Incontri 2

di
genere
feticismo

Sono paoloilvecchio@libero.it. Incontrai Angela anni fa, lei universitaria venticinquenne, io quarantenne. Scoprimmo insieme le nostre passioni. Qui continuo la nostra storia.

Fu dopo diversi incontri che vidi sua madre, venuta per farle una sorpresa. Stavamo per salire nell’appartamento, ma lei era lì, alla porta, che aspettava sua figlia Angela. Mi guardò con giustificato sospetto (un, allora, quarantenne con una ragazza di 25 anni), mentre io la studiai con profondo interesse: stivali al ginocchio, tubino elastico nero con inserti in pelle ai fianchi, attillato e smanicato, coperto da un giacchino dalle larghe maniche, che coprivano in parte un paio di guanti in pelle nera quasi al gomito. Prosperosa ma non volgare, non più giovane, con piccoli fieri segni del tempo sul viso e sul collo, non rifatta, fascinosa di una bellezza matura. La figlia mi guardava fumante di invidia rabbiosa, capiva che stavo studiando la madre e sapeva che, fosse stato possibile, mi sarei portato a letto anche lei.
Parlammo davanti al solito the. La madre rimase finché dissi che dovevo andare, poi scese con me, per raccomandarmi di non giocare con Angela. Osai il tutto per tutto e le dissi che avrei preferito giocare con la madre che con la figlia. La risposta furono cinque dita tatuate sul mio viso, una sonora sberla. Quando uscimmo dall’atrio del palazzo, la ragazza ci stava spiando dalla finestra.
Dopo una decina di giorni da quell’episodio, rividi Angela. Era un po’ fredda, mi disse che non le era piaciuto come avevo guardato sua madre, che aveva capito le mie intenzioni. Non volli fingere e confermai i suoi sospetti. Lei volle dimostrarmi che poteva fare tutto ciò che avrebbe agito sua madre. Fu un pomeriggio vorticoso, nel quale accontentò ogni mia richiesta. Al contempo iniziò a mostrare lati inaspettati: era, a tratti, violenta, feroce. Mi mordeva le braccia e il petto. Lì scoprì quanto potevano essere importanti i miei capezzoli e i miei pettorali, quando vi piantò i suoi denti e mi massacrò l’aureola di morsettini. Stavo per venire solo per il piacevole dolore. Si piazzò sopra di me, si infilò il mio cazzo nel culo e iniziò a salire e scendere, stringendo più che poteva l’ano. Il viso era contratto, le faceva male, ma voleva farne anche a me, mentre ero estasiato dalle nuove sensazioni. Al termine si girò e fece colare lo sperma misto a residui di muco anale sul mio petto. Le afferrai i fianchi, avvicinando il suo culo alla mia bocca e leccai tutto quello che c’era da leccare, poi mi alzai e la baciai, quello che era mio, era suo.
Per San Valentino si presentò con un pacchetto, gioiosa e saltellante, lo aprii sul tavolino di un bar, mentre bevevamo un the caldo (ognuno ha le proprie manie), c’era un pacchetto di guanti monouso neri, taglia XS e un flaconcino di liquido lubrificante. Le mie mani, state segnate dal lavoro giovanile, sono grosse, una buona L attillata. Le sue mani erano esili, con le dita proporzionatamente lunghe ma sottili. I guanti potevano essere solo per lei. Capii e sorrisi, presi la sua mano, le tolsi il guanto e appoggiai il suo medio al centro delle mie labbra, leggermente arricciate e ricoperte di saliva, facendo entrare la falangetta. Lei abbassò la testa, spalancò gli occhi e lentamente me lo spinse tutto in bocca, dove la mia lingua ci giocò allegramente.
La cameriera, che stava passando, rimase di stucco ed arrossì. Angela se ne accorse, la chiamò e le disse che voleva mettermi un dito tutto nel culo, e che, se avesse voluto, avrebbe potuto assistere. Quella si voltò e fuggì via. Ridendo, ci alzammo e ci dirigemmo verso casa mia. C’era del lavoro da fare, con profonda passione.
Arrivati a casa ci spogliammo, lei prese due guanti di lattice, se li infilò e li cosparse di lubrificante. Brillavano, tesi e lucidi sulle sue piccole mani. Mi stesi a pancia in su, con un cuscino sotto la parte finale della schiena. Lei mi accarezzò il membro, dopo averlo innondato di altro lubrificante. Questi colava sin sul buco, dove iniziò a massaggiare lieve, in modo circolare, premendo sempre un po’ di più, finché il primo dito entrò. Poi ancora, con pazienza, il secondo e il terzo. Entrava e usciva, piano, per non irritare. Sentivo il mio culo allargarsi e stringersi, attorno a quella superfice liscia e morbida. Istintivamente muovevo il mio bacino al ritmo delle sue dita, spingendo il più possibile quando erano al termine. Avrei voluto fossero più lunghe, più in fondo, più grosse. L’altra mano continuava a masturbarmi, molto lentamente. La vedevo salire e scendere, di un nero intenso, brillante, finché, in pochi minuti, non si coprì di bianco. Porse la sua mano grondante di sperma tra la mia e la sua bocca. La leccammo come un bambino un gelato, prima di baciarci a lungo e dolcemente, per poi coccolarci.
Dopo circa una settimana la volli rivedere. L’indossare i guanti divenne un rituale, a volte li leccavo, prima o dopo il lubrificante, mi estasiavo della loro vista e del loro contatto. Amavo sentire il lattice che scivolava sulle pareti dell’ano, Provavo un piacere sottile nello sfiorare la sua mano e palparne la superficie, resa totalmente liscia dal guanto. Mi eccitavo nel guidare il ritmo dei suoi movimenti.
Le settimane scorsero, le dita passarono da tre a quattro, poi il pollice e la sua articolazione, l’estasi prima di scendere fino al polso, sottile e rilassante. La sua faccia sorridente e sorpresa. I miei occhi chiusi a metà, io perso nel piacere, venendo con un getto sul suo viso. Avrebbe potuto arrivarci la seconda volta, tanto era piccola la sua mano, ma volemmo giocare e attendere. Non trascurammo altri giochi, che avrò il piacere di raccontare a chi vorrà leggermi ancora.
scritto il
2025-10-17
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