Il patto del silenzio capitolo 3

di
genere
dominazione

“Qui,” disse l’amica, fermandosi sotto le travi di legno. “Qui facciamo la prossima penitenza.”
La voce rimbombava appena tra le pareti bianche, come in una stanza che custodiva segreti.
Lei si strinse le braccia sul petto, ma l’amica scosse la testa. “No. Devi restare come sei: scoperta. Anzi…” sorrise, avvicinandosi con il telefono, “voglio che ti sieda lì, sul muretto, davanti a lui. E che non ti muova finché non te lo dico io.”
Il cliente la spinse piano fino al muretto di pietra calda. Lei si sedette, la pelle che bruciava tanto per il sole quanto per l’imbarazzo. Ogni secondo sembrava interminabile.
Dal bar arrivava il vociare di gente, il tintinnio dei bicchieri. Non erano soli. Bastava una svolta, un passante, e sarebbe stata vista così: nuda, costretta, in mano a chi aveva sempre disprezzato.
Il cliente si chinò verso di lei, troppo vicino, il suo sguardo inchiodato nei suoi occhi.
L’amica rise, inquadrando la scena. “Perfetto. Adesso non sei più sulla passerella della spiaggia… sei sul palco del chiostro. E qui il gioco diventa ancora più interessante.”
Seduta sul muretto del chiosco, la pelle che ardeva sotto il sole e sotto gli sguardi, lei tremava. Il cliente le stava accanto, alto, con l’aria soddisfatta di chi sa di aver vinto. Molto più grande di lei, con quella presenza che le era sempre parsa invadente dietro al bancone del fast food… e che ora era diventata inevitabile.
“Penitenza nuova,” disse l’amica, la voce tagliente come un ordine. “Per i prossimi dieci minuti ti comporti come se fossi la sua fidanzata. Coccole, carezze, baci. E niente esitazioni.”
Lei sbiancò. “Davanti a tutta questa gente?!”
L’amica sollevò il cellulare: la minaccia del video era più chiara di mille parole.
Il cliente sorrise, allungò un braccio attorno alle sue spalle e la tirò a sé. La differenza d’età, la sua corporatura più massiccia, rendevano tutto ancora più surreale. Sembrava davvero la scena di una coppia improbabile.
“Che tenerini…” commentò una voce dal bar.
Un gruppo di ragazzi rise, lanciando fischi. Qualcuno bisbigliò: “Ma non è un po’ troppo grande per lei?”
Le risate esplosero, rimbalzando sotto le travi del chiosco.
Lei avrebbe voluto sprofondare. Invece si ritrovò con la mano del cliente che le stringeva il fianco e la costringeva ad avvicinarsi. Lui si chinò, sfiorandole la guancia con un bacio lento, come se fosse naturale, come se davvero fosse la sua compagna.
“Dai, un bacino vero, non fare la timida!”
La pelle le bruciava di vergogna. L’amica rideva dietro la videocamera, soddisfatta di ogni dettaglio.
E allora lo fece: si voltò verso di lui, lo guardò negli occhi e lo baciò, come se davvero fosse il suo uomo.Il chiosco esplose in battutine, applausi ironici e risate.
Dentro, però, lei sentiva solo un vuoto enorme: non era più un gioco. Era una scena che tutti avevano visto, una maschera che le era stata imposta e che adesso non poteva più togliersi.
Il bacio si era appena spezzato quando l’amica parlò di nuovo, la voce squillante che sovrastò il vociare del chiosco.
“Non basta. Voglio che vi comportiate come una coppia che non riesce a stare lontana nemmeno un secondo. Davanti a tutti. Coccole vere, quelle da fidanzati appassionati. Senza vergogna.”
Lei impallidì. “Ti prego, basta…”
Ma il cellulare sollevato dell’amica era un ricatto vivo, implacabile.
Il cliente rise appena, divertito dall’imbarazzo che la paralizzava. Con un gesto deciso la prese per la vita e la fece sedere sulle sue ginocchia. Lei ansimò, arrossendo fino alle orecchie, mentre attorno il brusio della folla si alzava.
“Ehi, ma guarda!” gridò qualcuno dal bancone.
“Che spettacolo!” rise un altro.
Un gruppetto di ragazzi applaudì ironicamente, uno fischiò, altri lanciavano battutine spinte.
Lei, morta di vergogna, cercò di scostarsi, ma il cliente la teneva ben ferma contro di sé. La sua mano le accarezzava la schiena scoperta, lenta, come se volesse mostrare a tutti che era davvero sua.
“Dai, un altro bacio!”
Lui adesso approfittando della situazione la afferrò con forza dandole un bacio forte e deciso, e qui che la sua mano si attaccò al suo seno, palpando con foga davanti agli spettatori che guardavano increduli
L’amica inquadrava ogni dettaglio, ridacchiando soddisfatta.
Il cuore le crollò nello stomaco.
Davanti a decine di sguardi curiosi e maliziosi, si voltò e lo baciò ancora, questa volta più a lungo, mentre la gente attorno applaudiva e rideva.
Ogni secondo era un’agonia, un’umiliazione che la bruciava dentro e che pure non poteva fermare.

Il cliente, più grande e sicuro, la stringeva come se fosse davvero la sua ragazza, godendosi la scena e gli sguardi approvatori della folla.
E lei, in topless, esposta, intrappolata, capì che il confine del gioco era stato superato: ora era diventato uno spettacolo pubblico.
Seduta sulle ginocchia del cliente, già rossa di vergogna e con il cuore che batteva come un tamburo, sperava che fosse finita lì. Ma l’amica non era sazia.
“No… non ancora. Adesso viene la penitenza finale. Quella che ti farà impazzire.”

La videocamera tremolava per le risate mentre lei la inquadrava

Intorno, la folla già rideva e bisbigliava. Qualcuno scattava foto di nascosto.
“Guardate come si vergogna!” rise una ragazza, coprendosi la bocca.
Lui la prese e la fece girare, seduta su di lui ma rivolta verso il pubblico che si era creato
Lui che la mostrava come un trofeo, le sue mani che stringevano quei seni meravigliosi, le dita che giocavano con i capezzoli per farli Diventare due chiodi
Ogni carezza la faceva arrossire di più.
Il sangue le esplose nelle vene: avrebbe voluto urlare, correre via, scomparire sotto la sabbia.
Ma restò lì, prigioniera, mentre gli sconosciuti commentavano a voce alta:
“Poverina, sembra morire d’imbarazzo!”
“No, guarda bene: forse le piace!”

Il mondo girava, confuso tra risate, battutine e il calore insopportabile sulla sua pelle nuda.
Si sentiva bruciare, soffocare, sul punto di cedere completamente: impazzire dalla vergogna, senza via d’uscita, con l’amica che riprendeva tutto e il cliente che si godeva ogni istante della sua disfatta.
Il cliente si alzò con calma, senza lasciarle il tempo di riprendersi. Le afferrò di nuovo la mano e la trascinò verso la spiaggia, tra gli ombrelloni e la folla che ancora rideva e commentava quello che avevano appena visto al chiosco.
Lei, in topless, cercava istintivamente di piegarsi in avanti, ma la presa salda sulla sua mano glielo impediva. Doveva camminare eretta, esposta, in mostra.
Dietro di loro, l’amica li seguiva col cellulare sempre acceso. “Avanti… un bel giro di passerella, così non dimenticherai mai questa giornata.”
Ogni passo era un inferno: sguardi curiosi, fischi, battutine sussurrate. Sentiva bruciare la pelle più del sole, come se ogni persona incontrata le stesse incidendo addosso un marchio.
E fu allora che li vide.
Due figure familiari, con la divisa del fast food annodata in vita come copricostume: le colleghe.
Sara e Carola
Avevano assistito da lontano alla scena al chiosco, e ora, sedute sul loro telo, ridevano tra loro senza nemmeno tentare di nasconderlo.
“Non ci posso credere…” disse la prima, con un sorrisetto ironico.
“Ma è proprio lei! Con quello?!” rise la seconda, puntando il dito.
Il sangue le si gelò nelle vene. Avrebbe voluto correre via, affondare nella sabbia. Invece era costretta a continuare a camminare, mano nella mano con quell’uomo molto più grande, mentre le due colleghe la fissavano con gli occhi spalancati e increduli.

“Dopo questo, al lavoro non ci guarderemo più nello stesso modo,” commentò una di loro, ridendo forte.
L’altra scosse la testa, divertita e maliziosa: “E io che pensavo non ti piacessero i clienti…”
Il cliente, soddisfatto, le strinse la mano ancora più forte, quasi a rimarcare la sua “conquista”.
Dietro, l’amica riprendeva ogni dettaglio, ridendo piano: “Perfetto… adesso anche le tue colleghe sanno chi sei davvero.”
Lei abbassò lo sguardo, il volto in fiamme, sentendo che l’umiliazione aveva raggiunto un punto da cui non si poteva tornare indietro.
Camminava con lo sguardo basso, la mano stretta a quella del cliente, la pelle che bruciava sotto il sole e sotto gli occhi di tutti. L’amica dietro continuava a riprendere ogni passo, e già questo le sembrava insostenibile.
Ma quando arrivarono davanti al telo delle colleghe, il mondo si fermò.
Le due ragazze la fissarono a bocca aperta per un attimo, poi esplosero in una risata incredula.
“Oddio, ma sei tu davvero?” disse la prima, tirando fuori il telefono con un lampo negli occhi.
La seconda rise ancora più forte: “Aspetta che immortalo la scena… non ci crederanno mai a lavoro!”

Il clic secco delle fotocamere la trafisse come una lama.
“NO! Basta, vi prego!” gemette lei, cercando istintivamente di coprirsi con l’altra mano, ma il cliente la trattenne ancora più forte, impedendole di muoversi.
La prima scattò una raffica, ridendo: “Ma guardala! In topless, mano nella mano con lui… sembra davvero la fidanzatina!”
La seconda zoomava, divertita: “Il capo non lo deve sapere… o forse sì?”
Dietro, l’amica che stava filmando si piegava in due dal ridere. “Meraviglioso! Adesso non solo il video, ma anche le foto. Sei proprio la star della spiaggia oggi.”
Lei sentì le lacrime salire, la gola stretta. Ogni scatto era un colpo, ogni risata una catena.
Sapeva che quelle immagini sarebbero rimaste, che nulla poteva cancellarle. Non era più solo un gioco tra tre persone: ora il suo segreto era nelle mani delle colleghe, e poteva seguirla fino al lavoro, fino alla sua vita quotidiana.

E il cliente, soddisfatto, la stringeva a sé, complice di quell’umiliazione che la stava facendo impazzire di vergogna.
La protagonista, rossa in viso e tremante, era ancora lì, mano nella mano con il cliente. Davanti a lei, le colleghe ridevano a crepapelle, con i telefoni in mano.
“È fantastico,” disse la prima, scrollando la testa. “Non posso crederci. Sei sempre così timida al lavoro… e ora ti ritrovi così, davanti a tutti.”
La seconda aggiunse, con un sorrisetto malizioso: “Dobbiamo assolutamente partecipare. Non possiamo lasciarci scappare un’occasione del genere.”





Racconto di fantasia
Se volete scrivetemi a delodo@outlook.com

scritto il
2025-09-17
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