Il mio capo - Parte 3

Scritto da , il 2013-07-04, genere tradimenti

Non capii mai perchè si comportava così, mi desiderava, forse più di quanto potessi immaginare... ma il fatto che non potessi essere sua lo faceva soffrire costringendolo a staccarsi da me.
Un giorno, dopo circa un mese dalla fiera, ero in ufficio.
Lui convocò una riunione e mentre eravamo nel suo ufficio arrivò la sua fidanzata che si sedette con noi aspettando finissimo.
Non riuscivo a smettere di guardarla, era una bella donna, molto elegante, troppo magra e con un viso un tantino mascolino.
Lui più di una volta mi scoprì con lo sguardo fisso su di lei e ogni volta mi fece arrossire essere scoperta a guardarla.
Al termine della riunione lei andò verso di lui e lo baciò dolcemente. Io non riuscivo a togliergli gli occhi di dosso e lui se ne accorse.
Lui aveva modi dolci con lei, e questa cosa mi fece infuriare, non so cosa mi passò per la testa, mi sentii malissimo osservandoli nel loro armonico quadretto di romanticismo ostentato.
Decisi di farlo soffrire un po' e quel pomeriggio mi bastò qualche battuta in più col mio collega per scatenare il suo mostruoso debole per me.
Andai a bere il caffè e il mio collega non si fece sfuggire l'occasione, così mi seguì.
Eravamo lì alla macchinetta quando sentii dei passi, e cominciai a flirtare col mio collega che non tardò a provarci selvaggiamente come al suo solito.
Avevo ovviamente in mente di fermarmi... Non avevo calcolato che Marco era alto circa 1,90 e pesava almeno 95 chili... Inoltre la porta dello stanzino lì a fianco era aperta, così alla mia ennesima battuta lui non ce la fece più.
Mi spinse dentro la stanza e chiuse la porta a chiave. Si mise la chiave in tasca.
“Cosa stai facendo? Sei impazzito???”
“Cosa??? Tu pensi di farmi morire così e poi di negarti per la centesima volta???”
“Marco io sono fidanzata”
“Levati le mutandine”
“Vaffanculo!!” gli rispondo incazzata e cerco di fregargli la chiave dai jeans.
“Stai buona...Voglio solo toccarti...Solo un minuto...”
“Noooo dammi la chiave stronzo”
Lui non solo non mi ascolta ma avanza verso di me, mi spinge contro il muro e mi solleva la gonna. Cerco di colpirlo ma i miei pugni non gli fanno alcun effetto. S
ento la sua mano infilarsi dentro le mie mutandine e cominciare a massaggiarmi il clitoride. Lo sento gemere.
Con l'altra mano si slaccia i jeans e lo tira fuori.
Qualcuno cerca di aprire la porta che però è stata chiusa a chiave.
Marco si ferma.
“Apri la porta cazzo” gli grido e la persona fuori dalla porta comincia a muovere la maniglia con più forza.
Lui si tira su i jeans e si riveste, io mi sistemo, va verso la porta e la apre. Il nostro capo è lì a bocca aperta che ci guarda.
“Stavamo cercando una cosa negli archivi” spiega Marco fissando per terra.
“Al buio?” domanda il mio capo con voce rabbiosa.
Marco mi guarda e poi va su per le scale imbarazzato.
Io rimango lì, immobile e credo il mio viso sia rosso, un po' per la rabbia per quello che mi stava per fare Marco, un po' per la vergogna...
Il mio capo entra nello stanzino, chiude la porta alle sue spalle e mi fissa.
Questa volta non mi interessa spiegargli cosa stavamo facendo non sono affari suoi.
Lui mi si avvicina e mi molla una sberla fortissima che mi fa perdere l'equilibrio.
Rimango attonita fissandolo con una mano sulla pelle del mio viso che sta diventando bollente. Vorrei prenderlo a calci, vorrei piangere, vorrei gridare...Invece rimango così. Aspettando lui se ne vada.
Dopo nemmeno un'ora ricevo una sua email:
Via XX settembre 14 – ore 21.30
Rimango in silenzio fissando questo messaggio.
È il suo indirizzo di casa.
Vuole io vada lì stasera stessa.
Verso le 21 sono ancora a casa mia e mi sto fissando allo specchio. Stasera ho voluto esagerare. Indosso un vestitino nero, molto accollato e aderente sul davanti, completamente scollato fino al sedere sulla schiena. Scarpe molto alte, nere, coda di cavallo, labbra rosso fuoco.
Parcheggio a due passi da lì. Suono il campanello del palazzo antico e lui mi apre immediatamente.
Salgo le scale a piedi e mi trovo davanti alla sua porta. Lui la spalanca e in silenzio entro in un salotto elegantissimo, antico, profumato...Alle pareti quadri di sicuro valore mi fissano. Una scultura dentro una nicchia laterale dà un tocco moderno al tutto.
Lui mi fa strada dentro un'altra stanza, più luminosa, ancora più elegante. I soffitti sono affrescati e io rimango incantata a fissarli.
Anche lui è molto elegante nonostante si trovi dentro casa sua, pensavo di trovarlo vestito più casual...
“Ha una casa unica...” esclamo con il naso puntato ancora al soffitto.
“Grazie” risponde freddo.
Cristo santo sembra incazzato nero....Ma accidenti dovrei essere io quella arrabbiata.
Il viso mi fa ancora male per la sberla di oggi.
Mi fa accomodare su una poltroncina in damasco bianco.
“Bevi?”
“Si...grazie”
Si alza e cammina verso un mobile antico. Prende una bottiglia da dentro un secchiello pieno di ghiaccio e versa quello che suppongo essere Champagne dentro un flute che mi porge.
“Grazie”
Torna a sedersi e mi fissa sorseggiando dal bicchiere.
Decido di rompere il ghiaccio.
“Cosa vuole?”
“Cosa??”
“Si...cosa vuole da me?? Perchè mi ha fatta venire qui?? Perchè oggi mi ha picchiata??”
“Perchè non condivido il tuo comportamento.”
“Cosa??? Vaffanculo tu non sei mio padre...o il mio fidanzato...non sei nessuno...” gli rispondo con un tono che forse potevo anche risparmiarmi.
Lui si alza in piedi e si avvicina. Io rimango seduta a guardarlo e continuo:
“Non puoi toccarmi...Io faccio quello che voglio...Faccio sesso con chi voglio...”
“Cosa stavi facendo? Dimmelo!!!” mi intima con rabbia.
“Oh vuoi saperlo?? Mi aveva infilato una mano nelle mutandine e mi stava toccando... e se l'era tirato fuori...e se non arrivavi...” non riesco a finire la frase che un'altra sberla mi raggiunge fortissima in pieno viso.
Non riesco a crederci...
Mi porto la mano alla bocca e sento il sapore del sangue sulle labbra.
Mi guardo la mano sporca di sangue e non riesco a sollevare lo sguardo verso di lui. Sento solo le lacrime scendere lungo le guance.
Lui si allontana velocemente e va nell'altra stanza.
Torna con un fazzoletto di cotone con le sue iniziali ricamate. È bagnato di acqua fredda e si inginocchia davanti a me portandomi il fazzoletto sul labbro che mi pulsa fortissimo.
Lui non riesce a guardarmi negli occhi.
Continua a tamponarmi le labbra con meticolosità.
Poi si siede per terra e rimane a fissare il fazzoletto sporco del mio sangue.
Io mi alzo in piedi e mi allontano da lui, cammino verso la finestra e guardo fuori dandogli la schiena.
“Perdonami” sussurra lui.
Io chiudo gli occhi.
“Quando penso a te...io ti sento mia...oggi saperti con quel coglione che ti toccava...io lo avrei voluto pestare...io divento pazzo...so che non sarai mai mia, ma io non faccio che pensare a te...”
Mi volto e cammino lentamente verso di lui.
Lo guardo e poi sempre lentamente cammino lungo il corridoio fino ad entrare in quella che suppongo essere la sua stanza.
Mi sfilo il vestito e mi distendo sul copriletto a pancia in giù in una posizione molto infantile.
Sento i suoi passi...
Lui appare sulla porta e si appoggia allo stipite guardandomi con gli occhi più dolci, teneri e innamorati che una donna possa sognare.
Sale sopra il letto e comincia a baciarmi la nuca...poi le spalle...con le dita scivola su e giù lungo la mia colonna vertebrale, torna a baciarmi lentamente la schiena e scende sempre più giù.
Ora sento il suo respiro affannoso contro il mio sedere che si schiude non appena lui infila la sua lingua dentro la fessura verticale dei glutei.
Comincia a leccarmi abilmente, baciandomi, mordendomi, e in pochissimo io provo un orgasmo intenso solo grazie alla sua lingua.
Gli restituisco il favore prendendolo in bocca...Guardandolo negli occhi...
Lui mi accarezza la testa e socchiude gli occhi...
Io vado su e giù sfidando me stessa ad arrivare più in fondo che posso, ma è davvero impossibile... Lui gode sempre più forte... Ad un certo punto fa per scostarmi ma io non voglio smettere...
“Oh no se continui così ti verrò in bocca” mi dice piano. Io lo guardo maliziosa e lui viene scosso da brividi di piacere che lo mandano in estasi.
Non ho mai permesso a nessuno di venirmi in bocca è la prima volta e quando lo sento scorrere sulla lingua per un'istante provo la sensazione di sputarlo fuori.
È caldo, salato, ma non cattivo o amaro come pensavo. Lo mando giù, un po' rumorosamente e lui mi guarda eccitato.
Continuo a leccarlo finchè il piacere non diventa quasi dolore e lui si scosta crollando sul letto.
“Mio dio...” sussurra lui accarezzandomi la schiena.
“Mio dio...tu sei mia...tu devi essere solo mia...Posso averti per sempre?”
Mi accoccolo sul suo petto e chiudo gli occhi.

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