega inattesa.
- Accomodati. Possiamo darci del tu?
- Certamente! Ho portato il gel.
- Benissimo!
Daria prese il tubetto, lesse rapidamente il fogliettino illustrativo e poi si rivolse a me.
- Puoi spalmarmi tu che sicuramente avrai una manualità più professionale della mia.
- Be’, non è che ci vuole una grande specializzazione ma se ti fa piacere…
La donna si posizionò sulla poltrona, io mi inginocchiai e lasciai che la sua gamba si posasse sopra il mio ginocchio facendomi quasi cadere per il peso. Poi cominciai a spalmare.
- Che mano delicata! È un piacere sentire come spalma, sai Gervasia?
- Davvero Daria? Allora poi ne approfitto anch’io!
La cosa stava cambiando aspetto e io cominciai a capire che le due tipe avevano in mente un piano. Se non fossi stato attratto comunque dai loro corpi, avrei dovuto balzare fuori immediatamente da quell’appartamento… ma non lo feci. C'era qualcosa in quei due colossi che mi attirava e mi coinvolgeva. E così stetti al gioco. Quando mi voltai verso la sorella, me la trovai di fronte a pochi centimetri con la gonna alzata che mi indicava il punto dove spalmare la pomata.
La mia postura era piuttosto bizzarra: inginocchiato con gli occhi all'altezza delle sue mutandine sarei stato costretto a spalmare la pomata in una posizione quasi servile. Come se non bastasse, quando iniziai a diffondere il contenuto della pomata sull’inguine, la donna pose delicatamente le mani sulle mie spalle.
- Sei proprio bravo a massaggiare! Sento già che mi sta passando!
- Davvero bravo il nostro dottor Martini. Come ti chiami di nome?
- Matteo - dissi con una voce leggermente tremante perché cominciavo a capire che c'era qualcosa di strano nel loro comportamento.
- Sai Matteo, che sei proprio un bello e bravo ragazzo!
- Grazie, ma non sto facendo niente di straordinario.
- No, per ora no.
Non mi ero accorto che la sorella nel frattempo era venuta dietro di me. Pure lei mi mise le mani sulle spalle.
- Anche a noi sarebbe piaciuto fare le massaggiatrici, vero Gervasia.
- Be’, però possiamo sempre esercitare in privato.
- Ci vorrebbe un paziente con problemi muscolari e alle ossa.
Io non capivo dove stessero andando a parare ma cominciai ad avvertire veramente una situazione bislacca.
- Giusto! Ad esempio, il nostro dottor Matteo mi sembra che abbia bisogno di qualche cura particolare.
- Hai ragione! È così magrolino! Mi sembra un po’ patito.
- Guarda quelle sue gambettine scheletriche.
- Hai visto gli avambracci quando spalmava?
- Erano la metà della metà dei tuoi polpacci!
- È vero, secondo me c'è qualcosa che non va nella sua dieta.
- O forse ha bisogno di un'altra cura particolare!
- Dai! Vediamo se i nostri massaggi possono portargli beneficio.
Io ero confuso e, proprio mentre stavo cercando una scusa per andarmene, improvvisamente, la scena cambiò in modo radicale: le sorelle Tettamanzi uscirono allo scoperto! Mi sentii alzare da dietro sotto le ascelle: due forti avambracci mi avevano improvvisamente imprigionato mentre di fronte a me l'altra sorella si posizionava in tutta la sua imponenza gonfiando il petto e mettendosi in posa come una culturista.
- Ti piace il mio seno, Matteo?
- Attento come rispondi a mia sorella… non sbagliare…se no potresti sentire male alle tue braccine!
- Ma cosa avete in mente? Perché mi state bloccando?
- Vedrai, la nostra cura ti piacerà.
Mentre una mi teneva immobilizzato tappandomi pure la bocca per impedirmi di gridare, l’altra mi stava togliendo calzoncini e mutande. Non riuscivo neanche a dimenarmi tale era la forza superiore che mi tratteneva. Allora cercai di giocare d’astuzia.
- Ok! Ok! Ho capito. Non serve che mi trattenete con la forza. Sto al gioco.
Sentendo questo, mollarono la presa e io fulmineamente corsi verso la porta d’ingresso (“Chi se ne frega se qualcuno mi vede sulle scale. L’importante è scappare!). Arrivai alla porta ma inaspettatamente una delle due sorelle fu più veloce di me e mi sbarrò la strada guardandomi con occhi libidinosi.
Mi furono addosso e mi tolsero la canottiera: ero nudo senza più la possibilità di fuggire. In men che non si dica anche loro si spogliarono. Poi fecero alcuni giri attorno a me: mi sentivo umiliato proprio sul piano fisico. Vedevo queste due matrone eccitarsi nel dominarmi e divertirsi nello sfottermi.
- Vero che non dirai a nessuno che ti sei fatto dominare da due donne?
- Povero omino così debole e indifeso è stato messo sotto da due vere donne.
Appena il girotondo di scherni finì, Gervasia mi abbracciò dal davanti simulando tenerezza mentre Daria faceva altrettanto da dietro.
- Ti piacciono i panini imbottiti?
- Cosa?
- Sì, perché ora saprai come si sente il prosciutto all’interno di un sandwich.
Iniziarono a comprimermi tra i loro corpi muovendosi in modo sinuoso. La mia testa sprofondava nell’enorme e turgido seno di Daria che usava la mia mano destra per masturbarsi, mentre Gervasia si sfregava contro il mio sedere tirando il dito medio della mia mano sinistra… proprio dentro di sé. Ero sballottato avanti, indietro e di lato: ero diventato un oggetto manipolato a loro piacimento.
Io ero inerme: un po’ perché erano nettamente più forti di me e un po’ perché mi stavo lasciando andare vinto dal desiderio di seguire le loro fantasie erotiche.
- Vedi Daria, come sta già meglio il nostro Matteo?
- Certo! E se fa il bravo potremmo anche guarirlo!
Questa prima parte del loro trattamento andò avanti fino a quando Gervasia si eccitò a tal punto da raggiungere il primo orgasmo seguita a ruota dalla sorella minore. Vederle godere mi procurò invidia e frustrazione.
Senza neanche riposarsi un po’, una delle sorelle…non ricordo chi… mi trascinò a terra sul tappeto persiano che avevano in soggiorno e mi mise sopra di lei senza parlare. Ricordo il suo faccione che mi guardava mentre io ero letteralmente dentro alle sue tette.
Poi avvertii una botta tremenda sulla schiena! L’altra sorella a si era lasciata cadere a peso morto su di me che stavo a pancia sotto. Mi trovavo ora schiacciato tra questi due bolidi che avevano ripreso a sfregarsi per eccitarsi incuranti di ciò che stavo provando io. Mi sentivo leccare la schiena da una sorella che sospirava dietro di me mentre l’altra la imitava da sotto.
Cercai ancora di ribellarmi ma una mano mi prese il collo da dietro e cominciò a stringere fino a quasi soffocarmi del tutto.
- Tranquillo! Poi verrà il tuo turno, piccolo Matteo.
- Adesso però sta’ fermo che proseguiamo la terapia.
Il sandwich a terra mi vedeva ancora schiacciato tra i due corpi sudati e in continuo movimento eccitatorio. Ad un certo punto, la sorella che mi stava sopra mi rigirò di 180 gradi per mettere la mia faccia a contatto della figa della sorella.
Da bravo, lecca che facciamo un bel 69!
Sentii il mio pene scivolare nella bocca di una delle due mentre iniziai a fare il mio dovere. Ormai mi ero arreso e finii in una condizione mentale confusa ai limiti dello svenimento. Leccavo e sentivo un piacere crescente. Può darsi che in quel frangente le due sorelle si diedero il cambio sia a farsi leccare che a farmi il pompino. Non me lo ricordo proprio!
Quando raggiunsi l’acme del piacere non ero più in grado di intendere e di volere: mi ricordo i loro gemiti di godimento mentre sborravo come non mai. Non so neanche se le stavo ancora leccando. Ebbi addirittura l’impressone che sul più bello mi avessero abbandonato per baciarsi tra di loro! Dopo di ciò… la nebbia: sonno o perdita dei sensi non fa differenza.
Un anno “piacevole”
Quando mi riebbi, loro erano in bagno a lavarsi. Ero esausto e senza forze mentre le vidi ritornare fresche come due rose.
- Visto Daria, che bel colorito ha adesso il nostro paziente?
- Siamo proprio brave, vero dottore?
Non avevo neanche la forza di parlare e mi misi seduto a terra ancora senza vestiti.
- Non farti venire lontanamente l’idea di parlare con qualcuno di quello che abbiamo fatto.
- Prima negheremmo ogni cosa, poi verremmo a prenderti e ti faremmo un trattamento ancora più speciale.
- Siamo troppo forti per te. Io, ad esempio, potrei spezzarti una ad una le dita delle tue manine, così non potrai più operare come chirurgo.
- Io, invece, potrei schiacciarti tra le gambe e romperti le vertebre, così non potrai più andare a correre.
Le loro parole erano come dei macigni ma io le sorpresi. Si aspettavano un mio umiliante silenzio o un moto di rabbia represso. Invece, no. La mia reazione spontanea fu un’altra e servì a chiarire anche a me stesso la natura di quella mia inclinazione sessuale.
- Ma chi vi ha detto che voglio parlare con qualcuno dell’accaduto. Ho goduto come un riccio mentre mi dominavate con la forza. Solo che era la prima volta ed ero un po’ impacciato nel mio ruolo di dominato e… vorrei farlo meglio. Ho capito che dentro di me ho sempre desiderato essere dominato sessualmente da corpi come i vostri. Ma stavolta, mi dovete scusare, ero impreparato.
Sentivo che dietro ai loro occhi di ghiaccio c’era la soddisfazione di aver trovato la persona giusta per i loro travolgenti giochi erotici così come io ero sicuro di aver trovato in loro dei tipi ideali per soddisfare i miei più segreti bisogni sessuali. Nacque una strana ma duratura relazione a senso unico servo-padrone che portò piacere fisico ed equilibrio psichico in tutte tre. Non so quanti rapporti avemmo insieme e quante posizioni, quanti amplessi veri e propri ne scaturirono.
Tutto finì quando dopo un anno mi fu offerta una borsa di studio negli Stati Uniti, lascai l’Italia e non vi feci ritorno per molto tempo.
Se ci sarà occasione, vi racconterò come mi accomiatai dalle potenti sorelle Tettamanzi: fu un’esperienza devastante!
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