Il figlio del mio migliore amico

di
genere
gay

Tutto ciò avrebbe dell’incredibile se non fosse che è una storia vera. Alla veneranda età di cinquant’anni la mia passione principale è diventata incontrare dei ragazzi dai 18 ai 23 anni a casa mia per delle serate di sesso. Non dico che è facile andare a caccia di ragazzi ma quando qualcuno cade nella mia rete mi ricompensa di tutte le fatiche.
Uso una chat di incontri, non posso dire quale per non avere concorrenti. Non metto la foto del viso, ma soltanto parte del mio petto villoso e un capezzolo turgido in bella vista. Non m'interessa neanche chi dice che non risponde a chi non mostra la faccia. Sono piuttosto esplicito e determinato e questo comportamento noto che è molto apprezzato soprattutto dalle nuove generazioni.
Tant’è che non dico di avere molto successo ma sono molto soddisfatto in contatto. Tutto questo almeno fino a qualche mese fa, poi tutto è cambiato.
Il ragazzo con cui inizio a chattare mi scrive che ha 19 anni. Gli dico che prima di farlo entrare gli chiederò la carta d’identità.
Noto che è timido, mi risponde a singhiozzo e perde tempo tra una risposta e l'altra. Questo fa parte del gioco. E io da bravo giocatore mi presto al gioco. Questo loro indugiare mi eccita, mi fa venire una erezione granitica, che ai miei coetanei di 50 anni, tutti sposati con figli adolescenti non viene. Ovviamente mentre chatto mi masturbo vigorosamente, mi perdo nell’immaginarlo qui da me che soddisfa ogni mio desiderio mentre è lì a casa distante chissà quanto. Immagino che anche lui si tocchi e glielo scrivo per entrare sempre più in intimità.
Poi arriva la domanda che mi aspetto.
«Hai foto?».
Certo che ho foto. Le ho già ben preparate nella mia galleria e glieli invio. Foto del mio pene turgido, della peluria che avvolge gran parte del mio corpo, spalle comprese. Il ragazzo apprezza e corrisponde. Mi invia le foto del suo magnifico didietro bianco-latte, con il buchetto rosso scuro. Su quelle foto accelero a masturbarmi. Immagino già di leccarglielo fino allo sfinimento. Mi invia anche la foto del suo pisello.
È messo bene il maialino!
A vista sembra anche più lungo del mio. Mi piace prendere i ragazzi ben dotati. Fa parte di una delle mie fantasie erotiche.
Dopo esser venuto con lo smartphone in mano, gli confesso quello che ho fatto. Anche lui mi dice che si sta toccando e che è già venuto una prima volta, sulle mie foto.
È fatta! Dico tra me e me. Sono sul punto di dirgli di venire a casa mia quando lui mi chiede la foto del viso. Sono un po’ restio, in quanto sono sposato e padre di due figlie. Gli dico di no. Sono categorico, preferisco incontrare di persona. Ho un appartamentino in una parte della città sfitto che si presta ai miei incontri occasionali. Gli do appuntamento lì, già per il weekend. Come sempre prendo la scusa di andare allo stadio a vedere la partita e invece prendo tutt’altra strada. Entro nell’appartamento apro le finestre per far uscire l’odore di chiuso e accendo dell’incenso. Accendo anche i riscaldamenti, è primavera ma fa un po’ freschino. Poi faccio una doccia e mi lavo per bene il pisello e le palle, fantasticando su quello che gli farò fare. Esco dalla doccia che è quasi ora del nostro appuntamento. Suona il campanello e mi risponde una voce timida. «Terzo piano» rispondo. Sento salire l’ascensore e apro il portone. Il cuore mi salta in gola. Sono sconvolto. Tanto da non riuscire a dire una parola. Anche lui in un primo momento rimane paralizzato.
«Elia» dico turbato, «cosa ci fai qui?»
«Ciao Vittorio» risponde lui. L’imbarazzo è forte. Quando però sento che il mio dirimpettaio sta uscendo di casa lo tiro dentro l’appartamento. Nella foga mi si apre l’accappatoio e mostro tutto il mio repertorio che lui sembra apprezzare. Va a sedersi sul divano mentre io sbrigativamente mi riallaccio l’accappatoio per coprirmi. «Tuo padre sa che sei qui?» dico con voce tremante.
«No» anche lui è impacciato, non sa in che direzione guardare.
Avrei voglia di dire che è tutto uno scherzo ma la bocca mi trema. Mi avvicino a lui. Mi accovaccio e gli metto le mani sulle ginocchia. «Scusami non sapevo che tu fossi…»
«Neanche io sapevo di te». In quel momento realizzo che non ho mai confessato a me stesso di avere delle tendenze omosessuali. Sono li a riflettere sulla mia condizione quando lui allunga la mano e l’infila nella fessura dell’accappatoio per raggiungere le mie parti intime. La reazione è meccanica. Lui asseconda la mia erezione masturbandomi prima lentamente poi sempre più concitato. Smetto di pensare a qualsiasi cosa.
Gli sfilo la felpa e i pantaloni della tuta scoprendo la sua erezione. E quell’enorme cazzo che mi aveva mandato in foto me lo ritrovo davanti. Così turgido. Così bianco. La cappella è rosso fuoco.
Faccio ciò che ancora non mi ero concesso di fare, glielo prendo in bocca. Quel sapore lievemente salato invade le mie papille gustative. Non mi concedo pensieri secondari, aspiro come tante volte altri hanno fatto a me. Lo faccio con maggiore foga. Siamo complici di questo delirio. Nessuno di noi due può tornare indietro. E quel ragazzo che ho sempre visto così timido, imbranato e avvezzo ai videogames tanto da impensierire il padre, me lo ritrovo a farmi godere come un animale. Con animalesca incoscienza passo a leccargli il buco ora pulsante e rosso tanto quanto la cappella. Lo sento allargarsi sempre di più. Lascio cadere l’accappatoio sul pavimento e gli entro dentro. Guardo i suoi occhi socchiusi mentre lo stantuffo con sempre più insistenza, osservo quei lineamenti tanto somiglianti al padre. Quel mio migliore amico che tanto ho desiderato fosse al posto dove si trova il figlio adesso.
scritto il
2025-04-23
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