Rosita camionista prepotente
di
Kendall
genere
dominazione
Questa è la storia di una nerboruta camionista assetata di sesso che percorre le strade in cerca di vittime “usa e getta” da dominare e sfiancare fisicamente tramite certe pratiche a lei congeniali.
Rosita era sempre stata prepotente volitiva. Non solo! Fin dai primi rapporti di dominazione sui maschi si era resa conto che le sue vittime mantenevano il silenzio per la vergogna di essere stati umiliati da una donna, seppure di dimensioni fisiche imponenti. Già adolescente, alta e formosa, amava tormentare ragazzi bassi, magri e timidi sapendo che ben difficilmente avrebbero reso pubbliche le vessazioni subite.
La prima vittima era stata un compagno di scuola di terza media molto esile e minuto cui lei, senza farsi vedere, torceva le orecchie durante le lezioni fino a farlo lacrimare. Gliene faceva di tutte: dal rubargli i soldi, sporcargli i quaderni, sputargli nelle merende. Un giorno, il poveretto si era ribellato e le aveva fatto prendere una nota. Allora lei lo aveva inseguito al termine delle lezioni, bloccato in un angolo del parchetto deserto, immobilizzato contro una pianta e preso a sberle. Visto che il ragazzo si era messo a piangere, per farlo star zitto gli aveva tolto i pantaloni e, mentre con una mano gli tappava la bocca, con l’altra lo aveva masturbato facendolo venire nelle mutande. Dopo di che lo aveva buttato a terra, si era tolta le sue di mutande, si era seduta sul suo viso masturbandosi essa stessa. Il ragazzo non fece parola a nessuno dell’accaduto.
Dopo aver sperimentato per anni vittime maschili, si era deliziata anche di prede del proprio sesso: la prima era stata una ragazza di vent’anni. Sì, perché Rosita non faceva differenza tra uomini e donne. In realtà, non era una vera lesbica perché quando prendeva di mira qualcuno, per lei la vittima era un oggetto sessuale e basta: l’importante era che fosse piccolo e minuto. Vedeva certe persone come se fossero zanzare fastidiose da schiacciare e godere della loro umiliazione. Non si confrontava con chi era dotato fisicamente ma non perchè ne avesse timore bensì perché non le interessava.
Rosita aveva più o meno la stessa età della ragazza in questione. Era una brunetta magrolina, poco seno e ossatura minuta. Rosita la incrociava spesso e, quando la vedeva, le prudevano le mani perché avrebbe voluto spaccarle il muso. La ragazza, lei sì era lesbica, la guardava sempre con occhi sensuali forse perché attratta dal fisico di Rosita. Ma a lei questi ammiccamenti davano fastidio da morire. Faceva già consegne per un’impresa di costruzioni. La vide dalla cabina del furgone, attese che svoltasse in un vicolo, fermò il mezzo, scese di corsa, prese per i capelli la giovane, le mise una mano sulla bocca per non farla gridare, la sollevò e la trascinò nel vano del mezzo. Lì, dopo averle quasi spezzato le ossa dei piccoli polsi e riempita di parolacce, accuse, intimidazioni, aveva cominciato a stringerle il volto tra il pollice e l’indice scoprendo che tutto questo alla ragazza piaceva.
- Brutta troia! Ti piace farti picchiare? Allora ti accontento!
Aveva quindi preso il Dildo che portava con sé per penetrare certi maschi poco arrendevoli e lo aveva usato con la ragazza. Ma lo aveva fatto con una tale intensità che la giovane lesbica ne era uscita distrutta, passando dal godimento iniziale ad uno stordimento finale. Abbandonata tremante per lo sforzo sul ciglio della strada, non aveva avuto il coraggio di parlare con qualcuno dell’accaduto. Anche in quel caso, come in quasi tutti gli altri, nessuno veniva a sapere dell’accaduto, vuoi per le minacce vuoi per la vergogna. Le andava sempre bene il che alimentava la sua arroganza e il suo senso di onnipotenza.
Diventata camionista di TIR, il suo raggio d’azione era diventato internazionale. Faceva consegne in tutta Europa. Viveva sempre in viaggio come un lupo solitario. Ovviamente non aveva famiglia, aveva troncato ogni legame col suo passato e sembrava che l’unico suo interesse fosse lavorare e dominare sessualmente delle vittime occasionali. Era una specie di macchina del sesso perverso, totalmente amorale e priva di valori umani. Uno psicanalista avrebbe sicuramente attribuito tutto ciò al padre violento, alla madre remissiva, ai fratelli poco di buono.
Ma c’era anche una componente fisica: Rosita a trent’anni era un marcantonio di un metro e novanta, con una quinta di seno e almeno 120 chili di muscoli addolciti solo da un velo di grasso. Aveva un metabolismo fisico tutto suo: aveva sempre caldo (poteva valicare il Monte Bianco di inverno stando nella cabina del TIR solo in calzoncini e canottiera), mangiava tanto e digeriva tutto. Avrebbe avuto bisogno di avere almeno un orgasmo al giorno. Capelli scuri, occhi penetranti, sguardo altero e sprezzante, masticava chewing gum parlando con dirigenti e impiegati, fumava in faccia ai propri interlocutori al bar, quando doveva stringere la mano di qualcuno che considerava inferiore faceva apposta a premere col suo grosso pollice per fare male. Naturalmente, era forte come un toro ed era temuta anche da molti colleghi.
L’episodio che le procurò il massimo piacere (per lo meno, nell’anno dei trenta) le capitò in estate nella Meseta spagnola in un tratto di strada dritto e monotono. Doveva consegnare del materiale in vetroresina per un’azienda che faceva interni per yatch di lusso. Il carico era poco ingombrante e metà del vano era vuoto.
Mentre guida distrattamente lungo un tratto di strada dritto e desertico, nota una coppia che sta armeggiando vicino ad un veicolo in panne. L’uomo fa segno di fermarsi.
- Ah! Due scocciatori!
- Buenos dias! Somos turistas italianos…
- Parla italiano. Ti capisco. – dice freddamente.
- Sicuramente è partito l’alternatore…
- E allora? – continua scostante.
- Il cellulare qui non prende niente. Può portarci al paese più vicino?
- E’ a quaranta chilometri da qui.
- Va bene, se lei può…
- (di malavoglia) Salite.
- Piacere, Teo.
- Io sono Mara.
- Rosita.
In realtà, il primo paese non è a 40 km ma almeno a 60. Ci vorrà almeno un’ora per arrivarci. Intanto, il sole del mattino sta diventando sempre più rovente; per fortuna, l’abitacolo è ben climatizzato così come molto fresco è lo speciale vano posteriore del mezzo che deve mantenere il materiale trasportato ad una temperatura piuttosto bassa.
Una volta imbarcati i due, Rosita cambia umore: quei tipi fanno al caso suo. L’uomo sembra il classico ragioniere uscito da un film di metà Novecento: tutto ossa, basso, pochi capelli, occhialini; lei, biondina insipida, più magra di lui, gambettine secche, manine da violinista, seno piccolo ma ben formato, sguardo da cerbiatta innamorata del compagno.
Appena li vede da vicino, il desiderio si mischia al disprezzo: due ottimi schiavi da dominare! Messi insieme non fanno il suo peso: li può immobilizzare con una mano sola. Avviato il camion, ogni tanto sbircia il fisico dei due e risponde distrattamente alle loro domande. Intanto, architetta una sceneggiatura adatta al caso per la quale il vano semi vuoto del TIR è perfetto come ambientazione.
Rosita potrebbe essere definita ninfomane o malata di sesso, ma è il suo corpo a desiderare continuamente piacere sessuale. E’ qualcosa di irrefrenabile che la porta ad utilizzare il proprio fisico imponente per imporre la legge del più forte e godere della propria potenza. Ma aveva anche della perfida fantasia…
- (dopo aver manipolato il climatizzatore interno) Avete caldo?
- Be’ sì, ma non volevamo disturbare…
Rosita gronda ma vuole che i due turisti provino disagio. Con sua sorpresa si accorge che la donnina che ha di lato non suda a differenza del compagno che è visibilmente in difficoltà.
- Io non sudo quasi mai perché ho un fisico asciutto e…
- (Rosita la interrompe in modo pretestuoso) Allora io sudo perché sono grassa?
- No. Non intendevo dire questo…
Rosita getta un’occhiata d fuoco sulla donna che prova un brivido di paura vedendo lo sguardo della camionista.
- Se volete un po’ di frescura, venite con me.
Parcheggia il camion. Transitano pochissime auto e rari autotreni in quel momento. I due sono perplessi ma la seguono. Prima scende Rosita che inaspettatamente si volta e prende in braccio l’uomo che si apprestava a fare gli scalini dalla sua stessa direzione (la compagna stava intanto scendendo dall’altro lato).
- Come sei leggero! - E misurandogli la circonferenza del polso. – Non ho mai visto un uomo col polso così piccolo! Ma sei sicuro di non essere una cavalletta?
L’uomo è sorpreso ma è talmente accaldato che non risponde alle parole di scherno di Rosita; comunque, è spaventato dalla prestanza fisica della camionista e non osa reagire. Quando compare la donna, Rosita l’apostrofa in modo volgare.
- Tu, cacchetta, aspetta lì e non muovere quei piedini da formica (impietrita, Mara non si muove. Quella gigantessa è quasi il triplo di lei!).
Disorientati per questo inspiegabile cambio di umore della camionista, non hanno il tempo di capire. Rosita apre il portellone del TIR, si pone davanti all’uomo che sovrasta di almeno 20 cm, lo solleva con un braccio e lo deposita nel vano dell’automezzo. Poi, velocissima, rincorre la piccola donna che si era messa a scappare, la prende per i capelli, le gira il volto, con l’altra mano la solleva tenendola dall’inguine e l’avvicina a sé. La povera Mara è terrorizzata e ammutolita. Rosita la scruta negli occhi e poi le schiaccia il volto contro il suo e la bacia con la lingua.
- Ti farò diventare lesbica e ti piacerà!
Mara si piscia un po’ nelle mutandine per la paura che sta provando.
Nel frattempo, Teo fa per scendere dal camion ma vien fermato da una manata sullo sterno.
- Stai dentro, stronzetto che il gioco sta per cominciare. Adesso vedrai come ti fa sborrare una vera donna!
Si accorge che Mara si è sporcata e per la prima volta sorride con gusto sadico. Poi sale portandosi in braccio la spaventata donnina e richiude il portone del mezzo. L’interno è illuminato da una lampada collegata alla batteria del camion: l’aveva fatta mettere lei appositamente. Fa freddo rispetto al caldo esterno della Meseta per via della climatizzazione e la differenza si sente.
- Finalmente un po’ di fresco, non trovate? Guai a chi si lamenta del freddo che 15 gradi sono più che abbondanti. Come hai detto che ti chiami?
- Teo.
- Teo, fammi vedere come scopi la tua donna?
- Cosa?
- O la scopi tu o la scopo io.
E nel dirlo si toglie la canottiera mostrando di essere senza reggiseno: le due grosse tette stanno erette da sole sostenute da pettorali da far invida per la massa ad un culturista.
- Lei non può chiedermi questo…
- Ah, no? Perché se no cosa fai? Mi picchi? (togliendosi i sandali e salendo coi propri sui piedi di Teo che le arriva al seno e la guarda intimorito).
- Lo lasci stare. – dice coraggiosamente Mara.
- (prendendola per la maglietta e trascinandole la testa tra le sue gambe) Non interrompermi mentre parlo con … Teo. Scopala, ho detto!
Rosita si spazientisce per la ritrosia dei due e allora li afferra entrambe per il collo, li sbatte con le facce contro il suo seno: Teo a sinistra, Mara a destra. Poi li afferra con le braccia e li stringe sempre più forte a sé.
I due sono bloccati davanti ai turgidi capezzoli mentre sono scrutati dall’alto da due occhi feroci e assatanati. Sentono la forza dei due grossi avambracci premere fino a farli quasi soffocare. L’odore di sudore che Rosita emana tra le grosse tette è raccapricciante e fanno una smorfia.
- Puzzo? Puzzo? E allora lavatemi… ma con la lingua!
Teo ubbidisce subito ma Mara è più orgogliosa e si rifiuta. Questo non è accettabile per Rosita che allora aumenta la stretta con l’avambraccio. Mara si piega. I due leccano e Rosita si eccita sempre di più.
Poi si stufa del preliminare e li sbatte uno contro l’altro. Nel vano del TIR fa quasi freddo ma a lei non importa e si spoglia completamente.
- Svestitevi! Vi siete rinfrescati un po’, turisti del cazzo? (più diventa volgare e più si eccita). Adesso scopate!
Teo, il più accondiscendente, non riesce però ad avere un’erezione. Allora ha un’idea: tenendo fermo il maschio con la mano sinistra tira a sè la femmina e le impone di leccarle la figa. Le torce le dita della mano finchè Mara si inginocchia e comincia a leccare. Più lecca più Rosita prova piacere e guarda Teo con fare voglioso. Teo dimostra di essere sensibile a ciò che osserva e finalmente si eccita pure lui.
- Bravo ometto! Così mi piaci!
C’è un crescendo di eccitazione da cui è esclusa Mara che, in ginocchio, non vede niente anche se intuisce. Sul più bello, Rosita scaraventa Mara contro il compagno pronto ormai per un amplesso.
- Scopala! Sta’ tranquillo! Non devi scopare me … il tuo pisello è troppo piccolo!
La coppia esegue l’ordine. Mara, ormai incapace di intendere e di volere, collabora.
Stanno per raggiungere l’orgasmo quando…li stacca.
Poi prende in braccio con la mano destra Mara, tenendola di fronte al proprio viso.
Mette in ginocchio davanti a sé Teo (“Ora tocca a te leccare. Ti potrai masturbare intanto mentre ti stringo tra le cosce!”). Teo avverte tutta la potenza fisica della sua dominatrice.
Si forma un triangolo di piacere: Teo lecca la figa di Rosita e si manipola il pene che era già bello duro; Mara è costretta a baciare Rosita mentre sente che il grosso dito medio della sua mano che la tiene per aria entra ed esce dal suo corpo. E Rosita intanto inizia il decollo verso l’orgasmo.
Tutte e tre raggiungono il piacere anche se in modo differente:
- Mara, succube dei movimenti sinuosi della lingua e del dito di Rosita
- Teo, stimolato dalla potenza della stretta delle gambe di Rosita
- Rosita, compiaciuta in massimo grado constatando la potenza del proprio corpo
E’ finita. Ora Teo e Mara la guardano tra il soddisfatto e il terrorizzato. Hanno provato un piacere incredibile e, nonostante tutto, guardano Rosita riconoscenti. Poi, la coppia, stremata e sconvolta, viene lasciata dalla camionista nel container per un’altra oretta e poi scaricata in un paesino limitrofo. Torneranno al proprio veicolo dopo essersi ripresi e aver trovato un’officina meccanica.
Rosita, come se niente fosse, soddisfatta per il godimento avuto, dopo aver fumato una sigaretta e strafogato un paio di snack, si rimette in moto per portare a termine la consegna. Già non si ricorda più di Teo e Mara; sta pensando a Pablito Cortes, il cliente spagnolo che la sta aspettando: un bel tipetto sul metro e sessanta per 55 chili al massimo. Chissà come sarebbe felice di essere schiacciato a terra dai suoi 120 chili? Potrebbe essere bravo a leccare pure come quei due di prima… Com’è che si chiamavano? Ah! Teo e Mara.
Rosita era sempre stata prepotente volitiva. Non solo! Fin dai primi rapporti di dominazione sui maschi si era resa conto che le sue vittime mantenevano il silenzio per la vergogna di essere stati umiliati da una donna, seppure di dimensioni fisiche imponenti. Già adolescente, alta e formosa, amava tormentare ragazzi bassi, magri e timidi sapendo che ben difficilmente avrebbero reso pubbliche le vessazioni subite.
La prima vittima era stata un compagno di scuola di terza media molto esile e minuto cui lei, senza farsi vedere, torceva le orecchie durante le lezioni fino a farlo lacrimare. Gliene faceva di tutte: dal rubargli i soldi, sporcargli i quaderni, sputargli nelle merende. Un giorno, il poveretto si era ribellato e le aveva fatto prendere una nota. Allora lei lo aveva inseguito al termine delle lezioni, bloccato in un angolo del parchetto deserto, immobilizzato contro una pianta e preso a sberle. Visto che il ragazzo si era messo a piangere, per farlo star zitto gli aveva tolto i pantaloni e, mentre con una mano gli tappava la bocca, con l’altra lo aveva masturbato facendolo venire nelle mutande. Dopo di che lo aveva buttato a terra, si era tolta le sue di mutande, si era seduta sul suo viso masturbandosi essa stessa. Il ragazzo non fece parola a nessuno dell’accaduto.
Dopo aver sperimentato per anni vittime maschili, si era deliziata anche di prede del proprio sesso: la prima era stata una ragazza di vent’anni. Sì, perché Rosita non faceva differenza tra uomini e donne. In realtà, non era una vera lesbica perché quando prendeva di mira qualcuno, per lei la vittima era un oggetto sessuale e basta: l’importante era che fosse piccolo e minuto. Vedeva certe persone come se fossero zanzare fastidiose da schiacciare e godere della loro umiliazione. Non si confrontava con chi era dotato fisicamente ma non perchè ne avesse timore bensì perché non le interessava.
Rosita aveva più o meno la stessa età della ragazza in questione. Era una brunetta magrolina, poco seno e ossatura minuta. Rosita la incrociava spesso e, quando la vedeva, le prudevano le mani perché avrebbe voluto spaccarle il muso. La ragazza, lei sì era lesbica, la guardava sempre con occhi sensuali forse perché attratta dal fisico di Rosita. Ma a lei questi ammiccamenti davano fastidio da morire. Faceva già consegne per un’impresa di costruzioni. La vide dalla cabina del furgone, attese che svoltasse in un vicolo, fermò il mezzo, scese di corsa, prese per i capelli la giovane, le mise una mano sulla bocca per non farla gridare, la sollevò e la trascinò nel vano del mezzo. Lì, dopo averle quasi spezzato le ossa dei piccoli polsi e riempita di parolacce, accuse, intimidazioni, aveva cominciato a stringerle il volto tra il pollice e l’indice scoprendo che tutto questo alla ragazza piaceva.
- Brutta troia! Ti piace farti picchiare? Allora ti accontento!
Aveva quindi preso il Dildo che portava con sé per penetrare certi maschi poco arrendevoli e lo aveva usato con la ragazza. Ma lo aveva fatto con una tale intensità che la giovane lesbica ne era uscita distrutta, passando dal godimento iniziale ad uno stordimento finale. Abbandonata tremante per lo sforzo sul ciglio della strada, non aveva avuto il coraggio di parlare con qualcuno dell’accaduto. Anche in quel caso, come in quasi tutti gli altri, nessuno veniva a sapere dell’accaduto, vuoi per le minacce vuoi per la vergogna. Le andava sempre bene il che alimentava la sua arroganza e il suo senso di onnipotenza.
Diventata camionista di TIR, il suo raggio d’azione era diventato internazionale. Faceva consegne in tutta Europa. Viveva sempre in viaggio come un lupo solitario. Ovviamente non aveva famiglia, aveva troncato ogni legame col suo passato e sembrava che l’unico suo interesse fosse lavorare e dominare sessualmente delle vittime occasionali. Era una specie di macchina del sesso perverso, totalmente amorale e priva di valori umani. Uno psicanalista avrebbe sicuramente attribuito tutto ciò al padre violento, alla madre remissiva, ai fratelli poco di buono.
Ma c’era anche una componente fisica: Rosita a trent’anni era un marcantonio di un metro e novanta, con una quinta di seno e almeno 120 chili di muscoli addolciti solo da un velo di grasso. Aveva un metabolismo fisico tutto suo: aveva sempre caldo (poteva valicare il Monte Bianco di inverno stando nella cabina del TIR solo in calzoncini e canottiera), mangiava tanto e digeriva tutto. Avrebbe avuto bisogno di avere almeno un orgasmo al giorno. Capelli scuri, occhi penetranti, sguardo altero e sprezzante, masticava chewing gum parlando con dirigenti e impiegati, fumava in faccia ai propri interlocutori al bar, quando doveva stringere la mano di qualcuno che considerava inferiore faceva apposta a premere col suo grosso pollice per fare male. Naturalmente, era forte come un toro ed era temuta anche da molti colleghi.
L’episodio che le procurò il massimo piacere (per lo meno, nell’anno dei trenta) le capitò in estate nella Meseta spagnola in un tratto di strada dritto e monotono. Doveva consegnare del materiale in vetroresina per un’azienda che faceva interni per yatch di lusso. Il carico era poco ingombrante e metà del vano era vuoto.
Mentre guida distrattamente lungo un tratto di strada dritto e desertico, nota una coppia che sta armeggiando vicino ad un veicolo in panne. L’uomo fa segno di fermarsi.
- Ah! Due scocciatori!
- Buenos dias! Somos turistas italianos…
- Parla italiano. Ti capisco. – dice freddamente.
- Sicuramente è partito l’alternatore…
- E allora? – continua scostante.
- Il cellulare qui non prende niente. Può portarci al paese più vicino?
- E’ a quaranta chilometri da qui.
- Va bene, se lei può…
- (di malavoglia) Salite.
- Piacere, Teo.
- Io sono Mara.
- Rosita.
In realtà, il primo paese non è a 40 km ma almeno a 60. Ci vorrà almeno un’ora per arrivarci. Intanto, il sole del mattino sta diventando sempre più rovente; per fortuna, l’abitacolo è ben climatizzato così come molto fresco è lo speciale vano posteriore del mezzo che deve mantenere il materiale trasportato ad una temperatura piuttosto bassa.
Una volta imbarcati i due, Rosita cambia umore: quei tipi fanno al caso suo. L’uomo sembra il classico ragioniere uscito da un film di metà Novecento: tutto ossa, basso, pochi capelli, occhialini; lei, biondina insipida, più magra di lui, gambettine secche, manine da violinista, seno piccolo ma ben formato, sguardo da cerbiatta innamorata del compagno.
Appena li vede da vicino, il desiderio si mischia al disprezzo: due ottimi schiavi da dominare! Messi insieme non fanno il suo peso: li può immobilizzare con una mano sola. Avviato il camion, ogni tanto sbircia il fisico dei due e risponde distrattamente alle loro domande. Intanto, architetta una sceneggiatura adatta al caso per la quale il vano semi vuoto del TIR è perfetto come ambientazione.
Rosita potrebbe essere definita ninfomane o malata di sesso, ma è il suo corpo a desiderare continuamente piacere sessuale. E’ qualcosa di irrefrenabile che la porta ad utilizzare il proprio fisico imponente per imporre la legge del più forte e godere della propria potenza. Ma aveva anche della perfida fantasia…
- (dopo aver manipolato il climatizzatore interno) Avete caldo?
- Be’ sì, ma non volevamo disturbare…
Rosita gronda ma vuole che i due turisti provino disagio. Con sua sorpresa si accorge che la donnina che ha di lato non suda a differenza del compagno che è visibilmente in difficoltà.
- Io non sudo quasi mai perché ho un fisico asciutto e…
- (Rosita la interrompe in modo pretestuoso) Allora io sudo perché sono grassa?
- No. Non intendevo dire questo…
Rosita getta un’occhiata d fuoco sulla donna che prova un brivido di paura vedendo lo sguardo della camionista.
- Se volete un po’ di frescura, venite con me.
Parcheggia il camion. Transitano pochissime auto e rari autotreni in quel momento. I due sono perplessi ma la seguono. Prima scende Rosita che inaspettatamente si volta e prende in braccio l’uomo che si apprestava a fare gli scalini dalla sua stessa direzione (la compagna stava intanto scendendo dall’altro lato).
- Come sei leggero! - E misurandogli la circonferenza del polso. – Non ho mai visto un uomo col polso così piccolo! Ma sei sicuro di non essere una cavalletta?
L’uomo è sorpreso ma è talmente accaldato che non risponde alle parole di scherno di Rosita; comunque, è spaventato dalla prestanza fisica della camionista e non osa reagire. Quando compare la donna, Rosita l’apostrofa in modo volgare.
- Tu, cacchetta, aspetta lì e non muovere quei piedini da formica (impietrita, Mara non si muove. Quella gigantessa è quasi il triplo di lei!).
Disorientati per questo inspiegabile cambio di umore della camionista, non hanno il tempo di capire. Rosita apre il portellone del TIR, si pone davanti all’uomo che sovrasta di almeno 20 cm, lo solleva con un braccio e lo deposita nel vano dell’automezzo. Poi, velocissima, rincorre la piccola donna che si era messa a scappare, la prende per i capelli, le gira il volto, con l’altra mano la solleva tenendola dall’inguine e l’avvicina a sé. La povera Mara è terrorizzata e ammutolita. Rosita la scruta negli occhi e poi le schiaccia il volto contro il suo e la bacia con la lingua.
- Ti farò diventare lesbica e ti piacerà!
Mara si piscia un po’ nelle mutandine per la paura che sta provando.
Nel frattempo, Teo fa per scendere dal camion ma vien fermato da una manata sullo sterno.
- Stai dentro, stronzetto che il gioco sta per cominciare. Adesso vedrai come ti fa sborrare una vera donna!
Si accorge che Mara si è sporcata e per la prima volta sorride con gusto sadico. Poi sale portandosi in braccio la spaventata donnina e richiude il portone del mezzo. L’interno è illuminato da una lampada collegata alla batteria del camion: l’aveva fatta mettere lei appositamente. Fa freddo rispetto al caldo esterno della Meseta per via della climatizzazione e la differenza si sente.
- Finalmente un po’ di fresco, non trovate? Guai a chi si lamenta del freddo che 15 gradi sono più che abbondanti. Come hai detto che ti chiami?
- Teo.
- Teo, fammi vedere come scopi la tua donna?
- Cosa?
- O la scopi tu o la scopo io.
E nel dirlo si toglie la canottiera mostrando di essere senza reggiseno: le due grosse tette stanno erette da sole sostenute da pettorali da far invida per la massa ad un culturista.
- Lei non può chiedermi questo…
- Ah, no? Perché se no cosa fai? Mi picchi? (togliendosi i sandali e salendo coi propri sui piedi di Teo che le arriva al seno e la guarda intimorito).
- Lo lasci stare. – dice coraggiosamente Mara.
- (prendendola per la maglietta e trascinandole la testa tra le sue gambe) Non interrompermi mentre parlo con … Teo. Scopala, ho detto!
Rosita si spazientisce per la ritrosia dei due e allora li afferra entrambe per il collo, li sbatte con le facce contro il suo seno: Teo a sinistra, Mara a destra. Poi li afferra con le braccia e li stringe sempre più forte a sé.
I due sono bloccati davanti ai turgidi capezzoli mentre sono scrutati dall’alto da due occhi feroci e assatanati. Sentono la forza dei due grossi avambracci premere fino a farli quasi soffocare. L’odore di sudore che Rosita emana tra le grosse tette è raccapricciante e fanno una smorfia.
- Puzzo? Puzzo? E allora lavatemi… ma con la lingua!
Teo ubbidisce subito ma Mara è più orgogliosa e si rifiuta. Questo non è accettabile per Rosita che allora aumenta la stretta con l’avambraccio. Mara si piega. I due leccano e Rosita si eccita sempre di più.
Poi si stufa del preliminare e li sbatte uno contro l’altro. Nel vano del TIR fa quasi freddo ma a lei non importa e si spoglia completamente.
- Svestitevi! Vi siete rinfrescati un po’, turisti del cazzo? (più diventa volgare e più si eccita). Adesso scopate!
Teo, il più accondiscendente, non riesce però ad avere un’erezione. Allora ha un’idea: tenendo fermo il maschio con la mano sinistra tira a sè la femmina e le impone di leccarle la figa. Le torce le dita della mano finchè Mara si inginocchia e comincia a leccare. Più lecca più Rosita prova piacere e guarda Teo con fare voglioso. Teo dimostra di essere sensibile a ciò che osserva e finalmente si eccita pure lui.
- Bravo ometto! Così mi piaci!
C’è un crescendo di eccitazione da cui è esclusa Mara che, in ginocchio, non vede niente anche se intuisce. Sul più bello, Rosita scaraventa Mara contro il compagno pronto ormai per un amplesso.
- Scopala! Sta’ tranquillo! Non devi scopare me … il tuo pisello è troppo piccolo!
La coppia esegue l’ordine. Mara, ormai incapace di intendere e di volere, collabora.
Stanno per raggiungere l’orgasmo quando…li stacca.
Poi prende in braccio con la mano destra Mara, tenendola di fronte al proprio viso.
Mette in ginocchio davanti a sé Teo (“Ora tocca a te leccare. Ti potrai masturbare intanto mentre ti stringo tra le cosce!”). Teo avverte tutta la potenza fisica della sua dominatrice.
Si forma un triangolo di piacere: Teo lecca la figa di Rosita e si manipola il pene che era già bello duro; Mara è costretta a baciare Rosita mentre sente che il grosso dito medio della sua mano che la tiene per aria entra ed esce dal suo corpo. E Rosita intanto inizia il decollo verso l’orgasmo.
Tutte e tre raggiungono il piacere anche se in modo differente:
- Mara, succube dei movimenti sinuosi della lingua e del dito di Rosita
- Teo, stimolato dalla potenza della stretta delle gambe di Rosita
- Rosita, compiaciuta in massimo grado constatando la potenza del proprio corpo
E’ finita. Ora Teo e Mara la guardano tra il soddisfatto e il terrorizzato. Hanno provato un piacere incredibile e, nonostante tutto, guardano Rosita riconoscenti. Poi, la coppia, stremata e sconvolta, viene lasciata dalla camionista nel container per un’altra oretta e poi scaricata in un paesino limitrofo. Torneranno al proprio veicolo dopo essersi ripresi e aver trovato un’officina meccanica.
Rosita, come se niente fosse, soddisfatta per il godimento avuto, dopo aver fumato una sigaretta e strafogato un paio di snack, si rimette in moto per portare a termine la consegna. Già non si ricorda più di Teo e Mara; sta pensando a Pablito Cortes, il cliente spagnolo che la sta aspettando: un bel tipetto sul metro e sessanta per 55 chili al massimo. Chissà come sarebbe felice di essere schiacciato a terra dai suoi 120 chili? Potrebbe essere bravo a leccare pure come quei due di prima… Com’è che si chiamavano? Ah! Teo e Mara.
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