Sex 4 masturbazione alternativa

Scritto da , il 2020-03-29, genere masturbazione

“Ho dieci minuti per prendermi un caffè?”, chiese Iolanda alla nuova tipa assunta in prova alla reception.
“Uuh... cinque, oggi hai l’agenda piena” rispose la tipina guardando il tabellone degli appuntamenti sulla scrivania.
“Che palle! Fa’ vedere…”, disse Iolanda andando dietro alla scrivania per vedere che tipo di trattamenti avesse in programma per la giornata.
Due smalti semipermanenti, un trattamento anticellulite, un massaggio, una ceretta gambe e delle extension ciglia.
“Ma chi ha preso il massaggio? Ieri non c’era!”, chiese Iolanda.
“Non lo so, non ero di turno stamattina!”, disse la ragazza di cui Iolanda non riusciva mai a ricordare il nome. Anna, Elisa…boh.

Sbuffò. Pensò a Bea che a pranzo, una volta finita l'insalata con tofu e pachino (tutte lei le pensava), le aveva annunciato che prima di mettersi a studiare si sarebbe fatta un pisolino. "Bella la vita delle studentesse...", si disse Iolanda.

Ciò che non poteva sapere era che, appena lei era uscita, Bea era andata sì a stendersi a letto, ma a pancia in sotto e con i pantaloni abbassati fin quasi alle ginocchia, masturbandosi davanti alla foto che Riccardo le aveva inviato poche ore prima. Foto che poi altro non era che il corrispettivo maschile di quella che Bea aveva inviato a lui. Completamente nudo davanti a uno specchio. Peccato che il riflesso del flash ne nascondesse in parte la faccia. Ma per il resto si vedeva perfettamente tutto. Le spalle solide alle quali lei si era aggrappata quando lui l'aveva scopata in treno. I bicipiti lunghi e visibili ma non volgari che a lei erano sembrati di ferro. Il bel petto e l'addome asciutto, con le linee inguinali ben delineate che convergevano verso il pube. E poi, sì, il suo cazzo che gli pendeva tra le cosce e che già così le sembrava promettente, la borsa dei suoi coglioni. E poi quei peli da maschio, che Riccardo aveva proprio nei punti in cui a lei piaceva che un maschio li avesse. Sul petto, sugli avambracci, sulla parte inferiore delle cosce. E naturalmente, a fare da corona al suo sesso.

Bea non era riuscita a staccare gli occhi da quella foto sul telefono. Si era masturbata una prima volta e poi era andata avanti. Muovendo il bacino su e giù come se stesse subendo le stoccate del ragazzo cercandone di più profonde. E ripetendo come un mantra "sì, sì, Ric... Ric sono tua, sono tua" tra un gemito e l'altro. Ripromettendosi di essere molto più triviale quando lui fosse stato lì. Se lo era stata con quello stronzo che l’aveva fistata, perché non avrebbe potuto esserlo con lui? Lo poteva fare. E lo voleva fare. Desiderava Riccardo terribilmente. Voleva essere schiacciata dal suo peso, avvolta dal suo odore, trafitta dal suo punteruolo. Aveva cercato di immaginare in quanti e quali modi l'avrebbe scopata. Uno che ti porta nella toilette di un treno e ti chiava in quel modo non deve certo essere privo di intraprendenza né di fantasia, si era detta. E tantomeno di determinazione. Lo aveva pensato dolce e paziente ma anche dominante e con pochi scrupoli, uno di quelli che ti trattano come una troia. E lei aveva allo stesso tempo voglia di dolcezza e di essere trattata come una troia. Aveva immaginato le location più disparate: all'aperto, su un deserto sentiero di montagna o su una spiaggia di notte, nei bagni di una discoteca, nelle calde acque termali della piscina di una spa. Tutte cose che non aveva mai fatto ma che sarebbe stata pronta a fare. Ma il suo pensiero alla fine tornava sempre là, sul suo letto, dove era certa che l'avrebbe sbattuta per tutta una notte, riempiendola di lui. Senza nemmeno rendersene conto aveva smesso di sfregarsi labbra e clitoride e si era infilata due dita dentro, piegandole e muovendole. Aveva cominciato a ripetere "scopami, scopami" sempre più velocemente, fino a soffocare l'ultimo isterico "scopamiiiii!" sul cuscino proprio un attimo prima che la scossa partita dal ventre prendesse possesso di tutto il suo corpo e che le dita dei piedi si contraessero fino a farle male.

Dopo essersi ripresa a fatica Bea aveva impugnato il telefono mandando a Riccardo un messaggio vocale su wa.
“Mi sono appena fatta due ditalini guardando quella foto ahahahah”.
“Te ne approfitti”, era stata la risposta, scritta, del ragazzo.
“Perché tu invece non puoi toccarti? Ahahahahah”.
“No, xkè sono fuori da un risto e aspetto mio padre”.
“Non provare a toccarti eh? Mantieni la promessa!”, disse lei al telefono.
“Sei crudele”, rispose Riccardo, anche lui stavolta con un audio.
“Lo sai che ho bagnato il sovracoperta?”, disse lei con voce da scema e sempre più decisa a provocarlo.
“Hai squirtato?”, chiese Ric con una voce un po’ strana.
“No, non lo so, non credo, ma qui c’è una macchia”.
Bea ignorò la risposta del ragazzo e si girò aprendo le gambe proprio in corrispondenza della macchia, poi scattò la foto. Il sovracoperta verdolino, la macchia, la sua fica nuda e ancora arrossata. Mandò la foto.
“Non posso aprire nulla adesso, sono in auto con mio padre, stasera ti chiamo!”, le scrisse Riccardo.
Già, il padre e quel cazzo di lavoro. Dopo la triennale Riccardo si era messo a lavorare con lui, agente di commercio di strumenti di precisione. Ottici, le pareva di ricordare. Tanti soldi ma anche poco tempo libero, troppo poco. Era ciò che gli altri chiamerebbero gavetta e che invece il padre di Ric definiva “mangiare bistecche”. “Lo so io che bistecca mi piacerebbe assaggiare, ora”, pensò maliziosamente Bea rannicchiandosi su un fianco con le mani tra le cosce ancora nude. E le venne anche in mente che avrebbe dovuto chiedere a Dada se avesse qualcosa in contrario a farle ospitare Riccardo per un week end. Bè, ci penseremo poi, si disse. Chiuse gli occhi e si addormentò per il suo sonnellino.


Esattamente in quel momento, in un centro estetico non molto distante, una voce maschile attraversava l’ambiente.
“Iolanda, puoi venire un secondo ?”la voce di Stefano, ovvero il proprietario, fece sfumare alla ragazza la sua ipotesi caffè.
“Sì”, disse andando verso il suo ufficio.
Stefano era decisamente un gran bel tipo, 45 anni ma portati davvero bene.
In realtà non le erano mai interessati gli uomini più grandi, ma la confessione di Bea sulle sue fantasie con uomini maturi, le aveva stimolato una certa curiosità… ed ora che lo guardava con altri occhi, bè... Stefano era decisamente un valido candidato. Alto, bel fisico, occhi azzurri, capelli neri un po’ sale e pepe, la barba appena incolta…, e soprattutto nessuna fede al dito e nessuna foto di fidanzata in giro per l’ufficio.
“Devo ordinare delle divise nuove, quei camici bianchi iniziano a stufarmi un po’…”, le disse sedendosi alla scrivania e tirandosi su le maniche della camicia.
Iolanda non poté proprio fare a meno di notare i suoi avambracci, erano davvero sexy, davano proprio l’idea di uno che poteva prenderti in braccio e scoparti senza fare il minimo sforzo.
“Ok”, disse cercando di concentrarsi sul discorso delle divise. A lei in realtà quel camice corto non dispiaceva. Certo, magari bianco era un po’ troppo “farmacia” ma a lei stava piuttosto bene addosso.
Lo indossava sempre con solo il reggiseno sotto ed era della lunghezza perfetta per valorizzare anche il suo sedere, che quel giorno in particolare era fasciato da un paio di jeans slim-fit che le sembravano cuciti addosso.
In ogni caso le fregava poco di cosa si dovesse mettere al lavoro, quindi che le cambiasse pure le divise!
“Pensavo a questo, alle altre piace”, disse girandogli il portatile per mostrarle la foto.
“Se alle altre piace a me va bene”, rispose Iolanda guardando la divisa nera e rosa, una casacca a mezza manica ed un paio di pantaloni di cotone lunghi ed aderenti.
“Ok, che taglia ?”, le chiese
“Il camice è una quarantadue, ma... stringe un po’”, disse pensando che il bottone sulle tette il più delle volte le si apriva per quanto era tirato.
“Quarantaquattro è meglio”.
Stefano la fissò per pochi istanti e Iolanda ebbe la netta sensazione che più che guardare la taglia le stesse guardando proprio le tette.
Era come se lui sapesse che lei se lo stava immaginando intento a scoparla, o forse era solo un trip di Iolanda? Comunque fosse, era la prima volta che lo sguardo di un uomo la imbarazzava!
“Meglio stare comodi”, disse lui scrivendosi la taglia.
“Già…”, rispose lei non sapendo cosa dire.
Il campanello che avvertiva dell’ingresso di un cliente risuonò.
“Questo credo sia per me...”, disse poi Iolanda.
“Sì, vai pure”, rispose Stefano sorridendole.
Ma era sempre stato così figo? pensò Dada uscendo dal suo ufficio.
Iniziare a lavorare la aiutò a distrarsi da Simone e dai nuovi pensieri zozzi che stava iniziando ad avere per il suo capo. Le clienti erano fra quelle simpatiche e poco problematiche, quelle che le facevano amare il suo lavoro.
Salutata quella del trattamento anti-cellulite, Dada tornò nel suo camerino per sistemarlo e preparare ciò che le sarebbe servito per il massaggio.
La ragazza alla reception introdusse il suo appuntamento… e quando Iolanda lo vide rimase vagamente interdetta.
Primo, era un uomo sui 60 anni. Secondo, era tedesco e parlava italiano piuttosto bene con quell’accento teutonico che le ricordava i documentari sul nazi-fascismo.
“Prego, s’accomodi pure in cabina e si prepari, io arrivo subito”, disse Dada.
“Questo come ci ha trovati, scusa?” chiese ad Anna. Ora sapeva che quello era il nome perché aveva appena risposto la telefono dicendo “centro estetico Incantesimi, sono Anna mi dica pure…”.
“Ce l’ha mandato l’albergo con cui abbiamo la convenzione, perché?”.
“No, nulla...”, disse Dada pensando che non poteva certo dirle che fare massaggi agli uomini il novanta per cento delle volte vuol dire vedere il loro cazzo indurirsi sotto l’asciugamano. Non che la cosa la sconvolgesse, solo che non le piaceva l’idea di far tirare il cazzo ad un sessantenne tedesco.

Quando rientrò nel camerino l’uomo era sdraiato a pancia in su con l’asciugamano a coprire le parti intime. Iolanda notò che le slip usa e getta erano ancora chiuse nel sacchettino igienico, il che voleva dire che non le aveva indossate, ma se lo aspettava: i tedeschi hanno meno pudori, lo aveva compreso quando era entrata in un bagno turco in montagna!
Si legò i capelli, come Rambo era pronta ad andare in missione. L’uomo aveva prenotato un massaggio completo, il che voleva dire busto e gambe.
“Mio name è Weiner e tu?”, le chiese quando gli chiese di girarsi per poter iniziare dalla schiena.
Nel farlo nemmeno cercò di coprirsi il cazzo.
“Iolanda”, disse lei cercando di sorridergli. In realtà Weiner le faceva un certo orrore, aveva la pancia grossa e dura del classico bevitore di birra, la pelle candida con chiazze rosa e qualche ciuffo di pelo biondo-bianco spruzzato qua e là.
Alla fine era un discreto interlocutore, non era poi così fastidioso o viscido come sembrava.
Iolanda gli massaggiò il collo, le spalle, la schiena e lui si rilassava conversando del suo lavoro o chiedendole qualcosa di lei.
“Tu essere giovane, ma brava a fare massaggi”, disse Weiner sentendo le mani di Iolanda spalmargli l’olio sulle gambe.
“Grazie”, disse lei iniziando a muovere le mani lungo la sua gamba destra, risalendo dal polpaccio alla coscia.
Lui le aprì di più sul lettino e da dov’era lei aveva la visuale delle sue palle pelose in primo piano. Era strano perché, per quanto la cosa la disgustasse, proprio non riusciva a non guardarle.
Lui era diventato molto silenzioso , faceva solo respiri profondi gustandosi la sensazione delle mani di Iolanda su di lui.
“Può girarsi, Weiner”, disse Iolanda avendo finito con la parte posteriore.
Ed anche in quel caso l’uomo non cercò nemmeno di coprirsi , anzi sembrava quasi contento e soddisfatto di mostrarle il suo cazzo in quella semi-erezione.
“A te dare fastidio se non coprire?”, le chiese quasi accarezzandoselo.
“Ecco io... no, come è più comodo per lei”, disse Iolanda cercando di non dare peso alla cosa e di sembrare professionale, anche se questa cosa non le era mai capitata prima e quasi le veniva da ridere.
Weiner non aveva un cazzo così grande ma era piuttosto grosso, un po’ com’era lui: sgraziato e per nulla attraente!
“Questa è prima e ultima volta che io venire qui, ma essere fortunato a trovare te… molto bella e brava “ disse. E mentre Iolanda iniziava a massaggiargli i polpacci lui aveva iniziato toccarsi il cazzo facendolo diventare sempre più duro.
Iolanda avrebbe dovuto dirgli di fermarsi, che non era proprio la politica del centro estetico avere degli “happy ending”, ma le sembrava una situazione così surreale da voler assolutamente vedere come sarebbe andata a finire.
“Tu massaggia qui, si?”, le disse lui
“Weiner... no, mi scusi ma se è questo il massaggio che vuole deve provare da qualche altra parte”, disse Iolanda quando lui cercò di prendere la sua mano per farle toccare il suo cazzo.
“Ma io volere che tu toccare me! Dare duecento euro se tu fai, io non dire a nessuno”.
Duecento euro per una sega? Davvero quel crucco era disposto a pagarla? In una breve frazione di secondo Iolanda valutò il tempo che in genere impiega per guadagnare la stessa cifra.
“Se mi scoprono mi licenziano”, rispose.
“Io non dire a nessuno, tu troppo sexy!”, disse Weiner iniziando a segarsi guardandola.
C’è sempre qualcosa di affascinante in un uomo che si tocca. Nel complesso Weiner le faceva schifo, ma per duecento euro forse poteva fare la follia.
Iolanda, per sicurezza, chiuse a chiave la porta del camerino, poi senza dire nulla tornò ad avvicinarsi al lettino e mentre lui si toccava il cazzo lei le passò le mani sull’interno coscia salendo ed iniziando a massaggiargli le palle.
Weiner la guardava in estasi. Iolanda prese dell’olio per massaggi e lo spalmò piano sulla cappella grossa e rossa di Weiner cominciando a segargliela piano.
L’uomo sussurrò qualcosa in tedesco che lei non capì, ma a calcolare dall’espressione di godimento sul suo viso, non le voleva certo dire di fermarsi .
E mentre lei faceva la migliore sega della sua vita, perché per duecento euro se la meritava, lui allungò le mani sui suoi seni. Dada non lo fermò. Avrebbe dovuto, ma non lo fece. Chiuse gli occhi e cercò d’immaginare che quelle mani fossero di qualcun altro. Nella sua mente erano prima quelle di Simone, poi diventarono quelle di Stefano. Ed incredibilmente, quando pensò al suo capo, le sue mutande iniziarono a bagnarsi e la mano sul cazzo iniziò a muoversi più in fretta.
Weiner le slacciò il camice e le scopri un seno iniziando a succhiarle il capezzolo, mentre con la mano s’infilò in mezzo alle sue gambe iniziando a strofinarla sulla sua figa. Ed anche se aveva i jeans lei provò una sensazione piacevole. Si morse il labbro inferiore e strinse il cazzo, mentre con l’altra mano gli stringeva delicatamente le palle.
Nella sua testa era Stefano a toccarla, era suo il cazzo che stringeva e che le pulsava nella mano. Aveva una gran voglia di prenderlo in bocca, ma le bastò aprire un secondo gli occhi e rivedere Weiner per farsi passare quella voglia.
Un grugnito soffocato mentre le succhiava il capezzolo ed ecco che dalla sua cappella uscire qualche schizzo di sborra che sporcò la mano di Iolanda e la pancia di lui. Iolanda continuò a muovere la mano più lentamente facendo uscire anche gli ultimi schizzi e guardandolo tornare a sdraiarsi per godersi quegli ultimi spasmi dell’orgasmo.

La Rossa andò al lavandino e si lavò la mano, poi prima di girarsi di nuovo verso di lui si sistemò il camice e gli passò delle salviette per pulirsi a sua volta.
“Tue mani sono magia…”, disse l’uomo iniziando a pulirsi.
“Si.. ma non lo dire a nessuno”, disse lei iniziando solo ora a pentirsi.
Vabè ormai era tardi, non poteva riavvolgere il tempo.
Weiner prese il suo portafoglio quasi subito e le diede i duecento euro promessi.
“Nostro segreto. Se tu vuoi io questa sera essere qui”.
“No... questa sera proprio non posso!”, disse mettendo i soldi nella tasca del camice “ti lascio vestirti”, disse praticamente scappando fuori dalla cabina.
Andò nel bagno del personale “bella stronzata che hai fatto, Dada!”, disse guardandosi allo specchio.

Uscita da quella maledetta cabina, Iolanda non riuscì per tutto il resto del tempo a cacciare via dalla sua mente il pensiero di quanto si fosse eccitata immaginando Stefano ed il suo cazzo duro nella sua mano.
Così i casini che aveva combinato erano due in una sola volta. Il primo aver preso dei soldi per fare una sega ad un cliente ed il secondo non riuscire a togliersi di dosso la voglia di portarsi a letto il suo capo.
Mancava un’oretta all’orario di chiusura. Le altre due sue colleghe erano impegnate con le ultime clienti. Anna stava già spegnendo il computer, Stefano era andato via e per fortuna lei non l’aveva incrociato, o temeva gli sarebbe saltata addosso.
Maledetta Bea e le sue voglie con i 40enni!! Pensò Iolanda.
“Vado a cambiarmi intanto”, disse ad Anna che era impegnata a spolverare lo scaffale dei prodotti in vendita.
“Sì sì, vai pure”, disse la ragazza.
Per andare nei loro spogliatoi doveva passare davanti all’ufficio di Stefano.
Si fermò, sapeva che la porta non era chiusa a chiave. Non lo faceva mai perché alla chiusura avevano l’ordine di mettere i soldi in un cassetto della sua scrivania. In genere poi passava lui quando già erano andate via per depositarlo in banca.
Non si era mai posta troppe domande sulla vita personale del suo capo, ma quel giorno avrebbe voluto sapere ogni cosa di lui.
Così guardò se Anna la stesse osservando, ma vedendola girata di schiena, Iolanda aprì la porta dell’ufficio e vi entrò richiudendola alle sue spalle.
Su un mobile c’era la foto della cena di natale, quando lui le aveva portate tutte fuori a cena. La prese fra le mani pensando a che occasione si fosse fatta scappare, quella sera lui sembrava anche un po’ alticcio.
Pensò al perché quella sera avesse avuto così tanta fretta di scappare via da quella cena, ma proprio non riusciva a venirle in mente.
Guardò quella foto, Stefano aveva un buffo cappellino da Babbo natale.
Immaginò che lui le stesse rivolgendo quel mezzo sorriso che aveva in quella foto mentre lei gli accarezzava il cazzo. Lo immaginò sdraiato su quel lettino.… ed ecco che di nuovo sentiva la sua figa pulsare fra le gambe. Immaginò lui che le sbottonava il camice e spinse la mano dentro la scollatura iniziando ad accarezzarsi i seni. Andò a sedersi alla sua scrivania, si slacciò i jeans facendo scivolare la mano dentro, chiuse gli occhi ed iniziò a toccarsi piano immaginando che la mano fosse quella di Stefano. Infilò un dito fra le labbra iniziando a sfregarlo lentamente, cosa le avrebbe detto se l’avesse sentita così fradicia? Infilò il dito dentro, cercando d’imitare quei movimenti rudi che avrebbe fatto un uomo che la possedeva. Pensò alla bestia di Stefano che la apriva e cominciò a tremare e ad ansimare sempre più forte. Ad occhi chiusi si stava masturbando seduta alla scrivania del suo capo e... le piaceva. Le piaceva da morire. Infilò il secondo dito, li piegò entrambi ad uncino dentro di sé iniziando a muoverli contro le pareti della sua figa, mentre con l’altra mano si stimolava il clitoride. Piegò la testa all’indietro continuando a pensare a Stefano, immaginando come l’avrebbe presa e scopata e a come lei l’avrebbe implorato di devastarla. Le sue dita iniziarono a muoversi sempre più forte. Quanto avrebbe voluto poterle sostituire con il suo cazzo! Guardarlo mentre godeva come un porco, farsi guardare, mostrargli e urlargli addosso quando il suo cazzo la facesse godere.
“Ooh dio...”, ansimò piano aprendo gli occhi e rallentando la mano con cui si sgrillettava. Tolse le dita, sulla scrivania nel portapenne c’era uno dei gadget regalatogli. Era una grossa penna di gomma con una forma che ricordava un piccolo dildo. La prese e la leccò come se fosse una versione in scala del cazzo di Stefano. Poi se la infilò dentro iniziando a scoparsi con quella. Poteva sentire il rumore della sua figa fradicia che accoglieva quel corpo estraneo, sentiva il formicolio salirle su per le gambe. Le dita ripresero a sgrillettarsi mentre spingeva sempre più profondamente dentro di se quell’improvvisato dildo.
“Ooooh…”sussurrò pianissimo iniziando a venire. L’orgasmo la fece vibrare e la obbligò a chiudere le gambe.
Sfilò la penna, i suoi umori la bagnavano. Lei aveva ancora una gran voglia di infilarsela dentro, rimanere li a godere ..ma non poteva.
La pulì come meglio poté usando il camice, ma pensando al tempo stesso come sarebbe stato bello se il suo capo, usandola, avesse sentito il suo odore. La rimise dove l’aveva trovata.
Da quel momento ogni volta che avrebbe visto Stefano usarla si sarebbe eccitata, già lo sapeva. Così come già sapeva che, prima o poi, sarebbe riuscita a slacciare i pantaloni al suo capo e rendere la sua fantasia una realtà. Magari con lui seduto proprio su quella poltrona, “entra, Iolanda, prendimelo in bocca...”.
Uscì di soppiatto dall’ufficio per andare negli spogliatoi.
Ancora scossa da quest’ultimo pensiero aprì il suo armadietto mise i 200 euro extra busta della tasca del suo zainetto.
I sensi di colpa per come li aveva guadagnati erano spariti. Ora riusciva solo a sorridere pensando che era successo realmente: si era masturbata sulla poltrona del suo capo!
Simone? Solo un ricordo, quello stronzo. Iolanda adesso aveva un obiettivo da raggiungere. Era il suo capo, e in fondo era pur sempre un uomo. E non aveva mai conosciuto un maschio che avrebbe rinunciato a portarsela a letto.


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