Sex 8 Esibizioniste di borgata

Scritto da , il 2020-04-09, genere esibizionismo

“Quello? Uno così ce l’ha anche mia zia!”, ironizzò Iolanda guardando il vestitino che Bea aveva lanciato sul letto.
“Ora te la faccio vedere io tua zia...”, rispose Bea affannandosi a cercare qualcosa nel cassetto delle mutande. Ne uscì trionfante con in mano qualcosa che era poco più che uno straccetto.
“E quello?”, chiese Iolanda osservando un perizoma tipo filo interdentale e un reggiseno più o meno coordinato. Entrambi bianchi, entrambi ridottissimi, entrambi praticamente trasparenti.
“Una cazzata, mai messo... con il pelo poi ero ridicola. Lo volevo mettere con Ric ma mi vergognavo. Mi sembrava troppo da troia”, rispose Bea, “esci un attimo per favore?”.
“Esco, esco, tanto la patata te l’ho già vista...”, disse Iolanda allontanandosi, “comunque con tutto il casino che facevi mi sa che l’ha capito lo stesso che sei un po’ troia ahahahah...”.
Bea si cambiò in un battibaleno, uscì dalla sua stanza per presentarsi a Dada. Dr Martens ai piedi invece delle All Stars granata, che sbattevano con il verde a fiorellini del vestito. Che era chiuso sul davanti con dei bottoncini ma, soprattutto, quasi non arrivava a metà coscia.
“Tua zia, eh?, disse aprendosi un bottoncino all’altezza dell’incavo dei seni. “Pronta!, annunciò poi afferrando un giubbottino jeans per il fresco della sera, “dove andiamo?”.
“Lo scopri quando arriviamo!!” disse Dada con fare enigmatico.


“Ma questa è…..”disse Bea scendendo dalla macchina e guardandosi intorno confusa.
“Una sagra di paese!!” disse entusiasta Dada.
“Cioè…fammi capire abbiamo fatto 15 minuti di macchina…mi sono vestita così e tu…mi porti ad una sagra??”
Dada mentre l’amica parlava aveva tirato fuori il lipgloss dalla borsa e se lo stava mettendo sulle labbra.
“Lucido?”, chiese poi porgendolo all’amica
“No…posso sapere perché siamo qui?”, chiese Bea iniziando a credere di avere frainteso il senso della sfida.
“Primo, ho fame e qui fanno da mangiare… e consiglio, se non vuoi vomitare a metà serata conviene pure a te farti del fondo”, disse Dada rilanciando il lip gloss nella borsetta “Secondo, perché io ho una vera dipendenza verso le pesche di beneficenza… adoro tutti i premi inutili che puoi vincere! … e terzo perché è pieno di vecchietti a cui far tirare un po’ il cazzo!“.
“Bè i 40enni ok... ma qui il più giovane ne ha 60, se va bene!”, disse Bea guardando le persone che stavano entrando nel parco in cui c’era la sagra.
“Ti stai per caso tirando indietro? Vinco così facile?”, chiese Dada guardandola con aria di sfida.
“Nemmeno per sogno... scordatelo proprio...”, disse Bea in pieno spirito agonistico.
“Ok, allora prima sfida...”, disse Dada avvicinandosi all’amica. “lo vedi quel vecchietto seduto all’ingresso, quello che prende le offerte libere?”.
“Si...”.
“Dobbiamo fare un selfie a testa con lui sedendosi sulle sue gambe e strusciando il culo sul suo cazzetto rattrappito...”.
“Tutto qui? Che ci vuole… tu hai lanciato la sfida quindi a te l’onore di iniziarla…”.
Dada e Bea s’avvicinarono all’ingresso. Iolanda si guardò intorno per essere sicura che quel vecchietto che sembrava aver superato già da un po’ i 70 non avesse una consorte vicino. L’ultima cosa che voleva era una rissa con una vecchia… anche se in effetti sarebbe stato divertente!
“Che ridi?”, chiese Bea vedendo l’amica sorridere a quel pensiero.
“Immagina se esce sua moglie e ci mena col bastone...ahahha”, rise Iolanda.
“Quanto sei cretina!!” rise Bea.
Ormai erano all’ingresso, il vecchietto davanti a loro. Dada prese un euro e lo mise nel cestino delle offerte.
“Grazie signorina... la parrocchia ne farà buon uso!” disse il vecchietto.
“Andiamo bene”, pensò Dada. Senza saperlo erano finite ad una sagra parrocchiale, se per caso prima aveva avuto dubbi ora ne era certa… l’inferno l’aspettava!
“Ma lei sta qui da solo tutta sera?”, chiese Dada al vecchietto.
“Eh son troppo vecchio per fare festa… aiuto come posso..”.
“Ooh ma lei non è vecchio per niente… posso fare una foto con lei, così la metto su Instagram e faccio pubblicità alla festa?”.
“Oh si certo...”, disse il vecchietto con l’espressione di chi si chiedesse cosa fosse Instagram.
“Figo!”, Iolanda prese il suo cellulare e senza dargli il tempo di alzarsi si sedette sulle sue gambe e fingendo di trovare la posizione giusta strofinò il suo sedere sull’inguine del vecchietto, certo non ci furono segni di vita laggiù, ma dalla sicurezza con cui il vecchio le posava le mani sui fianchi era chiaro che gradiva quel contatto.
“Ecco fatto.. grazie! Come si chiama?”.
“Umberto”.
“Fai anche tu una foto con Umberto?”, chiese a Bea alzandosi e facendo bene in modo che lui per una frazione di secondo avesse il sedere fasciato in quella gonna stretta in prima visione.
Poi scansandosi per guardare Bea portare a termine quella sfida.
“Le dispiace? Così la pubblicità per la festa sarà doppia!”, chiese Bea sorridendo e chinandosi davanti all’omino seduto. In quella posizione la sua scollatura era praticamente davanti ai suoi occhi. Bea non aveva le tette generose di Iolanda ma si difendeva bene. La trasparenza del reggiseno fece il resto.
Con lo sguardo perso lì dentro il vecchietto ci mise qualche secondo per rispondere, sembrava ipnotizzato. “Ma certo... signorina, certo!”, disse con la voce un po’ strozzata.
Bea si voltò per sedersi sulle gambe dell’uomo ma rimase per qualche secondo così, piegata un po’ in avanti, in modo che stavolta fosse il suo culo davanti agli occhi del poveretto. Era praticamente certa che la morbida gonna del vestitino si fosse leggermente infilata tra le sue chiappe.
“Dada, ce la puoi fare tu che viene meglio?”, chiese porgendo il telefono all’amica per giustificare la sua permanenza in quella posizione.
Si sentì abbrancare dalle mani del vecchietto, praticamente ad altezza culo, e tirare giù. “Ehi, così ci facciamo male!”, sorrise colpita da quella veemenza e mettendogli un braccio intorno al collo. Si strinse un po’ per strusciare il seno sul petto di Umberto e il sedere sul suo pube, che non mostrò nessun tipo di reazione.
Scattata la foto si rialzò: “Grazie Umberto, vedrà che bella pubblicità faremo alla sua festa!”.

“Bisogna sfidarci tra di noi, non far prendere un infarto ai vecchietti”, disse Dada rimproverando scherzosamente Bea, “idee per la prossima?”.
“Ma che carino che era!”, rispose ridendo Bea, “Idee? Me l’hai fatta venire tu con quella storia della moglie” Troviamo qualcuno e divertiamoci a provocarlo, ma non deve essere da solo... quei due, per esempio, che dici? Ci sediamo a quel tavolino e... poi vediamo che succede, facciamo un po’ per una”.
Iolanda seguì lo sguardo di Bea e vide una coppia un po’ in là con gli anni, probabilmente dai 55 ai 65, che si annoiava in attesa che cominciasse lo spettacolino della parrocchia. Adocchiò anche il tavolino di cui parlava Bea, di quelli da bar, tondi e un po’ sbilenchi, ricoperto da aghi di pino. Pulirono sommariamente le sedie e si accomodarono a non più di cinque-sei metri dalla coppia. La moglie sedeva abbastanza impettita con la borsetta sulle ginocchia, gli occhi fissi sul palco ancora vuoto. Il marito si guardava intorno. Non poté non notare le due ragazze che di fronte a lui mostravano buona parte del loro ben di dio accavallando le gambe. E soprattutto non poté non notare che Bea non gli staccava gli occhi di dosso, quasi subito imitata dall’amica. Distolse due o tre volte lo sguardo, per poi tornare ad osservarle di sottecchi. Cosa di cui naturalmente sia Iolanda sia Bea erano ben consapevoli. Bea, che lo guardava con un sorriso quasi impercettibile sulle labbra, all’improvviso alzò e allungò le gambe sul tavolino, incrociandole e sussurrando a Dada “vediamo ora che fa...”. La gonna del vestitino le risalì di molto, lasciando scoperta una buona parte della coscia. Facendo finta di sistemarsi i capelli, si inarcò sporgendo in fuori le tette, e facendo finta di controllarsi la scollatura finì per allargarla leggermente, fermandosi solo un po’ prima che diventasse indecente. “Chissà che pensa”, sussurrò Bea all’amica. “Che erano decenni che non vedeva una zoccola come te!”, rise Iolanda imitandola e stendendo le gambe sul tavolino.
La sua gonna di pelle, attillatissima, salì di quel poco che poteva ancora salire. Ma Iolanda sfidò Bea a spingersi oltre.
“Vediamo se te la senti di fare questo...”, disse allargando le gambe per quel che poteva.
La prima cosa che Bea notò fu lo sguardo dell’uomo, che ormai la ignorava e puntava direttamente tra... tra le cosce un po’ aperte di Dada!
“E dai! Poi la zoccola sarei io?”, sibilò all’amica.
“Vuoi perdere?”, le rispose Iolanda ormai con lo sguardo puntato sul poveraccio, i cui occhi facevano ping-pong tra le gambe di Iolanda e la moglie, ancora ignara di tutto.
Bea piegò quasi con rabbia le ginocchia, aprendole un po’ e offrendo alla vista del malcapitato la visione del suo perizoma trasparente. Ma a Iolanda questo non bastò ancora.
“Fagliela proprio vedere...”, mormorò facendo finta di sistemarsi laggiù in basso ma scostando in realtà per un paio di secondi le proprie mutandine.
“No, questo non lo faccio!”, sussurrò Bea, sbottando e richiudendo le gambe.
Iolanda volle essere certa della sua vittoria, e tenne le gambe aperte finché non vide Bea ricomporsi in una posizione decisamente più consona. Poi si rimise a sedere compostamente anche lei, senza nemmeno accavallare le gambe.
“Ci siamo dimenticate lo shottino, quindi dato che ho vinto deciderò io: ti piace il rum? Ahahahah... chissà se qui ce l’hanno”.
“Io credo che…”disse Bea ma non fece in tempo a finire la frase.
Iolanda stava scannerizzando le bottiglie di superalcolici dietro a quel bar improvvisato
“Rum…ce l’hanno!! Uno a zero per me stronzetta!!”disse alzandosi.
Pochi istanti dopo tornò al tavolino con due shottini di rum dei bicchierini da caffè di plastica e una porzione di fritti misti ( crocchette di pollo e di patate, patatine, olive, chele di granchio e anelli di cipolla)
“E questo?”, chiese Bea guardando il piatto
“Me l’ha offerto il tipo al bar...”, rispose Iolanda
Bea si girò a guardarlo , avrà avuto massimo 18 anni con la faccia da imbranato in piena regola.
“In cambio di cosa?”, chiese maliziosa l’amica addentando una crocchetta di pollo.
“Di niente, giuro…”, replicò Iolanda porgendo a Bea il suo shottino.
“Dada?”, chiese sospettosa l’amica prendendolo.
“Di niente giuro…dai bevi!”, disse avvicinando il suo bicchierino a quello di Bea.
Quest’ultima non era certa se crederle o meno, ma era stata via troppo poco tempo per aver potuto fare qualche zozzeria con il pivello e poi avevano una sfida in corso e lei stava perdendo...
Entrambe buttarono giù il rum.
“Cazzo!”, imprecò Dada. Quello era il rum più scadente che avessero mai potuto immettere sul mercato.
“Della benzina era più buona!”, commentò Bea.
“Uuuh guarda c’è il prete!”, disse Iolanda vedendo un uomo sui 50 anni in abito talare avvicinarsi ad un gruppo di persone.
“No dai il prete lasciamolo in pace!”.
“Perché? Hai paura di Lucifero?”, chiese Dada prendendola un po’ in giro.
“No. però…”.
“Ok ok… lasciamo in pace il prete… per ora…”, disse con fare magnanimo Iolanda.
Una volta finito il piatto di fritti Iolanda decretò con uno “Sfida!” l’inizio di una nuova prova.
“Che ne dici di mostrare le tette al tipo della pesca di beneficenza?”.
“Ma c’è una donna con lui!”.
“Lo so…”, disse Iolanda alzandosi, “la cosa del rompere i coglioni a chi non è solo l’hai iniziata tu... che fai ti tiri indietro?”.
“Non ti faccio fare un altro punto!”, disse Bea alzandosi.
Andarono al piccolo stand dove c’era la pesca…il cartello diceva :
“1 pescata 2 euro
4 pescate 5 euro
12 pescate 10 euro
si vince sempre!”.
“Per me 5 euro, grazie”, disse Dada porgendo all’uomo la banconota.
L’uomo le prese i soldi dalla mano e le porse l’urna con dentro i bigliettini.
“Uuuh che emozione!”, disse Dada saltellando e facendo sì che il suo seno sballonzolasse dentro a quel semplice reggiseno a fascia.
Il movimento non passò inosservato al pover’uomo inconsapevole vittima di quella sfida.
Iolanda iniziò a pescare i suoi biglietti facendo in modo che ad ogni pescata il suo braccio strofinasse sul reggiseno e lo abbassasse sempre un po’ di più. Alla 3 pescata poteva sentire entrambi i suoi capezzoli toccare l’impalpabile tessuto trasparente della sua camicia.
L’uomo non l’avvisò , non le disse nulla continuò a sorriderle cercando di non rendere troppo evidente dove i suoi occhi cadessero ogni volta che la guardava.
“Ecco l’ultimo, conta lei i punti? Sa non sono brava in matematica…”, disse Dada porgendo i bigliettini pescati.
“Certo…”, disse l’uomo godendosi la visuale che la “fortuna” sembrava avergli regalato quella sera.
“134… hai vinto uno di quei peluche”, disse infine lui.
“Lo scelga lei…”disse ammiccante Dada sempre con le tette ben visibili sotto la trasparenza della camicetta.
L’uomo prese il primo che gli capitò in mano, un coniglio, e glielo diede.
“Grazie è meraviglioso…”, poi abbassando lo sguardo per guardare il coniglio nelle sue mani fece “ops... ogni tanto scappano fuori, scusi”, disse ricoprendosi i seni e facendogli l’occhiolino.
“Non l’avevo notato!”, mentì l’uomo arrossendo.
“Già…lo immagino…”, rispose sarcastica Iolanda “tu peschi?”, chiese all’amica.
Era un messaggio subliminale in realtà “ Porti a termine la sfida o segno il secondo punto?”

Bea, per nulla al mondo, si sarebbe tirata indietro. Voltandosi per prendere i soldi nella borsa, senza darlo a vedere aveva già spinto a metà asola un altro bottone del vestitino, cosicché voltandosi di scatto si aprì del tutto. Incrociò lo sguardo di disapprovazione della donna che gestiva lo stand insieme a quello che probabilmente era il marito. Uno sguardo che era dedicato a Iolanda, non ancora a lei.
“Cinque euro anch’io!”, cinguettò all’uomo. I cui occhi erano persi nell’ormai profondissima scollatura della ragazza. Non solo l’incavo tra i seni, ma anche il tessuto che univa le coppe e anche parte delle coppe stesse era in esposizione. E la situazione peggiorò – ma dal punto di vista dell’uomo dello stand migliorò – quando lei si piegò leggermente in avanti sul bancone. Ormai lo sguardo di quel signore si era incollato sul suo décolleté.
Bea finse di non accorgersene, Allungò il braccio verso l’urna per prendere i numeretti, aprendo ancora di più la scollatura. Sapeva benissimo che sotto la trasparenza bianca del reggiseno i suoi capezzoli bruni erano visibilissimi, tuttavia era consapevole che ciò non sarebbe bastato a vincere la sfida con Dada. Lasciò cadere i bigliettini sul bancone chiedendo all’uomo “li può contare anche a me per favore?” e fingendo con l’espressione del viso un certo fastidio fisico. Con la coda dell’occhio intercettò anche l’espressione della donna dello stand che ormai guardava anche lei con un certo disgusto.
“Mi scusi un secondo”, disse portando un’unghia sotto il bordino del reggiseno e grattandosi la tetta. Il gestore della pesca guardò i bigliettini gettati sul bancone e poi tornò fisso con lo sguardo su Bea.
“Dimentico sempre che questo reggiseno... dopo un po’ mi dà fastidio... vede? E’ tutto rosso...”, disse Bea mostrando la pelle in realtà arrossata dal suo grattarsi. Poi, fingendo di scostare un po’ di più la coppa, spinse fuori per un secondo praticamente l’intera tetta.
Fingendo la risata di una bambina che l’aveva fatta grossa, guardò per un momento l’uomo negli occhi. Lui non ricambiò lo sguardo, era concentrato altrove.
“Hihihi... mi scusi... oh ma santa pace, qui è tutto aperto”, disse Bea ricomponendosi in fretta e riabbottonandosi anche il vestitino. Poi si massaggiò la tetta come a confermare che il prurito c’era ancora. Un massaggio leggero, però, non molto lontano da quelli che si dedicava masturbandosi.
“Allora? Che ho vinto?”, chiese con un tono di voce assolutamente normale.
L’uomo si risvegliò e cominciò a contare i punti sui bigliettini. A metà perse il conto e dovette ricominciare da capo.
“Questo...”, disse con un filo di voce porgendole un pelapatate preso a caso, “ha fatto solo 68, signorina...”.
“Che peccato...”, rispose Bea con un sorriso, “speravo di fare almeno 69... Grazie comunque, buonasera... buonasera anche a lei signora”, disse rivolta alla donna che ormai la guardava esplicitamente con odio.
Preso il pelapatate si voltò allontanandosi con Dada e accentuando molto il suo sculettamento.
“Ci serve a casa un pelapatate?”, domandò.
“Quella avrà pensato che siamo due puttane in trasferta”, le sussurrò ridendo Iolanda.
“Eh... c’è tanta cattiveria in giro”, sospirò Bea. “Io però ho ancora fame, tu?”.

Il ragazzotto del bar quando vide tornare Iolanda quasi si trasfigurò. “Andiamo bene”, pensò Bea.
“Dada, ti dispiace andare a fare gli scontrini? Io intanto ordino due hot dog”.
“Ma a me non va per nulla un hot dog”, rispose Iolanda.
“Ti va, ti va... ti assicuro che ti va...”, le rispose Bea, “e prendi anche un paio di birre”.
Dada comprese che quella di Bea non era una semplice ordinazione, bensì una nuova sfida. Anche se non capiva bene di che sfida si trattasse. Per lei era chiara solo una cosa: la sua amica aveva preso di punta l’imbranato.
Più che imbranato, un vero coglione, pensò Bea guardando la faccia del ragazzo. “Ci fai due hot dog e due birre?”, gli domandò Bea, “la mia amica adesso torna con gli scontrini”.
Il ragazzo obbedì, ma fu necessario che Bea glielo ripetesse una seconda volta, perché la prima, sfidando qualsiasi legge sull’umana intelligenza, lui le disse che per ordinare serviva lo scontrino. Quando Iolanda tornò, in ogni caso, gli hot dog erano adagiati su due piattini di plastica.
“Salse?”, domandò il ragazzo.
“Un po’ di ketchup sul pane, grazie”, rispose Bea.
“Faccio da sola”, disse Dada cercando in un cestino un paio di bustine di maionese.
Il ragazzo spruzzò una dose di ketchup assai stitica su una metà del panino di Bea e lo richiuse. Lei lo prese e addentò un pezzettino di pane, masticandolo assorta. Iolanda la guardava chiedendosi cosa avesse in mente, mentre era intenta ad aprire una bustina di maionese che non ne voleva sapere di cedere.
“Scusa, posso dirti una cosa?”, chiese Bea rivolta al ragazzo del bar, che annuì. Sembrava rigido come uno stoccafisso.
“Vedi caro, questo pane non va bene, è troppo secco... è proprio uno di quei classici paninacci da hot dog che si vendono al discount, ma non lo puoi dare alla gente. Peccato, perché invece il wurstel è proprio buono”.
Detto questo, Bea iniziò a spingere il salsicciotto avanti e indietro nella sua bocca, come stesse mimando un pompino. E mentre lo faceva chiudeva gli occhi.
“Ma forse sono io che sono troppo indulgente”, disse interrompendosi un attimo, “a me i wurstel piacciono tutti”. Poi ricominciò il suo simil-pompino, cacciando fuori la lingua per leccare la carne ogni volta che la tirava fuori dalla sua bocca.
Iolanda, dopo aver vinto la battaglia con la bustina di maionese, prese anche lei il wurstel tra le dita spruzzando sulla punta tutta la salsa. Immediatamente dopo cominciò a leccarla. Più per spargerla sulla salsiccia che per mangiarla. Poi cominciò anche lei a spompinare il wurstel, arrivando a infilarselo tutto in gola. Il ragazzo del bar, che già le guardava sudando leggermente, impallidì.
“Non pensi che certe volte... la parte migliore sia la salsa?”, chiese Iolanda a Bea.
“Soprattutto quando è parecchia”, sorrise Bea dopo averla imitata ed esserselo infilato tutto fino in fondo, “ma a me piace prima gustarmi bene il wurstel”.
“Vedi amico”, disse aprendo il panino di fronte al ragazzo, “ce ne vuole tanta, di salsa, così anche la mollica di un panino scadente come questo si ammorbidisce”.
Afferrò una bustina di ketchup e una di maionese dal cestino e le spruzzò sopra il pane, adagiandovi sopra il wurstel e richiudendo tutto.
“La mollica deve un po’ bagnarsi... deve essere morbida e bagnata, così il wurstel entra meglio e... tutti sono contenti”.
Prese la birra, si girò e se ne andò, cominciando a sbocconcellare l’hot dog. Iolanda rimase qualche secondo a guardare il ragazzo, ormai rosso come un tramonto sul deserto, ammiccandogli davanti.
“Ma è un caso o laggiù sei sempre così? No, perché se sei sempre così magari un giorno di questi ripasso”, gli disse.
Lui si guardò il cavallo dei pantaloni, deformato da una irresistibile erezione. Quando rialzò gli occhi Iolanda se ne era già andata con la sua birra in mano, dopo avere buttato l’hot dog nel cestino.
Rimasero ancora un pò a girovagare per quella sagra ,giusto il tempo di finire le loro birre e di bere altri due shot, poi decisero di spostarsi in un locale poco distante da lì.
Non era certo una delle discoteche alla moda , anzi, tutto sommato sembrava davvero parecchio squallida anche solo guardando l’ingresso, ma era perfetta proprio per quello!! Di sicuro li non avrebbero incrociato qualcuno che le potesse conoscere.
“Togliti le mutande”, disse Dada prima di scendere dalla macchina iniziando a sfilarsi le sue.
“Perché?”, chiese Bea iniziando però a togliersele anche lei.
“Poi lo scopri…dammele le tengo io!”, disse Dada prendendo anche il mini perizoma dell’amica e mettendolo nella borsa con il suo.
I due buttafuori all’ingresso sembrano due gorilla annoiati e vedendole avvicinarsi all’ingresso sembrarono riprendersi dalla noia iniziando a mettere in bella vista bicipiti e pettorali .
“Per due bellezze come voi l’ingresso è gratis!”, disse uno dei due aprendo loro la porta.
Ringraziarono ammiccanti ed entrarono.
Non c’era il pienone , anzi e guardandosi intorno notarono che c’erano sicuramente più ragazzi che ragazze.
“uhm… posto interessante…”disse Dada guardandosi intorno cercando di pensare alla prossima prova da lanciare, poi la prese per mano trascinandola verso un divanetto con due tipi, pure un po’ volgarotti con il mood dei rapper newyorkesi.
E senza dire nulla si sedette davanti a loro. Bea si sedette a fianco a lei.
“Ciao…possiamo sederci si?”, disse Dada dopo averlo già fatto
“Come no! Vi stavamo aspettando!”, disse uno dei due col fare da duro.
“Uh hai sentito Bea!! Ci aspettavano!”.
“Eh notevole!! Prevedono il futuro!!”disse sarcastica Bea.
“E dato che ora siamo arrivate potete offrirci da bere…”disse Dada.
“E voi in cambio che ci date?”, chiese uno dei due
Dada prese dalla borsa entrambe le slip appoggiandole sul tavolino.
“Io vorrei un cuba libre…tu ?”chiese a Bea.
“Io no, un gin tonic... poco tonic”, rispose l'amica senza rendersi conto di essere ubriaca già da un bel po'.
I due per qualche istante guardarono le mutande sul tavolino.
“Cos’è uno scherzo?”, chiese quello con la faccia più tamarra
“No... vedi stiamo facendo un giochino…dobbiamo capire chi fra noi due è più zoccola”, disse Dada
“Per ora è lei in vantaggio”, aggiunse Bea.
“Vero, ma se i nostri nuovi amici qui giocano con noi puoi passare in vantaggio”.
“Mi aiutate?”, chiese Bea innocentemente, portandosi con fare studiato un dito alle labbra e accavallando le gambe.
“Volentieri .. “disse l’altro alzandosi ed andando verso il bar per prendere da bere.
“Ok... allora, il gioco è facile… un punto alla mia amica se indovini quali sono le sue mutande…”, disse Dada “ed un punto bonus se lei poi te la fa vedere…”.
“Eh ma così gioco solo io!”, protestò Bea.
“Quando torna il suo amico decidi tu cosa devo fare io …”, le rispose Iolanda.
Bea guardò il tamarro Rap “quindi.. quali sono le mie?”, gli chiese.
Lui sorrise poi con fare quasi sicuro prese quelle bianche … forse per pura fortuna, forse deducendolo dal loro abbigliamento.
“Visto ora, siamo pari!”, disse Iolanda all’amica
“Ora me la fai vedere?”, chiese il tamarro guardando Bea.
“Giusto …ora gliela fai vedere?”, chiese Dada appoggiandosi con la schiena al divanetto ed incrociando le braccia.
Era sicura che Bea non l’avrebbe fatto, alla sagra non aveva avuto il coraggio di scostarsi le mutandine figuriamoci se avrebbe mostrato la sua figa a quel ceffo… aveva giocato di strategia e sperava di non essersi sbagliata. Purtroppo per lei non aveva idea di cosa potesse diventare Beatrice sotto i fumi dell'alcol.
Si alzò, andandosi a piazzare a un centimetro dalle ginocchia del grezzo. "Un telefono ce l'hai, spero...", gli disse.
"Uh, sì... perché?", chiese lui.
"Eh, perché...", gli fece il verso Bea, "perché fartela vedere solo una volta quando potresti vederla sempre? Dai, mettilo sotto la gonna e scatta una foto", disse allargando un po' le gambe.
Il tamarro non se lo fece ripetere due volte, anche se bisticciò a lungo con il telefono mentre Bea lo sovrastava e gli diceva un po' prendendolo per il culo "assicurati che parta il flash".
Lui ne scattò tre o quattro di foto, per sicurezza, affrettandosi ad aprire la galleria mentre Bea tornava a sedersi sul divanetto accanto a Dada, guardandola con aria di sfida.
"Non sono certa che basti", ridacchiò Iolanda.
"No? Ahahahahah... lo sai che ho un déjà vu?".
"Di già cosa?", si intromise il tamarro staccandosi per un istante dalle foto.
Bea scoppiò a ridere. Tirò su le ginocchia mettendo i tacchi degli anfibi sul divanetto, incurante di sporcarlo. Spalancò le cosce facendo risalire la gonna e spingendo un po' il sedere verso il bordo, mostrando la sua natura al ragazzo che ormai guardava imbambolato. Bea pensò che a lui no, ma a quello che era andato a prendere da bere gliel’avrebbe volentieri offerta da leccare, in quella posizione. Immediatamente dopo però distolse il pensiero su Riccardo e su tutti gli orgasmi che la sua lingua le avevano procurato.
"L'ultima volta che ho fatto una cosa del genere è stata a una festa, però per essere scopata...", disse Bea a Iolanda, si sentiva vagamente eccitata e pensò di giustificarsi un po’ in questo modo.
"Beato lui...", sospirò il ragazzo ormai sotto ipnosi.
"Ricordassi almeno come si chiamava...", disse Bea sempre fissando Iolanda.
"La devi far vedere a lui, non a tutta la discoteca", la rimbeccò l'amica, un po' seccata, "ora le cosce le puoi pure chiudere".
"Mi sono perso qualcosa?", chiese il secondo tamarro tornando con i drink.
"Questa mi ha fatto vedere la figa per scommessa", gli rispose l'amico indicando Bea, "ho pure le foto".
“E a me non la fai vedere?”, domandò il ragazzo con un sorriso ironico porgendo i bicchieri alle due amiche.
“No, a te la fa vedere lei... dai Dada, mostragliela e poi alzati”, disse Bea.
“E perché mi dovrei alzare?”, chiese ridacchiando Iolanda accomodandosi sul divano e aprendo le gambe di fronte allo sguardo incredulo dei due tamarri. Fissava il secondo con una espressione soddisfatta e provocante, come se volesse dirgli “guarda, guarda bene, tanto non l’avrai mai”.
“Perché io gliel’ho fatta vedere e gliel’ho anche fatta fotografare, due prove... adesso arriva la seconda prova anche per te”, rispose Bea.
“E cosa dovrei fare?”, chiese Iolanda alzandosi.
“Toccala...”, disse Bea rivolta al ragazzo che aveva portato da bere, “sfiorala e basta, non ti azzardare a fare altro. E tu Dada, se ti trova bagnata hai perso”.
Dada la guardò sussurrandole “che puttana che sei...”, ma il tocco dei polpastrelli del ragazzo tra le sue labbra la fece rabbrividire e sussultare, impedendole di aggiungere altro.
“Questa è una fontana”, sentenziò lui. E mentre Dada ascoltava Bea dirle con un sorrisino un po’ strafottente “ma io ti avevo avvertita, amica mia”, il tamarro le portò una mano alla tetta, abbassando il reggiseno a fascia. La trasparenza della sua camicia non nascondeva più nulla e lui cominciò e stropicciarle il seno e a pizzicarle il capezzolo, mentre la mano in basso era passata ad accarezzarle il culo.
“Me l’avete fatto diventare duro, troie”, disse lui tornando a fare l’arrogante.
Per un attimo, solo per un attimo, Iolanda pensò se non fosse il caso di ripensarci e verificare quanto quel tizio potesse dimostrarsi duro dentro di lei. Le sfuggì un gemito.
“Da qui non si direbbe”, ebbe la prontezza di dire Bea guardandogli il cavallo basso e largo dei jeans, “forse dovresti usare pantaloni un po’ più attillati ahahahah... basta ora, mollala”.
“Non vorrete mica lasciarci così...”, la sfidò il tamarro.
“Vi abbiamo dato materiale per un secolo di seghe...”, rise Bea, “ci dovreste ringraziare ahahahah”.

Iolanda si ridestò dalla sua breve trance. Il fare rustico di quel tamarro di periferia e la sua cafonaggine l’avevano sì fatta bagnare e per alcuni secondi aveva tenuto in considerazione l’ipotesi di portarselo in macchina e scoparselo. Ma non abbastanza da apprezzare che le chiamasse troie, soprattutto con quel tono.
Lo guardò alzandosi insieme a Bea mimando con la mano il movimento della sega.
"Quei due di ieri sera erano meglio, no?", domandò all'amica. Beatrice rimase un momento sorpresa, poi capì le intenzioni di Iolanda.
"Soprattutto quello alto, mi fa ancora male la mascella...".
Le due ragazze fecero qualche passo verso la pista allontanandosi dai due tamarri.
"Ci sono rimasti male", disse Bea con un risolino.
"Ci sono rimasti male e con il cazzo dritto nei pantaloni, ahahahah... che facciamo, la consideriamo finita in pareggio?", chiese Iolanda.
"Boh, sì, chiudiamola qui, visto che hai paura di perdere...", acconsentì Bea.
"Ma senti questa", le rispose Dada per non dargliela vinta, "ascolta, ma è vero che hai scopato su un divano a una festa?".
"Ahahahaha, no... ho esagerato per farlo diventare scemo, ma forse non ce ne era bisogno... Però me l'ha leccata dopo che gli avevo fatto un pompino... è vero invece che non mi ricordo come si chiamasse... o forse non l'ho mai saputo, boh".  
“Torniamo a casa da!!” sorrise Dada

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