Maelstrom

Scritto da , il 2019-06-30, genere orge

Maelstrom


Quando la porta si chiuse dietro l’ultimo dei tre, rimase una sorta di silenzio assordante in quel mini appartamento affittato all’uopo.
Poco più lontano, il mesto scrosciare irregolare dell’acqua mi indicava il tuo essere sotto il getto insaponandoti, cercavo di immaginare la tua stanchezza, il tuo sollievo nel sentire l’acqua che ne trascinava via una parte, le tue membra intorpidite, i muscoli ancora tesi e le tue estremità sensibili turgide.
Confesso, non era stato facile per me guardarti stare sotto tre uomini che ti avevano preso in ogni modo, seppur nel rispetto di quanto pattuito prima, sono abituato a considerarti mia e solo mia, ma la realtà è che non eri stata meno mia neppure per un secondo.
Ti avevo vista cercarmi con lo sguardo ogni volta che potevi, tanto da causare un disagio in uno dei tre che forse non ti riteneva abbastanza presa dalle sue veementi attenzioni.
Volevi essere guardata, offrirmi il tuo piacere indipendentemente dalla sua fonte, esattamente come sei sempre stata solita fare.
La fantasia è una cosa, la realtà un altra; se ne era parlato, avevamo fantasticato di allargare i nostri giochi ad altri, ma non eravamo andati mai oltre un terzo od una terza, li avevamo scelti con cura insieme, volevamo un incastro perfetto anche se temporaneo, il che ci rendeva tediosi per molti, una sorta di scrematura naturale e aggiungo, necessaria.
Fosti onesta sino in fondo, come sai esserlo sempre con me, non avanzasti questa richiesta durante uno dei nostri amplessi scatenati o subito dopo di esso, ma a tavola mentre stavamo cenando, dopo una nostra solita giornata di casa-lavoro-casa.
Ero rimasto sorpreso quando mi chiedesti una cosa a quattro, subito fraintendei pensando ad un altra coppia, ma poi fosti più esplicita, volevi provare a stare sotto tre maschi, tra i quali io non dovevo partecipare, ma esserci.
Mi volevi lì, per ricordarti chi fossi e di chi fossi, la tua “sagola di sicurezza per lasciarsi andare senza il rischio di perdersi”, usasti esattamente questa definizione.
Non sono un fans del cuckoldismo, lo hai sempre saputo, sono geloso di te, non in modo possessivo, in realtà più geloso di appartenerti e appartenermi.
A letto conduco io di solito, ma sai che se in qualunque istante volessi seguire una tua ispirazione potresti farlo, dandomi sorpresa e piacere, tale è il nostro equilibrio.
Sono un libro aperto per te, non posso nasconderti ne nascondermi, tu mi guardi e semplicemente mi vedi, sappiamo anticiparci a vicenda esattamente come conosciamo il modo di seguirci...no meglio, accompagnare l’altro nei nostri amplessi.
Facciamo l’amore, ti sevizio, ti stupro, ti prendo, ti posseggo, mi possiedi, mi prendi, mi seduci, ti seduco, ti godo, mi imprigioni in te, scopiamo con la disperazione di chi non ha un futuro, tutto...e tutto insieme ogni volta.
La tua richiesta mi aveva preso in contropiede, lasciando a mezz’aria la forchetta un secondo di troppo, perché non fosse palese ad entrambi che mi avevi sconvolto; i tuoi occhi mi studiavano, cercavano i segni di quel Maelstrom di emozioni forti e contraddittorie che dalla bocca dello stomaco si stavano allargando, facendo sbattere il mio petto come vele mal orientate al vento della burrasca.
Lunghi secondi di silenzio, che tu non interrompesti e poi quella mia unica domanda: “Lo desideri davvero?”, una domanda, non un atto d’accusa, non una recriminazione celata, una semplice domanda per capirti una volta di più.
Sostenesti il mio sguardo, sebbene il lieve rossore delle tue guance mi indicava che avresti voluto volgere gli occhi altrove, ammirai il tuo coraggio, ne rispettai ogni goccia.
Lenta annuisti, pronunciando un “Sì” in modo udibile, chiaro, distinguibile, nessun sussurro.
Di nuovo istanti di silenzio da parte mia, poi percepii una sorta di disagio, tale da costringermi ad alzarmi dalla sedia ed avvicinarmi a te per poterti toccare, stringere, rendere ogni parola inutile.
Non finimmo di mangiare, ti feci alzare portandoti a letto, ti spogliai con calma senza fretta, desiderandoti allo stesso modo di sempre, lo percepisti, come io percepii il tuo abbandono mentre scivolavamo sulle fresche lenzuola nel caldo abbraccio della nostra nudità.
Fu strano, una sorta di lunghissimo tedio nel darci piacere e nel contempo una tenera dolcezza, in pieno contrasto con quella tempesta che avevo provato poco prima, presumo fu lo stesso per te.
Più tardi durante la notte, come spesso succede mi svegliai, ti presi, non era certo la prima volta che succedeva, fui vorace, violento passionale, ti apristi senza condizioni, passando dal torpore all’eccitazione, gemendo rumorosamente per buona pace dei vicini.
Ti venni in faccia, con tua somma soddisfazione; qualche minuto più tardi il tuo respiro regolare cullava il mio scivolare nuovamente nel sonno, il tuo capo sul petto e tu rannicchiata contro il fianco ad aderire con l’umida realtà della tua fica ancora bagnata contro la pelle.
Per alcuni giorni non tornasti sull’argomento, tanto da farmi dubitare, dell’essermelo immaginato, sognato, ma non era così.
Questa volta mentre preparavamo cena insieme, Semplicemente mi dicesti che avresti voluto scegliere insieme a me i tre candidati, una parte di me forse avrebbe voluto te ne fossi dimenticata, l’altra era contenta che fossi tornata sull’argomento, a dire il vero io ci avevo pensato e spesso in quel lasso di tempo; l’unica soluzione che mi era parsa percorribile era avvalerci di tre singoli frequentati in precedenza singolarmente.
So di averti sorpreso quella volta, non ti aspettavi una risposta così rapida e pronta, saltammo la cena, ti portai a letto e questa volta permisi a quella tempesta, al maelstrom che provavo, di sfogarsi su di te.
Mi esaurii sfinito nel penetrarti ovunque, con il cazzo, le mani, giocattoli, senza tregua, in soluzione di continuità, più gemevi, o urlavi e più ti devastavo consumandoti orgasmo dopo orgasmo, fino a renderteli dolorosi, infischiandomene del tuo periodo refrattario che è pur breve di solito.
Fu allora che vidi una nuova te, o meglio qualcuno che avevo intravisto in precedenza per qualche istante: una sorta di rabbiosa creatura affamata di desiderio, ferina cacciatrice di piacere, non avresti supplicato di smettere, ma avresti cercato di mordere se te ne avessi lasciato occasione.
Feci di tutto per piegarti, spezzarti, portarti alla resa, ma forse ci arrivai solamente vicino, non vi riuscii, finimmo il nostro gioco che fuori albeggiava e fortunatamente era sabato.
Non mi risvegliai che nel pomeriggio inoltrato, mi avevi preceduto nel lasciare il letto, sbirciai nel bagno per vedere il tuo accappatoio bagnato, a piedi nudi, e non solo quello, raggiunsi la cucina, dove stavi preparando qualcosa, con indosso solo gli slip.
Non dissi nulla, tornai in camera e presi dalla rubrica il nome dei tre prescelti, mandai a tutti e tre lo stesso messaggio spiegando cosa gli si chiedeva e le condizioni, superfluo dire che due su tre risposero entusiasticamente nel giro di un ora, il terzo rispose a sera, anche lui accettava.
Mi feci una doccia e poi tornai in cucina e mi sorprendesti ancora, nel frattempo ti eri liberata dello slip, io ero rimasto nudo piacevolmente rinfrescato e con ancora lacune gocce d’acqua sulle spalle, ricordo bene la sensazione delle tue labbra mentre le leccavi via prima di prendermi la testa tra le mani e baciarmi ancora, i tuoi seni schiacciati contro il mio petto.
Mangiammo e poi, fotocopiammo grosso modo la serata precedente, riuscendo a dormire un po’ prima ed un po’ di più, beh stanchi lo eravamo ed a buon ragione.
Madida di sudore, sfatta, bellissima con quelle ciocche incollate alla fronte, i capezzoli turgidi e incoronati dalle impronte dei mie denti, le labbra della fica generosamente gonfie protese all’aria, fu allora che te lo dissi, i tre c’erano.
Non dicesti nulla, mi baciasti e basta, poi come un gatto che si prepara la cuccia ti accoccolasti contro di me aderendomi, nella penombra sarebbe stato difficile dire dove finivo io e iniziavi tu.
Poco prima del mattino mi svegliai, eri ancora lì, carezzai la tua pelle iniziai a giocare con la tua fica e i tuoi capezzoli, forse ancora doloranti, passasti dall’incoscienza del sonno all’eccitazione della mia penetrazione repentina e spietata senza neppure renderti conto, piegata con le gambe sopra le mie spalle e le nocche tra i tuoi capelli impugnati, ritrovai lo sguardo di quella te stessa che avevo visto la sera della proposta.
Puro desiderio primario, ti scopavo tenendoti sotto senza pietà ,eppure eri tu il predatore, l’unico impercettibile segno di cedimento lo ottenni con qualche spinta più profonda e violenta, poco prima di venire nella tua fica, le tue pupille che si dilatarono in un moto di sorpresa, prima di chiudere gli occhi e aprire la bocca consegnando il tuo respiro alla mia bocca, rapida a coprire la tua, spegnendo quel rantolo nella mia gola.
Venne la sera del tuo regalo, decidemmo di chiamarla così, i tre non si erano mai incontrati prima, ai primi due arrivarono in coppia, si erano incontrati all’ingresso, l’ultimo poco dopo.
Si trattava di un monolocale, quindi con spazi assai limitati, il letto occupava metà dello spazio, separato dal resto da una libreria che serviva a dividere un po’ l’ambiente, più che sufficiente per i nostri bisogni.
Io sarei stato a guardare seduto in una poltrona, l’unica presente, poco lontano dal letto, loro iniziarono a spogliarsi, rimanendo presto nudi, chiesero di te, e spiegai loro che eri in bagno a prepararti prima di iniziare.
Certe situazioni hanno un che di cinematografico, a quelle m ie parole tutti e tre si voltarono simultaneamente verso la porta del bagno, come se per magia saresti dovuta comparire come un apparizione dinanzi ad essa, ma molto più prosaicamente, alcuni secondi dopo la serratura del bagno scattò e la porta si aprì rivelandoti nell’accappatoio bianco messo a disposizione.
Sebbene già ti avessero conosciuto singolarmente, o forse proprio per quello, pensai con una punta d’orgoglio, si avvicinarono a te, credo dovettero fare una gran fatica a non avventarsi, viste le erezioni in piena monta.
Tu sorridente, magnifica e lievemente imbarazzata, come lo sei ogni volta, prima di fare l’amore, li salutasti, ma il tuo primo sguardo fu per me, e lì rimase sino ad un piccolo cenno del mio capo.
Rapida fosti spogliata, per lasciare campo alle avide sei mani che iniziarono a percorrerti, senza che tu potessi fare nulla per sfuggire loro dapprima e poi iniziasti a cercarle; i primi lievi baci dei tre, presto presero confidenza cercando ogni tuo punto debole, sino a portare le tue gambe a tremare … sino a portata ad essere adagiata sul letto.
Furono corretti, e malgrado la forte eccitazione disciplinati, ma nella mia mente fu come vedere una creatura della foresta a terra tra una muta di lupi che se ne cibava senza sosta, ognuno cercando la propria parte.
Ti riempirono a turno bocca, mani e fica, il culo quello no, nei patti quello è da sempre riservato soltanto a me, dapprima li gestisci, poi li contieni, ma sei troppo brava e dopo puoi solo subirli.
Cerchi il mio sguardo tra quel groviglio di membra, quando ti fanno cambiare posizione per meglio adattarti ai loro corpi, alle loro voglie, quando si alternano per estrarre il piacere da te esattamente come degli avidi minatori.
Godi a ripetizione, a volte devi strizzare gli occhi proprio mentre mi stai guardando, all’inizio provi a soffocare gemiti e piccole grida, ma è del tutto inutile, resisterai per non più di una mezz’ora, sono bravi e ti conoscono già.
Ti guardo contorcerti come una serpe tenuta ferma dalla zampa di un predatore, su quel letto e dentro di me il Maelstrom gira e prende potenza, serve tutto il mio autocontrollo per guardare e basta, per rispettare la tua volontà.
Stavo per fermarli quando, non potendo usufruire del tuo culo hanno avuto l’iniziativa di penetrarti in due contemporaneamente davanti ed il terzo riempirti la bocca, quello è stato il tuo punto di caduta, dilatata e posseduta con l’energica disperazione delle loro ultime forze, crollando uno alla volta e tu per ultima.
Ad uno ad uno vedo il loro vigore scemare, tenuto in vita ben più del consueto, forse a causa della competizione inevitabile, li hai accolti e fronteggiati hai vinto e perso.
Inizia la lenta processione per l’uso della doccia, i baci leggeri su fronte e guance che ti danno mentre sei ancora distesa sul letto, tu per ultima.
Quando la porta si chiuse dietro l’ultimo dei tre, rimase una sorta di silenzio assordante in quel mini appartamento affittato all’uopo.
Ne approfittai per cambiare le lenzuola intrise dell’odore di sudore e sesso, rifeci il letto stendendone di nuove e fresche che sapevano di pulito, ne rincalzai con attenzione gli angoli, quasi a concentrarmi su questa operazione, mettesse a fuoco i miei pensieri.
Poco più lontano, il mesto scrosciare irregolare dell’acqua mi indicava il tuo essere sotto il getto insaponandoti, cercavo di immaginare la tua stanchezza, il tuo sollievo nel sentire l’acqua che ne trascinava via una parte, le tue membra intorpidite, i muscoli ancora tesi e le tue estremità sensibili turgide.
Chiusi la porta e dando la mandata, lento mi spogliai, aspettando che l’acqua smettesse di scorrere, quando la porta si riaprì tra volute di vapore che avevano appannato lo specchio dietro di te, eri apparentemente come quando uscisti la prima volta dal bagno.
Ci guardammo regalandomi un sorriso, stanca, una parte di me avrebbe voluto prenderti e adagiarti su quel letto per guardarti dormire, ma il Maelstrom era di ben altro avviso ed esigeva un prezzo per l’attesa.
Fu in quel momento che forse cogliesti la mia indecisione, apristi l’accappatoio lasciandolo scivolare a terra rimanendo nuovamente nuda, in un chiaro univoco invito.
MI avvicinai e presi la tua bocca con al mia, altro mio privilegio esclusivo, nella voracità di un appetito divenuto fame, le tue dita sicure ad abbracciare il mio cazzo che puntava la pelle, compresso tra il tuo monte di venere e la pancia.
Ti sospinsi sul letto, cercando di frenare la mia irruenza, di frenare quel desiderio vorace e predatorio di dilaniarti, di farti mia al limite di uno stupro consensuale.
Fu così per diversi minuti ricordi? Poi mentre ti ero sopra sentì le tue mani artigliarmi le tempie mentre i tuoi occhi divenuti ferini mi fissavano, ricordo l’improvviso bruciore del calore del tuo schiaffo sulla guancia.
Lei era tornata, “Non sei più capace di prenderti quello che è tuo?” la voce era ironica, sprezzante, provocatoria…Se ancora avessi potuto indugiare le tue unghie piantate nei fianchi mi tolsero ogni remora.
Rapido sprofondai dentro di te, senza grazia, afferrandoti per i capelli, sostenendo a mia volta quello sguardo che ora brillava di vittoria.
I colpi erano lunghi e profondi, uscendo quasi del tutto per poter affondare di peso repentinamente, iniziasti a gemere, forse già dolorante; continuai così per alcuni minuti, prima di smettere e sollevarmi per passare l’asta grondante dei tuoi umori sulle labbra, e spingere risolutamente sino in gola, contraendo le mie palle contro il tuo mento , il naso sulla mia pancia.
Ti rubavo l’aria e mi prendevo il mio piacere, mentre la tua saliva mi colava sullo scroto, di uovo sentì le tue dita artigliarmi, questa volta sul culo, con il solo effetto di rendere le mie spinte più forti e profonde.
All’improvviso cedesti, me ne accorsi dalla forza delle tue mani, forse avrei potuto accontentarmi, forse semplicemente avrei potuto venirti in faccia e guardare la mia sborra segnare in rigagnoli il tuo viso.
Ed invece semplicemente uscii ancora da te, ti feci sdraiare supina, afferrai le tue caviglie per aprirti le gambe, sapevi cosa stavo per fare e come lo avrei fatto, provasti una reazione, che bloccai sul nascere, aggiunsi uno sputo alla tua saliva di cui il cazzo grondava, quando ti allargai le mele del culo.
Entrai e non appena sentii i muscoli cedere al passaggio della cappella vi affondai dentro, cacciasti un piccolo urlo, ma eri sotto schiacciata dal mio peso, presto le mie mani si impadronirono di un tuo seno e del tuo collo per farti inarcare la schiena e solo allora iniziò la monta vera e propria.
Il Maelstrom ruggiva niente avrebbe potuto fermarlo, mi presi il mio piacere ignorando tutto, essendo solo vagamente consapevole dei tuoi gemiti, invocazioni, suppliche...Le dita che massacravano crudelmente il capezzolo e le altre lungo il collo che ti tenevano serrata verso l’alto.
Quando mi accorsi che stavo per venire moltiplicai la forza delle spinte e compressi la cedevole polpa del tuo seno, ma non pago i miei denti cercarono la tua spalla.
Poco prima di venire sentì distintamente il tuo tremare sotto di me...stavi godendo ancora, saperlo mi diede una sorta di rabbiosa determinazione nel massacrare il tuo culo.
Riaversi, credo che fu per entrambi, come riemergere da un sogno, tale che sentii l’immediata necessità di poterti guardare in viso, vedere come stavi.
Eri ancora lì con me, amata e bellissima, “Lei” era scomparsa, insieme al mio Maelstrom, ma sapevamo entrambi che non era andata da nessuna parte, semplicemente era parte di te.
Ancora una volta mi sorridesti e ti concessi il riposo.

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