Riccardino - 1: In doccia
di
epsilon
genere
gay
Genere: Gay (in parte bisex), Dominazione (dalla parte del dom)
CW: sesso non consensuale, ingiurie pesanti (fr***o e simili)
Racconto con descrizioni lunghe e dettagliate.
Tutto quello che segue è frutto della fantasia e dell'immaginazione.
Tutti i personaggi sono maggiorenni.
---
È una sera di gennaio dell'ultimo anno di Liceo e sono all'allenamento di basket. Domenica abbiamo una partita importante, abbiamo la possibilità di superare i primi in classifica, e il mister ci sta mettendo sotto. Come allenatore è molto bravo, a me piace assai: ha uno stile severo ma giusto, da sergente di ferro. Apprezzo soprattutto il rispetto che riesce ad ottenere dai miei compagni di squadra - rispetto, e paura. Mi piace vedere alcuni di loro tremare al momento delle punizioni.
Punizioni severe, sì, ma giuste: se fai bene e ti smazzi ti premia, altrimenti sei fuori. O almeno così lo giustifico. Ma la verità è che, ormai, al nostro livello, l'impegno non basta: serve anche essere bravi. E io non sempre lo sono abbastanza.
Per questo sono io che tremo quando ci dice cosa faremo alla fine dell'allenamento: gara di tiri liberi. Ha senso, in questa prima parte di stagione sono stati il nostro punto debole. Ma io tremo perché sono particolarmente scarso, e so già qual è la penitenza per i due che arriveranno ultimi in questa gara: 30 minuti di "navette", di corsa su e giù per il campo, partendo dal fondo e tornando indietro ad ogni linea.
È pure venerdì, quindi il custode della palestra ci romperà il cazzo che deve andare via presto e dirà a noi ultimi di chiudere - quindi oltre alla mezz'ora di allenamento in più, avremo anche altri dieci minuti per essere sicuri di chiudere tutto. Non tornerò mai a casa, già lo so.
Partendo con questa mentalità, la gara non può che andarmi male. Ed infatti su 20 tiri liberi ne faccio giusti solo 4. Mai andato così male. Mi viene quasi da piangere all'idea di dovermi fare altri 30 minuti di corsa adesso, a fine allenamento, già esausto che sono. Ma purtroppo tocca farlo. I compagni mi prendono in giro e se la godono, mentre si avviano negli spogliatoi. Pure il mister mi sembra deluso, anche se non del tutto sorpreso.
A rimarcare peraltro il mio scarso risultato, mi dice che il mio compagno di sventure farà 5 minuti in meno rispetto a me, avendo fatto 6/20. E poi se ne va via anche lui, tanto sa bene che non oseremmo mai disubbidire ad un suo ordine, specie se si tratta di una punizione come questa. Faccio per partire, ma arriva pure il custode a rompermi i coglioni, a dirmi che a sto punto anche lui va via subito e lascia a me le chiavi, avvisandomi di portarle la mattina dopo prima di andare a scuola. Che gran rottura di cazzi.
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Finalmente, quando tutti sono usciti dal campo, posso avviarmi alla linea di fondo, e mi metto vicino al mio compagno di sventura. Riccardo, si chiama, ma lo chiamiamo Riccardino, sia per distinguerlo dal Riccardo un paio di anni più grande - anche se ormai non è più in squadra - sia perché è il più esile di tutti noi. Moro, occhi castani, molto carino in viso, ma purtroppo la genetica non lo ha premiato per quanto riguarda il fisico pertanto, nonostante tutti gli anni di basket, è sempre rimasto magretto e gracilino. Ben diverso da me, con i miei lunghi capelli biondi, occhi azzurri, alto e ben piazzato. Fisico che mi renderebbe un ottimo giocatore, se non fosse che ho due mani sinistre quando ho la palla in mano.
E la cosa mi frustra assai, come mia morosa sa bene: quando viene a vedermi alle partite importanti ma il mister non mi mette in campo, o mi elemosina qualche minutino qua e là, Veronica sa già che me la scoperò duramente. A volte non mi faccio neanche la doccia: esco dal campo nero, la faccio salire in macchina e poi trovo un posto dove possa sbattermela per bene, a lungo, facendole sentire bene dentro di sé il mio cazzo grosso e lungo, come se fosse colpa sua che tutto il ben di dio che mi ritrovo a livello di fisico non venga accompagnato da una tecnica sufficiente.
In quei casi non mi importa neanche che lei goda: mi importa solo scaricarle nel ventre la frustrazione
Riccardino invece è il mio opposto: fisico inadatto, ma porca puttana se sa giocare a basket. Eccelle in tutti i fondamentali, ma in particolar modo nel passaggio, e ha una visione di gioco sovrumana. Il che lo rende un play eccellente, ed è il nostro titolare inamovibile, perché la sua tecnica è tale da sopperire alle mancanze fisiche. E questa cosa, non lo nascondo, mi infastidisce non poco.
A volte capita che quando riverso la mia frustrazione su Vero, chiudo gli occhi e mi immagino di star entrando dentro Riccardino, come a punirlo per avere ciò che mi meriterei io. E il fatto che sia anche un'ottima persona, simpatico, gentile, disponibile, contribuisce a frustrarmi ancora di più.
Ci battiamo il cinque, ci scambiamo qualche parola di incoraggiamento, prendiamo accordi su chi tiene il tempo, e poi partiamo. Dosiamo bene le poche energie che ci rimangono, ma avendo io una falcata più grande presto lo distanzio: abbiamo comunque un limite minimo per ogni "navetta", e non voglio correre rischi. Riccardino fatica un po' di più, ma gestisce bene energie e velocità e riesce a tenere.
Dopo un po', la mente inizia a vagare. Mi guardo intorno, penso alla scuola, a Veronica, alla partita di domenica, e inizio già ad infastidirmi al pensiero di stare in panchina tutto il tempo, a guardare i compagni, e Riccardino, giocare e magari vincere. Il mio sguardo finisce proprio sul mio compagno di sventura: anche se tecnicamente dietro di me, per come è fatto l'esercizio (andare avanti e indietro toccando le varie linee del campo) lo vedo di spalle, e noto una cosa a cui non avevo mai fatto caso prima: è vero che è magrolino, ma ha un culetto proprio sporgente. Non è neanche tanto più largo del normale, ma ora che mi passa accanto e lo posso vedere di profilo sono proprio due semisfere quasi perfette, carnose e paffute.
Mi torna in mente quella volta che ho tradito Veronica con Giulia, la sua migliore amica. Anche se lei non voleva le ho comunque preso il culo, ignorando i suoi gemiti di dolore. Che tanto poi sono diventati di piacere. Ipotizzo, almeno: le avevo messo le sue mutandine in bocca per attutire la sua voce stridula.
Ecco, il culo di Riccardino mi ricorda tanto quello di Giulia, bello carnoso ma solido: nonostante tutti gli sculaccioni, c'era pochissimo che si muovesse. Inizio a immaginarmi quello di Riccardino in quella situazione: chissà se anche il suo rimane fermo se lo sculacciassi. Chissà se il suo buchetto mi accoglierebbe stretto e caldo come quello di Giulia...
---
Con tutti questi pensieri in testa, manco mi accorgo di Riccardino quando mi avvisa che lui ha finito e che va a lavarsi. Io annuisco e basta - non ho il fiato per rispondergli. Mentre si avvia fuori dal campo, però, gli guardo il culo, e sento il cazzo irrigidirsi.
Io non sono frocio, ci mancherebbe, ma sono della filosofia per cui un buco è un buco e una bocca è una bocca, a prescindere da cosa si ha in mezzo alle gambe. E nei momenti di magra - o anche di noia - ho lasciato volentieri che qualche frocetto mi offrisse la bocca o il culo. In qualche caso sono io che sono andato a prendere da dietro qualche pischello che mi attizzava, volente o nolente.
Mi suona l'orologio: è finito il tempo. Sono libero. Libero, e arrapato. Torno in spogliatoio, dove ci sono solo il mio borsone e quello di Riccardino. Ha mollato lì vicino la tuta, le scarpe e le mutande: sono slip, piccini, quasi mutandine da ragazza. Li prendo in mano e li annuso: sanno da sudore, da fatica, anche un po' da piscio. Il cazzo continua a ingrandirsi. Potrei andare in bagno a segarmi, potrei aspettare domenica e scopare Veronica nel culo immaginandomi quello di Riccardo. Potrei provare a risentire Giulia, anche se da quella volta non ha più voluto sapere nulla di me.
Invece mi spoglio, prendo shampoo, ciabatte e accappatoio e mi dirigo verso le docce con il durello. Appendo l'accappatoio ed entro.
Il locale docce è un semplice stanzone rettangolare con sei doccini, tre su una parete e tre sull'altra. Niente divisori o altre cose da checca: qua dentro in più occasioni abbiamo giocato a chi veniva prima. Io, all'epoca purtroppo, ora per fortuna, arrivavo sempre ultimo.
C'è solo una doccia accesa, quella vicino all'angolo opposto all'ingresso, e sotto c'è Riccardino. Si sta godendo il getto di acqua calda, è rivolto verso la parete con gli occhi chiusi, sorridente. Noto che ha molti pochi peli - qualcuno solo sotto le ascelle e sul ventre. Sorrido anche io, notando come l'acqua rifletta sulle sue chiappette. È proprio come me lo immaginavo: stretto ma prorompente, carnoso.
Non si è ancora accorto che sono arrivato, e silenziosamente mi metto sotto le doccia sulla parete opposta alla sua. Appoggio le spalle larghe alla parete, non accendo la doccia, e lo guardo, mentre inizio a massaggiarmi le palle. Chissà perché non l'ho mai notato prima.
Riccardino si china a recuperare lo shampoo, offrendomi così una visione del suo buchetto, glabro e rosa. Si rialza e inizia a insaponarsi. Solo ora, con la coda dell'occhio, mi nota, e si spaventa, prima di sorridere prendendomi in giro per il silenzio con cui sono entrato. Non ha notato il mio cazzo sempre più duro.
La sua doccia si spegne automaticamente, e allora si rende conto che anche la mia è spenta. Si gira verso di me e finalmente vede che mi sto massaggiando il cazzo fissandolo con sguardo famelico.
Nei suoi occhi vedo una scintilla di paura, la stessa scintilla che vedo nei compagni di squadra quando il mister si incazza, in Veronica quando la faccio salire in macchina dopo una partita persa, in Giulia quando le ho messo il cazzo nel culo, nei ragazzi presi anche se non volevano. Quella scintilla che mi arrapa tremendamente, che cerco ogni volta che scopo. Quella paura che mi fa sentire padrone, forte, uomo che domina su queste donnette, su queste checche, che non hanno il mio fisico, il mio cazzo. Nella vita hanno molto di più di me: Veronica ha i soldi, Giulia i voti, Riccardo il talento. Ma di fronte a me possono solo stare zitti e succhiarmelo e prenderselo, volenti o nolenti.
"Hai proprio un bel culo, sai? Mi ricorda molto quello di una mia amica..."
Riccardino, forse inconsciamente, intuisce dove voglio andare a parare, ma cerca di negare l'evidenza buttandola sul ridere. Mi chiede che cazzo sto dicendo, ridacchia nervoso, mi dice di andare in bagno a segarmi e poi si gira per riaccendere l'acqua e sciacquarsi. Prima che possa farlo, però, faccio un passo avanti e gli prendo una chiappa con la mano.
Lui inizia ad agitarsi, mi dice che sto scherzo non gli piace, cerca di girarsi, mi dice di lasciarlo andare.
"Mmmmm senti com'è bello sodo..."
Con l'altra mano lo prendo per il retro del collo e lo spingo verso il muro. Lui incespica, lo spingo anche con la mano sul culo finché non lo spiaccico sulla parete. Gli metto un braccio sulle spalle e lo blocco lì, mentre con l'altra mano gli palpo il culetto, me lo godo. Lui prova ad agitarsi, a dimenarsi, ma la differenza di altezza e, in generale, di prestanza fisica fa sì che riesca facilmente a ignorarlo. Il mio cazzo ormai è bello dritto, così faccio un passo in avanti e glielo struscio sul culo. Lui inizia a scaldarsi, mi urla di lasciarlo stare, mi dà del frocio. E qui mi incazzo.
"Come cazzo mi hai chiamato?"
Rapidamente gli metto il braccio attorno al collo e stringo, non così forte da fargli male ma il giusto perché senta l'aria che fatica ad entrare. Ci sono anche due bonus su questa posizione: vedo il terrore farsi strada nei suoi occhi, e sento il mio cazzo premere lungo il solco del suo culo. Con l'altra mano gli afferro le braccia e gliele tengo ferme davanti.
"Se c'è una checca qui, è quello con il culo da femmina, hai capito? Ora ti inculo a sangue, così capisci qual è l'uomo e qual è il frocetto!"
A queste parole si congela, e mi guarda atterrito. Ha le lacrime agli occhi, e con un filo di voce mi dice:
"Scusa"
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Questa parola smuove qualcosa in me. Né Vero né Giulia né le altre ragazze o i frocetti che ho scopato mi hanno mai mostrato rimorso mentre mi incazzavo. Rabbia e fastidio certamente, a volte paura e sottomissione. Ma rimorso per quello che hanno fatto loro mai. Mentre Riccardino sì. Sorrido. Ho una bella preda fra le mani.
Il mio stile solitamente è quello di azzannare, divorare e poi lasciare gli scarti, ma questa volta sento che è diverso. Sento che posso giocare un po' con il cibo, prima di mangiarlo. E magari poi potrò giocare ancora anche con gli scarti, chissà.
Lo guardo, gli sorrido dolcemente e lo lascio andare. Lui, dal terrore e dalla fatica, cade a terra in ginocchio, rivolto verso il muro, tossendo e toccandosi la gola e le braccia arrossate. Faccio un passo indietro e mi sposto leggermente verso il muro dove l'ho appoggiato, cercando di frappormi fra lui e la porta. Continuo a sorridergli.
"Riccardino, guardami".
Lui mi guarda, vedo una flebile speranza in lui, dietro al terrore più puro. Il cazzo diventa se possibile ancora più duro all'idea di distruggergli anche questo.
"Se proprio non vuoi, non devi darmi il culo. Non ti costringerei mai, era solo uno scherzo".
Con il respiro ancora affannato, Riccardino mi guarda sollevato, e lo vedo guardare verso l'uscita del locale docce mentre si mette una mano sul ginocchio per rialzarsi. Faccio però un passo in avanti e gli metto una mano sulla testa.
"Basta però che mi succhi il cazzo".
Speranza e sollievo svaniscono immediatamente dai suoi occhi. Tornano paura e terrore mentre si guarda intorno, alla disperata ricerca di una via d'uscita. Io però gli stringo i capelli e lo costringo a tornare a guardarmi negli occhi. Il mio sorriso svanisce.
"Io non ti costringo a fare nulla. Ti dico però che devi scegliere: o mi dai il culo, o mi succhi il cazzo".
Non ho bisogno che mi risponda: mi basta vedere nei suoi occhi la sottomissione per capire cosa farà. Sa che se mi dà il culo, poi lo lascerò stare per sempre. La preda sarà stata mangiata, e il predatore andrà alla ricerca di qualcosa di nuovo. Ma queste sono le prede furbe, quelle che sanno che prima o poi verranno mangiate, quindi tanto vale cedere subito. Riccardino, invece, nonostante tutta la sua bravura a basket, la sua visione di gioco incredibile, non è furbo. Lascia che il suo istinto di sopravvivenza prenda il sopravvento: se ora lo lascio darmi un morso, magari in futuro non mi mangerà. Se gli chiedo scusa anche se non ho fatto nulla di male, magari si calma e mi lascia stare. Se gli succhio il cazzo ora magari domani non mi prenderà il culo.
Ingenuo.
Lo guardo mettersi in ginocchio davanti a me e fissarmi negli occhi, cercando in tutti i modi di evitare con lo sguardo il grosso cazzo che ha davanti a sé. Mi dice che è la sua prima volta, che non sa come fare. Gli dico di non preoccuparsi, che gli insegno io.
"Come prima cosa, guardalo, e dimmi cosa vedi".
"Vedo... vedo un cazzo... lungo... grosso... più lungo e grosso del mio... peloso..."
"Bravo. Ora apri la bocca e tira fuori la lingua"
Lui mi guarda, mezzo schifato e mezzo spaventato. Io ricambio il suo sguardo, e aspetto. Non ho bisogno di minacciarlo: si è già consegnato a me, deve solo abbandonare ogni speranza.
Ubbidisce, e gli metto la cappella sulla lingua. Gli dico di girarci la lingua intorno, e quando esegue gemo. Ha la lingua morbidissima. Glielo dico, e mi pare di scorgere un po' di rossore sulle sue guance.
"Ora leccami le palle, prendile in bocca e succhiale un po'. Intanto inizia a segarmi".
È inesperto, e si sente. Fatica a prenderle in bocca - sono anche piuttosto grosse, va detto - e ci mette un po' troppi denti. Fa niente: su questi dettagli ci lavoreremo in futuro, per ora concentriamoci sui fondamentali. Il movimento della sua mano sul mio cazzo però è troppo sbagliato: gli prendo la mano, gliela metto bene alla base dell'asta e faccio con lui un po' di su e giù, per abituarlo. Quando tolgo la mano va avanti da solo in automatico, bravo.
Chiudo gli occhi e mi godo un po' il momento. Ripenso alla prima pompa che mi fece Vero: per lei era la prima in assoluta, e la dovetti guidare come sto facendo con Riccardino qui. Certo, lei era più intraprendente, ma sono sicuro che anche Riccardino lo diventerà.
"Ora fermati, staccati e metti le labbra attorno alla cappella".
Ubbidisce con tale solerzia che controllo che mi fa venire il dubbio che stia iniziando a piacergli. Controllo, ma il suo cazzo rimane completamente moscio. Dev'essere semplicemente uno schiavetto nato.
"Ora inizia a fare su e giù sull'asta mentre succhi come se fosse un calippo. Attento: non devo sentire alcun dente".
Stavo per aggiungere altro, ma mi fermo: poche cose per volta. Gli do un colpetto alla testa, per fargli capire che può iniziare. Inizia a percorrere la lunga asta con le labbra, fermandosi però ben prima della base. Lo lascio fare un po': mi sento molto poco stimolato, ma è giusto che prenda un po' confidenza. Dopo un po', però, quando inizia il movimento in discesa gli prendo la testa e lo spingo un po' più in basso, e la volta dopo un po' di più, e ancora e ancora fino a quando non sento il suo naso sui miei peli.
A quel punto gli metto entrambe le mani fra i capelli e lo spingo giù con forza fino a che la sua faccia preme contro il mio ventre e con il cazzo sento il retro della sua gola. Lui annaspa, cerca di spingermi via, sento che soffoca, che cerca di deglutire, e giusto quando so che non ne può più lo lascio andare.
Lui si stacca con tale violenza che cade a terra tossendo, la faccia rossa, le lacrime agli occhi. Io però non ho tempo da perdere: sono ancora ben lontano dal venire, e non possiamo stare qui in palestra per sempre. Quindi lo riacchiappo per i capelli e con violenza lo faccio rimettere in ginocchio davanti a me.
"Quando sei in ginocchio davanti a me voglio sempre vederti con la bocca aperta e la lingua fuori, capito?"
Ancora stravolto, spaventato dal mio tono duro, ubbidisce subito.
"Sei stato bravetto, ma devi andare giù fino in fondo, come ho fatto ora, capito?"
Annuisce, ma vedo la paura nei suoi occhi.
"Ora, un paio di trucchetti, che altrimenti non mi farai mai venire e toccherà prenderti il culo comunque"
Un velo di terrore attraversa il suo sguardo, presto sostituito dalla concentrazione su ciò che gli sto dicendo. Proprio un bravo schiavetto.
"Il punto più sensibile del cazzo è il prepuzio, quindi passa bene bene le labbra lì sopra. Aiutati con la lingua in questo, va bene?".
Con aria impegnata annuisce e da solo cerca il cazzo da rimettere in bocca. Questa volta stringe molto di più le labbra, va giù fino in fondo e quando torna su sento la sua morbida lingua che lecca tutta l'asta e da un colpetto in punta. Gemo con forza, e continuo a farlo mentre Riccardino continua a pomparmi. È incredibile quanto sia già migliorato. Non è ancora bravo quanto Vero, che quando mi spompina pare abbia due lingue e quattro labbra, ma è sulla buona strada.
Lo lascio fare per diversi minuti, aiutandolo a variare ogni tanto la velocità. Inizio però ad essere scomodo qua in questo locale, oltre ad aver fame e a voler tornare a casa. Decido quindi di insegnargli le ultime due cose, quindi gli prendo la testa con entrambe le mani e lo porto sulla punta del mio cazzo.
"Ultime due cose che devi imparare oggi. La prima è che quello che ti sto per fare si chiama scopare la faccia, face-fucking, e tu non devi fare nulla se non tenere via i denti e cercarmi il prepuzio con la lingua. La seconda è che quando ti verrò in bocca, te devi inghiottire tutto, capito?"
Lui mi guarda terrorizzato, ma non gli do il tempo di rispondermi prima di iniziare a scoparlo in bocca. Inizio subito duro, con cattiveria, pensando a tutte quelle volte che l'ho odiato per il suo talento, a quella zoccola di Giulia che non mi risponde più, a Veronica quando dice che non vuole trombare o che le faccio male, a quel frocetto col cazzo grosso che mi scopò la faccia, al culo di Riccardino e a quanto cazzo è morbido e soffice ma sodo e oh dio godo, godo copiosamente, gemo fortemente mentre stringo la testa di Riccardino contro il mio ventre, riempiendogli la bocca di sperma. Sento che cerca di ingoiare tutto ma non riesce, mi tossisce addosso, ma solo quando mi sento completamente scarico lo lascio andare.
Questa volta non si accascia, ma tossisce ripetutamente, tutto rosso in viso. Lo fisso mentre si riprende, e mi riprendo anche io: era da un po' che non godevo così. Aspetto che si ricomponga, si rimette in ginocchio e mi guarda. Io ricambio lo sguardo e lui capisce al volo: apre la bocca e fa uscire la lingua. Gli prendo il viso e lo scruto, girandogli di qua e di là la faccia.
"Bravo, hai seguito molto bene le istruzioni, hai lavorato bene".
Mi rialzo e lo guardo dall'alto. Nei suoi occhi vedo ancora paura, ma anche sollievo e un po' di soddisfazione, anche se con dispiacere noto che ha ancora il cazzo moscio. Noto però anche un'altra cosa. Con un dito raccolgo un rivolo di sperma fuggito dalle sue labbra e glielo metto in bocca. Lui capisce e inizia subito a pulire e manda giù.
"La prossima volta, però, vedi di ingoiare tutto".
E gli tiro uno schiaffo - non forte da fargli male, ma che risuona sonoramente in quello stanzone vuoto. Lui cade a terra, nuovamente, più per l'imbarazzo che per il dolore. Al che io lo scavalco e accendo l'acqua: d'altra parte, devo ancora farmi la doccia.
CW: sesso non consensuale, ingiurie pesanti (fr***o e simili)
Racconto con descrizioni lunghe e dettagliate.
Tutto quello che segue è frutto della fantasia e dell'immaginazione.
Tutti i personaggi sono maggiorenni.
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È una sera di gennaio dell'ultimo anno di Liceo e sono all'allenamento di basket. Domenica abbiamo una partita importante, abbiamo la possibilità di superare i primi in classifica, e il mister ci sta mettendo sotto. Come allenatore è molto bravo, a me piace assai: ha uno stile severo ma giusto, da sergente di ferro. Apprezzo soprattutto il rispetto che riesce ad ottenere dai miei compagni di squadra - rispetto, e paura. Mi piace vedere alcuni di loro tremare al momento delle punizioni.
Punizioni severe, sì, ma giuste: se fai bene e ti smazzi ti premia, altrimenti sei fuori. O almeno così lo giustifico. Ma la verità è che, ormai, al nostro livello, l'impegno non basta: serve anche essere bravi. E io non sempre lo sono abbastanza.
Per questo sono io che tremo quando ci dice cosa faremo alla fine dell'allenamento: gara di tiri liberi. Ha senso, in questa prima parte di stagione sono stati il nostro punto debole. Ma io tremo perché sono particolarmente scarso, e so già qual è la penitenza per i due che arriveranno ultimi in questa gara: 30 minuti di "navette", di corsa su e giù per il campo, partendo dal fondo e tornando indietro ad ogni linea.
È pure venerdì, quindi il custode della palestra ci romperà il cazzo che deve andare via presto e dirà a noi ultimi di chiudere - quindi oltre alla mezz'ora di allenamento in più, avremo anche altri dieci minuti per essere sicuri di chiudere tutto. Non tornerò mai a casa, già lo so.
Partendo con questa mentalità, la gara non può che andarmi male. Ed infatti su 20 tiri liberi ne faccio giusti solo 4. Mai andato così male. Mi viene quasi da piangere all'idea di dovermi fare altri 30 minuti di corsa adesso, a fine allenamento, già esausto che sono. Ma purtroppo tocca farlo. I compagni mi prendono in giro e se la godono, mentre si avviano negli spogliatoi. Pure il mister mi sembra deluso, anche se non del tutto sorpreso.
A rimarcare peraltro il mio scarso risultato, mi dice che il mio compagno di sventure farà 5 minuti in meno rispetto a me, avendo fatto 6/20. E poi se ne va via anche lui, tanto sa bene che non oseremmo mai disubbidire ad un suo ordine, specie se si tratta di una punizione come questa. Faccio per partire, ma arriva pure il custode a rompermi i coglioni, a dirmi che a sto punto anche lui va via subito e lascia a me le chiavi, avvisandomi di portarle la mattina dopo prima di andare a scuola. Che gran rottura di cazzi.
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Finalmente, quando tutti sono usciti dal campo, posso avviarmi alla linea di fondo, e mi metto vicino al mio compagno di sventura. Riccardo, si chiama, ma lo chiamiamo Riccardino, sia per distinguerlo dal Riccardo un paio di anni più grande - anche se ormai non è più in squadra - sia perché è il più esile di tutti noi. Moro, occhi castani, molto carino in viso, ma purtroppo la genetica non lo ha premiato per quanto riguarda il fisico pertanto, nonostante tutti gli anni di basket, è sempre rimasto magretto e gracilino. Ben diverso da me, con i miei lunghi capelli biondi, occhi azzurri, alto e ben piazzato. Fisico che mi renderebbe un ottimo giocatore, se non fosse che ho due mani sinistre quando ho la palla in mano.
E la cosa mi frustra assai, come mia morosa sa bene: quando viene a vedermi alle partite importanti ma il mister non mi mette in campo, o mi elemosina qualche minutino qua e là, Veronica sa già che me la scoperò duramente. A volte non mi faccio neanche la doccia: esco dal campo nero, la faccio salire in macchina e poi trovo un posto dove possa sbattermela per bene, a lungo, facendole sentire bene dentro di sé il mio cazzo grosso e lungo, come se fosse colpa sua che tutto il ben di dio che mi ritrovo a livello di fisico non venga accompagnato da una tecnica sufficiente.
In quei casi non mi importa neanche che lei goda: mi importa solo scaricarle nel ventre la frustrazione
Riccardino invece è il mio opposto: fisico inadatto, ma porca puttana se sa giocare a basket. Eccelle in tutti i fondamentali, ma in particolar modo nel passaggio, e ha una visione di gioco sovrumana. Il che lo rende un play eccellente, ed è il nostro titolare inamovibile, perché la sua tecnica è tale da sopperire alle mancanze fisiche. E questa cosa, non lo nascondo, mi infastidisce non poco.
A volte capita che quando riverso la mia frustrazione su Vero, chiudo gli occhi e mi immagino di star entrando dentro Riccardino, come a punirlo per avere ciò che mi meriterei io. E il fatto che sia anche un'ottima persona, simpatico, gentile, disponibile, contribuisce a frustrarmi ancora di più.
Ci battiamo il cinque, ci scambiamo qualche parola di incoraggiamento, prendiamo accordi su chi tiene il tempo, e poi partiamo. Dosiamo bene le poche energie che ci rimangono, ma avendo io una falcata più grande presto lo distanzio: abbiamo comunque un limite minimo per ogni "navetta", e non voglio correre rischi. Riccardino fatica un po' di più, ma gestisce bene energie e velocità e riesce a tenere.
Dopo un po', la mente inizia a vagare. Mi guardo intorno, penso alla scuola, a Veronica, alla partita di domenica, e inizio già ad infastidirmi al pensiero di stare in panchina tutto il tempo, a guardare i compagni, e Riccardino, giocare e magari vincere. Il mio sguardo finisce proprio sul mio compagno di sventura: anche se tecnicamente dietro di me, per come è fatto l'esercizio (andare avanti e indietro toccando le varie linee del campo) lo vedo di spalle, e noto una cosa a cui non avevo mai fatto caso prima: è vero che è magrolino, ma ha un culetto proprio sporgente. Non è neanche tanto più largo del normale, ma ora che mi passa accanto e lo posso vedere di profilo sono proprio due semisfere quasi perfette, carnose e paffute.
Mi torna in mente quella volta che ho tradito Veronica con Giulia, la sua migliore amica. Anche se lei non voleva le ho comunque preso il culo, ignorando i suoi gemiti di dolore. Che tanto poi sono diventati di piacere. Ipotizzo, almeno: le avevo messo le sue mutandine in bocca per attutire la sua voce stridula.
Ecco, il culo di Riccardino mi ricorda tanto quello di Giulia, bello carnoso ma solido: nonostante tutti gli sculaccioni, c'era pochissimo che si muovesse. Inizio a immaginarmi quello di Riccardino in quella situazione: chissà se anche il suo rimane fermo se lo sculacciassi. Chissà se il suo buchetto mi accoglierebbe stretto e caldo come quello di Giulia...
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Con tutti questi pensieri in testa, manco mi accorgo di Riccardino quando mi avvisa che lui ha finito e che va a lavarsi. Io annuisco e basta - non ho il fiato per rispondergli. Mentre si avvia fuori dal campo, però, gli guardo il culo, e sento il cazzo irrigidirsi.
Io non sono frocio, ci mancherebbe, ma sono della filosofia per cui un buco è un buco e una bocca è una bocca, a prescindere da cosa si ha in mezzo alle gambe. E nei momenti di magra - o anche di noia - ho lasciato volentieri che qualche frocetto mi offrisse la bocca o il culo. In qualche caso sono io che sono andato a prendere da dietro qualche pischello che mi attizzava, volente o nolente.
Mi suona l'orologio: è finito il tempo. Sono libero. Libero, e arrapato. Torno in spogliatoio, dove ci sono solo il mio borsone e quello di Riccardino. Ha mollato lì vicino la tuta, le scarpe e le mutande: sono slip, piccini, quasi mutandine da ragazza. Li prendo in mano e li annuso: sanno da sudore, da fatica, anche un po' da piscio. Il cazzo continua a ingrandirsi. Potrei andare in bagno a segarmi, potrei aspettare domenica e scopare Veronica nel culo immaginandomi quello di Riccardo. Potrei provare a risentire Giulia, anche se da quella volta non ha più voluto sapere nulla di me.
Invece mi spoglio, prendo shampoo, ciabatte e accappatoio e mi dirigo verso le docce con il durello. Appendo l'accappatoio ed entro.
Il locale docce è un semplice stanzone rettangolare con sei doccini, tre su una parete e tre sull'altra. Niente divisori o altre cose da checca: qua dentro in più occasioni abbiamo giocato a chi veniva prima. Io, all'epoca purtroppo, ora per fortuna, arrivavo sempre ultimo.
C'è solo una doccia accesa, quella vicino all'angolo opposto all'ingresso, e sotto c'è Riccardino. Si sta godendo il getto di acqua calda, è rivolto verso la parete con gli occhi chiusi, sorridente. Noto che ha molti pochi peli - qualcuno solo sotto le ascelle e sul ventre. Sorrido anche io, notando come l'acqua rifletta sulle sue chiappette. È proprio come me lo immaginavo: stretto ma prorompente, carnoso.
Non si è ancora accorto che sono arrivato, e silenziosamente mi metto sotto le doccia sulla parete opposta alla sua. Appoggio le spalle larghe alla parete, non accendo la doccia, e lo guardo, mentre inizio a massaggiarmi le palle. Chissà perché non l'ho mai notato prima.
Riccardino si china a recuperare lo shampoo, offrendomi così una visione del suo buchetto, glabro e rosa. Si rialza e inizia a insaponarsi. Solo ora, con la coda dell'occhio, mi nota, e si spaventa, prima di sorridere prendendomi in giro per il silenzio con cui sono entrato. Non ha notato il mio cazzo sempre più duro.
La sua doccia si spegne automaticamente, e allora si rende conto che anche la mia è spenta. Si gira verso di me e finalmente vede che mi sto massaggiando il cazzo fissandolo con sguardo famelico.
Nei suoi occhi vedo una scintilla di paura, la stessa scintilla che vedo nei compagni di squadra quando il mister si incazza, in Veronica quando la faccio salire in macchina dopo una partita persa, in Giulia quando le ho messo il cazzo nel culo, nei ragazzi presi anche se non volevano. Quella scintilla che mi arrapa tremendamente, che cerco ogni volta che scopo. Quella paura che mi fa sentire padrone, forte, uomo che domina su queste donnette, su queste checche, che non hanno il mio fisico, il mio cazzo. Nella vita hanno molto di più di me: Veronica ha i soldi, Giulia i voti, Riccardo il talento. Ma di fronte a me possono solo stare zitti e succhiarmelo e prenderselo, volenti o nolenti.
"Hai proprio un bel culo, sai? Mi ricorda molto quello di una mia amica..."
Riccardino, forse inconsciamente, intuisce dove voglio andare a parare, ma cerca di negare l'evidenza buttandola sul ridere. Mi chiede che cazzo sto dicendo, ridacchia nervoso, mi dice di andare in bagno a segarmi e poi si gira per riaccendere l'acqua e sciacquarsi. Prima che possa farlo, però, faccio un passo avanti e gli prendo una chiappa con la mano.
Lui inizia ad agitarsi, mi dice che sto scherzo non gli piace, cerca di girarsi, mi dice di lasciarlo andare.
"Mmmmm senti com'è bello sodo..."
Con l'altra mano lo prendo per il retro del collo e lo spingo verso il muro. Lui incespica, lo spingo anche con la mano sul culo finché non lo spiaccico sulla parete. Gli metto un braccio sulle spalle e lo blocco lì, mentre con l'altra mano gli palpo il culetto, me lo godo. Lui prova ad agitarsi, a dimenarsi, ma la differenza di altezza e, in generale, di prestanza fisica fa sì che riesca facilmente a ignorarlo. Il mio cazzo ormai è bello dritto, così faccio un passo in avanti e glielo struscio sul culo. Lui inizia a scaldarsi, mi urla di lasciarlo stare, mi dà del frocio. E qui mi incazzo.
"Come cazzo mi hai chiamato?"
Rapidamente gli metto il braccio attorno al collo e stringo, non così forte da fargli male ma il giusto perché senta l'aria che fatica ad entrare. Ci sono anche due bonus su questa posizione: vedo il terrore farsi strada nei suoi occhi, e sento il mio cazzo premere lungo il solco del suo culo. Con l'altra mano gli afferro le braccia e gliele tengo ferme davanti.
"Se c'è una checca qui, è quello con il culo da femmina, hai capito? Ora ti inculo a sangue, così capisci qual è l'uomo e qual è il frocetto!"
A queste parole si congela, e mi guarda atterrito. Ha le lacrime agli occhi, e con un filo di voce mi dice:
"Scusa"
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Questa parola smuove qualcosa in me. Né Vero né Giulia né le altre ragazze o i frocetti che ho scopato mi hanno mai mostrato rimorso mentre mi incazzavo. Rabbia e fastidio certamente, a volte paura e sottomissione. Ma rimorso per quello che hanno fatto loro mai. Mentre Riccardino sì. Sorrido. Ho una bella preda fra le mani.
Il mio stile solitamente è quello di azzannare, divorare e poi lasciare gli scarti, ma questa volta sento che è diverso. Sento che posso giocare un po' con il cibo, prima di mangiarlo. E magari poi potrò giocare ancora anche con gli scarti, chissà.
Lo guardo, gli sorrido dolcemente e lo lascio andare. Lui, dal terrore e dalla fatica, cade a terra in ginocchio, rivolto verso il muro, tossendo e toccandosi la gola e le braccia arrossate. Faccio un passo indietro e mi sposto leggermente verso il muro dove l'ho appoggiato, cercando di frappormi fra lui e la porta. Continuo a sorridergli.
"Riccardino, guardami".
Lui mi guarda, vedo una flebile speranza in lui, dietro al terrore più puro. Il cazzo diventa se possibile ancora più duro all'idea di distruggergli anche questo.
"Se proprio non vuoi, non devi darmi il culo. Non ti costringerei mai, era solo uno scherzo".
Con il respiro ancora affannato, Riccardino mi guarda sollevato, e lo vedo guardare verso l'uscita del locale docce mentre si mette una mano sul ginocchio per rialzarsi. Faccio però un passo in avanti e gli metto una mano sulla testa.
"Basta però che mi succhi il cazzo".
Speranza e sollievo svaniscono immediatamente dai suoi occhi. Tornano paura e terrore mentre si guarda intorno, alla disperata ricerca di una via d'uscita. Io però gli stringo i capelli e lo costringo a tornare a guardarmi negli occhi. Il mio sorriso svanisce.
"Io non ti costringo a fare nulla. Ti dico però che devi scegliere: o mi dai il culo, o mi succhi il cazzo".
Non ho bisogno che mi risponda: mi basta vedere nei suoi occhi la sottomissione per capire cosa farà. Sa che se mi dà il culo, poi lo lascerò stare per sempre. La preda sarà stata mangiata, e il predatore andrà alla ricerca di qualcosa di nuovo. Ma queste sono le prede furbe, quelle che sanno che prima o poi verranno mangiate, quindi tanto vale cedere subito. Riccardino, invece, nonostante tutta la sua bravura a basket, la sua visione di gioco incredibile, non è furbo. Lascia che il suo istinto di sopravvivenza prenda il sopravvento: se ora lo lascio darmi un morso, magari in futuro non mi mangerà. Se gli chiedo scusa anche se non ho fatto nulla di male, magari si calma e mi lascia stare. Se gli succhio il cazzo ora magari domani non mi prenderà il culo.
Ingenuo.
Lo guardo mettersi in ginocchio davanti a me e fissarmi negli occhi, cercando in tutti i modi di evitare con lo sguardo il grosso cazzo che ha davanti a sé. Mi dice che è la sua prima volta, che non sa come fare. Gli dico di non preoccuparsi, che gli insegno io.
"Come prima cosa, guardalo, e dimmi cosa vedi".
"Vedo... vedo un cazzo... lungo... grosso... più lungo e grosso del mio... peloso..."
"Bravo. Ora apri la bocca e tira fuori la lingua"
Lui mi guarda, mezzo schifato e mezzo spaventato. Io ricambio il suo sguardo, e aspetto. Non ho bisogno di minacciarlo: si è già consegnato a me, deve solo abbandonare ogni speranza.
Ubbidisce, e gli metto la cappella sulla lingua. Gli dico di girarci la lingua intorno, e quando esegue gemo. Ha la lingua morbidissima. Glielo dico, e mi pare di scorgere un po' di rossore sulle sue guance.
"Ora leccami le palle, prendile in bocca e succhiale un po'. Intanto inizia a segarmi".
È inesperto, e si sente. Fatica a prenderle in bocca - sono anche piuttosto grosse, va detto - e ci mette un po' troppi denti. Fa niente: su questi dettagli ci lavoreremo in futuro, per ora concentriamoci sui fondamentali. Il movimento della sua mano sul mio cazzo però è troppo sbagliato: gli prendo la mano, gliela metto bene alla base dell'asta e faccio con lui un po' di su e giù, per abituarlo. Quando tolgo la mano va avanti da solo in automatico, bravo.
Chiudo gli occhi e mi godo un po' il momento. Ripenso alla prima pompa che mi fece Vero: per lei era la prima in assoluta, e la dovetti guidare come sto facendo con Riccardino qui. Certo, lei era più intraprendente, ma sono sicuro che anche Riccardino lo diventerà.
"Ora fermati, staccati e metti le labbra attorno alla cappella".
Ubbidisce con tale solerzia che controllo che mi fa venire il dubbio che stia iniziando a piacergli. Controllo, ma il suo cazzo rimane completamente moscio. Dev'essere semplicemente uno schiavetto nato.
"Ora inizia a fare su e giù sull'asta mentre succhi come se fosse un calippo. Attento: non devo sentire alcun dente".
Stavo per aggiungere altro, ma mi fermo: poche cose per volta. Gli do un colpetto alla testa, per fargli capire che può iniziare. Inizia a percorrere la lunga asta con le labbra, fermandosi però ben prima della base. Lo lascio fare un po': mi sento molto poco stimolato, ma è giusto che prenda un po' confidenza. Dopo un po', però, quando inizia il movimento in discesa gli prendo la testa e lo spingo un po' più in basso, e la volta dopo un po' di più, e ancora e ancora fino a quando non sento il suo naso sui miei peli.
A quel punto gli metto entrambe le mani fra i capelli e lo spingo giù con forza fino a che la sua faccia preme contro il mio ventre e con il cazzo sento il retro della sua gola. Lui annaspa, cerca di spingermi via, sento che soffoca, che cerca di deglutire, e giusto quando so che non ne può più lo lascio andare.
Lui si stacca con tale violenza che cade a terra tossendo, la faccia rossa, le lacrime agli occhi. Io però non ho tempo da perdere: sono ancora ben lontano dal venire, e non possiamo stare qui in palestra per sempre. Quindi lo riacchiappo per i capelli e con violenza lo faccio rimettere in ginocchio davanti a me.
"Quando sei in ginocchio davanti a me voglio sempre vederti con la bocca aperta e la lingua fuori, capito?"
Ancora stravolto, spaventato dal mio tono duro, ubbidisce subito.
"Sei stato bravetto, ma devi andare giù fino in fondo, come ho fatto ora, capito?"
Annuisce, ma vedo la paura nei suoi occhi.
"Ora, un paio di trucchetti, che altrimenti non mi farai mai venire e toccherà prenderti il culo comunque"
Un velo di terrore attraversa il suo sguardo, presto sostituito dalla concentrazione su ciò che gli sto dicendo. Proprio un bravo schiavetto.
"Il punto più sensibile del cazzo è il prepuzio, quindi passa bene bene le labbra lì sopra. Aiutati con la lingua in questo, va bene?".
Con aria impegnata annuisce e da solo cerca il cazzo da rimettere in bocca. Questa volta stringe molto di più le labbra, va giù fino in fondo e quando torna su sento la sua morbida lingua che lecca tutta l'asta e da un colpetto in punta. Gemo con forza, e continuo a farlo mentre Riccardino continua a pomparmi. È incredibile quanto sia già migliorato. Non è ancora bravo quanto Vero, che quando mi spompina pare abbia due lingue e quattro labbra, ma è sulla buona strada.
Lo lascio fare per diversi minuti, aiutandolo a variare ogni tanto la velocità. Inizio però ad essere scomodo qua in questo locale, oltre ad aver fame e a voler tornare a casa. Decido quindi di insegnargli le ultime due cose, quindi gli prendo la testa con entrambe le mani e lo porto sulla punta del mio cazzo.
"Ultime due cose che devi imparare oggi. La prima è che quello che ti sto per fare si chiama scopare la faccia, face-fucking, e tu non devi fare nulla se non tenere via i denti e cercarmi il prepuzio con la lingua. La seconda è che quando ti verrò in bocca, te devi inghiottire tutto, capito?"
Lui mi guarda terrorizzato, ma non gli do il tempo di rispondermi prima di iniziare a scoparlo in bocca. Inizio subito duro, con cattiveria, pensando a tutte quelle volte che l'ho odiato per il suo talento, a quella zoccola di Giulia che non mi risponde più, a Veronica quando dice che non vuole trombare o che le faccio male, a quel frocetto col cazzo grosso che mi scopò la faccia, al culo di Riccardino e a quanto cazzo è morbido e soffice ma sodo e oh dio godo, godo copiosamente, gemo fortemente mentre stringo la testa di Riccardino contro il mio ventre, riempiendogli la bocca di sperma. Sento che cerca di ingoiare tutto ma non riesce, mi tossisce addosso, ma solo quando mi sento completamente scarico lo lascio andare.
Questa volta non si accascia, ma tossisce ripetutamente, tutto rosso in viso. Lo fisso mentre si riprende, e mi riprendo anche io: era da un po' che non godevo così. Aspetto che si ricomponga, si rimette in ginocchio e mi guarda. Io ricambio lo sguardo e lui capisce al volo: apre la bocca e fa uscire la lingua. Gli prendo il viso e lo scruto, girandogli di qua e di là la faccia.
"Bravo, hai seguito molto bene le istruzioni, hai lavorato bene".
Mi rialzo e lo guardo dall'alto. Nei suoi occhi vedo ancora paura, ma anche sollievo e un po' di soddisfazione, anche se con dispiacere noto che ha ancora il cazzo moscio. Noto però anche un'altra cosa. Con un dito raccolgo un rivolo di sperma fuggito dalle sue labbra e glielo metto in bocca. Lui capisce e inizia subito a pulire e manda giù.
"La prossima volta, però, vedi di ingoiare tutto".
E gli tiro uno schiaffo - non forte da fargli male, ma che risuona sonoramente in quello stanzone vuoto. Lui cade a terra, nuovamente, più per l'imbarazzo che per il dolore. Al che io lo scavalco e accendo l'acqua: d'altra parte, devo ancora farmi la doccia.
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