Un Mondo Spietato - Capitolo 2 - IIl Il Figlio di Saa

Scritto da , il 2018-03-30, genere dominazione

La carrozza arrivò nella piazza principale di Kuanta e Saa ne discese, ordinò al conducente di passare a prenderla dopo quattro ore in quello stesso luogo e si avviò verso il mercato, era una bella mattinata, piena di sole e abbastanza fresca.
Saa era felice, quando andava a fare spesa da sola godeva, era abbastanza felice anche quando seguiva il suo padrone in giro per la città ed era decisamente infelice quando accompagnava la sua padrona. Quella mattina aveva ricevuto da Koss l’incarico di andare a comprare un bel gioiello per un regalo. Saa si domandava a chi dovesse essere regalato il gioiello e non disperava di scoprirlo, sicuramente sentiva che non era per Zuna. C’era molta gente in giro anche se era ancora presto, Saa passeggiava per le stradine acciottolate del centro ammirata ed invidiata da tutti, dravoriani e schiavi. Aveva indossato un leggero vestitino di lana celeste che le arrivava al ginocchio e calzava delle costose scarpe di pelle di coccodrillo con un tacco molto alto, portava una bella borsa di pelle intonata con le scarpe, al collo aveva naturalmente il collare, ma anche una stupenda collana di perle. Il suo portamento era al tempo stesso fiero e dimesso. Saa teneva la testa alta e le spalle diritte, fiera di essere la schiava personale di un uomo importante, ma non guardava mai un dravoriano negli occhi, quando incrociava lo sguardo di uno di loro, soprattutto se donna, lo abbassava subito pudicamente, quando le rivolgevano un complimento arrossiva e tirava dritta, agli altri schiavi sorrideva serena. Nonostante ciò ai dravoriani più poveri lei appariva oscenamente arrogante.
In verità Saa era solo estremamente affascinante. La schiava di Koss, pur non possedendo nulla di suo, tranne i regali del suo padrone, era sicuramente più ricca di molti dei dravoriani che in quel momento le passavano accanto e che potendo se la sarebbero fatta lì, direttamente sul marciapiede. Saa possedeva gioielli e vestiti che solo le dravoriane più ricche potevano permettersi, il suo padrone le passava anche una discreta mancia per le sue necessità personali, che era maggiore dei normali salari o stipendi dei dravoriani. Saa aveva un orologio meccanico, ormai esistevano solo quelli, e potevano permetterselo in pochi. Esisteva una sola fabbrichetta di orologi nel Dravor che con grande fatica ne sfornava un migliaio all’anno, si può immaginare quanto valessero. Spesso un dravoriano si rivolgeva a lei con arroganza per farsi dire l'ora, lei rispondeva educatamente, ma sotto sotto se la rideva.
La giornata era bellissima, per le stradine del centro circolavano schiavi indolenti che giravano qua e là per svolgere le commissioni che i loro padroni avevano comandato, padrone rilassate che volevano fare la spesa in prima persona, seguite da qualche serva o servo, impiegati o uomini d’affari trafelati.
I bei palazzi del centro contenevano di tutto, erano la sede della burocrazia del Dravor, oppure negozi, in qualche caso botteghe artigiane o cantine e trattorie. Agli schiavi era permesso entrare nelle taverne o nelle latterie solo al seguito dei loro padroni. C’erano però dei piccoli locali sulla cui vetrina spiccava un collare che servivano bevande analcoliche, latte, caffè o da mangiare solo a schiavi, erano dependance dei locali dei dravoriani gestiti da schiavi che servivano solo gli schiavi. In questi locali uno schiavo che vi entrava mentre stava svolgendo una faccenda per ordine del suo padrone doveva consumare la sua ordinazione senza attardarsi, giusto il tempo che ci voleva per la consumazione. In verità questa norma non era granché rispettata, raramente le guardie si prendevano la briga di entrare in quei locali e punire chi trovavano seduto a perder tempo.
Erano i luoghi preferiti dagli schiavi che avevano un’abitazione propria, questi schiavi vi si recavano alla fine della giornata di lavoro per bere, mangiare qualcosa e chiacchierare o consumare nel retro un rapido rapporto. Saa aveva bisogno di mettere sotto i denti qualcosa di dolce ed entrò in uno di questi locali. Il locale era piccolo, ma accogliente e Saa si sedette su un divano in un angolo. C’erano pochi altri schiavi nel locale che parlottavano tra loro, erano tutti in giro per commissioni su ordine dei rispettivi padroni e come Saa si stavano concedendo una pausa. In quei locali gli schiavi potevano conoscersi e potevano anche iniziare delle relazioni che per continuare avevano però bisogno del placet dei rispettivi padroni, ovviamente questo non era consentito alle schiave di piacere. Saa era abbastanza famosa, si sapeva che era la schiava personale di Koss, il nuovo Mirv della guerra, e quindi era fuori portata per tutti, soprattutto per gli altri schiavi, quindi anche se tutti la salutarono educatamente nessuno si sognò di avvicinarsi a lei.
La cameriera sapeva che era una cliente importante e le chiese con rispetto cosa voleva. Saa ordinò un latte caldo e una fetta di torta. Saa si gustò la colazione, poi pagò lasciando una ricca mancia ed uscì di nuovo per le strade del centro. Ora che si sentiva a posto poteva recarsi nella gioielleria in cui Koss l’aveva mandata. Il suo padrone ne era un importante cliente e la padrona che la gestiva la salutò con il massimo rispetto che una padrona poteva riservare ad una schiava. Stava servendo una coppia di giovani dravoriani, ed anche se con educazione, smise di prestare loro attenzione per un attimo per salutare la schiava.
– Benvenuta Saa, accomodati, sarò subito da te. – Saa rispose al saluto e si sedette su una poltroncina. Moriva dalla voglia di accavallare le gambe, ma sapeva di non poterlo fare e si trattenne. Una commessa, una schiava come lei si avvicinò per chiederle se poteva esserle utile, ma lei la licenziò con garbo ed attese pazientemente la padrona della gioielleria. Non ci volle molto, più tempo richiese la scelta del gioiello. Le due donne avevano entrambe buon gusto, ma non sapendo a chi era destinato l’oggetto che stavano scegliendo dopo un poco decisero per una spilla, nello stile più classico possibile, in modo che potesse andar bene per una donna di qualsiasi età e di qualsiasi tipo. La spilla era in oro bianco e una splendida pietra preziosa scintillava su di essa. Saa era soddisfatta della scelta, sorrise alla padrona e si dispose a trattare il prezzo.
Koss la mandava a svolgere quelle commissioni perché sapeva che di lei si poteva fidare ciecamente. Saa apparentemente partiva da una posizione di svantaggio, in teoria non poteva neanche mettersi a discutere con la padrona del prezzo, quindi cominciava sempre col dire - quanto devo dire al mio padrone che deve pagare? – Poi per vie traverse riusciva a spuntare sconti che difficilmente il suo stesso padrone avrebbe ottenuto, quando proprio era in difficoltà diceva - penso che il mio padrone lo troverà caro. –
Infine Saa salutò la padrona e lasciò il negozio. Saa non se ne accorse, ma mentre usciva dalla gioielleria fu vista da Zuna. Era nel carattere della padrona insospettirsi, l’avrebbe seguita in ogni caso figuriamoci vedendola uscire da una gioielleria. Saa guardò l’orologio era ancora presto, aveva ancora due ore a disposizione, ma voleva impiegarle al meglio. La schiava ritornò verso la piazza e da lì si diresse verso la periferia. L’incedere di Saa era elegante e maestoso allo stesso tempo, Zuna osservandola ne rimase ammirata, la karsna era allo stesso tempo gelosa ed orgogliosa di quella kalsna, gelosa perché sapeva che per il suo amante era molto preziosa, orgogliosa perché anche lei, sia pure indirettamente, la possedeva.
Zuna seguendola non pensava di scoprire granché, ma man mano che la schiava si inoltrava per strade sempre più periferiche e poco frequentate i sospetti crebbero. Quando poi Saa entrò in un elegante quartiere di villette Zuna iniziò a pensare che la schiava del suo amante avesse un rapporto con un altro uomo. Se si fosse trattato di un dravoriano sarebbero stati guai seri per entrambi, ma mai tanto seri quanto nel caso che fosse stato uno schiavo.
Era un quartiere di alti burocrati del Dravor, non erano i più importanti, ma lo erano abbastanza. Saa bussò ad un cancello ed una serva che la riconobbe venne ad aprire e la fece entrare. Zuna trovò in quell’atteggiamento una conferma dei suoi sospetti. Se si fossero dimostrati veri Koss l’avrebbe punita a dovere. Zuna aggirò la villetta e finalmente trovò un punto in cui poteva scavalcare senza essere vista né dall’interno, né dall’esterno. Zuna indossava i vestiti adatti, era in servizio e quindi indossava pantaloni, giacca e scarponi. La giovane era in splendida forma e le ci volle solo qualche secondo per entrare nella villa. Se l’avessero scoperta non aveva che da dire la verità, quella schiava si trovava lì dentro senza l’autorizzazione del suo padrone e lei voleva scoprirne il motivo. Il giardino non era molto grande, ma c’era una vegetazione rigogliosa. Silenziosamente Zuna cercò di ritrovare traccia della schiava. Quando la rivide rimase talmente sorpresa che per poco non le scappò un urlo. Se l’era immaginata tra le braccia di un uomo ed invece la vide sdraiata in giardino, sul bordo di una piscina, discutere amabilmente da pari a pari con quella che doveva essere la padrona di casa. Zuna si calmò e origliò quello che le due donne si stavano dicendo. Quella che stava parlando era la padrona di casa.
- Tuo figlio ormai è un giovanotto importante, devi essere fiera di lui. Ha diciannove anni, da uno è nell’esercito, e fra qualche anno conterà parecchio nel Dravor. -
Saa sospirò. – Come vorrei poterlo abbracciare e vivere accanto a lui. -
- Sai che non è possibile. Se gli raccontassimo la verità sarebbe perduto. -
- Lo so, lo so. Mi devo accontentare di spiarlo di nascosto e quelle poche volte che lui mi ha visto ha pensato di me semplicemente come ad una schiava. -
- Non è vero ti è affezionato, ma non immagina ovviamente che tu sia sua madre. Questo non dovrà mai saperlo. -
- La sua vera madre sei stata tu. Tu l’hai adottato ed educato, purtroppo io ho potuto fare ben poco per lui. – Saa trattenne le lacrime.
- Non mi è stato neanche possibile avvicinarti a lui, sai che ti avrei voluto prendere come schiava. Avrei speso qualunque cifra, ma il tuo padrone non ti avrebbe mai ceduto. D’altra parte come schiava di un uomo potente come Koss tu l’hai già aiutato e potrai continuare ad aiutarlo. -
Zuna aveva ascoltato fin troppo e quello che aveva sentito era sconvolgente, quando le due donne cambiarono discorso decise di andarsene per la strada da cui era venuta. Zuna si domandò chi fosse il padre del figlio di Saa, lei aveva sempre creduto che l’unico uomo di Saa fosse stato Koss.

Zuna non dovette attendere a lungo. Mezzora dopo Saa era nuovamente in strada e rapidamente ritornava verso la piazza dove aveva appuntamento con il cocchiere, ma Zuna le si materializzò davanti spaventandola a morte. – Bene, bene, la schiava fa la bella vita. Io ed il tuo padrone lavoriamo dall’alba al tramonto e tu ti diverti, vai per negozi a scialacquare il nostro denaro, vai a trovare le tue amiche, ora cosa volevi fare, andare a scopare con il tuo amante? -
- Padrona, ti prego, non è come pensi. – Saa aveva il cuore in tumulto e non riusciva a pensare.
- E com’è? Su dimmelo. – Saa era incapace di articolare una risposta ragionevole, prese fiato e tempo domandandosi cosa la padrona potesse aver scoperto, decise di dire una mezza verità ed anche per quello che era possibile di non tradire il suo padrone, sapeva però che Zuna l’aveva vista uscire dalla gioielleria. – Sono in città per ordine del padrone. E’ lui che mi ha mandato per delle commissioni. Stasera a casa potrà confermarglielo. –
- Cosa sei andata a fare dentro quella gioielleria? –
- Padrona, mi dispiace, non sono autorizzata a dirglielo. -
Per strada non c’era nessuno. Zuna le afferrò un braccio e glielo torse fino a farle tanto male che Saa fu costretta ad inginocchiarsi. Sibilare
– Ascolta troia – sibilò Zuna, - non sei nelle condizioni di dirmi cosa posso o non posso chiederti. – Zuna fece una pausa e poi velenosamente le alitò sul volto. – puttana io di te so tutto e posso fare di te quello che voglio. Anche venderti subito. Non osare nasconderti dietro il mio amante, ti conviene essermi fedele perché ti rovino in un attimo. -
Saa pianse dolorosamente, ma non era il male al braccio che la faceva piangere, Zuna continuava a strattonarla, ma Saa capì anche che aveva scoperto tutto.
Padrona… – implorò la schiava, ma Zuna non le diede respiro. – Vieni con me puttana. Zuna la spinse in avanti e Saa piangente fece strada. Zuna la diresse verso il centro minacciandola con il frustino che portava sempre con sé. Saa camminava piangente ed umiliata, ora che si stavano avvicinando al centro ricominciarono ad incrociare sempre più gente.
Saa cercava di trattenere le lacrime, ma l’onta di dover camminare pungolata dal frustino della padrona era troppo forte, Saa non era mai stata così pubblicamente umiliata ed ormai da moltissimi anni Koss le riservava quel trattamento solo in privato. Gli schiavi e le schiave che incrociarono le due belle donne si ritrassero impauriti abbassando gli occhi. I dravoriani invece seguirono la scena sorridenti, le popolane incoraggiarono Zuna che non aveva bisogno di essere incitata per oltraggiare Saa.
Saa piangeva disperatamente anche perché sapeva che Koss in quel caso non avrebbe potuto aiutarla. Zuna e Saa attraversarono la piazza e montarono in carrozza. Negli ultimi cento metri Zuna aveva smesso di dare spettacolo, così il cocchiere pur vedendo che Saa era scossa non poté capire cos’era successo. La carrozza si diresse fuori città, ma appena uscita dal centro il cocchiere ricevette l’ordine di recarsi al mercato degli schiavi. Saa aveva ripreso a piangere. – Zitta stupida e non piangere. Per farla finita devi solo parlare. -
- Non posso padrona. Non posso, la prego. -
- Vedremo. -
Arrivarono in una zona molto tranquilla, il mercato era aperto al pubblico, ma la folla c’era solo in occasione delle aste. Il mercato era un insieme di capannoni e di recinti all’aperto. Nel mezzo dei capannoni c’era un vasto spiazzo al centro del quale c’era un palco, era lì che si svolgevano le aste. Zuna scese dalla carrozza e seguita da Saa si diresse verso una casa in legno che sorgeva attigua al capannone, era l’ufficio del samor, il mercante di schiavi. Sulla porta c’era uno schiavo, Zuna l’apostrofò. – Devo vedere il tuo padrone. -
- Sì padrona. – Lo schiavo la fece immediatamente entrare, in altri casi avrebbe risposto - vedo se è libero, - ma quella padrona le sembrava particolarmente suscettibile e non se la sentì di contraddirla. Mentre lo schiavo le faceva strada Zuna disse a Saa - aspetta qui e non ti muovere. -
Saa sapeva che Zuna non poteva venderla, ma era egualmente terrorizzata, la sua era una situazione molto difficile, se Koss avesse conosciuto il suo segreto non poteva immaginare quanto male avrebbe reagito. Mentre il suo cervello era alla ricerca della soluzione migliore, o meglio del male minore lo schiavo l’invitò ad entrare.
Il samor era un vecchio conoscente di Zuna che si apprestava volentieri a tenerle bordone nella commedia che lei voleva inscenare, ma questo Saa non lo sapeva. Allarmata ed impaurita, le gambe tremanti la schiava entrò nell’ufficio del samor. – Allora samor, cosa ne pensi di questa schiava – disse Zuna indicando Saa. Il samor era un uomo grasso di mezz’età che sprofondato nella sua comoda poltrona sollevò tranquillamente gli occhi cisposi sulla bella schiava e non poté trattenere un grugnito di soddisfazione.
– Incantevole ed elegante karsna, certamente se la vorrai vendere spunterai un bel prezzo, ma per dirti quanto vale precisamente la devo vedere meglio. –
Saa era immobile e pietrificata nel mezzo della grande stanza. – Avvicinati – le ordinò Zuna, e poi - spogliati. –
Era un ordine che aveva ricevuto ormai centinaia di volte, ma che in quella situazione Saa non se la sentiva di eseguire. Zuna la minacciò con il frustino e non ottenendo effetto la colpì sulle tette brutalmente. Saa si affrettò ad obbedirle. Mentre la schiava si denudava il samor si alzò dalla poltrona e le girò intorno esaminando quelle nudità perfette, passò il dorso della mano sulla pelle serica e leggermente abbronzata della schiava che a quel contatto tremò violentemente, poi le prese il viso in mano e con un dito le forzò le labbra.
Saa voleva morire, il seno affannato su cui erano disegnati due bei lividi blue ansava libero e malizioso, la schiava chiuse gli occhi da cui scesero calde lacrime e lasciò che quel dito grassoccio e grossolano la penetrasse. Mai un uomo, da quando era schiava di Koss l’aveva trattata così, solo donne e solo le amanti del suo padrone, per tutti gli altri lei era stata inviolabile. Il dito percorse le labbra, la tastò sulla lingua ed il samor osservò attentamente i denti della schiava. Saa piangeva ed arrossì nuovamente, ma non osò ritrarsi, sapeva che Zuna gliel’avrebbe fatta pagare cara. Quindi il samor andò di nuovo a sedersi in poltrona. – Non è più molto giovane, ma è davvero notevole. Non mi sembra però molto educata, si ritrae alle carezze del padrone. -
- Non cercare di fregarmi samor. Sai bene che questa è una schiava “eccellente”, viene dalla celebre scuola di Kira ed è stata prima kalsna del Dravor nel primo concorso che si tenne quasi dieci anni fa. Si ritrae perché una schiava come lei si può concedere solo su ordine del suo padrone. -
- Già – esclamò il samor, - mi sembrava di averla già vista. Bhe se è così varrà almeno quattromila tel. -
- Ne vale molti di più ed ora te lo faccio vedere. -
Zuna diede l’ordine alla schiava di assumere la posizione Jia e Saa ormai soggiogata l’accontentò prontamente, non osava più discutere gli ordini della padrona, gliene sarebbero venute solo frustate. Saa si sdraiò sul parquet e poi tirò le gambe verso di sé trattenendole con le braccia, fino a quando i piedi non le arrivarono dietro le spalle, lasciando oscenamente esposti sul davanti culo e fica. La fica ben disegnata appariva imbronciata ed aperta, i riccioli colore dell’oro l’incorniciavano lubricamente. Era una posizione che richiedeva grande elasticità in tutti gli arti del corpo, Saa a trentasette anni l’assumeva senza alcuna difficoltà.
- Davvero notevole – mormorò il samor che era sinceramente ammirato. – Devo dire che se la mando sul palco e le ordinò di eseguire un po’ di questi numeri magari spunto anche cinquemila tel. -
Saa stava per svenire, il solo pensiero di essere venduta la gettava nel peggiore sconforto, quello di essere venduta ad un’asta pubblica in cui di solito si raccoglieva la peggiore marmaglia del Dravor, era la peggiore delle umiliazioni possibili. Decise che avrebbe ceduto a Zuna.
- Padrona - la prego, - farò quello che volete. -
Zuna mascherò il piacere che quella notizia le dava, ma non era intenzionata ancora ad accogliere la resa della schiava, si rivolse di nuovo al samor.
- Chi la potrebbe acquistare? -
- Visto il suo valore potrebbe essere acquistata da un ricco padrone o da una ricca padrona come schiava personale. In questo caso non farebbe una vita molto differente di quella di adesso. Poi dipende anche da chi capita, ci sono padroni che si accontentano che una bella schiava le riscaldi il letto, ed altri, soprattutto padrone, che le fanno trottare tutto il giorno, e che in particolari casi risultano essere anche molto sadiche. -
- Oppure – insistette Zuna.
Il samor si passò la mano pensieroso sul mento. – Potrebbe essere acquistata anche da un bordello, ve ne sono di molti raffinati che affittano le kalsna a uomini o donne che possono spendere per una o più giornate. Ho sentito dire che chiedono anche più di cento tel al giorno, la paga di un mese dei nostri impiegati. Una schiava come questa li potrebbe meritare. In poco più di un anno il padrone, considerato anche il suo costo di mantenimento, si ripagherebbe l’investimento… -
Saa era arrossita come un peperone, ora non vedeva l’ora di venir fuori da quella storia, sapeva che Zuna non poteva fare niente di tutto ciò, ma non sapeva cosa sarebbe successo se avesse parlato con Koss. – Padrona, per favore. –
Zuna sentì che ormai la teneva in pugno.
– Zitta schiava, parlerai in carrozza, sulla via di casa e quando te ne darò il permesso. Ed ora rivestiti, smettila di dare spettacolo. -

L’accordo che padrona e schiava raggiunsero fu molto semplice. Saa raccontò molto della sua vita a Zuna e le giurò fedeltà, ottenne in cambio che Zuna non avrebbe raccontato la verità a Koss, ma Saa sapeva che non poteva mai fidarsi completamente di quella donna e le pesava enormemente il fatto di essere ricattabile. Lei era fedele al suo padrone e basta, con Koss aveva un rapporto speciale, doveva pensare a come tirarsi fuori.
Intanto aveva abbozzato ed aveva raccontato a Zuna solo quello che la padrona già sapeva, e ora che aveva ripreso un certo controllo di se stessa si sentiva più sicura anche se sempre estremamente preoccupata. Zuna era invece estremamente soddisfatta, Saa aveva un figlio di diciannove anni, che era un dravoriano e non uno schiavo come doveva essere, era appena diventato un kars come lei, e suo padre era Koss, entrambi neanche lo sapevano. Nel Dravor generalmente si iniziava a lavorare a sedici anni, la stessa età in cui si entrava nell’esercito o nella guardia imperiale.
Il figlio di Saa era stato concepito prima della nascita del Dravor. Koss non seppe mai di aver avuto un figlio da Saa perché erano momenti molto difficili e per un periodo abbastanza lungo Saa fu abbandonata presso una fattoria isolata in cui viveva una coppia di amici di Kira, che non potendo avere figli, volentieri e facilmente convinsero Saa a lasciare loro il suo. Koss le dissero, quello che comunque già sapeva, non può riconoscerlo, finirà per ripudiare te e comunque crescerà schiavo, mentre con noi sarà un dravoriano. La donna con cui Saa si era incontrata era la madre adottiva.
Durante le ultime battute del racconto Zuna aveva afferrato la schiava per i corti capelli e l’aveva costretta tirandole la testa indietro a guardarla in viso.
– Continua a raccontare – le aveva ordinato. E mentre Saa continuava il suo racconto Zuna dopo averle tirato giù le mutande la penetrò tra le gambe. Saa inghiottì amaro, ma non smise di narrare. La schiava era asciutta, ma Zuna sapeva come manovrarla, le dita lunghe e nervose presero possesso della fichetta della schiava e s’insinuarono nella vagina, nello stesso tempo con il pollice la sollecitava sul clitoride. Saa sconfitta ed avvilita si bagnò, verso la fine del racconto ebbe un piccolo e doloroso orgasmo.

Con l’avvento del Dravor, ma era una convenzione già diffusa, si affermò il principio che i rapporti sessuali tra schiavi e padroni non dovessero portare a generare figli e che comunque i figli delle schiave sarebbero diventati schiavi e se si fosse dimostrato che una padrona aveva concepito un figlio con uno schiavo il figlio avrebbe subito uguale sorte. Con il Dravor si arrivò anche ad affermare che i dravoriani coinvolti in quelle generazioni illecite avrebbero dovuto pagare una forte multa. In verità la legge non scritta prevedeva di peggio, il dravoriano che fosse incappato in un errore simile avrebbe subito l’ostracismo della comunità e non sarebbe mai più potuto arrivare a ricoprire cariche importanti. Ora che Zuna aveva scoperto quel terribile segreto era doppiamente contenta, teneva anche Koss in pugno, oltre che la sua bella schiava. Il primo ordine che Zuna ricevette fu il seguente: - devi aiutarmi a tenere in piedi la relazione con il mio amante, lui si fida di te e quindi puoi fare molto. Per ora mi basta questo e può anche darsi che non ti chiederò null’altro. – Era l’esatto contrario di quello che Saa aveva fatto fino a quel momento, Saa non poté che dire di sì.


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