Ti racconto
di
PeanutButter
genere
etero
La porta di casa si chiuse alle mie spalle con un sospiro, quasi un gemito. L'aria condizionata mi avvolse, un sollievo dopo il caldo umido e la tensione che mi portavo dentro. Tutta la giornata era stata un susseguirsi di immagini, di parole dette e non dette, di quell'odore di pelle salata e desiderio. Ma ora ero qui, nel mio rifugio, nel mio "porto sicuro", come direbbe lui.
Lui era lì, sul divano, con un bicchiere di vino in mano e il sorriso leggero di chi ti aspetta. Marco . Mio marito. E gli andava bene così. Lui non era il tipo da farsi rovinare il sonno per un'avventura. Gli era sempre piaciuta la mia libertà, la mia fame, il mio essere "Cristina ". Anzi, lo adorava. Gli piaceva sentirmi raccontare, rivivere le mie conquiste, le mie avventure. Era il suo modo per partecipare, per sentirsi parte di quel mondo che io portavo dentro.
"Ben tornata, tesoro," disse, il suo sguardo caldo che mi accarezzava. "Sei tornata... vivace, direi."
Mi tolsi le scarpe, lasciandole cadere con un tonfo sordo, e mi lasciai cadere accanto a lui. "La vita é un casino meraviglioso, no? Proprio come me." Dissi, appoggiando la testa sulla sua spalla.
Lui rise piano, portando il bicchiere di vino alle labbra. "Immagino. E hai delle storie, per me? Ti sei divertita in spiaggia?" La sua voce era bassa, quasi un invito.
Feci un sorrisetto. Come sempre, non c'era bisogno di chiedere esplicitamente. Lui sapeva, e gli piaceva sapere. Il suo pollice iniziò a tracciare piccoli cerchi sul mio braccio scoperto. Mi stesi sul divano, appoggiando la testa sulla sua spalla, e presi un sorso dal suo bicchiere. Il vino era corposo, aromatico, perfetto per sciogliere le ultime resistenze.
"Allora, ero in spiaggia, e mi stavo godendo il sole... e questi tre ragazzi, giovani, con la pelle abbronzata e gli occhi che mi mangiavano, si sono avvicinati. Hanno cominciato a chiacchierare, a scherzare. Erano così sfacciati, così pieni di vita. E io, sai, non sono mai stata brava a resistere... a un po' di gioco innocente."
Marco premette un bacio sulla mia tempia. "Innocente, dici? Con te, tesoro, l'innocenza ha sempre un suo fascino particolare."
"Erano dei ragazzi di Roma, poco più che ventenni che ho conosciuto in spiaggia, si sono avvicinati con la classica scusa del pallone mentre giocavano a beach volley. Eravamo lì, a ridere, a sfidarci con lo sguardo. Loro, così carichi di energia, e io... beh, mi conosci. La conversazione era partita parlando del più e del meno, poi ho iniziato a fare allusioni giocando con i doppi sensi, fino a che si è fatta più esplicita. Uno di loro, quello con i riccioli neri e gli occhi più audaci, mi ha chiesto: "Non so cosa ci sia in lei, signora, ma mi ha fatto scattare qualcosa che non vedevo l'ora di mostrarle. E non intendo il mio sorriso."
L'altro, un biondo con un sorriso da canaglia, ha rincarato la dose: 'O forse è caduto il paradiso, perché non ho mai visto un angelo così vicino... e che non mi faccia venire voglia di toccarlo.'
Scoppiai a ridere, una risata che mi graffiò un po' la gola, ma scuotevo la testa, fingendomi scandalizzata. 'Ragazzi, siete dei gran ruffiani. Ma apprezzo lo sforzo... e anche la sincerità.' Il terzo, più timido ma con uno sguardo intenso, ha detto: 'Non è un complimento, signora. È la pura verità. Lei è la donna più bella che abbiamo mai visto su questa spiaggia, anzi, direi in tutta la città. Mi chiedo solo quanto tempo ci vorrebbe per scoprirla tutta.'
A quel punto, quello sfacciato mi ha chiesto: "Sei scesa dal paradiso così, senza preavviso? O sei qui per farci assaggiare un inferno di piacere?"
La frase era imbarazzante ma divertente, e colsi subito il doppio senso.Sorridendo, mi appoggiai all'indietro, sentendo il bikini rosso fuoco, a triangolo, esaltare le mie forme. "Ma il paradiso é questo. È esattamente dove sono io, e si costruisce con chi ha il coraggio di seguirmi. Le regole? Non ce ne sono molte, a parte il divertimento, se vi sentite all'altezza.'
I loro occhi si accesero, e uno di loro, con un sorriso sfacciato, domandò: "Un angelo così incantevole concederebbe il suo tempo a dei semplici mortali come noi? Magari per un drink, per svelarci il segreto del volo... o per ammirare le stelle in pieno giorno?" Le domande si fecero rapidamente più audaci, una sfida velata tra loro. Il biondo non si tirò indietro: "Mi par di capire che lei sappia già come far volare la gente, signora. Il mio... beh, è già in orbita solo a sentirla." Risi, scuotendo il capo, con un'espressione di finta sorpresa. "Oh, ma che modi, ragazzi! Siete un po' troppo smaniosi." Eppure, i miei occhi li invitavano, spingendoli a osare di più.
Il riccioluto, con un tono più basso, quasi un ringhio, ha aggiunto: 'Non è impazienza, signora, è desiderio. Ho una sete che solo lei può dissetare, e non parlo di acqua.' Ho fatto una smorfia divertita.
“Siete affamati, vedo. Ma io sono una donna che va conquistata, non si accontenta di due chiacchiere sulla spiaggia. Ci vuole qualcosa di più... sostanza, direi.”
L'altro, il più timido, tirò fuori il cellulare. "E se le mostrassi la mia sostanza, signora? Magari la convincerebbe della nostra serietà." Guardai la sua mano, che tremava appena, e i loro sguardi, carichi di un'eccitazione palpabile. Li stavo facendo impazzire, lo sentivo. Ma quando i miei occhi si posarono su ciò che mi stava mostrando, fui piacevolmente sorpresa.
"Oh, non c'è bisogno di arrivare a tanto, ragazzi," risposi, un sorriso malizioso che mi incorniciava le labbra. "La mia immaginazione è già molto più vivace di qualsiasi immagine mi possiate mostrare. Anche se devo ammettere che questa... è davvero notevole."'
Si scambiarono un'occhiata rapida, carica di intenti. Il biondo avanzò di un passo, come per colmare la distanza tra noi, un invito muto a un contatto.
"Signora, non solo la sostanza, ma anche la dimostrazione pratica. Siamo pronti a fare la fila... o a unire le forze, se le aggrada. Abbiamo un'energia che straripa, e crediamo che lei possa trovarla interessante. O, perché no, suggerirci come sprecarla in un modo che la diverta."
Incrociai le braccia sotto il seno, un gesto che esaltò le mie forme.
"Sprecare l'energia? Sciocchezze, ragazzi. L'energia va sempre impiegata al massimo, non siete d'accordo? E per impiegarla al massimo, ci vuole perfetta sintonia... e gli accessori giusti."
Il riccioluto ammiccò, il suo sguardo che si abbassava sulle mie labbra e poi, lentamente, seguiva il profilo provocante del mio bikini a triangolo.
"Abbiamo tutti gli strumenti che lei può immaginare, signora. Grandi, piccoli, sempre a disposizione. E siamo piuttosto in armonia, glielo garantisco. Potremmo suonarle una partitura che le resterà impressa." Il sudore luccicava sulla loro pelle, i loro sguardi divampavano. Erano convinti di avermi tra le mani, di avermi sedotta con le loro chiacchiere ardite. Pensavano che bastasse quel loro fuoco per farmi capitolare. Ma ero io a orchestrare tutto, a guidarli verso la mia melodia
Arretrai di un minuscolo passo, creando spazio, ma il mio sorriso non vacillò, anzi, si fece più languido.
"Ragazzi, siete affascinanti. E molto, molto... impazienti" pronunciai lentamente, permettendo al mio sguardo di soffermarsi appena sui contorni tesi sotto i loro boxer, prima di risalire con deliberata lentezza verso i loro occhi infuocati. "Ma la vostra energia, per quanto lodevole, va incanalata con saggezza. E la pazienza, ricordatelo, è una virtù che riserva sempre grandi premi."
Il biondo, la voce un ringhio sommesso, tentò la sua ultima, audace carta. "Non siamo qui per la pazienza, signora. Siamo qui per... bruciare le tappe. Non le faremo perdere neanche un istante." Una risata profonda mi scosse, una risata che sapeva di dominio, mentre percepivo quanto li stessi stremando, portandoli al limite.
"Oh, io non perdo mai tempo, ragazzi. Semplicemente, a volte, mi delizio del percorso." Poi, con un gesto fluido ed elegante, quasi una carezza all'aria, recuperai la mia borsa dalla sabbia.
"È stato un vero piacere scambiare due chiacchiere. Ma ora, purtroppo, devo proprio andare. Ho degli impegni... inderogabili."
Sui loro volti si disegnò per un attimo la delusione, prontamente sostituita da una nuova scintilla di speranza, quasi fame. Il riccioluto si fece audace, la voce un sussurro che bruciava: "Impegni? Ma non potrebbe combinare l'utile al dilettevole, signora? Siamo esperti nel rendere gli impegni... memorabili." Scossi la testa, un velo di finta malinconia sul viso, ma gli occhi che promettevano.
"Forse un'altra volta, ragazzi. Siete stati davvero... convincenti. Ricordate il mio sorriso. E chissà, un giorno, avrete la fortuna di ammirarlo da molto, molto più vicino."
Ho lanciato un ultimo sguardo a ciascuno di loro, un'occhiata che prometteva tutto e niente, lasciandoli lì, col desiderio che li divorava. Stavo per allontanarmi, così, senza un perché, solo per il gusto di lasciarli a bocca asciutta.
Marco mi accarezzò i capelli, il suo sguardo curioso. "E allora, tesoro," disse, la sua voce un sussurro che mi solleticava l'orecchio. "Perché sei andata via? Sembrava... un peccato sprecare l'occasione."
Mi staccai leggermente da lui, appoggiando il gomito sul cuscino e girandomi per guardarlo in faccia. Un sorriso sornione mi spuntò sulle labbra. "Oh, Marco , non è la destinazione che conta, a volte, ma il viaggio, no? E il viaggio con quei tre era... promettente. Li stavo facendo impazzire, è vero. E mi è piaciuto. Un sacco. Vedere i loro occhi bruciare, le loro bocche che cercavano le parole giuste per sedurmi, i loro corpi tesi sotto i costumi... era come avere tre cuccioli affamati che aspettano la pappa. E io ero lì, con la ciotola piena, ma senza darla. Almeno non subito."
Marco mi guardava, con un luccichio divertito negli occhi. "E perché non subito? Un'occasione così... appetitosa."
"Perché il gioco, Marco , è la parte migliore. La caccia. L'attesa. Il desiderio che cresce, che ti divora." Feci una piccola pausa, quasi assaporando le parole, poi continuai: "A volte, le cose migliori vengono quando meno te le aspetti... o quando qualcuno te le rovina, e poi devi rimediare."
Marco mi strinse più forte, il suo respiro caldo sul mio collo. "Lo so che c'è di più, tesoro. E ti conosco. Quei tre ti hanno fatto eccitare, non negarlo. Quei corpi giovani, la loro sfrontatezza... Avresti voluto portarli tutti e tre nella tua stanza d'hotel, non è vero? Averli lì, nudi, che ti supplicavano, che ti dimostravano quanto ti desideravano."
Mi voltai completamente verso di lui, i miei occhi che brillavano nella penombra. "E se anche fosse? Se avessi voluto portarli con me? C'è forse qualcosa di male nel desiderare ciò che è... invitante? Quei ragazzi... oh, avevano un'energia, una vitalità che mi faceva sentire ancora più viva. Avrei potuto fare con loro qualsiasi cosa avessi voluto. Vederli l'uno contro l'altro per me, per un mio sorriso... era una tentazione forte, lo ammetto. La stanza d'hotel era vicina, e la fantasia di quei tre corpi che mi aspettavano, pronti a fare qualsiasi cosa per la 'signora' che li aveva fatti impazzire, era... allettante. Molto allettante."
Gli accarezzai la guancia, il mio dito che tracciava il contorno della sua mascella.
"Ma come ti ho detto, a volte il piacere sta nel non dare. Nel farli bruciare, nel lasciarli con l'acquolina in bocca. E poi, sai, la suspense è importante, no? Lasciare che la loro immaginazione facesse il resto. C'è un'arte nel rendere gli uomini schiavi del tuo desiderio, senza dover muovere un dito. E io, mio caro, sono una maestra in quell'arte."
Marco mi guardò, il suo sorriso sornione. "E l'hai gestita magnificamente, tesoro."
Lui si mise a sedere, il suo sguardo penetrante che cercava il mio. "Quindi, so che ti sarebbe piaciuto anche approfondire, raccontami la fantasia. Dimmi, Cristina , cosa avresti fatto con quei tre nella tua stanza d'hotel? Non nascondermi nulla, tesoro. Voglio sentire ogni... singolo dettaglio. Li avresti fatti spogliare? Li avresti messi in competizione per te?"
Mi stesi sul divano tra le sue gambe, lo sguardo fisso su di lui, e lasciai che le mie dita accarezzassero l'interno della sua coscia, risalendo lentamente. Sentii la sua reazione immediata, il suo respiro farsi più affannoso.
Poi, con un gesto esperto, sfilai il suo membro dai boxer, lasciandolo libero, pulsante, tra le mie dita. Iniziai ad accarezzarlo dolcemente, mentre la mia voce si faceva un sussurro caldo, quasi un incantesimo.
"La stanza d'hotel, Marco ," iniziai. "Sì, li avrei voluti lì, tutti e tre. Li avrei fatti entrare, uno per uno, magari con un pretesto qualsiasi. Li avrei fatti sedere, distanti, in attesa. Avrei indossato qualcosa di leggero, magari una sottoveste di seta, che lasciasse intravedere senza svelare del tutto, oppure semplicemente il copricostume bianco che fa risaltare il bikini rosso. Il tessuto mi avrebbe accarezzato la pelle, un leggero attrito che avrebbe amplificato la loro attesa. E avrei giocato con loro, con le parole, con gli sguardi. Avrei detto loro quanto erano stati coraggiosi in spiaggia, quanto mi avevano colpita con la loro sfrontatezza. E poi, avrei cominciato a stuzzicarli, a turno."
Le mie dita si strinsero un po' di più sul suo membro, facendolo fremere.
"Avrei iniziato con il riccioluto, il più audace. Gli avrei chiesto se era davvero così sicuro di poter mantenere tutte le sue promesse. Se la sua sostanza era all'altezza delle sue parole. Mentre gli parlavo, il mio sguardo sarebbe sceso lentamente sul rigonfiamento nei suoi pantaloncini da bagno, percependo la tensione che si accumulava nel suo corpo. Avrei sentito la sua pelle tendersi, i muscoli delle sue cosce contrarsi quasi impercettibilmente. E poi, mi sarei avvicinata al biondo, quello con il sorriso da canaglia. Gli avrei sfiorato il petto con la punta delle dita, quasi per sbaglio, sentendo il calore della sua pelle abbronzata, la durezza dei suoi pettorali. Gli avrei chiesto se la sua energia era davvero inesauribile, o se si stancava facilmente. Il suo respiro sarebbe diventato più affannoso, il suo odore, un misto di sale marino e desiderio, avrebbe riempito le mie narici. E infine, sarei arrivata a quello più timido, quello degli occhi intensi. Gli avrei sussurrato quanto ero curiosa di scoprire tutti i suoi segreti, di vedere se il suo silenzio nascondeva la vera passione. La mia mano avrebbe sfiorato la sua, percependone il leggero tremore, la scossa elettrica che avrebbe attraversato il suo corpo, mentre i miei occhi incontravano i suoi, senza scuse."
Presi un profondo respiro, sentendo il calore emanare dal suo corpo, presi una pausa nel raccontare per dedicarmi un po´ al suo membro eretto, poi continuai
"Li avrei fatti competere per me, Marco . Li avrei osservati mentre si sfidavano con lo sguardo, con le parole, ognuno cercando di dimostrare di essere il più degno del mio desiderio. Forse li avrei fatti spogliare, lentamente, pezzo per pezzo, osservando ogni muscolo, ogni linea. La vista dei loro corpi giovani e tesi, la pelle liscia che si rivelava sotto gli indumenti, avrebbe stimolato ogni mio senso. Avrei voluto vedere chi sarebbe crollato per primo, chi si sarebbe inginocchiato per chiedermi di più. Avrei assaporato ogni loro respiro affannoso, ogni goccia di sudore che sarebbe scivolata lungo i loro addominali scolpiti. Avrei voluto sentirli imprecare, supplicare, perdere il controllo per me. Il suono dei loro gemiti, i loro sussurri rauco di desiderio, sarebbero stati musica per le mie orecchie. E solo allora, quando fossero stati al culmine della loro eccitazione, li avrei fatti aspettare. Ancora. Per godermi fino in fondo il loro tormento."
Il mio sguardo tornò su di lui, gli occhi ardenti.
"E poi, avrei scelto. Forse uno per iniziare, il più sfacciato, per metterlo subito alla prova. L'avrei fatto inginocchiare davanti a me, e gli avrei permesso di baciarmi le gambe, risalendo lentamente. Avrei voluto sentire la sua lingua calda e umida sulla mia pelle, risalire lentamente lungo la coscia, fermarsi... e poi avventurarsi, decisa, tra le mie labbra, un gemito soffocato che saliva dalla sua gola mentre la sua eccitazione cresceva, palpabile, quasi un ronzio nell'aria. E mentre lui era lì, gli altri due avrebbero dovuto guardare, con le mani dietro la schiena, magari, o semplicemente inibiti dal mio sguardo. Avrei voluto che sentissero la frustrazione, il desiderio bruciante, la gelosia che li consumava. Avrei quasi potuto percepire il calore dei loro sguardi su di me, il battito accelerato dei loro cuori a distanza."
La mia presa sul suo membro si fece più ferma, i miei pollici che accarezzavano la punta.
“Dopo, avrei potuto chiamare il secondo. L'avrei fatto inginocchiare ai piedi del letto, la testa reclinata all'indietro, il collo teso e lo sguardo famelico fisso su di me arretrando lentamente. Mi sfilerei il costume con movimenti studiati, ogni gesto una promessa, il bikini a triangolo facendolo scivolare via con una lentezza esasperante.
Slaccerei il laccetto dietro al collo, le mie dita indugiarono un istante sulla nuca prima di sciogliere il nodo. Le coppe del reggiseno si aprirebbero lentamente, una rivelazione quasi dolorosa che avrebbe scoperto il seno, invitando i suoi occhi a perdersi in ogni curva, ogni ombra. Sentirei il suo respiro farsi più profondo, un gemito strozzato nella gola, mentre il suo sguardo si incollava, bruciante, alle mie forme appena svelate.
Poi, con un gesto altrettanto calcolato, le mie mani scenderebbero ad accarezzare i fianchi mentre scioglierei i nodi laterali dello slip. Sentirei il tessuto scivolare lungo le cosce, una carezza lenta e provocante, prima che cadrebbero a terra, lasciandomi completamente esposta alla sua adorazione. Ogni indumento che cade avrebbe rivelato un frammento della mia pelle, e ogni centimetro esposto avrebbe amplificato il suo respiro affannoso. Avrei visto i suoi occhi bruciare, seguendo ogni curva, ogni ombra, mentre il suo corpo intero rispondeva, teso come una corda di violino, in un misto di desiderio acuto e vulnerabilità. Sarei salita sul letto, muovendomi con grazia felina, il corpo che vibrava appena, invitandolo a non distogliere lo sguardo, a sentire il mio profumo nell'aria, a immaginare la dolce agonia di ciò che sarebbe potuto accadere dopo. Il potere era nelle mie mani, nel mio silenzio, nella promessa implicita di un piacere che era solo mio concedere.
“E il terzo? “
“Oh, lui sarebbe stato il mio premio finale. L'avrei tenuto per ultimo, per spremerlo fino all'ultima goccia. Gli avrei fatto leccare le mie labbra, le mie dita, assaporando ogni centimetro del mio corpo. La sua lingua ruvida e calda avrebbe esplorato ogni curva, ogni anfratto, lasciando una scia di brividi. Avrei usato la sua bocca, la sua lingua, per pulirmi, per rendere la sua sottomissione completa.
E poi, con un solo sguardo, un'occhiata che pesava come un'ancora nel loro desiderio, avrei impresso in loro il mio volere: li avrei fatti baciare. Non per l'amore, ma per la mia pura e insaziabile delizia, per testare i limiti della loro sottomissione. Avrei assaporato ogni sfumatura sui loro volti, la vergogna dipinta nelle guance che si infiammavano, la lotta visibile negli spasmi dei muscoli mascellari, mentre il desiderio bruciava nei loro occhi sbarrati. Una battaglia interiore che avrebbero perso, inevitabilmente, di fronte alla mia assoluta volontà. E solo allora, quando fossero stati al culmine della loro eccitazione, quando il loro fiato si fosse fatto corto e i loro corpi avessero iniziato a tremare, avrei permesso ai miei desideri di farsi carne. Li avrei presi, uno dopo l'altro, o forse tutti insieme, in un turbine di corpi e di pelle bagnata di sudore, che schioccava al contatto, i gemiti a riempire la stanza come un'orchestra proibita.
Li avrei cavalcati, stretti fino a farli ansimare, spinti fino al limite, prendendomi ogni singola goccia di piacere che potevano darmi. Il contatto della loro pelle incandescente contro la mia, il sapore salmastro del loro sudore sulle mie labbra, la sensazione dei loro muscoli che si flettevano e si tendevano come corde sotto il mio peso, sarebbe stato un'onda, un'onda sferzante, inesorabile, di puro piacere. Poi, il momento in cui i loro corpi avrebbero avvolto il mio, la pressione profonda, simultanea, dei loro bacini contro il mio. Avrei sentito il mio corpo aprirsi, accoglierli, dilatarsi e pulsare, una sensazione di pienezza e di espansione che mi avrebbe tolto il respiro. Ogni spinta, ogni affondo, sarebbe stata un fulmine liquido che si propagava dal mio centro, un'onda di calore che si irradiava, bruciando in ogni singolo nervo. Le loro mani, graffiando dolcemente sui miei fianchi, affondando nelle mie cosce, avrebbero intensificato la sensazione di essere completamente circondata, posseduta in un modo crudo, primordiale, quasi animale. Il mio clitoride, sensibile e gonfio, avrebbe vibrato sotto ogni frizione, trasformando il piacere in un'agonia dolce, un bisogno irrefrenabile che mi strappava gemiti dal profondo del petto.
Li avrei fatti urlare il mio nome, supplicarmi, mendicare ancora anche quando la loro voce si sarebbe fatta rauca e i loro corpi avrebbero minacciato di cedere. Il suono roco delle loro voci, imploranti e cariche di estasi, avrebbe risuonato, vibrato nelle mie orecchie come la più dolce delle melodie, un coro di sottomissione e appagamento. Poi, per finire, avrei potuto mettermi sopra uno di loro, lasciando che gli altri due mi guardassero, i loro occhi fissi sulla scena, bruciando di invidia e desiderio. Le mie mani si sarebbero strette con forza sui fianchi di quello sotto di me, e avrei spinto, spinto, spinto, finché non avesse urlato dal piacere, e il suo seme non mi avesse bagnata, caldo e denso sulla mia pelle. Avrei sentito il suo corpo tremare, la sua schiena inarcarsi, il suo respiro diventare un rantolo di puro godimento, e il caldo, denso, liquido maschile spruzzarmi addosso, una vera e propria consacrazione, un sigillo di possessione. Avrei potuto chiedere agli altri due di pulirmi, di leccare via ogni goccia, per la mia gratificazione, sentendo il loro desiderio umile e famelico. E poi, avrei potuto fare lo stesso con gli altri, o avrei potuto lasciarli lì, in uno stato di pura estasi e frustrazione, esausti, ma felici di essere stati miei, anche solo per una notte. Avrebbero saputo cosa significava volare... e cadere. E avrebbero ricordato per sempre la 'signora' che li aveva fatti impazzire, la donna che aveva danzato sulla linea sottile tra piacere e dominio. Questa era la mia fantasia, tesoro. Un assaggio di quello che avrei potuto fare." Gli dissi, sempre senza smettere di stimolarlo con la mano.
Un silenzio denso calò nella stanza, e io, con un sorriso enigmatico, mi sporsi leggermente in avanti, i miei occhi che brillavano di un'intensità quasi febbrile. Il mio sguardo, posato su Marco , era una domanda senza parole, una sfida celata. "E adesso," sussurrai, la voce roca e piena di un'implicita promessa, "adesso cosa vorresti tu?"
Lui mi fissò, la gola secca, il cuore che gli batteva forte nel petto. Non c'era esitazione nella sua voce quando rispose, le parole che gli sgorgavano sincere e inaspettate. "Sono innamorato," disse, la voce appena un sussurro, ma carica di emozione. "Innamorato della tua sensualità, della tua libertà sessuale, di te." Poi, la sua voce si fece più profonda, un'implorazione carica di desiderio. "Finiscimi nel modo che preferisci. Nel modo in cui mi hai finito la prima volta. Con la tua bocca."
Lui era lì, sul divano, con un bicchiere di vino in mano e il sorriso leggero di chi ti aspetta. Marco . Mio marito. E gli andava bene così. Lui non era il tipo da farsi rovinare il sonno per un'avventura. Gli era sempre piaciuta la mia libertà, la mia fame, il mio essere "Cristina ". Anzi, lo adorava. Gli piaceva sentirmi raccontare, rivivere le mie conquiste, le mie avventure. Era il suo modo per partecipare, per sentirsi parte di quel mondo che io portavo dentro.
"Ben tornata, tesoro," disse, il suo sguardo caldo che mi accarezzava. "Sei tornata... vivace, direi."
Mi tolsi le scarpe, lasciandole cadere con un tonfo sordo, e mi lasciai cadere accanto a lui. "La vita é un casino meraviglioso, no? Proprio come me." Dissi, appoggiando la testa sulla sua spalla.
Lui rise piano, portando il bicchiere di vino alle labbra. "Immagino. E hai delle storie, per me? Ti sei divertita in spiaggia?" La sua voce era bassa, quasi un invito.
Feci un sorrisetto. Come sempre, non c'era bisogno di chiedere esplicitamente. Lui sapeva, e gli piaceva sapere. Il suo pollice iniziò a tracciare piccoli cerchi sul mio braccio scoperto. Mi stesi sul divano, appoggiando la testa sulla sua spalla, e presi un sorso dal suo bicchiere. Il vino era corposo, aromatico, perfetto per sciogliere le ultime resistenze.
"Allora, ero in spiaggia, e mi stavo godendo il sole... e questi tre ragazzi, giovani, con la pelle abbronzata e gli occhi che mi mangiavano, si sono avvicinati. Hanno cominciato a chiacchierare, a scherzare. Erano così sfacciati, così pieni di vita. E io, sai, non sono mai stata brava a resistere... a un po' di gioco innocente."
Marco premette un bacio sulla mia tempia. "Innocente, dici? Con te, tesoro, l'innocenza ha sempre un suo fascino particolare."
"Erano dei ragazzi di Roma, poco più che ventenni che ho conosciuto in spiaggia, si sono avvicinati con la classica scusa del pallone mentre giocavano a beach volley. Eravamo lì, a ridere, a sfidarci con lo sguardo. Loro, così carichi di energia, e io... beh, mi conosci. La conversazione era partita parlando del più e del meno, poi ho iniziato a fare allusioni giocando con i doppi sensi, fino a che si è fatta più esplicita. Uno di loro, quello con i riccioli neri e gli occhi più audaci, mi ha chiesto: "Non so cosa ci sia in lei, signora, ma mi ha fatto scattare qualcosa che non vedevo l'ora di mostrarle. E non intendo il mio sorriso."
L'altro, un biondo con un sorriso da canaglia, ha rincarato la dose: 'O forse è caduto il paradiso, perché non ho mai visto un angelo così vicino... e che non mi faccia venire voglia di toccarlo.'
Scoppiai a ridere, una risata che mi graffiò un po' la gola, ma scuotevo la testa, fingendomi scandalizzata. 'Ragazzi, siete dei gran ruffiani. Ma apprezzo lo sforzo... e anche la sincerità.' Il terzo, più timido ma con uno sguardo intenso, ha detto: 'Non è un complimento, signora. È la pura verità. Lei è la donna più bella che abbiamo mai visto su questa spiaggia, anzi, direi in tutta la città. Mi chiedo solo quanto tempo ci vorrebbe per scoprirla tutta.'
A quel punto, quello sfacciato mi ha chiesto: "Sei scesa dal paradiso così, senza preavviso? O sei qui per farci assaggiare un inferno di piacere?"
La frase era imbarazzante ma divertente, e colsi subito il doppio senso.Sorridendo, mi appoggiai all'indietro, sentendo il bikini rosso fuoco, a triangolo, esaltare le mie forme. "Ma il paradiso é questo. È esattamente dove sono io, e si costruisce con chi ha il coraggio di seguirmi. Le regole? Non ce ne sono molte, a parte il divertimento, se vi sentite all'altezza.'
I loro occhi si accesero, e uno di loro, con un sorriso sfacciato, domandò: "Un angelo così incantevole concederebbe il suo tempo a dei semplici mortali come noi? Magari per un drink, per svelarci il segreto del volo... o per ammirare le stelle in pieno giorno?" Le domande si fecero rapidamente più audaci, una sfida velata tra loro. Il biondo non si tirò indietro: "Mi par di capire che lei sappia già come far volare la gente, signora. Il mio... beh, è già in orbita solo a sentirla." Risi, scuotendo il capo, con un'espressione di finta sorpresa. "Oh, ma che modi, ragazzi! Siete un po' troppo smaniosi." Eppure, i miei occhi li invitavano, spingendoli a osare di più.
Il riccioluto, con un tono più basso, quasi un ringhio, ha aggiunto: 'Non è impazienza, signora, è desiderio. Ho una sete che solo lei può dissetare, e non parlo di acqua.' Ho fatto una smorfia divertita.
“Siete affamati, vedo. Ma io sono una donna che va conquistata, non si accontenta di due chiacchiere sulla spiaggia. Ci vuole qualcosa di più... sostanza, direi.”
L'altro, il più timido, tirò fuori il cellulare. "E se le mostrassi la mia sostanza, signora? Magari la convincerebbe della nostra serietà." Guardai la sua mano, che tremava appena, e i loro sguardi, carichi di un'eccitazione palpabile. Li stavo facendo impazzire, lo sentivo. Ma quando i miei occhi si posarono su ciò che mi stava mostrando, fui piacevolmente sorpresa.
"Oh, non c'è bisogno di arrivare a tanto, ragazzi," risposi, un sorriso malizioso che mi incorniciava le labbra. "La mia immaginazione è già molto più vivace di qualsiasi immagine mi possiate mostrare. Anche se devo ammettere che questa... è davvero notevole."'
Si scambiarono un'occhiata rapida, carica di intenti. Il biondo avanzò di un passo, come per colmare la distanza tra noi, un invito muto a un contatto.
"Signora, non solo la sostanza, ma anche la dimostrazione pratica. Siamo pronti a fare la fila... o a unire le forze, se le aggrada. Abbiamo un'energia che straripa, e crediamo che lei possa trovarla interessante. O, perché no, suggerirci come sprecarla in un modo che la diverta."
Incrociai le braccia sotto il seno, un gesto che esaltò le mie forme.
"Sprecare l'energia? Sciocchezze, ragazzi. L'energia va sempre impiegata al massimo, non siete d'accordo? E per impiegarla al massimo, ci vuole perfetta sintonia... e gli accessori giusti."
Il riccioluto ammiccò, il suo sguardo che si abbassava sulle mie labbra e poi, lentamente, seguiva il profilo provocante del mio bikini a triangolo.
"Abbiamo tutti gli strumenti che lei può immaginare, signora. Grandi, piccoli, sempre a disposizione. E siamo piuttosto in armonia, glielo garantisco. Potremmo suonarle una partitura che le resterà impressa." Il sudore luccicava sulla loro pelle, i loro sguardi divampavano. Erano convinti di avermi tra le mani, di avermi sedotta con le loro chiacchiere ardite. Pensavano che bastasse quel loro fuoco per farmi capitolare. Ma ero io a orchestrare tutto, a guidarli verso la mia melodia
Arretrai di un minuscolo passo, creando spazio, ma il mio sorriso non vacillò, anzi, si fece più languido.
"Ragazzi, siete affascinanti. E molto, molto... impazienti" pronunciai lentamente, permettendo al mio sguardo di soffermarsi appena sui contorni tesi sotto i loro boxer, prima di risalire con deliberata lentezza verso i loro occhi infuocati. "Ma la vostra energia, per quanto lodevole, va incanalata con saggezza. E la pazienza, ricordatelo, è una virtù che riserva sempre grandi premi."
Il biondo, la voce un ringhio sommesso, tentò la sua ultima, audace carta. "Non siamo qui per la pazienza, signora. Siamo qui per... bruciare le tappe. Non le faremo perdere neanche un istante." Una risata profonda mi scosse, una risata che sapeva di dominio, mentre percepivo quanto li stessi stremando, portandoli al limite.
"Oh, io non perdo mai tempo, ragazzi. Semplicemente, a volte, mi delizio del percorso." Poi, con un gesto fluido ed elegante, quasi una carezza all'aria, recuperai la mia borsa dalla sabbia.
"È stato un vero piacere scambiare due chiacchiere. Ma ora, purtroppo, devo proprio andare. Ho degli impegni... inderogabili."
Sui loro volti si disegnò per un attimo la delusione, prontamente sostituita da una nuova scintilla di speranza, quasi fame. Il riccioluto si fece audace, la voce un sussurro che bruciava: "Impegni? Ma non potrebbe combinare l'utile al dilettevole, signora? Siamo esperti nel rendere gli impegni... memorabili." Scossi la testa, un velo di finta malinconia sul viso, ma gli occhi che promettevano.
"Forse un'altra volta, ragazzi. Siete stati davvero... convincenti. Ricordate il mio sorriso. E chissà, un giorno, avrete la fortuna di ammirarlo da molto, molto più vicino."
Ho lanciato un ultimo sguardo a ciascuno di loro, un'occhiata che prometteva tutto e niente, lasciandoli lì, col desiderio che li divorava. Stavo per allontanarmi, così, senza un perché, solo per il gusto di lasciarli a bocca asciutta.
Marco mi accarezzò i capelli, il suo sguardo curioso. "E allora, tesoro," disse, la sua voce un sussurro che mi solleticava l'orecchio. "Perché sei andata via? Sembrava... un peccato sprecare l'occasione."
Mi staccai leggermente da lui, appoggiando il gomito sul cuscino e girandomi per guardarlo in faccia. Un sorriso sornione mi spuntò sulle labbra. "Oh, Marco , non è la destinazione che conta, a volte, ma il viaggio, no? E il viaggio con quei tre era... promettente. Li stavo facendo impazzire, è vero. E mi è piaciuto. Un sacco. Vedere i loro occhi bruciare, le loro bocche che cercavano le parole giuste per sedurmi, i loro corpi tesi sotto i costumi... era come avere tre cuccioli affamati che aspettano la pappa. E io ero lì, con la ciotola piena, ma senza darla. Almeno non subito."
Marco mi guardava, con un luccichio divertito negli occhi. "E perché non subito? Un'occasione così... appetitosa."
"Perché il gioco, Marco , è la parte migliore. La caccia. L'attesa. Il desiderio che cresce, che ti divora." Feci una piccola pausa, quasi assaporando le parole, poi continuai: "A volte, le cose migliori vengono quando meno te le aspetti... o quando qualcuno te le rovina, e poi devi rimediare."
Marco mi strinse più forte, il suo respiro caldo sul mio collo. "Lo so che c'è di più, tesoro. E ti conosco. Quei tre ti hanno fatto eccitare, non negarlo. Quei corpi giovani, la loro sfrontatezza... Avresti voluto portarli tutti e tre nella tua stanza d'hotel, non è vero? Averli lì, nudi, che ti supplicavano, che ti dimostravano quanto ti desideravano."
Mi voltai completamente verso di lui, i miei occhi che brillavano nella penombra. "E se anche fosse? Se avessi voluto portarli con me? C'è forse qualcosa di male nel desiderare ciò che è... invitante? Quei ragazzi... oh, avevano un'energia, una vitalità che mi faceva sentire ancora più viva. Avrei potuto fare con loro qualsiasi cosa avessi voluto. Vederli l'uno contro l'altro per me, per un mio sorriso... era una tentazione forte, lo ammetto. La stanza d'hotel era vicina, e la fantasia di quei tre corpi che mi aspettavano, pronti a fare qualsiasi cosa per la 'signora' che li aveva fatti impazzire, era... allettante. Molto allettante."
Gli accarezzai la guancia, il mio dito che tracciava il contorno della sua mascella.
"Ma come ti ho detto, a volte il piacere sta nel non dare. Nel farli bruciare, nel lasciarli con l'acquolina in bocca. E poi, sai, la suspense è importante, no? Lasciare che la loro immaginazione facesse il resto. C'è un'arte nel rendere gli uomini schiavi del tuo desiderio, senza dover muovere un dito. E io, mio caro, sono una maestra in quell'arte."
Marco mi guardò, il suo sorriso sornione. "E l'hai gestita magnificamente, tesoro."
Lui si mise a sedere, il suo sguardo penetrante che cercava il mio. "Quindi, so che ti sarebbe piaciuto anche approfondire, raccontami la fantasia. Dimmi, Cristina , cosa avresti fatto con quei tre nella tua stanza d'hotel? Non nascondermi nulla, tesoro. Voglio sentire ogni... singolo dettaglio. Li avresti fatti spogliare? Li avresti messi in competizione per te?"
Mi stesi sul divano tra le sue gambe, lo sguardo fisso su di lui, e lasciai che le mie dita accarezzassero l'interno della sua coscia, risalendo lentamente. Sentii la sua reazione immediata, il suo respiro farsi più affannoso.
Poi, con un gesto esperto, sfilai il suo membro dai boxer, lasciandolo libero, pulsante, tra le mie dita. Iniziai ad accarezzarlo dolcemente, mentre la mia voce si faceva un sussurro caldo, quasi un incantesimo.
"La stanza d'hotel, Marco ," iniziai. "Sì, li avrei voluti lì, tutti e tre. Li avrei fatti entrare, uno per uno, magari con un pretesto qualsiasi. Li avrei fatti sedere, distanti, in attesa. Avrei indossato qualcosa di leggero, magari una sottoveste di seta, che lasciasse intravedere senza svelare del tutto, oppure semplicemente il copricostume bianco che fa risaltare il bikini rosso. Il tessuto mi avrebbe accarezzato la pelle, un leggero attrito che avrebbe amplificato la loro attesa. E avrei giocato con loro, con le parole, con gli sguardi. Avrei detto loro quanto erano stati coraggiosi in spiaggia, quanto mi avevano colpita con la loro sfrontatezza. E poi, avrei cominciato a stuzzicarli, a turno."
Le mie dita si strinsero un po' di più sul suo membro, facendolo fremere.
"Avrei iniziato con il riccioluto, il più audace. Gli avrei chiesto se era davvero così sicuro di poter mantenere tutte le sue promesse. Se la sua sostanza era all'altezza delle sue parole. Mentre gli parlavo, il mio sguardo sarebbe sceso lentamente sul rigonfiamento nei suoi pantaloncini da bagno, percependo la tensione che si accumulava nel suo corpo. Avrei sentito la sua pelle tendersi, i muscoli delle sue cosce contrarsi quasi impercettibilmente. E poi, mi sarei avvicinata al biondo, quello con il sorriso da canaglia. Gli avrei sfiorato il petto con la punta delle dita, quasi per sbaglio, sentendo il calore della sua pelle abbronzata, la durezza dei suoi pettorali. Gli avrei chiesto se la sua energia era davvero inesauribile, o se si stancava facilmente. Il suo respiro sarebbe diventato più affannoso, il suo odore, un misto di sale marino e desiderio, avrebbe riempito le mie narici. E infine, sarei arrivata a quello più timido, quello degli occhi intensi. Gli avrei sussurrato quanto ero curiosa di scoprire tutti i suoi segreti, di vedere se il suo silenzio nascondeva la vera passione. La mia mano avrebbe sfiorato la sua, percependone il leggero tremore, la scossa elettrica che avrebbe attraversato il suo corpo, mentre i miei occhi incontravano i suoi, senza scuse."
Presi un profondo respiro, sentendo il calore emanare dal suo corpo, presi una pausa nel raccontare per dedicarmi un po´ al suo membro eretto, poi continuai
"Li avrei fatti competere per me, Marco . Li avrei osservati mentre si sfidavano con lo sguardo, con le parole, ognuno cercando di dimostrare di essere il più degno del mio desiderio. Forse li avrei fatti spogliare, lentamente, pezzo per pezzo, osservando ogni muscolo, ogni linea. La vista dei loro corpi giovani e tesi, la pelle liscia che si rivelava sotto gli indumenti, avrebbe stimolato ogni mio senso. Avrei voluto vedere chi sarebbe crollato per primo, chi si sarebbe inginocchiato per chiedermi di più. Avrei assaporato ogni loro respiro affannoso, ogni goccia di sudore che sarebbe scivolata lungo i loro addominali scolpiti. Avrei voluto sentirli imprecare, supplicare, perdere il controllo per me. Il suono dei loro gemiti, i loro sussurri rauco di desiderio, sarebbero stati musica per le mie orecchie. E solo allora, quando fossero stati al culmine della loro eccitazione, li avrei fatti aspettare. Ancora. Per godermi fino in fondo il loro tormento."
Il mio sguardo tornò su di lui, gli occhi ardenti.
"E poi, avrei scelto. Forse uno per iniziare, il più sfacciato, per metterlo subito alla prova. L'avrei fatto inginocchiare davanti a me, e gli avrei permesso di baciarmi le gambe, risalendo lentamente. Avrei voluto sentire la sua lingua calda e umida sulla mia pelle, risalire lentamente lungo la coscia, fermarsi... e poi avventurarsi, decisa, tra le mie labbra, un gemito soffocato che saliva dalla sua gola mentre la sua eccitazione cresceva, palpabile, quasi un ronzio nell'aria. E mentre lui era lì, gli altri due avrebbero dovuto guardare, con le mani dietro la schiena, magari, o semplicemente inibiti dal mio sguardo. Avrei voluto che sentissero la frustrazione, il desiderio bruciante, la gelosia che li consumava. Avrei quasi potuto percepire il calore dei loro sguardi su di me, il battito accelerato dei loro cuori a distanza."
La mia presa sul suo membro si fece più ferma, i miei pollici che accarezzavano la punta.
“Dopo, avrei potuto chiamare il secondo. L'avrei fatto inginocchiare ai piedi del letto, la testa reclinata all'indietro, il collo teso e lo sguardo famelico fisso su di me arretrando lentamente. Mi sfilerei il costume con movimenti studiati, ogni gesto una promessa, il bikini a triangolo facendolo scivolare via con una lentezza esasperante.
Slaccerei il laccetto dietro al collo, le mie dita indugiarono un istante sulla nuca prima di sciogliere il nodo. Le coppe del reggiseno si aprirebbero lentamente, una rivelazione quasi dolorosa che avrebbe scoperto il seno, invitando i suoi occhi a perdersi in ogni curva, ogni ombra. Sentirei il suo respiro farsi più profondo, un gemito strozzato nella gola, mentre il suo sguardo si incollava, bruciante, alle mie forme appena svelate.
Poi, con un gesto altrettanto calcolato, le mie mani scenderebbero ad accarezzare i fianchi mentre scioglierei i nodi laterali dello slip. Sentirei il tessuto scivolare lungo le cosce, una carezza lenta e provocante, prima che cadrebbero a terra, lasciandomi completamente esposta alla sua adorazione. Ogni indumento che cade avrebbe rivelato un frammento della mia pelle, e ogni centimetro esposto avrebbe amplificato il suo respiro affannoso. Avrei visto i suoi occhi bruciare, seguendo ogni curva, ogni ombra, mentre il suo corpo intero rispondeva, teso come una corda di violino, in un misto di desiderio acuto e vulnerabilità. Sarei salita sul letto, muovendomi con grazia felina, il corpo che vibrava appena, invitandolo a non distogliere lo sguardo, a sentire il mio profumo nell'aria, a immaginare la dolce agonia di ciò che sarebbe potuto accadere dopo. Il potere era nelle mie mani, nel mio silenzio, nella promessa implicita di un piacere che era solo mio concedere.
“E il terzo? “
“Oh, lui sarebbe stato il mio premio finale. L'avrei tenuto per ultimo, per spremerlo fino all'ultima goccia. Gli avrei fatto leccare le mie labbra, le mie dita, assaporando ogni centimetro del mio corpo. La sua lingua ruvida e calda avrebbe esplorato ogni curva, ogni anfratto, lasciando una scia di brividi. Avrei usato la sua bocca, la sua lingua, per pulirmi, per rendere la sua sottomissione completa.
E poi, con un solo sguardo, un'occhiata che pesava come un'ancora nel loro desiderio, avrei impresso in loro il mio volere: li avrei fatti baciare. Non per l'amore, ma per la mia pura e insaziabile delizia, per testare i limiti della loro sottomissione. Avrei assaporato ogni sfumatura sui loro volti, la vergogna dipinta nelle guance che si infiammavano, la lotta visibile negli spasmi dei muscoli mascellari, mentre il desiderio bruciava nei loro occhi sbarrati. Una battaglia interiore che avrebbero perso, inevitabilmente, di fronte alla mia assoluta volontà. E solo allora, quando fossero stati al culmine della loro eccitazione, quando il loro fiato si fosse fatto corto e i loro corpi avessero iniziato a tremare, avrei permesso ai miei desideri di farsi carne. Li avrei presi, uno dopo l'altro, o forse tutti insieme, in un turbine di corpi e di pelle bagnata di sudore, che schioccava al contatto, i gemiti a riempire la stanza come un'orchestra proibita.
Li avrei cavalcati, stretti fino a farli ansimare, spinti fino al limite, prendendomi ogni singola goccia di piacere che potevano darmi. Il contatto della loro pelle incandescente contro la mia, il sapore salmastro del loro sudore sulle mie labbra, la sensazione dei loro muscoli che si flettevano e si tendevano come corde sotto il mio peso, sarebbe stato un'onda, un'onda sferzante, inesorabile, di puro piacere. Poi, il momento in cui i loro corpi avrebbero avvolto il mio, la pressione profonda, simultanea, dei loro bacini contro il mio. Avrei sentito il mio corpo aprirsi, accoglierli, dilatarsi e pulsare, una sensazione di pienezza e di espansione che mi avrebbe tolto il respiro. Ogni spinta, ogni affondo, sarebbe stata un fulmine liquido che si propagava dal mio centro, un'onda di calore che si irradiava, bruciando in ogni singolo nervo. Le loro mani, graffiando dolcemente sui miei fianchi, affondando nelle mie cosce, avrebbero intensificato la sensazione di essere completamente circondata, posseduta in un modo crudo, primordiale, quasi animale. Il mio clitoride, sensibile e gonfio, avrebbe vibrato sotto ogni frizione, trasformando il piacere in un'agonia dolce, un bisogno irrefrenabile che mi strappava gemiti dal profondo del petto.
Li avrei fatti urlare il mio nome, supplicarmi, mendicare ancora anche quando la loro voce si sarebbe fatta rauca e i loro corpi avrebbero minacciato di cedere. Il suono roco delle loro voci, imploranti e cariche di estasi, avrebbe risuonato, vibrato nelle mie orecchie come la più dolce delle melodie, un coro di sottomissione e appagamento. Poi, per finire, avrei potuto mettermi sopra uno di loro, lasciando che gli altri due mi guardassero, i loro occhi fissi sulla scena, bruciando di invidia e desiderio. Le mie mani si sarebbero strette con forza sui fianchi di quello sotto di me, e avrei spinto, spinto, spinto, finché non avesse urlato dal piacere, e il suo seme non mi avesse bagnata, caldo e denso sulla mia pelle. Avrei sentito il suo corpo tremare, la sua schiena inarcarsi, il suo respiro diventare un rantolo di puro godimento, e il caldo, denso, liquido maschile spruzzarmi addosso, una vera e propria consacrazione, un sigillo di possessione. Avrei potuto chiedere agli altri due di pulirmi, di leccare via ogni goccia, per la mia gratificazione, sentendo il loro desiderio umile e famelico. E poi, avrei potuto fare lo stesso con gli altri, o avrei potuto lasciarli lì, in uno stato di pura estasi e frustrazione, esausti, ma felici di essere stati miei, anche solo per una notte. Avrebbero saputo cosa significava volare... e cadere. E avrebbero ricordato per sempre la 'signora' che li aveva fatti impazzire, la donna che aveva danzato sulla linea sottile tra piacere e dominio. Questa era la mia fantasia, tesoro. Un assaggio di quello che avrei potuto fare." Gli dissi, sempre senza smettere di stimolarlo con la mano.
Un silenzio denso calò nella stanza, e io, con un sorriso enigmatico, mi sporsi leggermente in avanti, i miei occhi che brillavano di un'intensità quasi febbrile. Il mio sguardo, posato su Marco , era una domanda senza parole, una sfida celata. "E adesso," sussurrai, la voce roca e piena di un'implicita promessa, "adesso cosa vorresti tu?"
Lui mi fissò, la gola secca, il cuore che gli batteva forte nel petto. Non c'era esitazione nella sua voce quando rispose, le parole che gli sgorgavano sincere e inaspettate. "Sono innamorato," disse, la voce appena un sussurro, ma carica di emozione. "Innamorato della tua sensualità, della tua libertà sessuale, di te." Poi, la sua voce si fece più profonda, un'implorazione carica di desiderio. "Finiscimi nel modo che preferisci. Nel modo in cui mi hai finito la prima volta. Con la tua bocca."
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