Puttana per antonomasia 1^ parte

Scritto da , il 2021-03-01, genere tradimenti

Sono Monia, la moglie "puttana" di Alfredo, che ha sempre gradito alla grande le "corna" che gli mettevo.
Questa volta voglio raccontare come capitò che mi feci scopare da un mio nipote acquisito; sì, acquisito perché figlio del fratello di mio marito.
Da tempo, avevo notato quanto questo ragazzo, di nome Dario, mi concupisse; restava letteralmente ammaliato quando, venuto in casa, fissava le mie cosce fasciate da calze nere Rht, che, per vero, non cercavo di nascondere alla sua vista.
Mi piaceva che le guardasse con desiderio, provando ad immaginare quanto potesse esserci più su e fantasticarci al punto di ricorrere a qualche sega.
Lo riferii a mio marito ed egli, con la serenità che gli è congeniale, mi esortò a lasciarlo fare: era giovane ed era bello che si eccitasse a vedere la moglie di suo zio disinvoltamente discinta.
Cominciai a pensare che le sue reiterate visite avessero, come scopo, quello di potersi eccitare, per poi sfogarsi con qualche sega.
Ne ebbi conferma una volta che, nel bagno, nella cesta dei panni sporchi, trovai delle mie mutandine ricoperte di sperma, che non poteva essere di mio marito perché, quando scopavamo, glielo prosciugavo con la bocca o si svuotava in fica o culo.
La mia fervida mente, protesa a far la "troia", cominciò a farmi vagheggiare sulla possibilità di potermelo scopare, senza però compromettere la psicologia del ragazzo.

Un giorno, mentre gli preparavo il caffè e, quindi di spalle, tirai la cintura della vestaglia così che, quando mi voltai, egli poté ammirarmi nella mia quasi totale nudità.
Indossavo il mio solito body di colore nero che, sulle cosce, era munito dei ganci per reggere le calze, anch'esse nere, al di sopra delle quali si stagliava l'abbondante porzione di cosce nude, tra cui era evidente il pelo della mia fica, priva di mutande.
Il ragazzo restò come imbambolato ed io, fingendo che lo spettacolino fosse dovuto al caso, dissi:
"Oh, scusa tesoro, questa benedetta cintura che si scioglie quando meno te l'aspetti; spero di non averti imbarazzato... del resto, per quanto sei bello, non puoi non sapere come son fatte le donne; io poi, che sono vecchia rispetto a quelle che sicuramente frequenti...".
"Oh, no, zia... tu non sei per niente vecchia e sei talmente sensuale che, ogni volta che vengo qui, non posso far a meno di ammirare in ogni tuo movimento.
Credi che le ragazze di oggi abbiano la stessa carnalità che dimostri di avere tu?
Esse sono scialbe, non stuzzicano più di tanto; tu, invece..."
Inutile dire che quelle parole mi fecero bagnare: quel ragazzo aveva toccato i tasti giusti ed io mi sentivo illanguidita oltre modo.

Prendemmo il caffè, mentre gli lasciavo scorrere gli occhi sulle cosce di nuovo scoperte in quanto, seduta, la vestaglia era caduta di lato; era chiaro che egli scrutava alla ricerca del "paradiso", scorto prima, solo per qualche secondo.
Capii quanto quel momento l'avesse eccitato e le pulsioni che di conseguenza provavo tra le cosce mi fecero decidere a prenderlo per mano e condurlo in camera.
Lì, tolsi definitivamente la vestaglia e mi accostai per spogliarlo.
Egli lasciò fare, senza minimamente preoccuparsi di quanto stava accadendo.
Toltigli i boxer, mi svettò sul naso un cazzo bello dritto e grosso; era troppo invitante per lasciarlo così senza gustarlo.
Quindi vi poggiai sopra la bocca e presi a succhiarlo; la sua reazione fu immediata:
"Oh, zia, che mi fai? Sapessi quante volte ho pensato e desiderato questo momento ed ora, che sta succedendo, mi sembra di vivere un sogno: fermati, altrimenti vengo nella tua bocca".
Era proprio quello che volevo, per cui insistei con maggior vigore, finché mi riempì la bocca del suo seme. Con la bocca piena, lo guardai negli occhi, facendogli vedere quanta ne avevo raccolto, poi ingoiai tutto.
"E' buona, sai? Ora però ricambia il piacere che ti ho dato... lecca e pulisci la passera di tua zia, che è ridotta ad un lago".
Non se lo fece ripetere e, devo dire, ci si mise d'impegno, perché mi provocò un fantastico orgasmo.
Quell'operazione fu miracolosa per il suo fallo, che ritornò di nuovo duro e potente.
"Zia cara, il profumo ed il sapore del tuo gioiello mi ha riportato di nuovo in tiro: mi farai ancora godere con la bocca?"
"No, nipote mio, vieni qui, fra la braccia di tua zia ed affonda questa tua favolosa verga nella mia micetta vogliosa".
Appena scivolò dentro, gli avvolsi i reni con le gambe, per sentirlo più profondamente possibile e, nel contempo, impartirgli, il ritmo della chiavata.
Eravamo in quella posizione e nel più bel momento del coito, quando sentimmo aprirsi la porta d'ingresso all'appartamento.
Mio nipote ebbe l'impulso di togliersi, ma io lo bloccai con le cosce e gli dissi:
"Tranquillo, tesoro, è tornato tuo zio e non è un problema; vedrai che sarà contento a vederti qui con me, che ci divertiamo".

Dopo poco, infatti, egli giunse in camera e vide con il maschio a cavallo di me, tutto nudo. Andava su e giù e, ad ogni risalita poteva di sicuro vedere il cazzo duro di lui, che mi chiavava con ardore.
Si avvicinò e poté riconoscere suo nipote.
"Bravi, continuate pure!" Esclamò Alfredo, mentre il nipote continuava a pistonarmi con rinnovata vigoria.
Si avvicinò a noi godendosi lo spettacolo della moglie chiavata: mi guardava la fica completamente bagnata dagli umori di entrambi; il ragazzo aveva già goduto nelle profondità della mia fica ed il suo sperma era visibile perché colava dalle labbra esacerbate.
Ero talmente eccitata da quella situazione che tenevo gli occhi socchiusi; mi stavo godendo quel cazzo alla grande ed osservavo mio marito che si masturbava davanti alla scena che si svolgeva sotto i suoi occhi.
Ebbi una serie di fremiti, che evidenziarono l'ulteriore orgasmo che mi assaliva.
Mi staccai dal nipote e mostrai ad Alfredo la fica grondante, mentre il nipote si teneva il cazzo duro in mano per seguitare a segarselo.
Mio marito si avvicinò di più, mostrò un attimo di dubbio e poi si chinò sul corpo del nipote, aprì le labbra ed imboccò il suo cazzo.
"Bravo" esclamai "finisci tu, fallo godere; io ne ho avuto abbastanza".
Alfredo aspirò la cappella, dardeggiandola con la lingua; il ragazzo ebbe un fremito, ed io, indovinando quanto stava succedendo, gli spinsi la testa sul fallo, costringendolo ad ingoiare i getti di sborra.
Dopo aver ingoiato tutto, senza mostrare un minimo di vergogna, lo tirai a me e gli dissi:
"Dai, ora lecca e ripulisci anche me... lo sai quanto mia piace".
Nel frattempo, il nipote si era rivestito e, dopo averci salutato, se ne tornò a casa.

Passò del tempo, poi un giorno suonò il telefono e mio marito andò a rispondere:
"Pronto, zio, mi passeresti zia Monia?"; ricevuta la cornetta, risposi:
"Dimmi, caro..."
"Zia, mi fanno male le palle... ho bisogno di te!"
"Cos'è successo?"
"Sono circa due mesi che non scopo e che non mi faccio una sega. Ho le palle talmente gonfie che mi fanno male".
Certo non era per niente edificante sentirsi dire quelle cose, ma, esser presa per una svuota palle, mi lusingò: mio marito mi apostrofava sempre con il termine "puttana" e, per vero, tale mi sentivo e la cosa mi eccitava da matti.
"Vieni subito da zia, tesoro, mi troverai pronta".
"Mettiti quelle calze, mi raccomando !"
"Certo, è ovvio..."
Ebbi appena il tempo di darmi una rinfrescata, una spruzzata di profumo e indossare le calze che tutti i maschi adorano, quando sentii suonare il campanello.
Ero in ciabatte, ma indossavo delle Rht color cammello. Mio nipote era davanti a me e mi mangiava con gli occhi.
"Fammi vedere" gli dissi.
Si sfilò subito i jeans e me lo mostrò. Mi scappò di dire:
"Mamma mia, Alfredo, guarda che roba!".
Tolsi la vestaglia e, proprio come le "puttane", con le sole calze, perché non avevo indossato né reggiseno ne mutande, lo condussi in camera da letto.
Appena lì, si sdraiò nudo sul letto, ed io tolsi le sole ciabatte. Presi a leccargli dolcemente la cappella, giusto per fargli sentire il calore della mia bocca.
Quella mia iniziativa durò poco, perché si posizionò su di me e sentii le grandi labbra, ormai umide, forzate da quella meravigliosa cappella.

Lasciai che mi penetrasse a fondo, fino a sentire il pelo del suo pube solleticarmi la fica.
Si era attaccato con la bocca ai miei capezzoli, proprio come fa un bambino nei confronti di quelli della madre, mentre lo sentivo scorrere dentro di me, avanti e indietro, temendo che esplodesse all'improvviso.
Infatti, non resistette molto... "Oddioooooo, ziaaaaaa... vengoooo.... aaaahh".
Prese ad irrorarmi l'utero con una potente e lunga sborrata; intanto, però l'uccello gli restava duro.
Contai quasi, i getti di sborra che mi riempivano come un bignè: "Uno... due... tre", mentre continuava a pomparmi e sbattermi le palle sul culo.
Venni, a mia volta e, scossa da quelle sensazioni, dicevo:
"Dai... dai... dai... uuuhhhhmmm... che bello,,, scopa la tua zia "puttana" !"
Lo sfilò da me che era ridotto ad un arnese floscio, privo di tutta la sua consistenza, mentre dalla fica usciva quello che sembrava il contenuto di un bicchiere di yogurt denso e cremoso.
"Stai meglio, ora?" gli chiesi da perfetta svergognata.
"Sì, grazie zia".
Si rivestì, mentre mio marito mi ripuliva la fica con la lingua, e fu lui, tra una lappata e l'altra, a dire:
"Chiama, pure, se e quando hai bisogno; la zia sarà sempre pronta ad alleggerire la tua tensione".
Ecco la frase che decretava compiutamente la mia funzione di autentica "puttana".

(continua)

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