Serata tra amiche
di
Lumi
genere
saffico
Era una sera di confidenze tra amiche, di quelle che iniziano con calici di vino, sorrisi e battute leggere e finiscono col rivelare fragilità mai confessate. Nell’appartamento di Ludovica e Chiara, Ornella si stava rilassando sull’accogliente divano delle due amiche. I suoi occhi si posavano alternativamente su Ludovica, labbra carnose, occhi scuri e profondi, uno sguardo deciso che trasmette sicurezza e sensualità, e su Chiara, pelle chiara, minuta, poco formosa, labbra sottili e un’eleganza quasi acerba.
«Non sapete quanto sia stancante fingere che vada tutto bene» sospirò Ornella, con un filo di amarezza nella voce.
Il vino nel calice di Ornella rimase quasi intatto. Lo teneva tra le dita, lo girava piano, guardando il liquido scuro salire e scendere sul vetro senza mai bere. Seduta sul divano tra Ludovica e Chiara, sembrava più nervosa del solito.
«Orne, che hai? Confidati, sei tra amiche» chiese Chiara, chinando il capo e sorridendo con quella sua aria da biondina leggera ma attenta.
Ornella sospirò, fissando il calice. «Non so da dove cominciare»
Ludovica le passò una mano sul ginocchio, con quella calma mediterranea che la rendeva rassicurante e sensuale allo stesso tempo. «Comincia e basta. Non devi avere paura di noi.»
Ornella deglutì. «È che non ne posso più di fingere. A letto, con mio marito, è come mangiare sempre lo stesso piatto insipido. Rapido, distratto, sempre uguale e quando ne ha voglia, si e no una volta al mese. Non mi guarda nemmeno negli occhi, non si accorge se ho voglia o no.»
Chiara aggrottò la fronte. «E tu? Gliel’hai mai detto?»
«Certo che gliel’ho detto!» sbottò Ornella, poi abbassò la voce. «Una volta… due volte… poi ho smesso. Non capisce, non gli interessa. A lui basta il suo momento, e io resto lì, distesa, a fissare il soffitto. E quando finisce, si gira e dorme. Sempre così.»
Ludovica si chinò verso di lei, i capelli neri che le sfiorarono la spalla. «Quindi non ti fa venire?»
Ornella arrossì, il cuore che le batteva forte nel dirlo ad alta voce.
«Mai. E non ha la pazienza di farlo. Io mi tocco da sola quando lui dorme. È l’unico modo.»
Chiara rise, ma non di scherno, piuttosto di incredulità.
«Dio, Ornella sei sposata e ti ritrovi a masturbarti da sola come un’adolescente?»
Ornella annuì, abbassando lo sguardo.
«Lo so. È patetico. Ma almeno così sento qualcosa. Perché con lui, niente. Nemmeno la voglia di baciarlo più.»
Un silenzio cadde. Ludovica non si mosse per un attimo, poi le prese il mento e la costrinse a guardarla negli occhi. «Non è patetico, Ornella. È che hai fame. E ti sei accorta che il solito piatto non basta più!»
Chiara sorrise maliziosa.
«E se provassi un sapore diverso? Magari scopriresti che non è il cibo che è sbagliato, ma il cuoco.»
Ornella la fissò, incerta, le guance in fiamme.
«State parlando sul serio?»
Ludovica si avvicinò ancora, i suoi occhi scuri che brillavano nella penombra. «Più sul serio di quanto pensi.»
Ornella teneva lo sguardo basso, giocando nervosamente con lo stelo del calice.
«A volte penso che il problema non sia solo lui. Che forse…» esitò, si interruppe, cercando coraggio.
«Che forse cosa?» la incalzò Chiara, piegando il capo e fissandola con quei suoi occhi chiari.
Ludovica la osservava in silenzio, la mano ancora appoggiata al suo ginocchio.
«Dillo. Siamo tra amiche. Qui non ti giudica nessuno.»
Ornella inspirò, un respiro lungo, e poi si lasciò andare. «Che forse quello che cerco… non lo troverò mai in un uomo.»
Chiara sgranò gli occhi e sorriso le increspò le labbra. «Vuoi dire che ti piacciono le donne?» Ornella arrossì, quasi a voler negare.
«No! O meglio, non lo so. Non è che io mi svegli la mattina pensando a quello. Però sì, mi è capitato di immaginare. Di chiedermi come sarebbe.»
Ludovica inclinò la testa, il sorriso caldo. «Immaginare cosa, esattamente?»
«Non so» Ornella si nascose il viso tra le mani.
«Voi fate sembrare tutto così naturale, e a volte vi guardo e penso, dev’essere diverso, più vero»
Chiara rise «Ci hai spiato, eh?»
«Non vi ho spiato!» protestò Ornella, ma il tono era più imbarazzato che arrabbiato.
«È che, sì, vi ho osservate. E sembrate una coppia felice. Appagate. Non come me.»
Ludovica le prese le mani, costringendola ad abbassarle dal viso.
«Quindi ci stai dicendo che non è solo curiosità. È desiderio. Un desiderio che non ti lasci confessare.»
Ornella annuì, quasi tremante.
«Sì, e fa paura dirlo ad alta voce.»
Chiara la accarezzò sulla guancia, con una dolcezza maliziosa.
«Forse è arrivato il momento di smettere di immaginare»
Ludovica non le lasciò scampo: si avvicinò ancora, tanto che Ornella sentì il suo profumo speziato invaderle i sensi. «Dimmi, quando dici che hai immaginato, cos’hai visto nella tua testa? Me? Chiara? O tutte e due?»
Ornella arrossì di colpo, si passò una mano sul collo. «Non lo so, non riesco a dirlo.»
«Certo che lo sai. E se ti sei toccata pensando a noi, voglio che tu lo dica ad alta voce.»
«Non saprei» la voce di Ornella si incrinò, le gambe serrate strette.
«È successo. Qualche volta.»
Ludovica le prese il mento, costringendola a guardarla.
«Qualche volta? O spesso, quando lui russava accanto a te e tu eri bagnata e sola?»
Un gemito quasi impercettibile sfuggì alle labbra di Ornella. «Spesso.»
Chiara la fissava con gli occhi che brillavano di malizia. «E cosa facevi? Le tue dita dove andavano?»
Ornella esitò, mordendosi il labbro. «Sul clitoride, piano, immaginavo che fossero le vostre mani.»
«Le nostre mani?» sussurrò Ludovica, facendole scivolare le dita sul ginocchio, risalendo appena. «O la mia bocca?»
Ornella rabbrividì. «La tua bocca.»
Chiara si sporse, vicina al suo orecchio.
«E mi hai mai immaginata, Orne? Hai mai pensato alla mia lingua sulle tue tette piccole, o tra le tue gambe?»
«Sì» confessò in un sussurro. «Sì, vi ho immaginate entrambe.»
Ludovica sorrise, stringendole la coscia. «E adesso che sei qui, tra noi, vuoi ancora restare a immaginare?»
Non aveva mai detto tanto di sé a nessuno, eppure quelle confessioni sembravano suscitare una curiosità morbosa in Ludovica e Chiara.
«Allora confessalo tutto» la incalzò Ludovica, il tono basso, fermo. La sua mano si era già spinta dalla coscia verso l’interno, appena sotto l’orlo della gonna. «Quando ti sei toccata pensando a me, cosa immaginavi che ti facessi?»
Ornella tremò, serrando le cosce, ma la mano di Ludovica non si fermò. «Che mi baciavi lì sotto. Che mi aprivi con la lingua.»
Chiara rise, passandole le dita lungo il braccio, risalendo fino alla spalla. «E io? Dimmi cosa hai immaginato di me.»
Ornella chiuse gli occhi, come se fosse più facile così. «Che mi stringevi i capezzoli, forse che li succhiavi finché non facevano male.»
«Come adesso,» sussurrò Chiara, infilando le mani sotto la camicetta e trovando subito i seni piccoli, stringendoli tra le dita. Li pizzicò appena, abbastanza da far gemere Ornella. «Eccoli, ti tradiscono.»
Ludovica le scostò le gambe con un gesto deciso, le dita che premevano già sull’intimo umido.
«Hai pensato a questo, Orne? A quanto saresti stata bagnata solo con una carezza?»
Un gemito spezzato le sfuggì dalle labbra.
«Sì ho pensato proprio a questo.»
«E ti piace che lo stiamo facendo davvero?» la incalzò Ludovica, spingendo un dito sopra il tessuto, premendo contro il clitoride turgido.
«Sì, mi piace» confessò Ornella.
Chiara le morse piano l’orecchio, le mani che continuavano a tormentarle i capezzoli.
«Allora non sei una moglie insoddisfatta. Sei una troietta che aspettava solo due donne per scoprirsi.» disse ridendo.
«Forse sì.»
Ludovica le afferrò il volto con entrambe le mani e la baciò di colpo, la lingua che le invadeva la bocca con forza. Ornella gemette, sorpresa, ma non si ritrasse; anzi, si aggrappò a lei, tremante, rispondendo con foga crescente.
Chiara approfittò della resa: le mani già sotto la camicetta, scoprendo i seni piccoli, li strinse forte, torcendo i capezzoli tra le dita. Ornella gemette contro la bocca di Ludovica, il corpo che si piegava sotto la doppia aggressione.
«Senti come li ha duri,» mormorò Chiara, ridendo. Poi chinò la testa e si prese un capezzolo tra le labbra, mordicchiandolo fino a strapparle un gemito.
«Siete crudeli!» ansimò Ornella, ma il suo corpo diceva il contrario: la schiena arcuata, le cosce che si aprivano da sole, il respiro spezzato.
In pochi istanti i vestiti furono a terra, e Ornella rimase in mutandine, l’ultimo velo sottile che nascondeva il suo segreto. Le gambe lunghe e snelle mostrano la sua tonicità, il ventre piatto e scolpito rivela cura e movimento. Ha spalle larghe e postura elegante, ma la nudità mette in evidenza la sua fragilità: non ha le curve morbide delle amiche, e proprio per questo si sente esposta, vulnerabile. I capelli sono castani, portati lisci, il viso allungato, con zigomi alti e bocca generosa che tradisce la tensione e l’imbarazzo.
Ornella rimase immobile per un attimo, le mani tremanti sull’elastico delle mutandine. Le due amiche la fissavano in silenzio, come predatrici che aspettano la resa della preda.
Con un respiro profondo, si alzò appena dal divano e fece scivolare lentamente il tessuto lungo le cosce, fino alle ginocchia, poi alle caviglie. Le lasciò cadere a terra e restò lì, completamente nuda davanti a loro, le braccia tese lungo i fianchi come per dire: adesso non ho più scuse.
«Guarda quanto è bella,» disse Chiara, passandole lo sguardo dall’alto in basso.
«Alta, liscia, tonica, tutta da scoprire.»
Ornella si portò d’istinto le mani al pube, come per proteggersi.
«Non posso credere di essere qui così»
Ludovica le afferrò i polsi con dolce fermezza, abbassandoli piano.
«Non nasconderti, Ornella. Noi ti vogliamo intera. Ogni parte di te.»
Poi le fece distendere le gambe sul divano, e con un sorriso si inginocchiò ai suoi piedi. «Sai da dove si comincia?» chiese, prima di chinarsi e sfiorarle il dorso del piede con un bacio lento, sensuale. Ornella trasalì.
«Che fai?» sussurrò, arrossendo.
Chiara rise e le prese un piede tra le mani, baciandole le dita, una ad una, con lingua e labbra che accarezzavano ogni fessura.
«Ogni centimetro del tuo corpo merita un bacio. Anche qui.»
Ornella si lasciò andare indietro, un gemito le sfuggì dalle labbra.
«È troppo strano, eppure così intenso.»
Ludovica non le lasciò respiro: tornò a baciarla sulla bocca con forza, la lingua che si intrecciava alla sua. Ornella gemette contro quelle labbra carnose mentre le mani della mora le stringevano i fianchi.
Nel frattempo, Chiara scivolò lenta più in alto, risalendo i polpacci e le cosce fino ad arrivare al pube.
«Chiara, cosa fai?» mormorò Ornella, ma il tono era più supplica che protesta.
Chiara sorrise contro la sua pelle, sfiorandola con il fiato caldo.
«Quello che nessuno ti ha mai fatto come meriti.»
Poi le scostò le cosce, aprendola delicatamente.
«Guarda come sei già bagnata»
«Non sapete quanto sia stancante fingere che vada tutto bene» sospirò Ornella, con un filo di amarezza nella voce.
Il vino nel calice di Ornella rimase quasi intatto. Lo teneva tra le dita, lo girava piano, guardando il liquido scuro salire e scendere sul vetro senza mai bere. Seduta sul divano tra Ludovica e Chiara, sembrava più nervosa del solito.
«Orne, che hai? Confidati, sei tra amiche» chiese Chiara, chinando il capo e sorridendo con quella sua aria da biondina leggera ma attenta.
Ornella sospirò, fissando il calice. «Non so da dove cominciare»
Ludovica le passò una mano sul ginocchio, con quella calma mediterranea che la rendeva rassicurante e sensuale allo stesso tempo. «Comincia e basta. Non devi avere paura di noi.»
Ornella deglutì. «È che non ne posso più di fingere. A letto, con mio marito, è come mangiare sempre lo stesso piatto insipido. Rapido, distratto, sempre uguale e quando ne ha voglia, si e no una volta al mese. Non mi guarda nemmeno negli occhi, non si accorge se ho voglia o no.»
Chiara aggrottò la fronte. «E tu? Gliel’hai mai detto?»
«Certo che gliel’ho detto!» sbottò Ornella, poi abbassò la voce. «Una volta… due volte… poi ho smesso. Non capisce, non gli interessa. A lui basta il suo momento, e io resto lì, distesa, a fissare il soffitto. E quando finisce, si gira e dorme. Sempre così.»
Ludovica si chinò verso di lei, i capelli neri che le sfiorarono la spalla. «Quindi non ti fa venire?»
Ornella arrossì, il cuore che le batteva forte nel dirlo ad alta voce.
«Mai. E non ha la pazienza di farlo. Io mi tocco da sola quando lui dorme. È l’unico modo.»
Chiara rise, ma non di scherno, piuttosto di incredulità.
«Dio, Ornella sei sposata e ti ritrovi a masturbarti da sola come un’adolescente?»
Ornella annuì, abbassando lo sguardo.
«Lo so. È patetico. Ma almeno così sento qualcosa. Perché con lui, niente. Nemmeno la voglia di baciarlo più.»
Un silenzio cadde. Ludovica non si mosse per un attimo, poi le prese il mento e la costrinse a guardarla negli occhi. «Non è patetico, Ornella. È che hai fame. E ti sei accorta che il solito piatto non basta più!»
Chiara sorrise maliziosa.
«E se provassi un sapore diverso? Magari scopriresti che non è il cibo che è sbagliato, ma il cuoco.»
Ornella la fissò, incerta, le guance in fiamme.
«State parlando sul serio?»
Ludovica si avvicinò ancora, i suoi occhi scuri che brillavano nella penombra. «Più sul serio di quanto pensi.»
Ornella teneva lo sguardo basso, giocando nervosamente con lo stelo del calice.
«A volte penso che il problema non sia solo lui. Che forse…» esitò, si interruppe, cercando coraggio.
«Che forse cosa?» la incalzò Chiara, piegando il capo e fissandola con quei suoi occhi chiari.
Ludovica la osservava in silenzio, la mano ancora appoggiata al suo ginocchio.
«Dillo. Siamo tra amiche. Qui non ti giudica nessuno.»
Ornella inspirò, un respiro lungo, e poi si lasciò andare. «Che forse quello che cerco… non lo troverò mai in un uomo.»
Chiara sgranò gli occhi e sorriso le increspò le labbra. «Vuoi dire che ti piacciono le donne?» Ornella arrossì, quasi a voler negare.
«No! O meglio, non lo so. Non è che io mi svegli la mattina pensando a quello. Però sì, mi è capitato di immaginare. Di chiedermi come sarebbe.»
Ludovica inclinò la testa, il sorriso caldo. «Immaginare cosa, esattamente?»
«Non so» Ornella si nascose il viso tra le mani.
«Voi fate sembrare tutto così naturale, e a volte vi guardo e penso, dev’essere diverso, più vero»
Chiara rise «Ci hai spiato, eh?»
«Non vi ho spiato!» protestò Ornella, ma il tono era più imbarazzato che arrabbiato.
«È che, sì, vi ho osservate. E sembrate una coppia felice. Appagate. Non come me.»
Ludovica le prese le mani, costringendola ad abbassarle dal viso.
«Quindi ci stai dicendo che non è solo curiosità. È desiderio. Un desiderio che non ti lasci confessare.»
Ornella annuì, quasi tremante.
«Sì, e fa paura dirlo ad alta voce.»
Chiara la accarezzò sulla guancia, con una dolcezza maliziosa.
«Forse è arrivato il momento di smettere di immaginare»
Ludovica non le lasciò scampo: si avvicinò ancora, tanto che Ornella sentì il suo profumo speziato invaderle i sensi. «Dimmi, quando dici che hai immaginato, cos’hai visto nella tua testa? Me? Chiara? O tutte e due?»
Ornella arrossì di colpo, si passò una mano sul collo. «Non lo so, non riesco a dirlo.»
«Certo che lo sai. E se ti sei toccata pensando a noi, voglio che tu lo dica ad alta voce.»
«Non saprei» la voce di Ornella si incrinò, le gambe serrate strette.
«È successo. Qualche volta.»
Ludovica le prese il mento, costringendola a guardarla.
«Qualche volta? O spesso, quando lui russava accanto a te e tu eri bagnata e sola?»
Un gemito quasi impercettibile sfuggì alle labbra di Ornella. «Spesso.»
Chiara la fissava con gli occhi che brillavano di malizia. «E cosa facevi? Le tue dita dove andavano?»
Ornella esitò, mordendosi il labbro. «Sul clitoride, piano, immaginavo che fossero le vostre mani.»
«Le nostre mani?» sussurrò Ludovica, facendole scivolare le dita sul ginocchio, risalendo appena. «O la mia bocca?»
Ornella rabbrividì. «La tua bocca.»
Chiara si sporse, vicina al suo orecchio.
«E mi hai mai immaginata, Orne? Hai mai pensato alla mia lingua sulle tue tette piccole, o tra le tue gambe?»
«Sì» confessò in un sussurro. «Sì, vi ho immaginate entrambe.»
Ludovica sorrise, stringendole la coscia. «E adesso che sei qui, tra noi, vuoi ancora restare a immaginare?»
Non aveva mai detto tanto di sé a nessuno, eppure quelle confessioni sembravano suscitare una curiosità morbosa in Ludovica e Chiara.
«Allora confessalo tutto» la incalzò Ludovica, il tono basso, fermo. La sua mano si era già spinta dalla coscia verso l’interno, appena sotto l’orlo della gonna. «Quando ti sei toccata pensando a me, cosa immaginavi che ti facessi?»
Ornella tremò, serrando le cosce, ma la mano di Ludovica non si fermò. «Che mi baciavi lì sotto. Che mi aprivi con la lingua.»
Chiara rise, passandole le dita lungo il braccio, risalendo fino alla spalla. «E io? Dimmi cosa hai immaginato di me.»
Ornella chiuse gli occhi, come se fosse più facile così. «Che mi stringevi i capezzoli, forse che li succhiavi finché non facevano male.»
«Come adesso,» sussurrò Chiara, infilando le mani sotto la camicetta e trovando subito i seni piccoli, stringendoli tra le dita. Li pizzicò appena, abbastanza da far gemere Ornella. «Eccoli, ti tradiscono.»
Ludovica le scostò le gambe con un gesto deciso, le dita che premevano già sull’intimo umido.
«Hai pensato a questo, Orne? A quanto saresti stata bagnata solo con una carezza?»
Un gemito spezzato le sfuggì dalle labbra.
«Sì ho pensato proprio a questo.»
«E ti piace che lo stiamo facendo davvero?» la incalzò Ludovica, spingendo un dito sopra il tessuto, premendo contro il clitoride turgido.
«Sì, mi piace» confessò Ornella.
Chiara le morse piano l’orecchio, le mani che continuavano a tormentarle i capezzoli.
«Allora non sei una moglie insoddisfatta. Sei una troietta che aspettava solo due donne per scoprirsi.» disse ridendo.
«Forse sì.»
Ludovica le afferrò il volto con entrambe le mani e la baciò di colpo, la lingua che le invadeva la bocca con forza. Ornella gemette, sorpresa, ma non si ritrasse; anzi, si aggrappò a lei, tremante, rispondendo con foga crescente.
Chiara approfittò della resa: le mani già sotto la camicetta, scoprendo i seni piccoli, li strinse forte, torcendo i capezzoli tra le dita. Ornella gemette contro la bocca di Ludovica, il corpo che si piegava sotto la doppia aggressione.
«Senti come li ha duri,» mormorò Chiara, ridendo. Poi chinò la testa e si prese un capezzolo tra le labbra, mordicchiandolo fino a strapparle un gemito.
«Siete crudeli!» ansimò Ornella, ma il suo corpo diceva il contrario: la schiena arcuata, le cosce che si aprivano da sole, il respiro spezzato.
In pochi istanti i vestiti furono a terra, e Ornella rimase in mutandine, l’ultimo velo sottile che nascondeva il suo segreto. Le gambe lunghe e snelle mostrano la sua tonicità, il ventre piatto e scolpito rivela cura e movimento. Ha spalle larghe e postura elegante, ma la nudità mette in evidenza la sua fragilità: non ha le curve morbide delle amiche, e proprio per questo si sente esposta, vulnerabile. I capelli sono castani, portati lisci, il viso allungato, con zigomi alti e bocca generosa che tradisce la tensione e l’imbarazzo.
Ornella rimase immobile per un attimo, le mani tremanti sull’elastico delle mutandine. Le due amiche la fissavano in silenzio, come predatrici che aspettano la resa della preda.
Con un respiro profondo, si alzò appena dal divano e fece scivolare lentamente il tessuto lungo le cosce, fino alle ginocchia, poi alle caviglie. Le lasciò cadere a terra e restò lì, completamente nuda davanti a loro, le braccia tese lungo i fianchi come per dire: adesso non ho più scuse.
«Guarda quanto è bella,» disse Chiara, passandole lo sguardo dall’alto in basso.
«Alta, liscia, tonica, tutta da scoprire.»
Ornella si portò d’istinto le mani al pube, come per proteggersi.
«Non posso credere di essere qui così»
Ludovica le afferrò i polsi con dolce fermezza, abbassandoli piano.
«Non nasconderti, Ornella. Noi ti vogliamo intera. Ogni parte di te.»
Poi le fece distendere le gambe sul divano, e con un sorriso si inginocchiò ai suoi piedi. «Sai da dove si comincia?» chiese, prima di chinarsi e sfiorarle il dorso del piede con un bacio lento, sensuale. Ornella trasalì.
«Che fai?» sussurrò, arrossendo.
Chiara rise e le prese un piede tra le mani, baciandole le dita, una ad una, con lingua e labbra che accarezzavano ogni fessura.
«Ogni centimetro del tuo corpo merita un bacio. Anche qui.»
Ornella si lasciò andare indietro, un gemito le sfuggì dalle labbra.
«È troppo strano, eppure così intenso.»
Ludovica non le lasciò respiro: tornò a baciarla sulla bocca con forza, la lingua che si intrecciava alla sua. Ornella gemette contro quelle labbra carnose mentre le mani della mora le stringevano i fianchi.
Nel frattempo, Chiara scivolò lenta più in alto, risalendo i polpacci e le cosce fino ad arrivare al pube.
«Chiara, cosa fai?» mormorò Ornella, ma il tono era più supplica che protesta.
Chiara sorrise contro la sua pelle, sfiorandola con il fiato caldo.
«Quello che nessuno ti ha mai fatto come meriti.»
Poi le scostò le cosce, aprendola delicatamente.
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