Coppia Inattesa cap 2

di
genere
etero


Salve a tutti! Ecco il secondo capitolo del racconto sperando di fare cosa gradita.
Ho tentato di farlo un po' più articolato e sarà meno caliente dal punto di vista erotico.
Detto questo buona lettura.
Qualunque suggerimento è bene accetto.



Dopo quanto accaduto la volta scorsa con Claudia, Davide voleva fare le cose con la massima cautela. Anche perché era un passo molto importante, soprattutto per lei. La mamma di Claudia, però, li aveva beccati: cosa non così strana visto che quel giorno non erano stati affatto silenziosi nelle loro effusioni. E si mise di traverso: neanche tanto velatamente.
La signora Renata era una casalinga, quasi 37enne, che usciva poche volte. Quando Davide andava a trovare Claudia non li lasciava mai soli, se si chiudevano nella sua camera, s'infilava con la scusa che doveva pulire il bagno, che era attiguo alla stanza. In sostanza gli stava addosso, come una sorta di guardiano; e per fortuna che non era armata.
Se uscivano voleva sempre sapere dove sarebbero andati, e dava a Claudia un orario stringente.
Davide non riusciva a crederci: quella lo sapeva che erano entrambi maggiorenni ormai?
Claudia obbediva in silenzio, del resto non era mai stata una ribelle, e non voleva litigare con sua madre. Bastò che una sola volta non rispettassero gli orari dati dalla donna, tra l'altro per una questione di traffico dovuto ad un incidente stradale, quindi non era certo colpa loro. Alla Signora non importò. Pretese di parlare con sua madre.
Era venuta a casa loro. Espressione piuttosto severa.
“Maria.” Chiamò sua madre per nome, le due erano sempre state amiche. Quindi il rispetto c'era, ma le sue parole furono comunque pesanti.
“Non voglio che tuo figlio esca ancora con la mia Claudia. Capito?”
La madre di Davide annuì senza dire molto altro. Il ragazzo dal divano osservava, in silenzio, le due donne mentre erano sedute sul tavolo in legno circolare, posto in salone, davanti l'angolo cottura.
“Mia figlia non si è ancora ripresa dalla delusione tremenda che l'ha fatta soffrire in questi mesi. L'ho so solo io quello che ha passato e quello che sta ancora passando. Perciò tieni lontano tuo figlio, se non vuoi che chiami i Carabinieri.”
“Guarda che io non le farei mai del male!” Replicò con voce alta Davide. Non sopportava tanto astio.
“Sto parlando io. Ok?” Fece la madre fissandolo negli occhi e quasi gelandolo con lo sguardo. Davide sentì un brivido alla schiena, non era da lei un simile comportamento.
“Tranquilla Renata. Ci penso io a mio figlio. Tu, però, non alzare troppo i toni. Davide non è un criminale.”
“Chiedo scusa. Ma è stato più forte di me.”
Secondo Davide era tutt'altro che rilassata la donna, ma alla fine sua madre la invitò ad andare via, rassicurandola di nuovo.
Chiusa la porta si rassettò meglio i capelli lunghi e neri. Si voltò i suoi occhi grandi e neri, lo fissarono con espressione sorridente e comprensiva.
“Davide non devi sentirti minacciato. La povera Renata vuole solo essere sicura che sua figlia non faccia un'altra scelta sbagliata, non te la devi prendere. Tu, da quello che ho capito, sei l'unico ragazzo che ancora le gira intorno. Sta semplicemente difendendo sua figlia.”
“Capisco Ma.” Fece Davide con un certo furore. Quella storia non gli piaceva per nulla. “E io allora non ho sofferto secondo lei?”
La madre dopo essersi avvicinata gli prese la testa tra le mani calde, accarezzandogli amorevolmente le guancie.
“Renata non è il genere di madre cui interessano i figli degli altri. Pensa ai suoi e basta. E bisogna capirla, suo marito fa un lavoro che lo costringe a viaggiare spesso, quelle volte che sta a casa si riposa. Renata ha cresciuto sua figlia praticamente da sola: è la cosa più impotante per lei e difenderà sempre Claudia."
In sostanza non gliene fregava niente di lui.
La madre intanto cercò di rincuorarlo.
“Non la devi prendere come una cosa personale. Devi avere un po' di pazienza. Renata non è stupida e sa bene che non può confinare la figlia dentro casa, o tenerla al riparo dalle relazioni. Quando riterrà Claudia pronta la lascerà andare. Cerca di avere pazienza.”
Le parole della madre furono un toccasana per Davide, il ragazzo cercò di ragionare in maniera un minimo costruttiva: dopottutto mettersi in rotta di collisione con Renata non sarebbe stato una grande furbata. E poi Claudia adorava la madre, quindi era necessario farla calmare per bene, altrimenti avrebbe potuto perdere il suo rapporto con l'amica.
“Vogliamo fare una merendina?” Chiese sua madre, già sapendo che tanto avrebbe accettato. Gli aprì un gelato di frutta di bosco e panna e glielo porse col cucchiaino.
Davide mangiò un paio di bocconi, il fresco lo rigenerò abbastanza.
“Non fraintendere Davi. A me fa piacere vederti tornare ad uscire, muoverti la sera e rimetterti in sesto. E vederti frequentare una brava ragazza come Claudia non mi dispiace affatto. Sicuramente meglio di Sabrina che, come ti avevo detto più volte, non era affatto seria. E anche il tuo grande amico Simone non mi aveva mai convinto.”
Lo disse in maniera piuttosto trionfante, ma Davide non replicò nulla. Anche perché aveva ragione.
Alla fine decise di lasciare stare Claudia e concentrarsi su altro.

Passata quella fottuta estate, Davide, lavorava da un paio di mesi, così, giusto per capire il signifcato del lavoro, decidendo in quel senso, di fare il pendolare, usando l'autobus per arrivare alla bottega di suo zio. Quest'ultimo faceva il tappezziere e gli serviva un aiuto. Davide concentrò pareccia energia in quello che faceva. Dallo smontare divani e sedie, a dare una mano ai lavori a domicilio. Suo zio era una persona molto alla mano, sapeva andare d'accordo con tutti.
Fu lavorando con lui che conobbe diverse parti di Roma: gli interventi casalinghi potevano andare dal portare via sedie e poltrone a cui rifare l'imbottitura, togliere e rimontare tende dopo averle riassettate, oppure imbottire le pareti per insonorizzazione, soprattutto nei palazzi più nuovi.
Oltre a coppie di anziani, oppure a casalinghe, c'erano anche parecchi appartamenti affittati a studenti. Uno di quelli, dove avevano lavorato qualche ora circa per un'intera settimana, era abitato solo da studentesse.
Si trattava di sistemare alcuni tendaggi abbastanza vecchi, com'era vecchiotto tutto l'appartamento in realtà, ma le ragazze ci vivevano tranquillamente.
Davide rimase piuttosto ammirato da una di loro, una simpatica ragazza biondina, con occhietti blu, sempre molto riservata, si assicurava sempre di chiudere la sua stanza a chiave. Dato che c'erano si occuparono anche di sostituire il tessuto del salone insonorizzato. Lei si recava alla facoltà abbastanza tardi quindi, era sempre presente quando lavoravano: una presenza molto simpatica, a modo suo. Tra una risata e l'altra gli fece capire che le altre due ragazze, una abbruzzese e l'altra milanese, non avevano grande fiducia nel genere umano, e quindi, avevano scelto a sorte, lei doveva tenerli d'occhio mentre lavoravano.
Anche se più che tenerli d'occhio, lei rimaneva seduta sul divanetto a studiare libri di storia del Cinema. Il corso Universitario che stava seguendo, di cui era al secondo anno. Qualche chiacchiera se la concedeva sempre.
Fisicamente era piuttosto longilinea e ben messa, anche se indossava sempre pantaloni della tuta larghi, con una maglietta a maniche corte, quasi sempre con una sobria scollatura.
Anche se non sembrava era di origine siciliana, e si era trasferita a Roma da una decina d'anni, da molto piccola. Ora aveva 24 anni, ci viveva proprio in città, non era lì solo per studiare. A Davide fece piacere sentire questa cosa, pur non capendo la motivazione. Quella ragazza gli era simpatica, parlavano in tranquillità: l'argomento del cinema lui lo adorava, peccato che fosse troppo giovane per lei.
Tra l'altro indossava un'anellino d'oro con un brillante sull'annullare sinistro, aveva tutta l'aria di essere un regalo di fidanzamento.
Cosa abbastanza ovvia, vista la sua avvenenza, pensò Davide. Perché accidenti era tanto fissato con una persona che, ultimati i lavori, non avrebbe più visto?
Quel venerdì mattina, era finito tutto, suo Zio aveva concluso il lavoro, facendo tutto per bene. Michela, questo era il nome della biondina, rimase parecchio ammirata e pagò quanto pattuito.
Li salutò.
Dopo essere scesi, e aver sistemato tutto nella macchina.
"Davide per quanto farai il muso lungo? Ancora?"
Era piuttosto ironico suo zio.
"Perché dovrei essere triste?"
Lui si mise a ridere. "Ho visto come la guardavi. E se io me ne sono accorto, stai certo che se ne è accorta anche lei"
"Tanto sarà fidanzata una così"
Lo fissò con quei suoi occhioni neri, lo stesso sguardo di Davide.
Lui e suo padre si somigliavano tanto.
"Quando ero più giovane, alla tua età, anch'io e tuo padre ci facevano questi problemi. All'epoca era molto diverso: non ci rendevano la vita semplice.
Nostro padre, tuo nonno, per spronarci ci fece questo discorso: lo sapete che spesso sono le donne più attraenti quelle che la sera dormono sole, invece di quelle accompagnate? Questo perché quelli come voi pensano, colpevolmente, che tanto sono già tutte occupate, e quindi è inutile farsi sotto. Invece quelli che cercano sono proprio le persone come voi alla fine"
Davide comprese abbastanza bene quel discorso. Una sorta di Carpe Diem anche se più articolato.
"A proposito. Mi sa che abbiamo dimenticato una delle cassette di attrezzi. Quella più piccola. Vai a prenderla dai"
Concluse facendo un'occhiolino.
Davide non si fece certo pregare. Anzi.
Arrivato all'appartamento, suonò diverse volte, senza ricevere risposta. Possibile che fosse già uscita? Poteva diventare un problema, quella cassetta gli serviva.
Dopo il quarto suono di campanello stava per rinunciare.
"Chi è?" la voce di Michela. Per fortuna.
"Sono io. Scusa ma abbiamo lasciato qui una cassetta, sono venuto a riprenderla"
"Il nipote del Tappezziere?"
La porta si aprì. Davide vide lei attraverso l'affacciarsi, col suo occhietto blu vispo.
"Devi scusarmi se non ti ho risposto subito, ma... Ero sotto la doccia"
Aprì ulteriormente la porta di casa, rimanendo attaccata alla parete vicino l'apertura. Davide entrò, e poi lei subito chiuse.
"Sono tutta bagnata dalla testa ai piedi"
Davide sentendo quelle parole avvertì un brivido che lo scosse. Forse stava scherzando? La sua curiosità, mescolata ad una leggera eccitazione, lo fece voltare.
Sgranò gli occhi.
I piedi nudi sul pavimento, gambe snelle e tornite, con goccioline che scendevano lente sulla pelle liscia.
Non poteva crederci.
Delle mutandine che sembravano trasparenti, aderivano sul bacino come una seconda pelle: il monte di venere e la peluria bionda erano fin troppo visibili.
Occhi infossati mentre il cuore gli batteva a mille.
Anche la maglietta che si infilata per vedere chi era, oltre ad essere corta, si intravedevano fin troppo bene i seni, belli tondi e gonfi coi capezzoli inturgiditi che svettavano attraverso il tessuto.
Troppe volte se li era immaginati, studiandone la forma: sembravano almeno una quarta scarsa, le aveva davvero grandi nonostante fosse così magra. La voglia di toccarli era forte, di sentirne la morbidezza nel tatto.
Ad certo punto lei schioccò come se cercasse di liberarlo da un'ipnosi che non c'era.
Davide spostò gli occhi verso il grazioso visetto contornato da capelli bagnati. Osservando l'espressione del viso non avrebbe saputo dire se fosse imbarazzata.
Davide ripensò veloce a quello che aveva detto lo Zio.
Decidendo di buttarsi.
"Scusa è che sono folgorato dalla tua incredibile bellezza!"
Lo disse con tutta l'onestà di cui poteva essere capace.
Michela rimase sorpresa da quel complimento improvviso.
Poi rise. Una risata semplice, non certo di scherno.
"Addirittura?" Fece aggrottando le sopracciglia. "Voi uomini diventate tutti poetici quando vedete una donna nuda"
"Guarda che sto dicendo seriamente Michela! Sei una ragazza davvero stupenda e mi piacerebbe molto uscire con te una volta"
Michela rise, sembrava quasi un canto suadente di un piccolo angelo. Davide quasi rimase conquistato.
"Vai sul pesante tu, eh? Facciamo che oggi hai avuto una piccola mancia. La cassetta che cerchi è nel bagno. Puoi prenderla, e non far aspettare tuo Zio. Tanto lui ha il tuo numero di cellulare giusto?"
Davide assentì, senza staccarle gli occhi dai suoi.
"Non ti prometto nulla. Settimana prossima, dopo che avrò dato l'esame per il quale sto studiando, magari ci penso"
Lo disse, espressione furba da schiaffi. Con le mani si era coperta, come poteva, le parti intime.
Rimaneva davvero uno schianto di ragazza.
Tuttavia si diede una mossa. La scatola era dove aveva detto. La recuperò e poi uscì, passando un ultima volta vicino a lei. Dando un'ultima occhiata a quelle gambe, lisce, i fianchi pronunciati, ventre piatto, i seni tenuti ben poco nascosti dalla sua mano destra, e poi il suo volto su cui aleggiavano imbarazzo e furbizia.
Lei lo salutò e chiuse la porta.
Davide era davvero finito in una situazione assurda. Non sapeva bene come prenderla. Da un lato le voglie selvaggie, che la bella siciliana era stata capace di scatenare, volevano rivederla a tutti i costi. Dall'altro il suo lato più pensieroso e pacato, lo portava a chiedersi se l'avrebbe mai rivista.
Allo zio disse solo che aveva provato ad invitarla fuori e lui si congratulò.
Davide non riuscì a pensare a quella ragazza per tutta la settimana. Dedicandole anche qualche sega.
Alla fine non si fece più sentire.
Peccato, si disse Davide. Un vero peccato.
Lui alla fine non aveva nulla da rimproverarsi.

Intanto, le settimane passaro. Giunto ottobre, in piena ottobrata Romana, come tutti gli anni, faceva fresco, ma l'inverno tardava ad arrivare.
Davide ancora riusciva a sudare. Tornava sempre a casa sporco e puzzolente.
Era un pomeriggio grigio, mentre lui aveva appena finito di togliere l'imbottitutra alla sedia. Tra uno starnuto e l'altro. L'interno era abbastanza largo e spazioso con diversi divani e cuscini. L'ingresso era aperto a tutti i clienti a quell'ora. Davide mise giù le cesoglie, i cacciavite e tutti gli altri attrezzi.
Si stava riprendendo, bevendo una bottiglia d'acqua.
L'ingresso si aprì. Vide comparire una figura che…
Quasi ci rimase.
Vestita con una giacca a vento di pelle, capelli più lunghi di quanto ricordasse, pettinati con la riga a destra, a coprirle la fronte c'era una piccola frangetta castana. Blu jeans larghi, con scarpe da ginnastica bianche.
“Ciao.” Fece sorridendo. “Ho dovuto faticare per riuscire a trovarti.”
“Claudia!”
Era proprio lei.
Sorridente e leggiadra.

Continua.
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2025-04-27
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