Amazon Prime

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Mi sono decisa e poche settimane fa, subito dopo Capodanno, ho ordinato su Amazon Prime alcune pentole e padelle Barazzoni per sostituire le mie che ormai hanno fatto il loro tempo.
Da saggia casalinga (ma come ormai fanno molte!) prima sono andata a vedere dal vivo le pentole e le padelle in un centro commerciale in fondo a via dei Missaglia e poi, visto che online il prezzo era decisamente più conveniente nonostante sia periodo di saldi, ho chiuso l’ordine su Amazon Prime (consegnata gratuita entro 48 ore).
Un pacco decisamente pesante. “Non si preoccupi, signora! Glielo porto su io nel pomeriggio” mi ha detto con voce squillante e allegra Clemente, il custode del condominio, quando stamattina mi ha visto uscire per accompagnare un figlio a scuola e per fare alcune commissioni in centro città.
Quello stesso Clemente con il quale avevo allestito l’albero di Natale nell’androne di casa a Sant’Ambrogio e che, nell’occasione, prima aveva allungato le mani per non farmi cadere dalla scala mentre distribuivo lucine colorate e poi mi aveva guidato nel retro della portineria dove mi aveva fatta vivere piacevoli e non rinnovate esperienze.
Nei giorni successivi numerose erano state le occasioni di incontrarlo mentre uscivo o rientravo con mio marito o con un figlio. E tutte le volte tremavo al pensiero di quello che avrebbe potuto dire o fare. Ma invece era sempre stato perfetto accennando un rispettoso saluto e solo un paio di volte, sicuro di non essere visto, mi aveva sorriso e guardato con un lampo negli occhi.
Tutti i giorni quando ripensavo a quanto era successo avvampavo di vergogna e paura e tutti i giorni quando lo vedevo mentre distribuiva la posta nelle caselle o passava l’aspirapolvere sulla passatoia all’ingresso il cuore al galoppo e la mente in fiamme mi facevano rivivere quei minuti incredibili e splendidamente inattesi.
E ora sono qui, sola in casa. Eccitata come un’adolescente. Certa di saper dire di no alle sue richieste. Certa alla fine di cedere.
Suona il citofono. “Sono Clemente, signora. Se vuole le salgo il pacco” mi dice nel suo improbabile italiano.
Dopo pochi minuti è alla porta. Sorride, incerto se entrare o rimanere sulla soglia.
“Lo prende un caffè?” gli dico sapendo che sto firmando la mia condanna e il mio premio.
“Grazie, signora” e mi segue chiudendo la porta. Lo guido in cucina danzando con i fianchi nel voluto richiamo. Sento i suoi occhi seguire la danza.
Accendo la fida Nespresso e appena la luce rimane fissa inserisco la capsula. Roma, gusto intenso.
Lo sento dietro di me. Incollato.
Io sto un poco tremando. Ho caldo. So che sto di nuovo facendo quello che non voglio fare.
Lui appoggia la sua eccitazione al mio culo. Mi scosta i capelli. La lingua sul mio collo nudo. Il fiato caldo.
“Perché hai aspettato tanto, signora???”. Mi da ancora del lei e mi chiama signora per prendermi in giro?
Questa volta è più deciso e meno controllato. Sa di poterlo fare. La mano scivola subito sotto il golfino leggero, accarezza la pelle nuda del ventre. Sale e afferra con fare padrone il seno che subito scopre.
Le dita stringono forte il capezzolo che risponde obbediente. Chiudo gli occhi, socchiudo la bocca per il doloroso piacere.
“Allora lo vuoi?” mi dice con voce aspra e volgare. “Sta zitto” sussurro bugiarda.
Tengo le mani appoggiate al ripiano della cucina, lo stringono forte, le nocche bianche per la tensione. La testa reclinata sulla sua spalla offre il collo alla bocca, ai denti e alla lingua affamata.
La mano libera si insinua tra il bancone della cucina e il mio ventre. Alza senza ostacoli la gonna larga che ho indossato apposta per agevolare quelle manovre che ho sognato tutte le notti appena spenta la luce mentre mio marito già aveva il respiro pesante del primo sonno.
Scivola oltra l’elastico delle mutandine e, con movimenti ruvidi e insistiti, prende a giocare in mezzo all’umido pelo del pube. Sto perdendo di nuovo la testa, il delirio dei sensi.
Il golfino sollevato fino alle spalle, i seni nudi e liberati dalle coppe del reggiseno, i capezzoli duri come piccoli chiodi infuocati dalle sue dita.
Poi mi gira e mi spinge con forza contro il bancone, si china, prende in bocca un seno, lo lecca, lo morde, mi strappa un lamento. “Ti piace, eh, bella troia!!??” dice la sua voce soffocata contro la mia carne bagnata dalla sua saliva.
Afferro i suoi capelli neri, folti e sudati. Il respiro accelerato come il ritmo del cuore al galoppo.
Si abbassa e mi fa scivolare le mutandine, bianche e bagnate, lungo le cosce, mi solleva una gamba, poi l’altra, le toglie. Con il viso mi spalanca le cosce. La bocca e la lingua diventano padrone della mia figa incendiata e piena di miele che divora con rumori osceni e splendidamente sensuali.
Spingo in avanti il bacino per offrirmi a lui in una danza oscena con la sua bocca, labbra su labbra, saliva che si mescola ai miei umori copiosi. Il cervello in fiamme, il tempo corre veloce e sembra fermo, il rumore della strada si scioglie nel silenzio della cucina rotto soltanto dai miei ansiti. Lacrime di gioia e di piacere lungo le guance, brividi incessanti lungo la schiena sudata.
Quando sto per esplodere nell’orgasmo che monta, improvviso e inatteso mi abbandona. Mi lascia vuota, irrisolta e tremante. Torna a baciarmi in bocca, la lingua che gioca con la mia senza sosta.
Mi afferra la mano e la porta al suo ventre, sul cazzo duro e bagnato. La sua mano mi invita alla masturbazione. Non è un invito ma un ordine a cui obbedisco con mano decisa. Il dito sfiora e accarezza il glande nudo e pulsante. Lo voglio dentro di me.
Mi inginocchio, lo prendo in bocca, so che gli piace. Lo lecco, lo mordo, lo prendo fin dove riesco. La mano tra i capelli mi spinge fin quasi a violentarmi la gola. Sento pulsare le vene sul dorso dell’asta, mi riempio la mano del suo scroto bollente. Sta per godere nella mia bocca, ne avverto le prime contrazioni, sto per dargli piacere. Voglio assaporarlo fino all’ultima goccia.
Mi ferma.
Mi afferra per i capelli e mi fa alzare. Mi gira di nuovo con il ventre schiacciato con forza contro il bancone. Lo aiuto, abbasso la cerniera lampo e faccio cadere la gonna. Mi chino in avanti e mi offro a lui.
Ora mi spalanca i glutei, vuole prendermi dietro. Vuole poter dire che mi ha violata dovunque.
Appoggia la punta del cazzo e mi penetra con movimento lento e continuo. Lo sfintere si dilata, lo accoglie prima a fatica e con dolore, poi con piacere crescente. La sua mano gioca con il bocciolo che spunta eccitato tra le labbra gonfie della mia figa.
Ecco. Ora è dentro. A ogni colpo del suo bacino sento i testicoli schiaffeggiare il mio culo. Il ritmo cresce, i colpi si fanno via via più violenti. Mi sento piena di lui, lo sento respirare rauco e potente. Il suo fiato sulla pelle sudata del collo.
Poi, finalmente, sento l’onda del piacere che sale, che dilata ancor più le pareti del mio ventre. Una colata che sembra di lava bollente mi riempie. Esplodo con lui, insieme a lui, in un piacere senza confini che mi fa trattenere a stento un rauco grido nella casa vuota.
La sua testa si abbandona sulla mia schiena ancora coperta dal sottile golfino. Poi lo sento uscire da me, lo sfintere rimane aperto e lascia scivolare lungo le cosce copiose gocce di sperma. Rimango in silenzio, lui si riallaccia i pantaloni.
“Se ti arrivano altri pacchi non c’è problema, signora. Te li porto su molto volentieri”.
Mi accarezza la testa, non mi muovo, sento i suoi passi che vanno verso la porta. Esce e la chiude dietro di se.
Mi sollevo esausta, raccolgo la gonna e le mutandine. Vado in bagno, una doccia. Mi sento sporca e un po’ troia. Lui mi fa sentire così. Lui che non parla di letteratura o politica o economia. Ho ancora nella testa i suoi rauchi sospiri e in mezzo alle gambe il suo piacere che cola. Penso che convincerò mio marito a fare spesso ordini su Amazon Prime.

scritto il
2024-01-31
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