Granita

Scritto da , il 2022-08-24, genere esibizionismo

Mi risveglio da un sonno profondo in tarda mattinata. I suoi della strada li avevo dimenticati.

Rimango sul letto a recuperare pezzi di storia: il tizio col camioncino che vende di tutto e di più, il fruttaiolo con la sua inconfondibile moto ape più fragorosa che mai, il tizio con la sua carriola di telline fermo “a vanniare” all’angolo della strada…

Recuperando contatto con la realtà mi alzo, nuda come sempre, dal lettone di mia madre, appena arrangiato con un lenzuolo neanche troppo sistemato. Mi dirigo verso il finestrone, alzo le persiane per fare entrare un caldo sole di agosto e la brezza marina che sale su dal porto. Resto li nuda sul’uscio, le finestre aperte, gli occhi chiusi, le narici alla ricerca di ogni gradazione di profumo di mare… la frescura sui miei seni mi fa tornare alla realtà: riapro gli occhi, sotto casa poche persona passeggiano spostandosi da una bottega all’altra facendo la spesa quotidiana.

Rientro a casa, oggi dovrò fare un po’ di spesa anche io, non ho neanche nulla per la colazione.

Salto in doccia, bella fresca quasi ghiacciata, mi asciugo, recupero un vestitino chiaro a fiori di mia madre ed esco.

Prima fermata il bar del porto: ricordo la superlativa granita di quel posto, la brioche col “tuppo”.

Scelgo un tavolo baciato dal sole, ordino e mi godo quel momento di pura sicilianità.

Il freddo della granita, fa inturgidire i miei capezzoli che fanno capolino dal tessuto fin troppo leggero e trasparente. Se ne accorge pure il giovanissimo cameriere, che, bloccato da quella visuale non riesce neanche a chiedermi il pagamento.

Lo stuzzico io mollando un pezzo da cinque. Quando torna col resto la bretella del vestitino è già scesa, la spalla nuda, il seno a vista; lui si blocca nuovamente, e io decido di prendere l’iniziativa, mi alzo fulminea così da strusciarmi su di lui, il mio seno segna tutto il suo braccio, il mio profumo lo ubriaca più di quanto non lo sia già.

Recupero infine la paglietta, non mancando di strusciare la mano morta sulla sua gamba: il rigonfiamento è palese.

Lo saluto lasciando i complimenti per la granita e lui impietrito li a guardarmi.

Faccio per andarmene, ma torno indietro, decido di spacciarmi per turista.

– Scusami, sapresti indicarmi un posto dove poter cenare a base di pesce? E per caso conosci una spiaggetta riservata dove potere stare tranquilla? –

Lui continua a essere pietrificato, così gli rubo dal taschino il block notes delle ordinazioni, scrivo su nome e numero di telefono, e poi avvicinandomi all’orecchio, ti aspetto per la 15.30 così mi accompagni.

Gli lascio un bacio sulla guancia, recupero la bicicletta e mi dirigo verso il supermercato.Mi risveglio da un sonno profondo in tarda mattinata. I suoi della strada li avevo dimenticati.

Rimango sul letto a recuperare pezzi di storia: il tizio col camioncino che vende di tutto e di più, il fruttaiolo con la sua inconfondibile moto ape più fragorosa che mai, il tizio con la sua carriola di telline fermo “a vanniare” all’angolo della strada…
Recuperando contatto con la realtà mi alzo, nuda come sempre, dal lettone di mia madre, appena arrangiato con un lenzuolo neanche troppo sistemato. Mi dirigo verso il finestrone, alzo le persiane per fare entrare un caldo sole di agosto e la brezza marina che sale su dal porto. Resto li nuda sul’uscio, le finestre aperte, gli occhi chiusi, le narici alla ricerca di ogni gradazione di profumo di mare… la frescura sui miei seni mi fa tornare alla realtà: riapro gli occhi, sotto casa poche persona passeggiano spostandosi da una bottega all’altra facendo la spesa quotidiana.
Rientro a casa, oggi dovrò fare un po’ di spesa anche io, non ho neanche nulla per la colazione.
Salto in doccia, bella fresca quasi ghiacciata, mi asciugo, recupero un vestitino chiaro a fiori di mia madre ed esco.
Prima fermata il bar del porto: ricordo la superlativa granita di quel posto, la brioche col “tuppo”.
Scelgo un tavolo baciato dal sole, ordino e mi godo quel momento di pura sicilianità.
Il freddo della granita, fa inturgidire i miei capezzoli che fanno capolino dal tessuto fin troppo leggero e trasparente. Se ne accorge pure il giovanissimo cameriere, che, bloccato da quella visuale non riesce neanche a chiedermi il pagamento.
Lo stuzzico io mollando un pezzo da cinque. Quando torna col resto la bretella del vestitino è già scesa, la spalla nuda, il seno a vista; lui si blocca nuovamente, e io decido di prendere l’iniziativa, mi alzo fulminea così da strusciarmi su di lui, il mio seno segna tutto il suo braccio, il mio profumo lo ubriaca più di quanto non lo sia già.
Recupero infine la paglietta, non mancando di strusciare la mano morta sulla sua gamba: il rigonfiamento è palese.
Lo saluto lasciando i complimenti per la granita e lui impietrito li a guardarmi.
Faccio per andarmene, ma torno indietro, decido di spacciarmi per turista.
– Scusami, sapresti indicarmi un posto dove poter cenare a base di pesce? E per caso conosci una spiaggetta riservata dove potere stare tranquilla? –
Lui continua a essere pietrificato, così gli rubo dal taschino il block notes delle ordinazioni, scrivo su nome e numero di telefono, e poi avvicinandomi all’orecchio, ti aspetto per la 15.30 così mi accompagni.
Gli lascio un bacio sulla guancia, recupero la bicicletta e mi dirigo verso il supermercato.

[Stralcio di: Diario di Paola Oggi]

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