La Ragazza di Campagna diventa schiava

Scritto da , il 2018-03-28, genere dominazione

A diciotto anni Rosa era ancora una ragazzona grassa e timida, lei stessa si riteneva una cicciona abbastanza brutta. Da piccola aveva perso un anno a causa di una brutta malattia, ma ora a scuola andava molto bene, ad ottobre avrebbe frequentato la quinta al liceo scientifico. Il sesso per Rosa era invece una cosa sporca, che naturalmente non la riguardava. A diciotto anni di sesso non sapeva assolutamente niente e neanche voleva saperne, i pochi ragazzi che poteva incontrare, viveva in campagna, la deridevano perché era enormemente grassa e brutta. La chiamavano balena e foca, ma e se ne rese conto dopo, molti erano attratti dalle sue grosse tette. Al contrario, lei quel seno imponente proprio non lo poteva soffrire, lo vedeva enorme e brutto al pari delle sue immense cosce e dello smisurato deretano, in più quelle gigantesche tette avevano l'aggravante di esserle anche di peso. Era una ragazza di campagna, orfana dalla nascita ed adottata da una coppia di contadini, che non avevano figli, e che erano fattori e guardiani della tenuta di campagna di una ricchissima famiglia di Palermo. Nonostante i problemi con il suo corpo e una timidezza eccessiva, anche per una campagnola, Rosa era una ragazza sana, vivace ed intelligente. Vivendo in campagna conduceva una vita appartata, ogni mattina inforcava la bicicletta e percorreva, con qualsiasi tempo, i suoi otto chilometri, ed andava a scuola, lì si svolgeva tutta la sua vita sociale. Poi ritornava a casa, aiutava i suoi genitori e svolgeva i compiti. Andava a dormire molto presto.
Nei lunghi mesi estivi lavorava nei campi e nelle ore libere vagava allegramente per la tenuta. Da metà luglio e fino a metà, agosto la famiglia del marchese Galante si trasferiva nella tenuta con la cuoca ed un paio di cameriere, Rosa e la madre davano una mano in casa. Quell'anno vennero alla tenuta: il marchese con la moglie, la figlia diciottenne Sara e la cugina Eleonora più grande di qualche anno. Il figlio maggiore non c'era, era partito per un viaggio. Erano i primi anni 70, le ragazze iniziavano ad emanciparsi, Eleonora andava già all’università a Roma e lo stesso avrebbe fatto quell’anno Sara, però non potevano ancora andare in vacanza da sole. Dopo ferragosto anche il marchese con il resto della famiglia avrebbe fatto un giro in continente. Tra le altre cose si sarebbero fermati nella capitale per trovare casa a Sara che ad ottobre avrebbe iniziato a frequentare l'università.

Le due ragazze dapprima ignorarono Rosa, poi iniziarono a tormentarla, cicciona era l'epiteto più comune. Lei cercava di ignorarle e soprattutto cercava di incontrarle il meno possibile, andava in camera loro a rifare i letti quando non c'erano, quando le ragazze uscivano per i campi lei rimaneva in casa e viceversa, ma non era possibile evitarle del tutto. Un giorno, all'inizio di agosto, le ragazze erano uscite, ma la giornata era talmente afosa che a Rosa non andava di rimanere in casa, prese il costume e si avviò al ruscello. In un posto molto appartato c'era una gran pozza dove avrebbe potuto fare il bagno. Aveva imparato a nuotare da sola ed anche se lo stile lasciava molto a desiderare era resistente e veloce, ed in acqua era meno goffa che sulla terra. Di ciò Rosa se n'era resa conto le poche volte che era stata al mare, lì capì che se voleva poteva battere la maggior parte dei ragazzi della sua età. Non era ancora arrivata al fiume che sentì urla e schiamazzi provenire da quella parte. Capì subito che erano le due signorine che avevano avuto, purtroppo, la sua stessa idea. Stava per ritornare a casa, ma esitò, forse se ne sarebbero andate presto e poi era curiosa, voleva vedere come nuotavano. Si avvicinò alla pozza dalla parte di un dirupo che la dominava dall'alto e si affacciò su questa cercando di non farsi vedere. Ci riuscì, le due ragazze si spruzzavano acqua addosso e nuotavano in bello stile, ma come immaginava erano meno potenti di lei. Fu tentata di uscire allo scoperto ed unirsi a loro, ma non lo fece, non poteva sopportare i loro scherzi sulle sue grosse tette e sul miserabile costume che indossava sotto il vestito, sicuramente fuori moda. Le due cugine alla fine stanche ed allegre uscirono dall'acqua e si sdraiarono nella spiaggetta, sulla parte opposta del dirupo. La marchesina Sara era piccola e minuta, i capelli neri e lisci erano tagliati corti a caschetto, gli occhi erano allungati e la facevano assomigliare ad un'orientale, le tette erano piccole, ma ben fatte. Sua cugina Eleonora era invece magra ed alta, ma aveva due belle tette, grosse e sode, le cosce lunghe ed il ventre piatto, anche i capelli di Eleonora erano neri, ma al contrario di quelli della cugina erano lunghi e leggermente arricciati, li teneva raccolti a coda di cavallo.

Sara era sdraiata sul dorso ed Eleonora sul ventre, immobili al sole. Quelle due non volevano andarsene, nell'attesa Rosa si appisolò dietro il dirupo, nascosta alla loro vista. Ad un tratto Rosa sentì ansimare, allarmata e dimentica di dove si trovasse, si affacciò senza prudenza al dirupo e vide quello che mai avrebbe immaginato. Eleonora era sdraiata tra le cosce di Sara e la stava baciando e leccando nelle sue parti intime. Quella che ansimava era Sara che era nuda ed aveva gli occhi socchiusi e che inevitabilmente la vide. Pensò che l’avrebbe chiamata, ma non lo fece. Rosa ritornò a nascondersi, era sconvolta, si augurò di non essere stata vista e dato che loro continuavano nei loro giochi finì per credere che così fosse. Dopo il primo turbamento ritornò ad affacciarsi al dirupo, quello che vide le rimescolò il sangue e come ipnotizzata non poté più fare a meno di guardare. Erano a non più di quindici metri da lei che aveva un'ottima vista. Eleonora le dava sempre le spalle e stava leccando Sara sulle tette, questa ricambiava la cugina baciandola sulla nuca e dietro il collo. Le loro mani in basso si muovevano e ad un tratto le due ragazze insieme iniziarono a vibrare ed a gemere, si trattennero dal gridare, poi si abbandonarono una sull'altra senza più muoversi, solo il respiro grosso ed affannato, che seguì per qualche minuto, faceva pensare che le due ragazze fossero ancora vive. Dopo qualche minuto ancora si sdraiarono entrambe supine sulle loro stuoie e si addormentarono. Rosa abbandonò l'idea di poter fare il bagno e se ne ritornò a casa. In basso si sentiva umida, si allarmò perché non le era mai successo qualcosa del genere e prudentemente si toccò. Allorché le sue dita raggiunsero l’inforcatura tra le gambe e strusciarono sulla peluria sentì un brivido lungo la schiena, le venne la pelle d'oca. Il suo corpo era vivo e reclamava qualcosa per essere appagato, non sapeva cosa, forse doveva fare quello che le due ragazze avevano fatto l'una all'altra, ma si trattava sicuramente di atti impuri e cercò di scacciare quell'idea dalla sua testa. Sperava solo di non essere stata vista e s'illuse che così fosse quando le due ragazze ritornate a casa non la rimproverarono di nulla, anzi stranamente rinunciarono a schernirla. Ciò doveva renderla perlomeno sospetta, cosa che invece non avvenne. Contenta e sicura Rosa andò a letto e cercò di non pensare a quanto era successo quel pomeriggio, anche i bollori del suo corpo si erano, per fortuna, calmati.

L'indomani Rosa aveva già rimosso quegli avvenimenti, sua madre le disse di darsi da fare, c'era la camera delle signorine da sistemare, che loro erano già uscite da un pezzo. Entrò nella loro camera canticchiando e quando vide Sara seduta sul suo letto rimase a bocca aperta. - Vieni avanti cicciona - le disse questa, - ma prima chiudi la porta. - Incapace di reagire Rosa fece quanto le era stato richiesto, ma si tenne a più di un metro da lei.
- Nessuno ti ha detto che non sta bene spiare i padroni? -
Rosa arrossì e rimase di pietra. Ma lei l’incalzò ripetendo la domanda con un tono più duro e più alto. La casa era molto grande, nessuno le avrebbe sentite. Rosa cercò di giustificarsi, balbettò. - E' successo per caso… volevo fare il bagno…, non ero venuta a spiare. -
Sara sorrise malignamente. - Forse inizialmente è stato come dici, ma poi sei rimasta lì a guardare per tutto il tempo. Te la sei goduta guardona e magari ti sei anche masturbata. -
L'ultima frase lasciò Rosa interdetta, non l'aveva proprio capita. Non era in grado di capirla in uno stato normale figuriamoci in quel momento. Ora aveva la conferma che Sara l’aveva vista e l’aveva vista anche più volte. Piuttosto che dire qualche scemenza che l’avrebbe irritata ulteriormente preferì stare zitta.
Lei invece non le diede tregua. - Devi essere punita. –
- E’ strano – si chiese Rosa, - certamente lei non si era comportata bene, ma anche loro avevano fatto delle cose brutte. Ed allora perché doveva essere punita solo lei? - Però a Rosa non andava di discutere, decise che si sarebbe beccata la punizione e tutto sarebbe finito. - Come? - chiese.
Sara si alzò e girò la chiave nella toppa che ripose in una tasca dei jeans. Rosa non aveva paura, anche se Sara era più grande di età lei era più alta e grossa, quindi non diede importanza al fatto che avesse chiuso la porta a chiave. Pensava ad una penitenza simbolica, anche se non le ne veniva nessuna in mente.
Invece lei le disse: - levati la camicia. -
- Perché? -
Sara le diede uno schiaffo violento lasciandole il segno delle cinque dita sulla gota paffuta ed un gran male. Con rabbia le gridò in faccia: - smettila di fare domande, ed obbedisci. -
Rosa non osò reagire e si levò la camicetta. Sara l’osservava con gli occhi socchiusi e vigili.
- Levati anche il reggiseno. – Rosa esitò, ma quando vide che stava per ricevere un altro schiaffo si affrettò ad obbedirle. Il suo enorme seno, non più sostenuto, si adagiò sullo sterno. Sara sorrise sarcastica e crudele, Rosa invece arrossì di vergogna e di paura. La marchesina continuò ad infierire insultandola. - Sembri una vacca. A quest'età dovresti avere un seno sodo, che si regge da solo, senza neanche bisogno di reggiseno ed invece il tuo mammellume ti arriva all’ombelico. – Rosa divenne scarlatta e pensò purtroppo che la signorina avesse ragione. In quelle condizioni d’inferiorità psicologica non fu più in grado di opporsi. - Ora ti punirò – concluse decisa Sara.
Prese una grossa corda lunga meno di un metro, che in parte raccolse nel pugno, e iniziò a frustarla sulle zinne. - Non osare gridare. - Non osò, Rosa stessa pensava fosse suo interesse non farsi sentire, ma faceva male e Rosa pianse sommessamente per l'umiliazione e per il dolore. - Sì. Piangi. - I colpi sulle tette non facevano molto male, ma quelli che arrivavano sui capezzoli erano tremendi, Rosa si morse le labbra per non gridare, mentre versava calde lacrime e la vista le si annebbiava. Ormai era in suo potere. Quando, dopo alcuni minuti, Sara finì di picchiarla, con la stessa corda la legò per le tette che strizzò alla base. Con il cappio che le rimase in mano Sara la strattonò tirandola per le mammelle verso il letto, ai cui piedi la fece inginocchiare mentre lei si sedeva sul bordo. - Ed ora dopo il dolore il piacere. – Rosa completamente annebbiata non capiva cosa volesse dire. La marchesina si chinò su di lei ed iniziò a leccarla sulle tette violacee e sui capezzoli indolenziti, dapprima Rosa sentì ancora dolore, ma poi la saliva lenì il male ed infine iniziò a riscaldarsi, soprattutto quando Sara le prese i capezzoli in bocca ed inizio a succhiarli. Li succhiò a lungo, e mentre con una mano teneva sempre la corda e le strattonava il seno, con l'altra le accarezzava la pancia grossa e sudata. Rosa stava provando piacere, i suoi capezzoli subirono una strana trasformazione, divennero ritti e duri, in basso il languore iniziale si trasformò in calore e poi si sentì sciogliere. Senza pensarci si portò le mani tra le gambe, ma Sara la bloccò. - Cosa stai facendo, via le mani da lì, altrimenti ti lego. – Rosa obbedì di nuovo, anche perché sentiva che quell'atto non andava compiuto, ma ciò nonostante si sentiva impazzire e solo un grande sforzo di volontà le impedì di riportare lì le mani. Sentiva il piacere crescerle dentro mentre Sara continuava a lapparla. Quando iniziò a mordicchiarle i capezzoli esplose e cadde riversa in terra. Tempo dopo seppe di aver avuto il primo orgasmo della sua vita, senza che si fosse mai toccata la fica (così aveva sentito che la chiamavano i ragazzi). - Bontà divina, sei una bomba - mormorò Sara che invece un po’ di esperienze le aveva già fatte.

Rosa si riprese, la signorina le aveva sciolto le tette. - Rivestiti - le disse, e poi aggiunse - non crederai che sia finita così. – Rosa era troppo sconvolta e priva di forze per protestare e poi quello che le era successo non le era completamente dispiaciuto. Rosa ritornò a prestare ascolto a quello che Sara le stava dicendo.
- Stasera dopo cena ci vediamo al boschetto. Sbriga in fretta le tue faccende e presentati lì senza mutandine.

Per tutto il pomeriggio Rosa non poté fare a meno di pensare a quello che sarebbe successo quella sera. Solo per un istante tentennò pensando che non ci doveva andare, quanto era avvenuto la mattina e quello che sarebbe successo nella serata, sicuramente era peccato, uno dei più gravi per una ragazza timorata come lei, ma quel calore che l’aveva quasi fatta svenire e finalmente il fatto che una ragazza bella come Sara si fosse interessata a lei erano troppo gratificanti per rinunciarvi. – Certo - pensava Rosa, - quello che facciamo è brutto, anche perché siamo due ragazze, ma se lo facevano Sara ed Eleonora, più grandi di lei, colte e ricche, forse non era tanto brutto. -

Rosa terminò rapidamente di rigovernare e raggiunse Sara nel boschetto. La signorina era seduta su un tronco, al centro di una piccola radura, stava fumando una sigaretta. I suoi non volevano che fumasse e la ragazza fumava di nascosto. Rosa aveva corso per raggiungerla ed era trafelata ed accaldata, si trattenne, fece gli ultimi passi lentamente, la brezza s'insinuava tra le cosce sudate e la raffreddava dove già era calda e pronta. Sara l’accolse con il suo solito sorrisetto beffardo. - Avvicinati ed inginocchiati di fronte a me. – Rosa obbedì e pensò che di nuovo le avrebbe ordinato di levarsi la camicetta ed il reggiseno. Invece Sara dietro il tronco teneva una verga sottile e allo stesso tempo flessibile e resistente. Le ordinò di sollevare la gonna e lei lo fece, come le era stato ordinato si era levata le mutandine e lì sotto era nuda. Sara l’accarezzò sul deretano con la verga e nell'interno delle cosce con la mano, quelle di Rosa erano invece impegnate a trattenere in alto la gonna. Sara non era tenera con la sua giovane serva. - Sei grassa come una mucca gravida, hai le cosce più grosse di due prosciutti. – Rosa arrossì, ma non poté fare a meno di domandarsi: - se sono così brutta e grassa perché vuole vedermi? Perché non fa queste cose con sua cugina? - Intanto Sara stava massaggiandola sulla vulva con il palmo della mano. Rosa non aveva mai provato tanto piacere, per poco non svenne nuovamente. Sara vide il viso infuocato della serva, i suoi occhi stravolti ed intuì quanto fosse pronta. Iniziò a picchiarla sul culo, dapprincipio colpi lenti e non molto forti, mentre con la mano continuava a rovistarla. Poi allargò le grandi labbra e cominciò ad accarezzarla nell'interno. Non smise di picchiarla, anzi i colpi divennero più forti. Sara insinuò le sue piccole ed abili dita tra le piccole labbra di Rosa, che non lo aveva mai fatto. Rosa era fradicia d'umori e continuava a colare come una fontana. Sara insinuò un dito nella vagina della serva, e si fece largo, trovò l'imene e Rosa per un istante sentì un dolore acuto e sordo che la fece ingobbire. La padroncina ritrasse il dito e la serva riprese a respirare. Sara continuò ad accarezzarla sulle labbra, poi raggiunse il clitoride e si concentrò su quello. A quel punto Rosa iniziò a vibrare come un'epilettica ed a dire frasi senza senso come: - ancora, ancora ... - e - ti amo, ti amo, ... - Il tutto mentre Sara ora la bacchettava sul sedere rosso come un pomodoro sempre più forte, ma il dolore era lieve di fronte al piacere che la serva stava provando. Anzi, anche se in quel momento Rosa non se ne rese conto, ne era un gradevole complemento. Poi per la seconda volta nella stessa giornata si accasciò al suolo.

- E brava la mia vacca. Oggi hai già goduto due volte ed io nessuna. Tirati su e datti da fare. – Rosa si tirò su e non fu facile, pensava di essersi trasformata in gelatina, ma non sapeva cosa doveva fare. Sara sollevò la gonna e si tirò giù le mutandine. La levò dall'imbarazzo dicendole: - lecca. -
Rosa era sempre in ginocchio, si chinò su di lei ed intuendo cosa la signorina desiderava iniziò a leccarla sulla vulva. Poi guidata dalla padroncina insinuò la lingua nelle grandi labbra e quindi presa dal gioco sempre più in dentro. Sara non era molto pelosa, ma per i peli la serva provò fastidio, cercò di non pensarci e insinuò la lingua oltre le piccole labbra, la tenne rigida e la scopò come la padroncina le ordinava di fare. Rosa, ancora una volta obbedendo agli ordini della signorina, tirò fuori la lingua dall’orifizio e la lappò sul clitoride. La marchesina venne, le conficcò le unghie sulla nuca e le tenne la bocca incollata alla vagina. Infine la padroncina si riprese e le ordinò di ripulirla di tutti gli umori che aveva emesso. Sara si accese una sigaretta e domandò alla sua giovane serva. - Ti è piaciuto? -
- Ohm sì, Sara, moltissimo – rispose Rosa mentre si leccava le labbra, era un sapore piacevole. Sara le soffiò il fumo in faccia facendola lacrimare.
- Non mi chiamare mai più Sara e non mi dare del tu, quando saremo sole chiamami padroncina e quando ci saranno altri chiamami signorina. Capito. -
Rosa non riusciva a capire perché veniva trattava a quel modo, erano amanti e dovevano volersi bene, ma non voleva litigare, forse quel modo di fare era parte di quel nuovo gioco che iniziava ad apprezzare. Si sentiva grande, si era innamorata e voleva accontentarla. - Sì padroncina. -
- Bene ora puoi andare. Ci rivedremo qui domani sera. E stanotte non ti masturbare. – Rosa si alzò ed andò via, ritornò a casa.

Nei quindici giorni che seguirono le due ragazze s’incontrarono nel boschetto ogni sera, ed ogni sera la padroncina fece di Rosa quello che volle. Rosa ebbe orgasmi su orgasmi e bacchettate sui seni e sul culo a volontà. Le piaceva tutto, arrivò a pensare che non ci potesse essere il piacere senza il dolore. Adorava la sua padroncina e non pensò più ai ragazzi, era invece gelosa di sua cugina e successe che anche Eleonora divenne gelosa di Rosa. Ma quando Rosa sollevò il problema durante una pausa di uno dei loro incontri, Sara le diede una violenta bacchettata su un capezzolo che la lasciò senza fiato. - Quello che io faccio con Eleonora o con altre donne o uomini non ti deve interessare, sei tu che non puoi fare niente senza il mio permesso. Ricordati, io sono la tua padrona e tu la mia serva. Hai capito? – Rosa dovette rispondere piangendo e non solo per il lancinante dolore che le veniva dal capezzolo ferito - sì padroncina. -

Se Rosa si rassegnò a condividere la sua padrona con Eleonora, quest’ultima non fece altrettanto. La tormentò ogni volta che poteva. Non si limitò a deriderla e ad insultarla. Ogni volta che poteva la umiliava. Dovunque si trovassero la mandava a prenderle un bicchiere d'acqua, oppure la rimproverava per un lavoro fatto male e glielo faceva rifare. La sua padroncina non intervenne mai in sua difesa e a lei non rimase che ubbidire. Se Sara non la difese è pure vero che non la derise più in pubblico ed anche quando erano sole non disprezzò più il suo fisico, anzi aveva imparato ad apprezzarlo, era capace di leccare e godere delle tette della sua serva per mezzora di fila senza stancarsi. Ma si sfogò con umiliazioni più sottili e per lei più piacevoli. Spesso legava le mani di Rosa dietro la schiena e in quelle condizioni la costringeva a leccarla; viceversa per ottenere le sue carezze Rosa doveva implorarla. La fantasia di Sara si sviluppava continuamente, ma solo negli anni a venire avrebbe dato il meglio di sé. In quel periodo non leccò mai la fica della serva, solo il seno, che nonostante il suo sarcasmo era la parte che più desiderava e soprattutto non la baciò mai sulla bocca fino all’ultimo giorno.

Inevitabilmente le vacanze terminarono. L'ultima sera Sara fu molto tenera con Rosa, ma non rinunciò a frustarla con la corda sui capezzoli, poi mentre la serva piangeva e si massaggiava il seno dolorante, finalmente la baciò sulla bocca. Rosa si limitò a socchiuderla e lasciò che la lingua della sua padrona l’esplorasse a lungo con reciproco godimento. Le ultime parole della sua padrona furono un ammonimento. - Ci vedremo a Natale ed a Pasqua e poi la prossima estate. Non pensare neanche a tradirmi, lo verrei a sapere e ti ripudierei. -
Rosa non aveva mai pensato di poterla tradire, e quella terribile minaccia più che spaventarla la lusingò.





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