L'alfabeto degli amori (Seconda parte)

di
genere
gay

Carlo, Dario, Enzo
Carlo
C'è una legge non scritta che quando ti separi da qualcuno, qualsiasi sia il modo in cui ti separi, ti separi anche dai suoi amici. È permesso intrattenere rapporti occasionali, ma niente di più, è proibito severamente. Chiunque tenti di mantenere l’amicizia viola il codice della lealtà. Così è stato quando mi sono separato da Aurelio. Gran parte delle persone a cui ero affezionato e la cui compagnia mi divertiva, sono svanite improvvisamente dalla mia vita. Sebbene la cosa fosse triste ho capito che era così che doveva andare.
Di tutti gli amici di Aurelio quello che mi è più mancato è stato Carlo; loro erano amici dalla nascita, erano come fratelli, la cosa più simile ad un fratello che entrambi avessero mai avuto. Erano come gemelli, si vestivano allo stesso modo, parlavano allo stesso modo e compivano anche gli anni insieme. Si assomigliavano anche come fratelli; Carlo era un po’ più alto e meno muscoloso di Aurelio; i suoi capelli erano di un biondo più scuro ed i suoi occhi erano marrone chiaro e non azzurri come quelli di Aurelio, ma c'era una certa somiglianza fra di loro. Oh sì, e litigavano come fratelli. Carlo era irascibile ed impetuoso; Aurelio era un equilibrato perfezionista. La maggior parte del tempo le loro differenze si bilanciavano, ma quando non accadeva... oh sì, la cosa diventava pesante. I loro scontri erano leggendari all’università. C'erano volte in cui un semplice battibecco finiva in urli, pugni e lotte. Continuavano per ore poi improvvisamente come era iniziata la lotta finiva in tregua e ritornavano ai loro modi allegri.
Il loro legame era così profondo che poche persone lo capivano; devo ammettere che anch’io ho avuto difficoltà ad affrontare la loro amicizia, qualche volta anch’io sono stato geloso dell'affetto che li legava. Anche se Carlo non era gay e non c'era alcuna possibilità di infedeltà sessuale, a me sembrava ogni tanto che Aurelio amasse Carlo più di me, qualche volta. Ma con il procedere della mia relazione con Aurelio aumentava la mia amicizia con Carlo. Lentamente ho cominciato a capire la natura della loro comunanza e ho iniziato a considerare anch’io Carlo come mio fratello. Carlo si mostrava come una sorta di poltrone ma non l’ho mai visto fare del male a qualcuno ed era la persona più premurosa che conoscessi; sono andato spesso da lui per consigli, specialmente su questioni riguardanti Aurelio, aveva sempre un consiglio saggio. Talvolta passavamo la sera, solo noi due, e parlavamo di tutto; mi mancavano quelle chiacchierate.
Avevo pensato di chiamarlo dopo il “divorzio” ma noi tutti conosciamo le regole. Anche se Carlo rispettava raramente le regole dell’etichetta, era intensamente fedele ad un amico, specialmente ad Aurelio; quella era una regola che ero sicuro non avrebbe mai rotto. Quindi potete immaginare la mia sorpresa quando mi ha chiamato una sera, dopo pressoché un anno di silenzio.
"Ehi GP, come ti va?"
"Carlo?" Nessun altro mi chiamava GP. "Oh mio Dio, cosa diavolo succede?"
"Così."
"Stavo proprio pensando da quanto non ti sentivo."
"Anch’io. Ho pensato un milione di volte di chiamarti."
"Sì, perché non l’hai fatto?" Ho chiesto.
"Per la stessa ragione per cui tu non mi hai chiamato".
Ho pensato per un minuto a cosa rispondere poi ho chiesto, "Allora perché hai chiamato?"
Per un minuto c’è stato solo il borbottio tranquillo della linea telefonica. "Ho chiamato solo per controllare se eri ancora vivo. Volevo sapere cosa avevi fatto dopo... bene, sai cosa." Ecco il tipo di conversazione inevitabile che io avrei voluto tanto evitare.
"Me la passo bene."
"No, davvero, come va?"
"Io sto bene... seriamente. Che scelta ho ad ogni modo? Io non posso rinunciare a questa vita ed Aurelio merita qualcosa di meglio. Merita di avere un amico che stia a casa più di due mesi all'anno."
"Queste sono cazzate, uomo! Voi due avreste potuto tentare, ma non avete provato".
"Carlo... "
"No, ragazzo, lasciamelo dire. Voi due siete l’uno per l’altro, merda, vorrei avere io una relazione come la vostra. Ma avete gettato via tutto."
"Carlo... "
"Eravamo come una famiglia, pensavamo di rimanere insieme per sempre, tutti e tre, non avreste dovuto separare una famiglia così. È stata decisamente una cazzata!"
"Carlo, fermati!" L’ho implorato cercando di combattere l’angoscia. "Non voglio parlarne ora".
"Parli come Aurelio, di quello che non vuoi. Bene, ed io, huh? Voi due sapete quello che voglio io? Vi odio tutti e due!"
Ha sbattuto giù il telefono con tanta forza che posso ancora sentire il tintinnio nell’orecchio. Dovevo ricordarmi di dirgli di non esprimere una tale ira in un cordless. Avevo già sentito Carlo arrabbiato, ma questa volta c'era un che insolito di amarezza e disperazione nella sua voce. Avevo imparato che era meglio dare a Carlo il tempo di calmarsi quando era alterato, ma non potevo permettergli di restare così. L’ho richiamato. "Chi è!" ha gridato nel telefono. "Carlo, ascolta, penso che noi dobbiamo parlare di quello che ti angustia."
"Oh, vuoi parlare di me ora? Fottiti! Io non ho nient’altro da dire."
"Allora perché mi rispondi al telefono?"
Ho sentito il suo risentimento indignato all'altra estremità. "OK, vuoi parlare? Ti sto ascoltando" ha ringhiato.
"Non al telefono" ho detto "E certamente non in pubblico" ho aggiunto tentando di evitare uno show in pubblico. "Posso venire da te?"
Ha esitato per un minuto, pei alla fine si è addolcito "Bene" e ha appeso di nuovo.
Ho respirato profondamente, mi sono vestito e sono uscito. Stavo per prendere la macchina ma Carlo stava a pochi isolati da me e la passeggiata mi avrebbe dato tempo di pensare ed a lui tempo di raffreddarsi. Abitava poco dopo la casa di Aurelio, avrei potuto chiedergli di venire anche lui, girato l’angolo ho visto la macchina di Aurelio parcheggiata di fronte a casa sua, ma le luci della casa erano spente. Arrivato a casa di Carlo ho suonato il campanello, non ha risposto, ho spinto con forza la porta, sono entrato e l’ho chiusa dietro di me. Carlo era vicino alla porta e mi fissava a braccia conserte, non l’ho riconosciuto, normalmente era sempre così pulito e ben vestito, invece stava con i capelli arruffati nell'atrio semi buio. Portava un paio di boxer ed un accappatoio pieno di toppe; sembrava non si fosse raso da alcuni giorni. Stava piangendo... ed aveva anche bevuto. Per telefono non era possibile capirlo, ma ora ne sentivo l’alito. "Sei ubriaco" ho sibilato."
"Non sono ubriaco... non ancora. Se vuoi farmi la predica, puoi voltarti e tornare a casa tua... teniamoci ognuno il nostro dolore."
"No, sono venuto per vedere cosa ti sta succedendo."
"Te l’ho già detto cosa sta succedendo" e si è avviato verso il soggiorno e gettandosi a faccia in giù sul divano.
C’erano fazzoletti di carta usati e bottiglie di birra vuote per tutta la stanza.
"Capisco che tu sia dispiaciuto perché ci siamo separati, ma perché ora? Sono passati otto mesi."
"Sai cos’è oggi?" mi ha chiesto girandosi sulla schiena.
Ci ho pensato e poi ho detto "Sì, è la sera della piscina."
"OK, ci andavamo ogni settimana, sai che abbiamo perso 31 sere in piscina?"
"È tutto qui, solo per una stupida piscina?"
Si è seduto, ha aperto un’altra bottiglia e ha preso una sorsata.
"Non è per quello, è per noi!"
Ha sbattuto la bottiglia sul tavolo. Mi sono seduto accanto a lui e l’ho circondato con un braccio, non sapevo che altro fare.
"Mi manchi tanto GP" ha detto e ha appoggiato la testa sulla mia spalla. Ha singhiozzato piano mentre io gli lisciavo i capelli.
"Anche tu mi manchi" ho bisbigliato.
Siamo rimasti seduti per un paio d’ore discutendo, parlando fino a che lui non si è assopito. Ho tentato di alzarmi per prendergli una coperta, ma la sua testa era sul mio grembo ed un braccio mi cingeva le gambe. Si è svegliato non appena mi sono mosso.
"Dove stai andando?"
"Volevo prendere una coperta per te... poi pensavo di tornare a casa."
"No, non puoi andare via. Dobbiamo parlare".
"Sono le tre di notte ed io sono esaurito. Ritornerò domani e potremo discutere più a lungo."
"Puoi dormire qui, vieni." È saltato su dal divano e mi ha trascinato per un braccio. "Puoi dormire nel mio letto. Solo... per favore non andare."
Mi sembrava tanto triste, non l’avevo mai visto così. Quindi, contro voglia, ho accettato. L’ho seguito in camera da letto. Ho calciato via le scarpe mentre lui frugava nell’armadio.
"Puoi mettere questo" mi ha detto mostrandomi un pigiama rosso.
"Grazie" ho detto e l’ho preso.
Non era mai stato usato e non c’era da sorprendersi perché Carlo dormiva con i boxer o con niente del tutto come facevo io. Ho pensato che volesse essere pudico perché tecnicamente non eravamo più amici; mi aspettavo che lasciasse la stanza per permettermi di cambiarmi. Mi ero già spogliato altre volte davanti a lui, ma questo quando eravamo amici. Mi si è avvicinato quando ha visto che non mi svestivo.
"Sei stanco, lascia che ti aiuti" ha detto e ha cominciato a sbottonarmi la camicia. Sapevo che avrei dovuto fermarlo, ma non potevo e forse non volevo. Invece l’ho guardato aprire con metodo un bottone dopo l’altro. Mi ha tirato fuori la camicia dai pantaloni e ha aperto gli ultimi due bottoni. La camicia è caduta esponendo il mio torace all'aria fresca. I capezzoli immediatamente hanno reagito alla sensazione. Mi è sembrato intenzionale il suo modo di strisciarvi sopra le mani per far scivolare la camicia dalle mie spalle. Certamente era solo la mia immaginazione. L’ho guardato negli occhi che erano concentrati sul mio torso nudo. Io ho continuato a fissarlo negli occhi anche quando è sceso a sbottonarmi i pantaloni. Stavo tentando di leggere il suo viso per capire cosa gli passava per la testa. Ha aperto la cerniera dei pantaloni che sono caduti sul pavimento; ne sono uscito e li ho calciati da parte. Eravamo là a pochi centimetri con indosso quasi nulla, e questo deve averlo costretto a baciarmi perché è stato esattamente quello che ha fatto. Io non ho opposto resistenza come avrebbe fatto una persona sana di mente, ed invece l’ho baciato anch’io.
Mi ricordo che ho pensato che fosse sbagliato baciare il migliore amico, etero, del mio ex ragazzo. Ricordo anche di aver pensato quanto mi piaceva. Il suo bacio era morbido ma pieno di desiderio. Capivo che era sbagliato, ma ho voluto gratificare quel desiderio.
"Domani ci pentiremo" ho detto quando le sue labbra si sono separate dalle mie.
"Ce ne preoccuperemo poi" ha detto spingendomi sul letto.
Sono precipitato sul materasso e lui è precipitato su di me. Mi ha baciato di nuovo mentre le sue mani esploravano goffamente il mio corpo. Le sue dita facevano meandri sul mio torace, giù sul mio stomaco e si sono fermate alla cintura dei miei boxer. Continuava a baciarmi ma io sentivo che era nervoso dal suo respiro affannoso. Ho guidato di nuovo la sua mano al mio torace per fargli capire con non doveva andare oltre. Lui ha tirato via la mano e l’ha fatta scivolare nei miei boxer stringendomi la verga semi eretta.
Non potevo credere a quello che stava accadendo, non avevo mai pensato a Carlo in questi termini, lui era un fratello per me. Quello che stavamo facendo era praticamente incesto. Oltre a tutto lui era etero. Non avevo dubbi che a Carlo non piacevano i ragazzi. Quindi perché stava facendo questo? Ho smesso di preoccuparmi nel momento in cui ha spinto la lingua nella mia bocca. Il mio cazzo immediatamente è aumentato alla massima grandezza nella sua mano. Lui l’ha stretto e poi ha iniziato ad accarezzarlo. Si muoveva nei miei boxer con la sua grande mano e la mia verga dura aveva bisogno di spazio. Mi sono dimenato per uscirne per dargli più spazio per giocare. Carlo si è staccato dal bacio per guardare l’esito del suo lavoro.
"È così strano" ha detto continuando a pompare il mio cazzo nel suo pugno.
"Non dovremmo farlo, lo sai" Ho risposto debolmente.
"Lo so, ma lo voglio."
Si è sputato sulla mano e l'ha usata per lavorare la mia carne un po’ più velocemente. Mi sono sdraiato indietro e ho goduto il piacere proibito che stava dandomi. Ha avvicendato colpi corti, rapidi, su e giù, a lunghi colpi di torsione. Scherzava frequentemente sul fatto che si masturbava spesso e dal modo che lo stava facendo ho capito che diceva la verità. Ho guardato in giù per seguire l'azione e ho notato che il suo cazzo era ben sodo e sporgeva dai boxer.
"È il tuo turno" Ho detto e l’ho fatto girare sulla schiena. Mi sono seduto sul suo torace girato verso i suoi piedi e mi sono inclinato in avanti finché i miei occhi non sono stati all’altezza del mostro palpitante. La sua verga era di diciotto centimetri buoni, la dimensione perfetta per succhiarla secondo me. Ho leccato la cappella e ho aspettato la sua reazione. Le sue anche immediatamente si sono alzate dal letto costringendo il suo uccello nella mia bocca in attesa. È scivolato dentro agevolmente, dalla cima alla base giù fino alle palle. Sono andato avanti a succhiare e mordere il cazzo gustando i suoi lamenti di delizia.
"Aurelio l’aveva detto che eri un ottimo succhia cazzi, ma non avevo idea..."
Cosa diavolo?! Non potevo credere che Aurelio aveva parlato a Carlo della nostra vita sessuale. Ancora più importante, non potevo credere che gli aveva parlato di come facevamo sesso. Ad ogni colpo sull’uccello di Carlo diventavo un poco più adirato. Addirittura pensavo di smettere quando ho sentito le mani di Carlo sul mio culo. Mi ha aperto le chiappe e ha sputato sul mio buco increspato, dopo di che ha spinto dentro con un dito quel lubrificante naturale. Ho ansato ed il suo cazzo mi è sfuggito di bocca.
"Mi piace anche quando una ragazza gioca col mio culo" mi ha confidato mentre il suo dito mi solleticava l'interno dell’ano.
"Mmmm " mi sono lamentato mentre riprendevo in bocca la verga.
"È stretto lì" ha meditato spingendo un secondo dito nel mio condotto. "Ti piace essere fottuto?"
"Mmmm" mi sono lamentato continuando a succhiargli il cazzo, sapevo dove voleva parare col suo interrogatorio.
"Pensi che ti faresti chiavare da me?" ha chiesto torcendo le dita dentro, fuori e girandole nel mio retto stretto.
"Pensavo non me l’avresti mai chiesto" ho detto facendo scivolare fuori il cazzo fradicio dalla mia bocca. Prima che potesse fare qualche cosa mi sono girato per essere faccia a faccia con lui e mi sono impalato sulla sua verga. Ha guaito ed io ho emesso gemiti per la sensazione della prima penetrazione. Lui era pronto a venire ma era passato molto tempo da quando qualcuno mi aveva chiavato e volevo assaporare completamente la sensazione che io ricordavo così affettuosamente. Mi sono abbassato con tutto il mio peso, costringendo ogni suo centimetro dentro di me e lentamente ho stretto e rilasciato i muscoli del culo.
"Hoo... hoo com’è stretto!" ha barrito sempre con l’intenzione di prendere l’iniziativa.
Mi sono piegato e gli ho lasciato fare quello che voleva. Ha guardato intensamente il suo cazzo che scivolava fuori dal mio buco e poi scompariva di nuovo nelle mie profondità strette. Ho dimenato lentamente le anche per aumentare il suo godimento... ed il mio. La faccia di Carlo si è contorta mentre muovevo il culo su di lui. Ho capito che quella era la miglior chiavata che avesse mai fatto ma ho capito che sarebbe stata anche la più rapida. I suoi lamenti sono cresciuti di volume e frequenza, la sua faccia è divenuta rosso brillante; era vicino al limite.
"Oh sì, GP, dammi quel piccolo culo dolce! Oooh, è così fottutamente bello. Vieni, più veloce... più veloce... "
Ha avvolto il suo pugno intorno alla mia verga e ha cominciato a scuoterla. Era tutto quello di cui avevo bisogno. Un brivido ha attraversato il suo corpo tanto da poterlo sentire tremare sotto di me. Ha allagato il mio culo con la sua sborra appiccicosa e calda ed il suo cazzo palpitante ha spinto contro la mia prostata. Alcuni altri colpi sul mio uccello e Carlo ha provocato il mio orgasmo. Sono venuto spruzzo dopo spruzzo sul suo torace, sullo stomaco e sulla mano. L’ho baciato un'ultima volta prima di crollare accanto a lui. Ci siamo assopiti, lui col più diabolico ghigno d'appagamento sul viso ed io col viso preoccupato.
Mi sono svegliato il mattino seguente in un letto vuoto. Mi sono vestito e sono andato a cercare Carlo. Era seduto in cucina a bere una tazza di caffè e leggere il giornale. Aveva il solito aspetto: pulito, rasato, vestito di fresco e ben pettinato.
"Buon giorno." Ha appoggiato il giornale e mi ha salutato con un sorriso. "Dormito bene?"
"Sì, e tu?"
"Come un bambino, vuoi un po' di caffè?"
"Sì."
Mentre versava il caffè ho pensato a quello che era accaduto e ho cominciato ad avere il “senso di colpa del mattino dopo”. "Carlo" ho borbottato "circa la notte scorsa..."
"La notte scorsa è passata, OK?" Ha messo la tazza di fronte a me e mi ha afferrato la mano. "Non sono pentito di quello che abbiamo fatto, ma penso che sia nostro interesse continuare come se nulla fosse accaduto."
"Sì, suppongo... ma non sarà facile."
"Lo so. Ma tutto quello che so è che ci sono problemi tra te ed Aurelio, ma quello è il tuo problema. Io non voglio dover scegliere tra i miei due migliori amici mentre loro tentano di risolvere i loro problemi."
Non sapevo cosa dire, così ho accennato col capo. Lui ha sorriso, mi ha dato un bacio sulla guancia e ha ripreso a leggere il giornale. Da quel giorno i miei rapporti con Carlo sono stati migliori e più stretti. Lui è stato utile ad alleviare la tensione tra me ed Aurelio ed il mese prossimo si sposerà; spero che la sua fidanzata non sappia mai di questa storia.

Dario
Ero in Riviera per un servizio su una Settimana della moto, essendo un grande appassionato di motocicletta, era un lavoro perfetto. Stavo con degli amici a ridere e bere quando un cameriere mi diede un altro drink ed un pezzo di carta.
"Vengono dal ragazzo in camicia blu" mi ha detto indicandomi l’altro lato del bancone. Ho letto il biglietto: "Ti sto osservando da quando hai varcato la porta, guardo come quei pantaloni di pelle si adattano al tuo corpo; e penso a come sarebbe bello guardarti senza che tu li abbia addosso. E poi penso come sarebbe bello fotterti, mi sto chiedendo se ti piacerebbe salire in camera mia e provare."
Mi sembrava un’idea romantica e ho alzato gli occhi per vedere chi era il mio Romeo. Se la sua incantevole ma audace proposta non fosse stata sufficiente a farmi venire l’acquolina, i suoi occhi grigi certamente lo erano. Gridavano "Sono un ragazzo cattivo", e noi tutti amiamo i cattivi ragazzi, non è vero? Ho buttato giù il sesto drink e poi mi sono spinto tra la folla.
Da vicino era anche più sexy, un James Dean, dallo sguardo devastante unito ad un atteggiamento presuntuoso, mi ha fatto innamorare, o almeno desiderare.
"Hai ricevuto il mio invito, vedo."
"Sì... era un po' come una tromba, non pensi?"
Ha alzato le spalle. "Ha funzionato, non è vero?"
"Forse... sto ancora decidendo."
"Non giocare troppo duro, dolcezza, io ti sto prendendo", ha detto girando lo sgabello per venirmi di fronte. "Tu sei qui per una ragione ed io so qual’è." Ho sentito la sua mano appoggiarsi sul mio pacco coperto di pelle.
Ho lottato per non emettere un lamento, non volevo mostrare al ragazzo il potere che aveva su di me, ma il ghigno sulla sua faccia diceva che lo sapeva di già.
"Come ti chiami, bellezza?" ha chiesto.
"Gianpaolo" ho detto togliendogli la mano dal mio inguine. "E ora puoi smettere di chiamarmi dolcezza e bellezza."
"Eccitante e drogato... va meglio. Bene, Gianpaolo, mi chiamo Dario. Lo griderai molte volte stasera se giocherai bene le tue carte"
Se la sua presunzione non mi avesse eccitato, mi sarei infuriato. Ha vuotato il resto della sua birra e ha gettato una moneta sul bancone.
"Vieni, usciamo di qui" ha ordinato. Io ho accennato col capo e l’ho seguito fuori del bar. Si è diretto verso una Ninja ZX-9R argento parcheggiata proprio davanti alla porta. Io sono salito sulla ZX-12R verde vicino a lui.
"Buona cavalcata" ha commentato, e poi ha riso alla battuta.
"Dove stiamo andando?" Ho chiesto avviando la moto.
"All’Hilton" ha risposto e ha avviato la sua. "Seguimi là."
"Conosco il posto... ti vedrò quando arriverai." Mi sono messo il casco e sono partito in un turbinio di fumo ed uno stridere di pneumatici.
L’ho aspettato nell'atrio, è arrivato dopo neanche un minuto ma ho fatto in modo che sembrasse molto di più.
"Tratti bene la tua moto" ha detto una volta che siamo stati soli nell'ascensore.
"Io tratto bene tutta la mia attrezzatura" ho risposto dando un colpetto al mio inguine.
"Vedremo."
Le porte dell’ascensore si sono aperte e siamo arrivati rapidamente alla sua stanza... numero 406. Mi ha fatto entrare e prima che la porta potesse chiudersi dietro a noi, ha gettato il casco sul pavimento e mi ha afferrato. Gli giravo la schiena cosicché non potevo vederlo ma potevo sentirlo. Mi andava bene permettergli lo show perché stava facendo finora un lavoro abbastanza buono. Ho lasciato cadere il casco accanto al suo; mi teneva stretto a lui e sentivo il suo uccello furioso che spingeva contro il mio culo, anche attraverso un strato di tela e pelle. Poi mi sono trovato schiacciato contro il muro con lui che mi pressava il culo. Una delle sue mani mi stava sbattendo dolorosamente sul pacco mentre l’altra era scivolata nella mia camicia e mi pizzicava un capezzolo.
"Mm Dario" ho mormorato.
Lui ha risposto baciando e mordicchiandomi il collo. Ero di fuoco! Dario si è staccato un po’ per riuscire ad aprirmi i pantaloni. Io mi sono limitato ad aiutarlo dimenandomi un po’ per farli scivolar via più facilmente. Me li ha fatti scivolare alle ginocchia è ha cominciato ad aprirsi i jeans. Ho guardato per vedere cosa stava facendo; ha liberato il suo attrezzo maschile dalla sua prigione di tela e gli ha dato alcuni colpi per portarlo ai suoi completi gloriosi venti centimetri. Volevo cadere sulle ginocchia, ingoiare quel grosso affare, succhiare le sue grandi palle pelose. Ma avrei dovuto aspettare per quella fantasia.
Non si è dato la briga di far scendere i jeans dalle anche, l’ho visto sputare alcune volte sulla mano e bagnare il cazzo per renderlo scivoloso, mi ha preso di nuovo per le anche e mi ha detto di chinarmi in avanti. Io schiacciato la mia faccia ed il torace contro il muro e ho allargato le gambe il più possibile; l’ho sentito sputare di nuovo e ho sentito le sue dita bagnate sondare l'apertura del mio buco del culo. Poi ho sentii qualche cosa di più grosso spingere sull'ingresso. Tenendomi per le spalle, ha spinto in avanti le anche spingendomi nel culo il suo cazzo gonfio. Io lanciato un guaito ma lui ha continuato a spingere facendomi scivolare dentro l'intera lunghezza della sua verga.
Io non avevo mai sentito prima di allora un dolore come quello mentre centimetro dopo centimetro il grosso cazzo invadeva il mio retto, ma contemporaneamente non mi ero mai sentito così sexy. L'ansia brutale di Dario mi stava eccitando. Ha estratto il cazzo dal mio culo tenero e l'ha violato di nuovo più profondamente di prima. Io ho piagnucolato in un misto di dolore e piacere. Le mie ginocchia sembrava dovessero cedere ad ogni momento, ma lui mi tratteneva per le anche ed io mi stavo abituando al suo uccello. Gradatamente il dolore ha lasciato il passo al piacere ed io cominciavo ad assecondare le sue spinte.
"Sì, ti piace non è vero?" Ha dato al mio culo generoso un bel ceffone che è echeggiato nella stanza. "Rispondi!"
"Oh sì cazzo!" Ho uggiolato. "Fottimi Dario! Sbatti il tuo cazzo nel mio buco!"
Mi ha schiaffeggiato altre volte il culo e me lo sfondava con forza, voglio dire che spingeva così profondamente e con forza che ho pensato che le sue palle mi avrebbero ferito il culo. Non mi ero ancora toccato il cazzo e già potevo sentire i tormenti familiari di un orgasmo incombente.
"Unh... unh..." I miei gemiti diventavano più forti ad ogni tuffo del suo uccello. Ho chiuso gli occhi e ho aspettato l'ultima liberazione. È stata enorme! Lo sperma veniva pompato fuori dal mio cazzo come un fiume.
"Oh cazzo... aw!" ha ululato Dario "Ci sono!"
Dario ha continuato a pompare furiosamente mentre vuotava le sue palle nei miei intestini, la sborra era calda ed appiccicosa, una parte colava fuori e mi correva giù per le gambe. Dario è crollato contro di me trafelato e sudato.
"È stato incredibile" ha detto con un sospiro, io ho concordato. Mi stavano venendo i crampi alle gambe, così mi sono alzato. Il cazzo di Dario è scivolato fuori dal mio culo ed il resto della sua sborra è gocciolata fuori dal buco ben usato.
"Ti dispiace se faccio una doccia?"
"No, se posso farla con te."
"È tua la camera" ho detto con un'alzata di spalle e cominciando a togliermi il resto dei vestiti.
Lui si è spogliato rapidamente e mi ha seguito in bagno. L’ho guardato mentre entrava nella doccia dietro a me, aveva un bel corpo anche se non spettacoloso, ma io avrei avuto niente da obiettare a coccolarmelo ogni notte. Direi che non si allenava, era magro ma un po’ molle quando ho fatto correre le mani insaponate fra i peli del torace e dello stomaco. Si è voltato per permettermi di insaponargli la sua schiena prima che avessi l'opportunità di finire col davanti.
Gli ho dato un bel ceffone sul culo con la mano insaponata. Lui ha dimostrato la sua approvazione così l’ho sculacciato di nuovo. L’ho schiaffeggiato altre volte finché le sue natiche non sono diventate belle rosee, il suo culo era pronto. Mi aveva dimostrato che gli piaceva darlo rudemente, ma io mi sono chiesto se potesse prenderlo così. Il mio cazzo stava già esaltandosi per l'opportunità di scoprirlo.
Mi sono insaponato l’attrezzo palpitante, lui aveva alzato la gamba appoggiando il piede sul contenitore del sapone e, prima che lui potesse protestare, semplicemente ho spinto il cazzo nel suo buco. Tutti i venti centimetri duri sono stati seppelliti comodamente nel suo culo; lui ha appoggiato i pugni al muro bagnati e ho sentito il tremore del suo corpo. L’ho circondato con le braccia per accarezzargli il cazzo, era già duro come acciaio.
L’ho masturbato e ho dimenato la mia verga nel suo buco tentando di allentarlo un po' quando l’ho sentito sibilare a bassa voce "Fottimi."
"Sei sicuro?" Ho chiesto.
Ha girato la testa e, con una cattiva espressione incisa sulla faccia, ha ripetuto la sua richiesta. "Fottimi!"
Ho tolto lentamente il cazzo; i suoi muscoli del culo stringeva ogni centimetro che si ritirava; poi sono scivolato di nuovo dentro. Ho mosso lentamente il mio tubo, volevo che sentisse ogni colpo e lo scorrere dentro di lui. L’ho sentito piagnucolare e lamentarsi, ma io non stavo dandogli quello che lui voleva.
"Se non mi fotti con quel coso, toglilo" ha ringhiato.
Se quello era il modo con cui voleva giocare... ho alzato il suo altro piede sull'orlo della vasca, ho trovato una buona presa sulle sue anche e poi ho spinto il cazzo con tutta la mia forza.
"Sì... così!" ha ringhiato resistendo al mio martellio furioso.
I rumori della nostra chiavata riempivano oscenamente il bagno, il battere della mia pelvi contro il suo culo, il battere delle sue palle contro le mie ed il nostro grugnire e lamentarci combinato. Lui si dibatteva selvaggiamente; io ho afferrato una manciata dei suoi capelli ricci e neri per imbrigliarlo facendolo infuriare ancora di più.
Inevitabili come la morte e le tasse, i nostri orgasmi si avvicinavano; lui è stato il primo a venire, l’ho sentito nelle mie mani seguito dallo stringere ritmico e familiare del suo retto mentre scaricava il suo sperma. Io continuavo a cavalcarlo con la maggior forza che il mio corpo esausto permetteva e l’ho estratto solo per spruzzare un grande carico cremoso sopra il suo buco del culo aperto.
Siamo rimasti come gelati per un minuto, riprendendo fiato e lasciando che l'acqua frizionasse i nostri muscoli stanchi. Abbiamo finito la doccia in silenzio dopo di che ci siamo asciugati. Prima che potessi finire, Dario mi aveva curvato sul lavandino seppellendo di nuovo il suo uccello nel mio culo. Il ritmo era un po’ più lento ma non meno intenso. Gli ho reso il favore fottendolo a faccia in giù sul pavimento del bagno. Ci siamo fottuti altre due volte nelle varie ubicazioni e posizioni finché noi siamo stati più in grado di muoverci.
Ci siamo svegliati la mattina successiva stanchi e rotti. Ci siamo fatti la doccia, separatamente, e ci siamo vestiti. Ho aspettato Dario poi ci siamo avviati alle nostre moto.
"Sei un gran stallone" ha detto.
"Grazie, anche tu non sei poi male."
Si è chinato verso di me e mi ha dato un gran bacio sulle labbra. Si è messo il casco, è montato sulla sua moto e l’ha avviata.
"Ci vediamo l’anno prossimo!" ha detto partendo.
Cautamente sono montato sulla mia moto e l'ho avviata. "Sarà una cavalcata lunga e dolorosa per tornare a casa" mi sono detto partendo... poi ho sorriso.

Enzo
"Stefano! Perché stai prendendo un altro maledetto tirocinante? " Stefano, il redattore fotografico della società si è appoggiato alla sua sedia ergonomica e ha sospirato.
"Sai che siamo a corto di personale, o non hai notato quante incombenze hai dovuto prendere negli ultimi mesi?"
"Sì, OK, sarà un po’ stressante ma mi piace, io devo essere occupato e non ho bisogno di un altro tirocinante sulla mia strada. Per la miseria, l'ultimo non sapeva neppure come caricare una pellicola nella macchina fotografica!"
"Questo è diverso, te lo prometto. Dagli solo un'opportunità, va bene? Me lo prometti?"
Mi ha fissato, avevamo avuto questa discussione già una dozzina di volte ed io sapevo che questa volta non avrebbe ceduto.
"Dov’è questa meraviglia?"
"Proprio dietro di te" mi ha risposto indicando la porta dell’ufficio. Mi sono girato e ho visto un altro giovane giornalista dagli occhi brillanti.
"Ti presento Enzo Randi. Enzo questo è... "
"So chi è" ha risposto il ragazzino, la sua faccia si è accesa come un albero di Natale mentre mi tendeva impazientemente la mano. "È un piacere incontrarla, io sono un grande estimatore dei suoi lavori."
Gli ho dato la mano. "Conosci i miei lavori?"
"Oh sì" ha risposto scuotendomi la mano, è arrossito leggermente quando l’ho ritirata. "La seguo sin dal reportage sul Tibet. lei è la ragione per cui ho deciso di dedicarmi alla fotografia. Lei è il dio della fotografia."
"Wow che complimento, non ho mai saputo di avere un fan."
"OK, OK" ci ha interrotti Stefano "potete proseguire la conversazione in qualche altro posto? Ho una riunione fra cinque minuti."
"Sì, sicuro" ho risposto. "Mostrerò gli uffici ad Enzo e lo presenterò a tutte le persone importanti."
Il giovane tirocinante ha sorriso da un orecchio all’altro e praticamente è balzato fuori dall’ufficio.
"Penso che questa volta ne hai scelto uno giusto" ho detto a Stefano prima di andare via, lui si è limitato ad alzare gli occhi al cielo ed a buttarmi fuori.
Ho fatto fare ad Enzo il grand tour degli uffici presentandolo alla "banda." I suoi occhi brillavano di eccitazione, si beveva ogni mia parola ma parlava poco, ho pensato che l'esperienza era troppo emozionante per lui. Comunque ho saputo che era laureando con un master in Lingue e Comunicazione, la fotografia era più di un hobby, aveva frequentato dei corsi teorici e voleva provare un'esperienza professionale. Le nostre riviste gli offrivano l'opportunità perfetta per affinare le sue abilità; pensavo svenisse quando gli ho chiesto di vedere la busta che teneva sotto il braccio.
"Lavoro eccellente" ho commentato. "I tuoi ritratti raccontano una storia... e questo va bene." "Oh mio Dio, non ci posso credere che Gian Paolo Batista pensi che il mio lavoro è eccellente."
"Credici. Da quale lavoro Stefano ti ha detto che comincerai?"
"Mi ha detto che dovrei fare un servizio sulla festa del Barbeque la settimana prossima. Poi mi sembra che lavorerò al layout della rivista."
"Layout? Hai troppo talento per un lavoro del genere, vedrò se potrò convincerlo a farti venire con me in Svizzera. Ti piacerebbe?"
"Mi piacerebbe? Sicuro che mi piacerebbe, sarebbe fottutamente fantastico!" ha sbottato ma poi è arrossito. "Mi spiace, Sig. Batista... penso di essere un po’ eccitato."
"Non ti preoccupare... e chiamami Gian Paolo."
"Devo chiamare la mia ragazza... sarà eccitata!"
Gli ho lasciato usare il mio telefono mentre andavo a parlare con Stefano. Ci ho messo un po’ a convincerlo, ma alla fine ha permesso che Enzo venisse in Svizzera con me. Sapeva che il piccolo aveva talento, ma era il suo lavoro di redattore non permettere che "il piccolo pensasse di essere un genio" ed era il mio lavoro dimostrare a Stefano che "il piccolo era in gamba".
Quando siamo stati in Svizzera decisi di lasciare ad Enzo il compito di definire gli scatti da fare. Era un compito di base: dovevamo fare fotografie per un articolo sullo sci nelle Alpi. Tutti i fotografi avrebbero pensato ad immagini di montagne coperte di neve e chalet ma, come mi aspettavo, Enzo aveva qualche cosa d’altro in mente.
"A cosa si pensa facendo delle fotografie in un villaggio?" mi ha chiesto. "Voglio dire qualche foto di chalet? Quando ne hai visto uno li ha visti tutti, giusto? Quindi stavo pensando che sarebbe stato più interessante concentrarsi sul fascino della città e della sua gente."
Non potevo che dire di sì più ed anche i redattori. Quando ho mostrato il progetto è piaciuto e si sono entusiasmati anche di più quando hanno scoperto che l’idea era di Enzo. "È il genere di creatività di cui abbiamo bisogno", ha commentato Stefano ed hanno offerto un posto fisso ad Enzo come junior - con me come sua guida, chiaramente.
Lui non aveva presenziato alla presentazione perché era troppo nervoso; quindi, dopo la riunione, sono andato a comunicargli le buone notizie. Non avevo idea di dove si fosse nascosto. L’ho chiesto a Margherita, lei aveva un'abilità nel sapere sempre dove era Enzo. Mi ha detto che l’aveva visto andare verso la camera oscura.
"Enzo, sei qui?" Ho chiamato da fuori.
"Sì, um, sono nel laboratorio 3" ha gridato.
Sono entrato, Enzo stava tirando giù delle foto che aveva finito di sviluppare, non sembravano ancora asciutte.
"A cosa stai lavorando?" Ho chiesto.
"Oh, nulla, solo alcuni scatti stupidi che ho preso in viaggio."
"Posso vederli?"
"Non ne vale la pena... ho sbagliato a scattarle."
"Allora? Voglio vederli lo stesso." Enzo sembrava riluttante a mostrarmeli.
"Cosa sono, ritratti di nudi o roba del genere?" L’ho stuzzicato.
"No" ha detto mostrandomi la pila di fotografie.
"Heh, questo è un mio ritratto... qui sono io che parlo con la vecchia che vende burattini. Sono tutti ritratti miei."
"Ti ho detto che erano cose così per fare" ha detto sulla difensiva.
"Ma sono buoni. Forse potrò usarli un giorno o l'altro quando scriverò la mia autobiografia. Non c'è uno scatto da buttare."
Ha alzato le spalle "Non potrei farti una brutta foto neanche volendo."
"Ragazzi, sai sicuramente come trattare un uomo, ti devo tenere con me solo per lisciare il mio ego." Ha riso al mio scherzo anche se mi sembrava un po’ forzato. "In ogni modo, ho delle buone notizie per te. Ai redattori è piaciuto il tuo progetto sulle Alpi svizzere, è piaciuta a tal punto che ti stanno offrendo una posto a tempo pieno come fotografo. Ora, la paga non è eccezionale e in un primo tempo lavoreresti con me, ma..."
"Sul serio? Vogliono che lavori qui... con te? Oh mio Dio che è incredibile! È così bello... non posso crederlo!"
"Questo vuole dire che accetti?"
"Dannazione sì!" ha gridato. "Lisa impazzirà quando lo saprà."
"Bene, quando le darai le buone notizie, dille che vi rapirò per festeggiare... una cena, forse anche ballare..."
"Davvero? Oh ragazzi, è troppo bello!"
"Benvenuto a bordo" ho detto e gli ho steso la mano. Lui ha ignorato la mia mano stesa e mi ha dato invece un grande abbraccio, poi ha afferrato la sua roba ed è scappato a chiamare la sua ragazza.
Li ho invitati per le 19,30 in un ristorante che avrebbe fatto colpo, mi sono mosso per tempo per non farli attendere ed alle 19,30 in punto, Enzo è arrivato, da solo.
"Dove è Lisa? È in ritardo?"
"No, um, Lisa ha un esame importante e deve studiare. Vuole che ti dica che le dispiace di non poterci essere."
"Nessun bisogno di scuse; i suoi studi vengono prima. Mi dispiace solo per lei, quindi siamo solo noi ragazzi."
"Sì" ha detto con un sorriso "Solo noi ragazzi."
"Ti sei tagliato i capelli" ho detto mentre si sedeva. Qualcuno era riuscito ad addomesticare le sue ciocche rosse e selvagge, i ricci erano coperti di gel.
"Mi hai detto che questo era un locale chic, mi sono vestito bene."
"Sì, ma non mi aspettavo questo. Comunque stai bene." È sembrato contento del complimento.
I suoi capelli non erano l'unica cosa diversa, tutto l’aspetto era cambiato. Quando ci eravamo incontrati era molto disordinato, ora sembrava uscito da una pubblicità di Armani, pantaloni neri e maglia a V grigia, aveva messo da parte anche gli occhiali con montatura spessa di plastica e li aveva cambiati con un paio molto eleganti. Prima di allora non avevo notato che aveva gli occhi tanto verdi.
Era anche più nervoso del solito, si agitava e raramente mi guardava mentre parlava. Ho pensato fosse a disagio ad essere solo con me, sapeva che ero gay, gliel’avevo detto prima di partire per la Svizzera poiché avremmo diviso la stanza. Non aveva avuto problemi a dormire in stanza con me, ma quello era un viaggio di lavoro. Una cena era una cosa più intima ed aveva dei toni romantici. Volevo si calmasse e con l’aiuto di un paio di bicchieri di vino, magari, riuscisse ad allentarsi un po'.
Finita la cena ho proposto il club che stava a soli pochi isolati dal ristorante. Erano quasi le 21,30 quando siamo arrivati. Doveva esserci anche la "banda" per aiutarci a festeggiare, ma non era ancora arrivato nessuno. Quindi ho iniziato io la festa. Ho ordinato il primo giro per Enzo e me. Enzo ha ordinato un rum e coca che l’ha aiutato ad allentarsi, quando Giacomo e la banda sono arrivati, lui stava parlando quasi ininterrottamente.
Loro si sono congratulati col piccolo e gli hanno raccontato le loro storie di orrore sul lavoro in società. Ho colto l’occasione per tirare da parte Sergio e parlargli in privato. Lavorava in contabilità ed era in società da alcuni mesi. Io stavo tentando di entrare nei suoi pantaloni fin dal giorno che lo avevo visto per la prima volta, avevo deciso che quella sera il suo culo sarebbe stato mio. Non mi piaceva lasciare Enzo, ma lui e Giacomo sembrava stessero chiacchierando.
Dopo un po’ di amoreggiare, Sergio ed io abbiamo deciso di spostare la nostra riunione sulla pista da ballo. Stavamo ballando ed il suo corpo stava pigiato contro il mio, pensavo che in due canzoni ci saremmo arrivati, quando ho notato che Enzo se n’era andato. Il resto del gruppo stava ancora bevendo, ridendo, e parlando, ma Enzo non era in alcun luogo.
Il mattino seguente gli ho chiesto cos’era accaduto e lui mi ha detto che era stanco e gli mancava la sua ragazza, così aveva deciso di andarsene presto. Mi ha chiesto come erano andate le cose tra Sergio e me. Ho pensato fosse strano che mi chiedesse una cosa così personale, ma non ci ho badato più di tanto. Ci sono persone che si ritengono buoni amici ed Enzo era una di queste, quindi, risparmiando i dettagli più piccanti, gli ho detto che Sergio ed io avevamo avuto una notte selvaggia di sesso ed avevamo iniziato una pseudo relazione.
"Magnifico. Qualche volta potremmo uscire tutti insieme" ha suggerito.
"Mi piace, ma lui è per me."
Abbiamo riso poi abbiamo lavorato come al solito, il nostro rapporto sul lavoro era eccellente e, come avevo previsto, fra di noi si era sviluppato un legame personale piuttosto stretto. Quando noi non eravamo al lavoro, eravamo insieme anche fuori, la maggior parte del tempo eravamo Giacomo, Enzo ed io. Qualche volta c’era la banda e di quando in quando Lisa o Sergio. Poi Sergio ed io abbiamo deciso di separarci.
Ho detto ad Enzo che si trattava solo di una cosa sessuale e che non ero disperato ma lui ha voluto che uscissimo per dimenticare i miei dolori. Devo aver bevuto molto quella sera, ero abbastanza fuori di me ed Enzo, non fidandosi della mia guida, mi ha offerto di accompagnarmi a casa.
"Tu non sai dove abito".
"Me lo puoi direi" ha risposto aiutandomi a raggiungere la sua macchina.
"OK, Mm... ehi, aspetta un secondo... Io non so dove abito".
"Stai prendendomi in giro ?"
Mi sono lasciato cadere con un tonfo nel sedile del passeggero e lui mi ha agganciato la cintura. "No. Appena sono partito ho dimenticato. Se tu mi avessi aiutato a venire, ora sapresti dove sto."
"Ti avevo detto che non potevo... aspetta un attimo, perché sto spiegandomi ad un ubriaco?"
Ho alzato le spalle. Enzo ha chiuso la mia porta, è salito al posto di guida e ha avviato la macchina.
"Dove stiamo andando?" Ho chiesto.
"Ti sto portando a casa mia."
"Oh dolcezza" ho detto poi mi sono addormentato.
Viveva a venti minuti dalla città così lungo il viaggio mi sono permesso un bel pisolino rinfrescante. Riuscivo a camminare da solo ora e sono riuscito a seguirlo nell'edificio. Mi ha fatto entrare nell’appartamento, era molto più grande del mio ed aveva mobili veramente belli. Sapevo che le case costavano meno fuori, ma sapevo anche quanto poco guadagnava.
"Bel posto" ho commentato.
"Grazie, fai come se fossi a casa tua mentre preparo il letto". Aveva tonnellate di fotografie incorniciate su ogni muro ed ogni superficie piatta della casa. C'erano ritratti di Lisa e di quella che ho pensato fosse la sua famiglia, c'erano poi molte fotografie dei nostri viaggi ed in quelli io comparivo nel 98% dei casi.
"Ci sono molti miei ritratti" ho gridai. "Se non sapessi quando li hai fatti potrei pensare che sei ossessionato da me."
"Lisa ha detto la stessa cosa" ha gridato di rimando. "Non è colpa mia se tu ti piazzi sempre in mezzo."
Ho ridacchiato. Mi sono sprofondato nel grande divano, c’erano molte riviste esposte sul tavolino. C’erano le nostre riviste coi lavori di Enzo. Nel centro del tavolino c’era un grande libro: Uomo di Enzo Randi.
"Ehi Enzo, non sapevo che avevi pubblicato."
Enzo è arrivato dalla stanza degli ospiti in soggiorno, ha afferrato il libro dalle mie mani prima che potessi guardarci dentro. "Non puoi guardare... sono solo un gruppo di foto di nudi. Non volevo farlo, ma avevo bisogno dei soldi."
Ho afferrato di nuovo il libro. "Non devi avere vergogna, anch’io ho fatto delle raccolte di nudi."
"Sì, ma io non voglio che veda questi, sono così dilettanteschi." Ha tentato di riprendere il libro ma io ho resistito.
"Fammi vedere queste dannate foto". La sua faccia è diventata rossa e lentamente ha lasciato andare il libro.
Ho saltato la prefazione è sono andato al primo ritratto. Era una semplice fotografia in bianco e nero di un maschio nudo in una piscina o lago con la sua schiena si rivolta alla macchina fotografica. Era un po' dilettantesca comparata ad alcune delle cose che gli avevo visto fare, ma era ancora meglio dell’80% dell'arte erotica che avevo visto. Forse aveva vergogna perché aveva usato un modello. Non vedevo il problema, avevo conosciuto molti fotografi etero che avevano usato modelli per le loro raccolte.
"Non è il tuo miglior lavoro ma è buono. E questo modello è grazioso. Chi è? " "Solo un ragazzo" ha detto. La sua faccia era ancora rossa e si torceva le mani continuamente.
Ho girato pagina e c’era una fotografia di un uomo nella doccia. La maggior parte del corpo era coperta dalla porta di vetro appannata, ma pezzi di pelle erano chiaramente visibili. Sembrava la doccia dell'albergo dove eravamo stati a Parigi. Il ritratto seguente mostrava il ragazzo sdraiato su di un letto con le lenzuola strategicamente appoggiate al corpo; una gamba era spostata per celare le parti private ed il braccio era appoggiato alla faccia. Mi sono accorto che aveva una piccola voglia sulla spalla, sembrava la mia. Ho girato la pagina seguente, poi quella dopo e poi l’altra. Ogni fotografia ritraeva il modello nudo in ambientazioni all'aperto ed esotiche, tutti i luoghi dove ero stato nei tre mesi precedenti. Sull'ultima pagina c’era una dedica: "A GPB, il mio mentore, la mia musa, il mio amore."
Enzo ora era l’immagine della disperazione, si era seduto su una delle poltrone, la sua faccia era spettralmente pallida e sembrava stesse per svenire. Il modello delle foto chiaramente ero io; non sapevo cosa dire, non ero arrabbiato, e neppure imbarazzato. Ero abbastanza ben fatto da comparire nudo, perché ora ero tanto modesto? Tuttavia ero un po’ eccitato: il libro, le dozzine di fotografie nell'appartamento, la dedica; era tutto così surreale.
"Posso spiegare" ha bisbigliato Enzo.
"Non penso ce ne sia bisogno" ho risposto.
"Per favore non essere arrabbiato" ha detto con le lacrime agli occhi.
"Io non sono arrabbiato... Sono solo... confuso, penso. Sembra tu sia affascinato nel farmi fotografie." Lui ha distolto lo sguardo e non ha risposto.
"Vieni Enzo... siamo amici; possiamo parlarne."
"Chi non sarebbe affascinato?" ha detto finalmente. "Guardi quelle foto, la composizione può essere banale o l'illuminazione sbagliata, tu sembri sempre bello. È impossibile farti una brutta fotografia."
"Quindi è tutti qui, uno studio di composizione, un esperimento?"
"No, hai letto la dedica, penso tu sappia cosa vuole dire."
"Pensi di essere innamorato di me?"
"Sono sicuro di quello che sento per te."
"Forse hai ragione; mi dispiace ma devi capire che posso avere dei dubbi. Fino ad alcuni minuti fa pensavo tu fossi etero... Pensavo tu amassi Lisa."
Enzo ha singhiozzato. "So da anni di non essere etero. Fin dalle medie ero interessato agli altri ragazzi. Davo sbirciatine furtive nello spogliatoio o compravo riviste di bodybuilding solo per guardare le foto, ma non ho mai seriamente preso in considerazione di andare con un altro ragazzo. Poi ho incontrato Lisa quando ero matricola e ho smesso completamente di guardare gli altri ragazzi, l'amavo ed era tutto quello che desideravo. L'amo ancora, ma non lo sono fino in fondo, lo pensavo prima di incontrare te. Non sto sveglio la notte pensando a lei come penso a te. Il mio stomaco non si sconvolge quando sono con lei come fa quando sono con te. I ragazzi che guardavo al liceo ed all'università erano solo dolcezze per gli occhi. Tu sei molto di più di questo." Ed è venuto a sedere vicino a me sul sofà. "Io amo tutto di te: il tuo fascino, il tuo stile, la tua intelligenza, i tuoi occhi, il tuo sorriso... le tue labbra."
Si è chinato a baciarmi, io non ho resistito anche se sapevo che avrei dovuto. Quando ho sentito la sua lingua ballare contro i miei denti, ho perso il controllo della ragione e ho dato sfogo ai miei istinti carnali. Ho lasciato che la sua lingua scivolasse nella mia bocca e l’ho succhiata. Il suo bacio era potente e pieno di desiderio, mi sono chiesto se era come quando baciava Lisa. Merda, Lisa? Ho lasciato la sua lingua e l’ho fissato negli occhi.
"Io non penso che dovremmo farlo" ho detto resistendo al desiderio che saliva ed all'elettricità sessuale che c’era tra di noi.
"Perché?" Sembrava così ferito, così disilluso, e questo non ha fatto che aumentare il conflitto tra ragione ed emozione dentro di me.
"Io non ti amo, Enzo"
"Questo non è vero" ha detto accarezzando la protuberanza tra le mie gambe. "Non penseresti a me così."
"Mm... ma, e Lisa?"
Si è chinato per un altro bacio ed io ho avuto la risposta che volevo. Ho succhiato di nuovo la sua lingua nella mia bocca e mi sono unito a lui in un altro bacio bagnato, appassionato. Mi sono staccato dal bacio e mi sono alzato. Gli ho detto di alzarsi accanto a me per permettermi di spogliarlo; mi ha ubbidito ma è sembrato improvvisamente incerto della situazione in cui si era venuto a trovare. Gli ho dato un bacio rassicurante e ho alzato il bordo della sua maglia. Come un bambino che viene spogliato ha alzato obbedientemente le braccia e mi ha permesso di far scivolare la maglietta oltre la testa. Ho ispezionato ogni centimetro del suo corpo pallido e liscio, dalle spalle lentigginose e larghe alla striscia rossa ed ardente che dall’ombelico scendeva verso la cintura dei pantaloni. Sicuramente non era un bodybuilder ma il suo torace era bello e solido e lo stomaco liscio e stretto.
Visibilmente imbarazzato per come lo guardavo, si è dimenato, non sapeva cosa fare con le braccia. Aveva un atteggiamento così grazioso con le braccia piegate e la testa inarcata indietro. Gli ho raddrizzato le braccia e l’ho baciato delicatamente sul collo, poi sulla spalla e sul torace. L’ho sentito sospirare quando le mie labbra sono entrate in contatto col suo capezzolo che si ingrossava, che si induriva. Vi ho roteato intorno la lingua, l’ho mordicchiato. Ha afferrato il retro della mia testa e me l’ha spinta contro il suo torace. Ero felice di obbedire alla sua richiesta silenziosa e ho cominciato a succhiargli la tetta. Ho leccato e succhiato come un vitello affamato mentre facevo roteare l’altro capezzolo tra pollice ed indice. Da come mi accarezzava i capelli ho supposto che gli piacesse quello che stava provando, ma non ha emesso mai un suono. Non ero abituato ad avere un partner silenzioso e mi sono proposto di postarlo a gridare per tutto il tempo che l’avrei amato.
Ho cominciato a muovermi per abbandonare la sua tetta che a quel punto era rossa e gonfia. Gli ho dato a tutte e due una leccata di addio prima di tessere un sentiero di baci abbassandomi al suo stomaco tremante. I pantaloni stavano a malapena appesi alla sua vita magra, mettendo in mostra le sue ossa iliache ed era possibile vedere spuntare il suo cespuglio. Gli ho bagnato l’ombelico con la lingua mentre le mie dita sbottonavano alla cieca i suoi pantaloni; un piccolo strattone ed un piccolo dimenarsi e sono scivolati oltre le sue anche strette. Molto convenientemente non portava biancheria intima ed io ora ero occhio a occhio col suo orgoglio e la sua gioia.
Il cazzo non era ancora completamente duro, ma era già abbastanza impressionante. L’ho afferrato e l’ho accarezzato delicatamente portandolo alla completa rigidezza. Chi avrebbero pensato che il giovane e mite Enzo contenesse tanto calore: una grossa torre d'avorio di venti centimetri sporgeva da un ordinato nido di peli pubici rossi. Era anche più pallido del resto del suo corpo, si poteva vedere chiaramente ogni vena attraverso la pelle traslucida ed tesissima. Mi sono leccato le labbra e l’ho guardato in viso. Lui ha guardato me che fissavo il suo cazzo come fosse un pasticcino, avevo uno sguardo affamato, volevo proseguire nel gioco, ma volevo sentirlo dire da lui.
Gli ho baciato e leccato la punta del cazzo senza mai prenderlo in bocca. Potevo vedere la frustrazione che gli saliva negli occhi e potevo sentire il desiderio che gli gonfiava l’uccello. Mi sono limitato ad aprire invitantemente la bocca, rifiutando però l’ingresso quando lui ha spinto in avanti le anche. Il mio stuzzicare lo stava facendo impazzire, riducendolo ad una sequenza di patetici di piagnucolii e lamenti. Ho avvolto le labbra intorno alla cappella e le ho dato un rapido, potente succhio, costringendo il mio amante ritroso ad un altro lamento.
"Unh... Gian Paolo... " Ha cominciato, poi le parole gli si sono fermate sulla lingua. Ho succhiato di nuovo la testa e l’ho visto lottare per provare di nuovo. I suoi freni hanno cominciato a sbriciolarsi quando ho succhiato rapidamente la metà del suo attrezzo palpitante nella mia bocca e poi l’ho rilasciato, erano completamente distrutti quando ho schiaffeggiato con la lingua distesa lungo la grossa verga.
"Oh Dio... succhialo!" ha sibilato. "Per favore succhiami il cazzo prima che impazzisca!" Era musica per le mie orecchie, non era possibile rifiutare tale richiesta di aiuto. Ho aperto la bocca e ho attirato lentamente quell’uccello gagliardo nella mia bocca finché la testa non mi ha riempito agevolmente la gola. Era grosso e non era facile prenderlo ma ci stava tutto. Prendendo una chiappa in ogni mano ho cominciato il pompino che entrambi stavamo aspettando.
Qualche volta esagero succhiando forte ed emettendo suoni per eccitare il ragazzo; con Enzo non dovevo esagerare, era la prima volta da lungo tempo che facevo tanta fatica a succhiare un cazzo.
"Oh cazzo sì, succhiami il cazzo Gian Paolo! Guardami mentre fai scivolare il mio grosso cazzo dentro e fuori della tua bocca... oh sì, è così fottutamente eccitante! Mm, sì, bagnalo... Mi piace."
Non era più silenzioso, avevo creato un mostro. Il suo parlare sporco tuttavia era molto sexy e, col gorgoglio che usciva dalla mia gola, mi stava eccitando come si poteva vedere dalla mia verga. Per il momento ho messo da parte le mie necessità e ho continuato a bagnare il suo splendido cazzo. Il suo corpo ha cominciato a tendersi, era la strada che portava all’orgasmo e partiva dal suo piccolo culo sodo che si contraeva. Ho estratto il cazzo dalla mia bocca e mi sono tirato indietro. È sembrato quasi adirato per il fatto che mi ero fermato, ma sapevo che poi sarebbe stato felice nel provare quello che avevo progettato.
"Ti voglio completamente nudo" ho detto iniziando a togliergli le scarpe.
Si è seduto sul sofà per togliersi con più facilità scarpe, calze e pantaloni. Sembrava molto meno innocente seduto nudo sul divano, con le sue gambe allargate ed il grosso cazzo che puntava al cielo. Ho fatto scivolare in avanti le sue anche sul divano e gli ho alzato le gambe per mettere in mostra il suo buco del culo vergine.
"Cosa stai facendo?" ha chiesto freneticamente.
"Rilassati, ora tornerai giù."
Sembrava preoccupato, fissando il suo buco mi sono impegnato sulla fessura stretta, mi sono sputato su di un dito e l’ho passato intorno all'apertura finché non l’ho sentito rilassi un po’. Mi sono succhiato il dito per bagnarlo bene e poi l’ho fatto scivolare lentamente nella sua condotta. Si è dimenato ed imbarazzato ha tentando di sloggiare l'invasore dal suo culo, ma io ho spinto la mano e ho seppellito il dito sino alla nocca, l’ho mosso sino a che non ho trovato il punto. Ha smesso di contorcersi ed io ho capito di averlo trovato. Il suo sfintere ha afferrato ermeticamente il mio dito che ha cominciato a muoversi dentro e fuori. Enzo ha cominciato a contorcersi di nuovo, questa volta per attirare di più il mio dito nel suo culo affamato.
Ha piagnucolato come un animale torturato e questo mi ha detto che nessuno aveva giocato prima di allora col suo buco e quanto gli piaceva. Nessuna sorpresa, col dito che continuava a solleticargli la prostata, ho spalancato la bocca per accettare di nuovo il suo cazzo rigido. Enzo ha emesso un ringhio selvaggio e si è arcuato indietro, spingendo di nuovo la sua grossa verga nella mia gola.
Ho ingoiato il suo uccello bianco come un giglio sperando che questo lo distraesse dal fatto che gli stavo introducendo un secondo dito nel “tombino”. Non c'era bisogno di nasconderglielo, era già pronto. Il suo culo affamato ha ingoiato rapidamente il mio secondo dito nelle sue profondità spugnose.
Ho sloggiato la sua verga dalla mia gola, era sdrucciolevole e luccicante coperta da uno spesso strato di saliva. L'altra mano era furiosamente occupata a fargli un ditalino al culo. Gli stimoli combinati ben presto sono diventati più di quello che Enzo potesse sopportare. Il suo corpo si è teso, il suo culo si è stretto sulle mie dita e le palle gli si sono contratte contro il corpo.
Ho sentito il cazzo pulsare nella mia mano mentre il primo fiotto di sperma si alzava nell'aria. È atterrato sul suo torace ansante, seguito da un altro e poi da un altro. Sembrava non smettesse mai di venire spruzzando litri di sborra sul suo torace, sullo stomaco, sulla mia faccia e sui miei capelli. Gli ultimi spruzzi del suo carico potente finalmente sono gocciolati fuori dal suo cazzo che ha continuato a pulsare fino a che il rubinetto non si è asciugato. Ho dato alcuni colpi al suo attrezzo con la mia mano fradicia di sborra poi ho leccato ambedue per pulirli. Il suo sperma era dolce e fresco, come mi aspettavo, come lui. Ho cominciato a sentire i tormenti della colpa per quello che avevo appena fatto: avevo sempre detto che non avrei mai dormito con qualcuno che mi amava a meno che non lo amassi anch’io. Ed anche se tecnicamente non avevo dormito con Enzo, le conseguenze erano le stesse, potevo già potevo vedere le tracce di un sorriso felice che saliva sulla sua faccia. Non era il genere di soddisfazione che viene dopo aver chiavato con un estraneo casuale; era la gioia di fare l'amore con qualcuno che si ama.
"Era incredibile, Gian Paolo. Nessuno mai mi ha fatto sentire così prima di oggi. Io non posso aspettare... "
"Faresti meglio ad andare a fare una doccia" l’ho interrotto. "Ti sentirai ben sporco quando questa roba si sarà asciugata."
È sembrato confuso, ma in ogni modo si è alzato dal sofà ed è andato trottando in bagno. Io ero esaurito, ho pensato che forse la cosa migliore da farsi era andare a dormire e parlarne il mattino dopo. Sono andato nella camera degli ospiti e sono crollato sul letto, non c’è voluto molto perché mi addormentassi cullato dal rumore della doccia che Enzo stava facendo. Quando mi sono svegliato Enzo era seduto tranquillo su una sedia accanto al letto. Aveva indosso solo un asciugamano avvolto intorno alla vita e stava guardandomi dormire, io presumo.
"Cosa stai facendo?" Ho chiesto.
"Ti guardo dormire."
"Da quanto tempo sei lì?"
Ha alzato le spalle. "Da circa un'ora penso".
Il pensiero di lui che mi guardava dormire era raccapricciante e romantico. E lui sembrava così contento. Cosa avevo fatto?
"Sembravi così tranquillo, probabilmente potrei guardarti dormire ogni notte."
Ho sospirato. "Venia qui, Enzo, dobbiamo parlare."
"So già quello che dirai" ha detto alzandosi dalla sedia per sedersi accanto a me sul letto.
Mi sono girato e mio sono appoggiato ad un gomito. "Non voglio mentire."
"Non preoccuparti; io so già" ha detto facendo scivolare una mano sotto la mia camicia.
"Enzo, fermati" ho detto, ma lui ha ignorato la mia debole resistenza e ha continuato ad accarezzarmi cautamente un fianco.
"Perché stai lottando? Tu lo vuoi come lo voglio io." La sua mano è andata verso il mio cazzo che si stava già indurendo. "Vedi? Te l’ho detto."
Non ho fatto resistenza quando mi ha fatto rotolare sulla schiena. Io sono debole, non ho alcun problema ad ammetterlo. Ma se sentiste le sue mani forti che cercano il vostro pacco, anche voi sareste deboli. Mi accarezzava il corpo facendo scivolare contemporaneamente la mia camicia verso l’alto. Ora, col mio torace completamente scoperto, si è chinato e mi ha baciato i capezzoli. Mentre leccava e stuzzicava le mie tette, le sue mani erano occupate coi miei pantaloni.
Ho alzato le anche per permettergli di far scivolare in giù i pantaloni, li ho calciati via mentre lui estraeva la mia erezione furiosa dai boxer. L’ha guardato curioso e gli ha dato alcuni colpi esitanti. Guardandolo mi sono ricordato di come ero affascinato la prima volta che ho preso in mano il cazzo di un altro. La curiosità è diventata desiderio quando ha visto la prima goccia chiara di liquido pre seminale che usciva dall’uccello. Quasi istintivamente ha cacciato fuori la lingua e ha leccato la punta pulendola. Ha assaporato il gusto per un momento estraendo poi un'altra perla di nettare dal mio attrezzo dolorante sopra la sua lingua in attesa. Ha continuato per un po’ finché la cappella non è stata rivestita del mio liquido pre seminale e della sua saliva. Poi ha avvolto le labbra intorno alla verga luccicante e ha succhiato fuori il succo del mio cazzo come da una cannuccia.
"Unh, ooh... " Mi sono lamentato. "Se continui così mi farai sborrare troppo presto".
Ma Enzo voleva il gusto di cazzo e non voleva fermare il banchetto; ho pensato che avesse fame di cazzo, perché fare uno spuntino quando si può avere un pasto intero? Afferrando una manciata di capelli e tenendo la sua testa con forza, ho spinto la mia carne nella sua bocca finché non ho sentito che la punta colpiva il fondo. Da bravo ragazzo non ha smesso mai di succhiare anche quando il mio attrezzo gli ha riempito completamente la bocca. Calcolandolo il tempo giusto ho spinto in profondità nel momento in cui lui ingoiava un altro carico del mio liquido pre seminale. Il mio cazzo è scivolato diritto nella sua gola. Si è lamentò e ha sorriso del suo miglior sorriso.
"Sì Enzo così. Ce l’hai tutto in gola. Ora succhialo. Avanti... sì, così."
Guidato dalle mie parole di incoraggiamento Enzo ha succhiato impazientemente la mia carne, movendo la testa su e giù, era bello ma inesperto, un giorno o l'altro sarebbe diventato un grande succhiacazzi.
"Cazzo, sto sborrando!" Ho gridato.
Seguendo il suo istinto ha estratto appena il cazzo della sua gola per fermare l'eruzione imminente. "Non ancora", ha detto ansante. "Non fino a che non mi avrai chiavato con quella cosa."
"Sei sicuro? Io sono abbastanza grosso e tu non sei mai stato fottuto prima".
"Sono sicuro. Io so che è probabile che faccia male dapprima, ma voglio sentirti dentro di me. Il mio culo sta prudendo in attesa del tuo cazzo."
"Bene, allora vieni qui e mostrami di nuovo quel culo".
Enzo si è girato obbediente e mi ha presentato il suo buco da poco pulito dalla mia bocca affamata. L’ho aperto e ho spinto dentro la lingua più che potevo. Aveva ragione: il suo culo prudeva dal desiderio di essere riempito; ha dimenato selvaggiamente il culo vergine mentre io tentavo di muovere la lingua nella sua condotta. Ho fatto scivolare dentro facilmente un dito, poi un secondo ed un terzo. Ho estratto le dita e ho ispezionato il buco bagnato e aperto. Era pronto.
Gli ho dato un allegro ceffone sul culo prima di fargli segno di voltarsi. Si è girato e ha posizionato il culo in su verso il mio cazzo che si contorceva nell’attesa. Ho avvicinato il mio attrezzo al suo culo vergine e stretto e poi ho lasciato che Enzo ci cadesse sopra. La sua faccia ha mostrato dolore ma lui voleva essere chiavato. Ho capito di essere dentro quando ho sentito le sue chiappe pigiate contro le mie palle e dalla smorfia sulla sua faccia si capiva che faceva un male d’inferno. Mi sono messo a sedere e l’ho baciato.
"Fatto baby, l'hai tutto dentro, ora rilassati." L'ho baciato di nuovo e gli ho stretto con forza il culo.
"L'ho desiderato per tanto tempo, ma fa dannatamente male."
"Sì, lo so; ti stai comportando bene baby."
La sua smorfia si è rilassata mentre si abituava ad avere il retto stirato alla sua massima capacità, poi l'ho sentito lentamente avanzare e retrocedere dondolando, facendo muovere un po' il cazzo dentro e fuori di lui. Doveva essere bello da come si lamentava e roteava gli occhi, sicuramente quanto piaceva a me. Mettendo le mani sul mio torace per appoggiarsi, Enzo ha pressocché alzato le anche fino a che il mio cazzo non è scivolato fuori poi si è buttato di nuovo giù.
di
scritto il
2012-02-02
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