Il moretto ed il tettone - cena e curiosità (Parte 3)

di
genere
gay

Pulimmo il pavimento e ci mettemmo a cucinare. Da come si atteggiasse in cucina, Luca sembrava davvero un cuoco provetto. Io non mi ero ancora rimesso la maglietta.

“metti che poi mi sporco” dissi fintamente prudente, invece non perdevo occasione per strusciare le tettone addosso a lui, intingerle nel sughetto che stava preparando, fingendo che fosse un incidente mentre mi piegavo per annusare o assaggiare qualcosa.

“Ops… mi sono sporcato, visto che ho fatto bene a non mettere la maglietta?” gli dissi mentre avvicinavo il petto alla sua faccia, lui ci poggiò le labbra e la lingua e mi leccò via il sugo.

Ci mettemmo a tavola, le mie mammellone poggiavano sulla tovaglia, al centro e poco più internamente c’era il piatto. Luchino non gli staccava gli occhi di dosso.

“Ti va di raccontarmi la storia delle tue tette?” mi chiese preso a solleticandomi l’aureola sinistra col polpastrello dell’indice piuttosto che a mangiare.

“In che senso la storia?” chiesi mantenendo ancora un atteggiamento distaccato da quella coccola che comunque trovavo molto erotica.

“Quando sono cresciute, come hanno iniziato gli altri a giocarci… cose così” rispose continuando il suo giochino, con un’iniziale risposta del capezzolo.

“Ah, certo” continuai tra una forchettata e l’altra “fin da piccolo ero grasso e ho sempre avuto le tettine, i primi ad aver mostrato la curiosità verso di loro furono i miei cuginetti più piccoli di me”

“Che facevano?” mi chiese curioso.

“Un gioco strano, si divertivano ad avvicinarle l’una all’altra per vedere se riuscissero a mantenere sospesi i loro pupazzetti” risposi ridendo a quel ricordo.

“Tipo così?” mi chiese mettendomi il manico della forchetta tra le tette e avvicinandomele con le mani.

“Esatto, chissà cosa ci trovassero” risposi dubbioso.

“E tu cosa provavi?” mi chiese massaggiandomele con le mani lateralmente al mio piatto.

“Ero piccolo, non ricordo molto bene, in ogni caso avevamo capito istintivamente che fosse una cosa da fare lontano dagli occhi dei grandi. A loro piaceva questo giochino ed io non glielo negavo, era assolutamente senza malizia”

“Poi? È successo altro?” mi chiese sollevandomi una tettona a mano aperta dal basso.

“Con loro no, si trasferirono e perdemmo i contatto, non ci vedemmo più. Da allora nessuno più mi toccò le tette fino all’adolescenza” risposi sorseggiando il bicchiere di vino che mi aveva versato.

“Durante l’adolescenza ero cresciuto parecchio, già a 15 anni ero oltre un metro e 80 e pesavo 120 kg, anche le aureole e i capezzoli erano cresciuti, mentre avevo pochi peli ed il mio pisello era rimasto abbastanza piccolino. I miei genitori mi portarono a fare degli accertamenti medici, dalle analisi risultai avere due condizioni cliniche chiamate sindrome di Klinefelter e prolattinoma che mi portavano a prendere peso e a farmi crescere le tette”

Smise di giocare con le mie tettone e mi chiese quasi preoccupato “Cosa vuol dire? Stai male di salute?”

Sorrisi “no, cucciolo, ti sembra che stia male?” e risi facendogli una carezza.

“La sindrome di Klinefelter a quanto ho capito vuol dire che ho un cromosoma X in più, come se in qualche modo fossi un maschio più femminile, mentre il prolattinoma è un tumore benigno che mi fa produrre prolattina, l’ormone per allattare, ma quando sentirono che fosse una condizione benigna i miei si rassicurarono e non ne parlammo più, poi col tempo e gli eventi accettai con piacere questa particolare condizione, quindi...”

Luchino ascoltava curioso “quindi volendo tu potresti veramente fare il latte o prima in doccia scherzavi?” mi chiese prendendo un’aureola tra pollice ed indice, spremendola.

“È successo, ma questo non l’ho detto a nessuno, quando un periodo soffrivo di nausee e prendevo un farmaco, il plasil. Lo sa solo il mio primo amichetto perché, a forza di cose, con le mie tette ci giocava”

“Davvero? Io qui in casa ce l’ho, papà soffre di bruciore di stomaco” mi disse con lo sguardo preso.

“Allora quasi quasi… ricomincerei a prenderlo” gli dissi facendogli l’occhiolino.

“Intrigante… comunque, continua pure a raccontare, come ti sei incontrato col tuo primo amichetto?” mi chiese riprendendo a sfiorarmi il capezzolone eretto.

“Ero in una sorta di campo estivo sul lago del Brasimone organizzato dalle scuole del quartiere, obbligato dai miei perché per loro stavo diventando asociale, sempre chiuso in camera a giocare ai videogiochi. Non amavo stare in compagnia dei ragazzi, mi sentivo a tratti giudicato, a tratti ignorato perché non avevo il fisico per giocare o fare sport in generale. Preferivo rimanere nel mio mondo”

“Sarebbe stato bello conoscerti prima, ci saremmo divertiti un sacco” mi disse sorridendo.

“Saresti dovuto essere molto paziente” risi “non ero aperto e spigliato come adesso, come ti dicevo me ne stavo sempre per conto mio. Anche al campo estivo mi ero portato la mia psp di nascosto dai miei. Me ne stavo da solo nella mia camera di albergo, ogni tanto di prima mattina o nel tardo pomeriggio mi facevo una passeggiata al lago, se trovavo un’insenatura isolata mi facevo anche il bagno. Un giorno arriva lui a nascondersi dove stavo io, mi aveva raccontato che stesse giocando a nascondino. All’inizio non ci eravamo accorti l’uno dell’altro, poi uscendo dall’acqua mi vide e rimase folgorato” conclusi ridendo.

“Ci credo, il 90% dei maschi etero rimarrebbe folgorato da due tettone così” disse alzandosi ed afferrandomele da dietro facendomi passare le braccia sotto le ascelle, mentre stavo ancora mangiando. Allargai leggermente le braccia per facilitarlo, “te le ha toccate?” chiese curioso.

“Sì, mi chiese se fossi un maschio o una femmina” risposi ridendo.

“Me lo chiedo anch’io” disse ridendo spremendomi aureole e capezzoli come se mi stesse mungendo.

Mi girai di scatto e lo baciai. Lui non si ritrasse e ricambiò il bacio.

Dopo l’ultima slinguazzata gli dissi sorridendo “vedi Luchino, quando tocchi le tette della tua femmina, il minimo che puoi fare è darle un bel bacio come si deve”

“a maggior ragione dopo averle sborrato dentro” mi rispose e mi baciò di nuovo.

Quei baci mi comunicavano tanta dolcezza oltre l’eccitazione del momento e di ciò che era successo.

“Poi dopo averti toccato le tette cosa avete fatto?” mi chiese curioso, tornando alla mia storia.

“Sul momento volevo sotterrarmi, provavo a scansarlo, ma mi mancavano le forze, non mi reggevo in piedi, mi fischiavano le orecchie… tutto per l’imbarazzo, neanche a dire che fosse più grosso e forte di me, quel nanetto malefico era alto 1.60 e pesava 50 kg bagnato” risposi ricordando quei momenti di dolce tensione.

“Avresti potuto schiacciarlo se avessi voluto, secondo me già stavi sentendo che ti piaceva farti toccare le tette” mi disse stringendomele a piene mani da dietro.

“Infatti mi stavo misurando con una sensazione particolare, fino ai 15 anni non mi ero mai fatto una sega, non conoscevo il piacere dell’orgasmo” mentre dicevo quelle parole iniziai a segarmi sotto il tavolo, continuando a mangiare “volevo scansarlo per far vedere che non stavo a quel giochetto umiliante, ma contemporaneamente non volevo che smettesse. Nel tentativo di riprendere la maglietta gli lasciavo diversi spiragli per continuare a farmele toccare, ad esempio mi chinavo con le braccia larghe e lui non si lasciava sfuggire l’occasione”

“Come stai facendo adesso con me?”

“Esatto, l’unica differenza è che allora conservavo ancora un po’ di pudore” e lo baciai di nuovo, segandomi mentre mi massaggiava le tette.

“Appena tornato in camera ero agitatissimo, mi batteva forte il cuore, sudavo… eppure dopo un po’, al ripensarci ebbi un’erezione spaventosa” conclusi ridendo ed aumentando il ritmo della sega, mentre lui mi appallottolava i capezzoloni eretti tra pollice ed indice.

“Non sapevo perché, ma sentii la voglia di toccarmi il pisellino duro, lo stringevo, tiravo la pelle… poi capii il movimento da fare e i pensieri dell’accaduto nel pomeriggio accompagnarono il tutto… Luchino sto venendo!” mi girai per baciarlo e poco dopo spruzzai nuovamente sul pavimento un’ingente quantità di seme, che mai si sarebbe attribuita al pisellino piccolo che mi ritrovo.

Finito l’effetto dell’orgasmo mi resi conto che mi ero finito quasi tutto il cibo cucinato.

“Ora mangia qualcosa anche tu prima che mi finisca tutto io, il resto te lo racconto dopo sul divano. Intanto se mi dici dov'è, mi prenderei un paio di pasticchette di plasil visto che ho mangiato troppo” e mi alzai da tavola.
scritto il
2025-06-07
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