Puttana in Trasferta: la Vendetta di Anna

Scritto da , il 2017-10-21, genere orge

Sono passati altri due giorni.
Abbiamo lasciato decantare la crisi, come dice Castaldi: Anna ha preso il pieno controllo del clan in città. Ha in mano gli affari e gestisce le risorse; però il tesoro è a Capri dal nonno.
Lei ha eseguito le volontà del patriarca, e le cose dovrebbero assestarsi più o meno come prima, solo con un capo meno violento di quello che c’era prima che noi arrivassimo. Quindi dovremmo essere tutti soddisfatti, giusto?
Castaldi insiste che per capirlo occorre prima lasciare che la polvere si posi… E noi abbiamo fatto davvero un bel polverone.
Certo, ma non si può mica fare una frittata senza rompere le uova, giusto?
Sì, ma noi di uova ne abbiamo rotte un po’ tante; per non parlare delle teste…
Quante storie, abbiamo fatto quello che ci è stato chiesto; missione compiuta… Allora, possiamo andarcene?
Quanta fretta… Non vogliamo vedere come va a finire?
Perché, dove dovrebbe andare a finire? Le cose si sono assestate: Anna è l’unica erede rimasta del clan, ed è in buoni rapporti con don Gennaro, che si è ritirato. Quindi…
Già, però la piccola Anna si sta rivelando un po’ diversa da come ce l’eravamo immaginata: non sembra più l’elemento civilizzato della famiglia, l’avvocata ragionevole e di basso profilo: prima ha guidato la rivolta contro Pasquale, poi ha assassinato a sangue freddo Antonio e Maria, e adesso…
Adesso?
Adesso, sta rivoltando il clan come un calzino, imponendo la sua autorità e assumendo il controllo dei traffici difamiglia con lo stesso piglio dei defunti fratelli.
Beh, è una Sposito anche lei.
Già: e della peggior specie…
Sbatto il bicchiere sul tavolo, seccata: - Ma tutto questo cosa c’entra? E soprattutto, cosa c’entriamo noi? Avete detto che tanto ormai siamo bruciate, Anna sa benissimo che lavoriamo per lo Stato… Non serviamo più a niente!
Castaldi è sereno, insolitamente paziente e serafico… Sfido io, si è appena scopato Jasmine per la terza volta da quando è salito a bordo ieri sera, accidenti a lui!
- Pat, te l’ho spiegato: voi siete il collegamento con Anna. Lei si fida ti te, anzi forse ha perfino un debole per te…
- Anna ha un debole soltanto per sé stessa.
- Certo, però tu gli piaci. Ti sei conquistata la sua fiducia, anche se sa che sei dei nostri, e questa è una cosa rara.
- Se vuoi te la presento: scommetto che gli piacerai anche tu. Sei un bel giovanotto, e ci sai fare…
- Lusingato. Ma non credo che sarei capace di fare quel che hai fatto tu per piacerle…
- Cosa intendi dire? Che sono una pazza debosciata anch’io?
- Lo hai detto tu. Io sono un Carabiniere, e non potrei stare a guardare come hai fatto tu, mentre quella sciroccata ammazza e stupra i membri della sua famiglia… In quest’ordine, poi. Sai, di solito i delinquenti prima stuprano, poi ammazzano. Lei sembra preferire il contrario.
Ci penso su un attimo: - Sì, forse è un po’ strana.
- Forse? Pat, Anna Sposito è partita! Fuori di testa… Rischiamo di aver tolto di mezzo un maniaco e un debosciato per mettere al loro posto una pazza.
Ripenso allo sguardo folle che le ho visto negli occhi l’ultima sera in Villa, e mi chiedo se Marco non potrebbe avere ragione.
- Comunque io i fratelli Sposito li ho incontrati tutti e tre. Pazza o no, Anna è la meno peggio della famiglia.
- Speriamo che tu abbia ragione. Comunque, nel dubbio, rimaniamo in attesa un altro po’.
Sospiro, rassegnata.
Il tempo si è messo al brutto, e pioviggina… L’autunno è arrivato anche a Nisida, e questo significa che aspettare all’ancora adesso è una palla unica.
- Va bene, dai… - gli faccio, appoggiando la tazza del cappuccino vuota – Allora, sai che facciamo? Io vado a prendere Eva che ronfa nella mia cabina, tu acchiappi Jasmine che sega legna nella sua, e ce le scopiamo insieme qui in salotto, cosa ne dici?
Marco sogghigna: - Mi sembra l’idea più brillante della giornata!

Lui si fa la sua ragazza sul divano, io scopo a mia sul tavolo, e poi ce le scambiamo. Continua a piovere, quindi dopo uno spuntino veloce ricominciamo un’altra volta, però a coppie regolari…
Dopo un pisolino pomeridiano siamo ancora lì, perché a meno di seguire il calcio, in una domenica piovosa dei primi di novembre, cos’altro vuoi fare a bordo di una barca ormeggiata?
Marco eiacula dentro la sua ragazza, ma io non mi preoccupo perché tanto Jas prende la pillola… Però Eva ha un guizzo e si stacca veloce da me per tuffarsi fra le cosce della giovane berbera: già, la mia girl ha una vera passione per le torte alla crema e non vuole perdersi un’occasione così ghiotta.
Lo spettacolo di Eva che slappa la fica piena di sborra della nostra marinaia mi ingrifa di nuovo, così mi piazzo dietro il suo bel culetto polposo e la inforno da dietro con lo strapon, strappandole un bramito di piacere.
Marco ci guarda per un po’, segandosi piano e recuperando le energie (è un po’ sbattuto, poverino); poi si avvicina alle mie spalle, mi insaliva il buchetto e visto che ho la fica piena del mio strapon, mi penetra a tradimento nell’ingresso posteriore.
- Ahiaaa! – strillo io, senza smettere di svangare Eva – Cazzo che male… Potevi almeno usare un po’ di lubrificante!
- Ma che ti strilli, Pat… Tanto questo sembra il traforo del Fréjus!
Che carino, un vero gentleman… Quasi quasi rimpiango Antonio, Ma già, Marco è abituato alle misure di Jas, che è strettina, e quindi con me ci va giù pesante.
Era da tempo che non facevamo un trenino così lungo: un bel maschietto a far da locomotore e tre vagoncine attaccate.
Marco che mi incula impone il ritmo a me che scopo Eva, e quindi a lei che slappa Jasmine. Così siamo tutti coinvolti e il divertimento è assicurato.
Il mio cellulare vibra sul tavolo, ma non sono certo dell’umore di fermare tutto per vedere chi è l’importuno…
Probabilmente sono io la più fortunata, con un cazzo vero nel retto e uno di gomma nella vagina; in effetti sono io la prima a godere… E lo faccio lanciando un urlo sguaiato da perfetta rotta in culo e inarcandomi tutta, mandando Eva a sbattere contro la passera di Jas.
Jasmine mi segue a ruota, con un lungo gemito assai più delicato del mio, serrando le gambe intorno alla testa di Eva così forte che a momenti me la soffoca.
Io sto ancora contorcendomi negli spasmi del mio orgasmo anale, e le contrazioni del mio sfintere sono fatali a Marco: sento le sue mani serrarmi i fianchi, il suo arnese sussultarmi nel retto, e subito dopo avverto il calore dello sperma che mi riempie l’intestino.
Eva è rimasta indietro, poverina… Mi do da fare per aiutarla a spiccare il volo anche lei, mentre Marco finisce di svuotarsi le palle dentro di me, e le scarico una serie di guzzate violente in fondo alla fica, con l’angolazione che so bene portare la testa del dildo esterno contro le sue parti più sensibili.
- Ah… Ah… Aahhh! – grida infatti la mia ragazza, con la faccia ancora affondata fra le cosce brune di Jasmine, mentre si dimena in preda all’orgasmo con il mio strapon piantato in fondo alla pancia.
Ci accasciamo stremati dalla fatica, completamente saziati nelle nostre voglie più oscene. Siamo tutti nudi, madidi di sudore e ancora saldamente accoppiati gli uni agli altro: un mucchio informe di carne soddisfatta.
Rimaniamo lì, sul pavimento in parquet del quadrato, per una decina di minuti.
Il primo a staccarsi è il maschio, che estrae il membro ormai sgonfio dal mio buco slabbrato; si alza in piedi e si avvia barcollando al bagno di poppa.
Jasmine è svelta a corrergli dietro, così Eva e io rimaniamo sole e ci scambiamo un po’ di coccole.
Poi, con uno sforzo, mi alzo in piedi e raggiungo il cellulare sul tavolo.
Anna.
Con la sborra di Marco che mi cola lentamente lungo l’interno delle cosce, premo il bottone di chiamata e lascio squillare.
- Patrì! Sei ancora a Napoli?
- Ciao Anna. Sì, sono in zona…
- Patrì, ho bisogno di te.
Premo il pulsante per registrare la chiamata, e poi: - Dimmi tutto.
Non dice molto: alla fine, si tratta del solito appuntamento alla solita vineria. La tipa non è una sprovveduta e non vuole essere registrata sul telefono.
Marco, cioè il capitano Castaldi, è soddisfatto: aveva ragione lui.
Anna Sposito non è una persona paziente.

***

La solita Anna, con il solito elegante tailleur.
Ma è una Anna tesa, nervosa. Irritabile.
No, le cose non vanno affatto bene. Il patriarca non ha affatto tirato i remi in barca; o meglio, lo ha fatto solo in parte. Ha lasciato la gestione degli affari a lei, ma non si fida del tutto e tiene ancora lui i cordoni della borsa.
Soprattutto, la lealtà di tutti gli uomini del clan, alla fine, va ancora a lui: Anna non è il boss, ma solo l’executive manager, e deve rendere conto a lui al telefono tutti i giorni.
- Leggo sempre negli occhi di tutti lo stesso pensiero: “è all’altezza? Il boss è contento di lei?” – Anna mi sembra davvero esasperata – E’ come essere costantemente sotto esame da parte dei miei stessi uomini… Sembra che il fatto che io sia una donna e per di più ancora giovane significhi per tutti che la mia capacità di dirigere la famiglia non sia sufficiente. Per il nonno non sono abbastanza!
Posso capirla: i soliti pregiudizi… E poi siamo al sud. Neanche nella Camorra una donna può essere presa sul serio: neanche se ha fatto fuori il resto dei suoi familiari per prendere lei il comando.
Come per scherzo le faccio: - Quanta altra gente devi uccidere per essere presa sul serio?
Lei mi guarda seriamente: - Soltanto una.
Mi sento raggelare: Anna sta pensando di far fuori il nonno… E vuole il mio aiuto per farlo.
- Dici sul serio?
- Non ho alternative. Se non lo faccio, nessuno mi prenderà mai sul serio.
Cazzo.
- Anna, tu lo sai per chi lavoro. Non puoi aspettarti che ti aiuti a commettere un omicidio…
- Patrì: tu sei la sola di cui mi possa fidare per questa cosa… Nessuno nel clan si metterebbe contro a don Gennaro. Ma insieme, noi due possiamo toglierlo di mezzo. Non sarebbero contenti, i tuoi capi?
- Beh…
- E poi: lo so che lavori per il Governo. Ma sei anche una che lavora per sé stessa, o mi sbaglio?
- Vuoi dire che sono una puttana? – sorrido serafica – Certo che lo sono… E mi faccio pagare piuttosto bene, come ben sai.
- Appunto. E io ti pagherò molto bene… Perché ho bisogno di un lavoro fatto molto bene. Un lavoro da professionista.

Ne parlo con Castaldi – cioè con Marco – quella sera stessa.
Per la prima volta lo vedo incerto: - Non lo so, Pat… Mi sembra un po’ troppo. Ci siamo già spinti molto in là con questa storia, ma non era previsto, e la tua amica Anna ci ha forzato la mano… Qui invecie si tratta di pianificare ed eseguire un omicidio.
- Prima di tutto, Anna non è una mia amica – rispondo piccata – E poi si parla di uccidere uno dei peggiori delinquenti di Napoli.
- Pat, non è così semplice. Se lo fosse, l’Agenzia potrebbe benissimo assassinare tutti i boss noti della Criminalità Organizzata. Sai perché non lo facciamo?
- No. Me lo sono sempre chiesto, infatti.
- Perché per ogni boss noto ce ne sono altri due sconosciuti, più altri venti in attesa di prendere il loro posto. Un boss noto è un boss che possiamo tenere d’occhio, e magari influenzare, mentre uno che non conosciamo è una mina vagante.
Non mi piace molto, come spiegazione: significa che tolleriamo spacciatori di droga che conosciamo perfettamente e che potremmo togliere di mezzo, e non lo facciamo.
- Quindi devo dirle di no?
Marco scuote la testa, frustrato: - Non possiamo fare neanche questo. Perderemmo il contatto migliore che abbiamo, oltre a mettere te in pericolo…
- In pericolo? E perché?
- Pat: Anna con te si è esposta. Se le neghi il tuo aiuto, dovrà per forza ucciderti per evitare che qualcuno possa mai venire a sapere che lei intendeva tradire il nonno.
- Oh, cazzo.
- Appunto. E poi probabilmente ci proverebbe lo stesso, solo fuori dal nostro controllo.
- E allora? Cosa facciamo?
Marco mi sembra davvero triste: - Pat, devo chiederti di aspettare… Prendi tempo. Devo parlare con i miei superiori.
- “Vittorio”?
- Eh… Anche più in alto.

***

La risposta dall’alto richiede un paio di giorni, durante i quali Anna mi tempesta di telefonate come un’amante apprensiva, Marco ne approfitta per inforchettarsi Jasmine (a tratti anche Eva e me) ogni volta che può, Eva studia come una secchiona e io manutenziono la barca.
Quando la risposta arriva, come tutte le decisioni ad alto livello, è quantomeno vaga.
Marco è piuttosto imbarazzato nel riportarcela, consapevole com’è della scarsa propensione dei superiori in alto loco ad assumersi responsabilità troppo precise.
A suo dire anche “Vittorio” è livido, ma non è autorizzato a interpretare le direttive che ci vengono passate.
In sostanza, dobbiamo tutelare l’attuale contatto (Anna Sposito) senza esporci troppo (cosa vuole dire?), indebolire per quanto possibile il clan senza compromettere le autorità legittime (siamo sempre sotto elezioni), e limitare per quanto possibile la violenza in città.
- Cosa cazzo significa?
Marco mi guarda un po’ frustrato: - Significa che sono cazzi nostri.
- Vuoi dire cazzi miei. Sono io quella che fa la parte della puttana in questa storia!
- Pat, non ti arrabbiare. E’ per questo che esistono gli agenti free-lance come voi: per prendersi le patate bollenti ed evitare scandali alle autorità. Venite pagati bene, e ricevete margini di manovra piuttosto ampi rispetto a noialtri con tessera e distintivo; però spesso siete lasciati alla vostra iniziativa, e se va male…
- E se va male, meglio buttare in mare una puttana che un membro dell’Agenzia, giusto?
- Giusto.
Mi piace come questo ragazzo eviti di menare il can per l’aia. Almeno lo ammette.
- Bene. Vuol dire che si fa a modo mio?
- No. Vuol dire che si fa a modo nostro: questo è un lavoro di squadra, Pat. Cerchiamo di chiudere questa storia con il minimo di danno e riportando tutti a casa.

OK, siamo pronti.
Imbarchiamo Anna al solito molo di Posillipo e salpiamo per Capri di primo mattino.
Attraversiamo il Golfo senza problemi, anche se il tempo ormai non invita più a rosolarsi le tette in coperta, e durante il viaggio la mia pericolosa amica mi spiega il suo piano.
Don Gennaro ormai ha una certa età, ma come la maggior parte dei personaggi di potere della sua generazione (mi ricorda il nostro ex-Primo Ministro) non vuole tirare i remi in barca, e neanche tirarsi su la zip dei pantaloni…
Purtroppo per lui, alla sua età ormai non è più molto semplice: il Viagra aiuta solo fino a un certo punto, e sono sempre di meno quelle che riescono a farglielo rizzare e a soddisfare le sue fantasie…
- Fammi capire: vuoi che vada a letto con tuo nonno e glie lo faccia tirare alla sua età?
Lei sorride allegra: - Te l’ho detto, che è un lavoro che solo tu puoi fare… Sei bravissima!
Mi sta lusingando.
Storco il naso: - Ma non credo che lo scopo di questa storia sia farlo contento, vero?
- Beh, no. Quello è solo il modo per entrare nel suo letto e restare sola con lui… - Anna tira fuori una bustina: - Ecco, questo è quello che ci serve.
- Coca?
- E’ una bustina di coca, ma dentro c’è altro… Vedi, i suoi uomini ci perquisiranno tutte e due all’arrivo, e faranno un buon lavoro, quindi niente armi. Però è normale che una escort di lusso come te vada in giro con un po’ di roba di qualità, no?
Non lo so: io sono una escort di lusso, ma non ho mai sniffato… Però non mi sembra il caso di deludere le convinzioni della giovane boss.
- Quando sarete soli, toccherà a te… Bisogna che il nonno ingerisca questa roba: inalata, bevuta, iniettata: qualunque mezzo va bene. Di solito, per quel che ne so, dopo il sesso gli piace fumare una sigaretta e bere un bicchierino, fai un po’ tu. Questione di un minuto, e il nonnino si addormenterà pacificamente, e per sempre.
Nessuno dubiterà, alla sua età e dopo un rapporto sessuale, che sia morto di cause naturali.
Il discorso fila.
- E tu?
- Io sarò lì per coprirti le spalle, naturalmente… E per gestire la transizione appena si saprà che il nonno non c’è più.
Storco il naso: - Scusa se te lo dico, Anna: ma a quel punto, se fossi in te, io farei fuori la puttana che ha fatto il lavoro… Tanto per restare sul sicuro. Sbaglio?
Lei mi guarda offesa: - Patrì! Tu non sei una puttana, sei un’amica mia. Potresti aiutarmi ancora in seguito… E poi, se ti facessi fuori, non penso che i tuoi superiori continuerebbero a considerarmi migliore degli altri, non credi? Mi metterebbero nel mirino dello Stato, e io preferisco essere lasciata in pace.
Sarà…
Nel dubbio, le faccio vedere un filmino. Le star del pornazzo siamo noi due, in piena azione lebo… Si tratta di un remix delle riprese precedenti, solo che stavolta invecie di foto isolate è un videoclip completo di sonoro.
Anna è indignata.
- Abbi pazienza, cara: è la mia assicurazione sulla vita: se dovesse capitarmi qualcosa, i miei superiori provvederebbero a rovinare la tua immagine proprio nel momento in cui devi consolidare la tua posizione nel clan. Penso che questo dovrebbe preoccuparti più della convenienza di mettermi a tacere, giusto?
Lei mi guarda storto, poi sorride: - Giusto. Mi fa piacere vedere che sai stare al mondo, Patrì. Se così non fosse, non potrei fidarmi di te per un affare così delicato.
Quale onore…
- Quindi riassumiamo: devo far rizzare l’uccello a tuo nonno, devo scoparmelo, e quando abbiamo finito devo fargli mandare giù questa roba per farlo secco, giusto?
- Giusto.
- Perdonami la franchezza, Anna: non mi stai chiedendo un favore da niente, te ne rendi conto?
Lei sorride tirata, e tira fuori un assegno.
- Me ne rendo conto perfettamente, Patrì. Lo so che non è una cosa da chiedere semplicemente in amicizia.
Diecimila. Ammetto di essere un po’ delusa…
- Questa, naturalmente, è semplicemente la marchetta per andare a letto con mio nonno. Mentre per il lavoro sporco…
Secondo assegno: questa volta da trentamila euro. Andiamo meglio…
- E naturalmente, per quel che mi riguarda, non c’è bisogno che i tuoi superiori ne sappiano nulla: considerala una transazione privata.
Questa missione del cazzo comincia a piacermi.

Approdiamo alla banchina orientale del porto di Marina Grande, nei pressi della stazione di rifornimento dell’ENI, così mentre siamo via Eva e Jasmine possono fare il pieno: non si sa mai...
Gli uomini di don Gennaro ci aspettano sulla banchina, con le facce inespressive.
Prima di fare manovra per attraccare, mi sono agghindata per la parte: minigonna e toppino color crema, giacca aperta, tacchi alti ma non troppo e un po’ di bigiotteria al collo e alle braccia… Vistosa, ma non volgare.
Anna è nel suo stile: tailleur di sartoria nuovo di pacca con calze di seta e tacchi da dodici.
I gorilla, se apprezzano lo spettacolo, non lo danno a vedere: sono dei professionisti, e immagino che di troie al boss ne abbiano portate a centinaia, molto più giovani e carine di me.
Ci caricano in macchina in piazza Ferraro e partiamo per l’interno con altre due auto di scorta.
Risaliamo la strada principale per pochi minuti, poi svoltiamo in una traversa e ci fermiamo davanti ad un cancello dove veniamo fatte scendere con tutti e riguardi, ma anche con una certa fermezza: è il momento della perquisizione.
Ed è a questo punto che le cose cominciano ad andare storte.
Avevo previsto che mi togliessero il cellulare, e infatti ho un telefonino del cazzo invecie del mio iPhone. Però non era previsto che si prendessero anche la bustina della droga.
- Don Gennaro non apprezza più questa roba – fa il gorilla, prendendosela – E naturalmente non gradisce che le sue ospiti la usino davanti a lui.
Anna si morde le labbra e mi guarda corrucciata per un istante; io sospiro contrita, poi le strizzo un occhio: - Non importa, andrà bene lo stesso…
Una puttana che si rispetti, sa cavarsela in ogni caso.
Saliamo alla villa, e in breve mi ritrovo insieme ad Anna al cospetto del Patriarca.
Il padrone di mezza Napoli non ha un bell’aspetto: grigio e peloso, avvizzito in faccia e di corporatura pesante, dimostra tutti i suoi ottant’anni.
Però trasuda ancora autorità.
Anna gli si rivolge con affetto venato da deferenza, lo bacia sulla guancia, e dopo i primi convenevoli mi presenta.
Sono una sua amica, e sono molto brava… Anna ha pensato che al nonno avrebbe fatto piacere variare un po’ le sue compagnie, e io alla mia età ho anche una certa esperienza… Insomma, lei garantisce per me: ci so fare.
Don Gennaro non è uno sciocco: mi riconosce per quella che sono, e cioè la terza nel letto del filmino in cui Antonio ha abusato della sorellina.
- Sì – ammette Anna – C’era anche lei. Sapevo cosa sarebbe successo andando all’appuntamento con Antò, e volevo che ci fosse anche lei cone me. Te l’ho detto, che è amica mia… Di lei mi fido e conosco le sue arti di persona. Pensavi che ti avrei portato una troia qualsiasi?
L’ultima frase la pronuncia con un filo di risentimento, e il vecchio annuisce con un sorriso: - No, certo… Ma quindi, voi due..?
Anna sorride con un filo di rossore sulle guancie: - Beh, ti ho detto che siamo amiche, e a volte ci divertiamo fra di noi… Però siamo entrambe in cerca dell’uomo giusto. Prima o poi immagino che lo troveremo.
- Senza dubbio – sorride indulgente il patriarca – Siete entrambe molto belle, e dovrete solo scegliere. Allora, vogliamo parlare?
Vengo scortata fuori mentre nonno e nipotina parlano di affari.
Mi accomodo in terrazza a gustermi il panorama, e mi chiedo se i due gorilla che mi tengono d’occhio vorranno testare il dono di Anna per il loro padrone, ma evidentemente a don Gennaro non piace che la merce a lui destinata venga toccata da altri, così vengo lasciata in pace per oltre un’ora.
Anna mi raggiunge al termine del colloquio riservato, ed è tutta sorridente.
Non possiamo parlare in privato perché i gorilla sono sempre lì, ma mi fa capire che adesso tocca a me.
E’ nervosa, la piccola.
Le metto una mano sulla spalla e sorrido: - Non preoccuparti, ci penso io…

Il vecchio mi aspetta in camera da letto, con indosso una vestaglia di seta e una sigaretta in bocca.
- Mia nipote dice che sei bravissima – mi dice, squadrandomi da capo a piedi – Quello che dice Anna per me è vangelo, ma ti avverto che io sono esigente.
Sorrido con aria professionale: - Lo so. E’ per questo che Anna mi ha chiesto di venire con lei, oggi: con me, nessuno si è mai lamentato finora…
Il boss sembra soddisfatto della risposta, e comincia a mettermi le mani addosso.
E’ vecchio, e fa sostanzialmente schifo.
Però sono stata pagata diecimila euro solo per fare sesso con lui, e questo mi basta.
Questo lato della mia personalità mi fa un po’ schifo, ma non ci posso fare niente: mi eccita vendermi, ed è una cosa che ormai ho accettato da tempo.
L’istinto di autodistruzione latente in ogni donna, in me si manifesta nel gusto di prostituirmi, che è tanto più intenso quanto più mi disgusta il partner a cui mi concedo per soldi.
Altre amano essere sottomesse, oppure provano gratificazione nel concedere a un uomo il controllo della loro vita… Perfino ad essere maltrattate.
A me piace fare la puttana e affittare il mio corpo a uomini con cui non andrei mai gratis: dopo, mi farò una doccia e via!
Don Gennaro è un amante esperto.
Deve aver avuto centinaia di troie nella sua vita, ed è abituato a fare i comodi suoi.
Mi lascio spogliare, assecondando i suoi movimenti e cercando di intuire i suoi desideri, e alla fine rimango nuda con addosso solamente le scarpe, la bigiotteria e la mia bella tintarella integrale, che il vecchio nota subito.
- Prendi il sole nuda? – mi fa – Non hai il segno del costume…
- Mi abbronzo sul ponte della mia barca – gli dico con un sorriso – E sono di ritorno da una lunga crociera nel Mediterraneo…
- Bene, vedo che il tuo lavoro rende bene – mi fa con un sorriso – Devi essere brava davvero… Fammi vedere cosa sai fare!
Capita l’antifona, mi dedico alla sua stanca virilità.
Nudo, il vecchio boss fa ancora più schifo che in vestaglia: oltre che grigio e peloso, è anche piuttosto grasso. Beh, pazienza: sono pagata per questo, no?
Lo faccio mettere comodo sul lettone, mi accoccolo fra le sue zampacce pelose, e comincio a lavorare di mano e di bocca.
Poche cose nella vita mi deprimono più di un cazzo moscio, e forse è per questo che fin da ragazzina sono stata brava a farli rizzare: è una questione quasi ersonale per me.
Probabilmente il cazzo di don Gennaro in gioventù faceva la sua figura, ma adesso è davvero povera cosa. Io però sono brava, e la prendo come una sfida, per cui mi metto d’impegno per farglielo tirare.
Mentre succhio per vecchio pene floscio, mi spremo le meningi cercando una soluzione al mio problema. Già, perché non sono qui tanto per far godere il vecchio maiale, quanto per farlo fuori, e l’unica arma che avevo per farlo mi è stata sottratta. Però sono già stata pagata per il mio lavoro, quindi sarà il caso di trovare una soluzione…
Ripenso a Eva che fa scoppiare il cuore a Fabio, e a Tanya che stecchisce Boris cavalcandolo a morte: però Fabio era cardiopatico e Boris si stava già ammazzando da solo con le sue pillole. Don Gennaro è molto più vecchio, ma per quanto ne so, sta benissimo.
Comunque, tentar non nuoce: vediamo se gli reggono le coronarie mentre mi scopa?
Certo che, per farmi scopare da lui, prima devo farglielo tirare, e non è facile…
Cazzo. Cazzo, cazzo, cazzo…
No, non gli tira. Lo succhio come un’addannata, ma non riesco a farglielo rizzare.
Gli piace, e me ne accorgo da come ansima e mi accarezza i capelli, e sento le vibrazioni nell’asta del pene. Anche i testicoli sono soddisfacentemente grossi e duri, ma l’asta non si indurisce.
Merda.
Sono passati venti minuti, e a questo camorrista del cazzo non gli tira per niente…
A mali estremi, estremi rimedi. Mi succhio bene un dito, e a tradimento glielo caccio nel culo.
Il boss sussulta, fa per respingermi… Poi si rilassa: si è accorto che con il dito gli sto sollecitando la prostata, e scopre che gli piace.
Hmmm… Sì, gli piace molto.
La carne vizza che ho in bocca comincia a inturgidirsi.
Succhio con foga, galvanizzata dal successo: lo sto facendo tirare a un vecchio bavoso, sono davvero una puttana con i fiocchi!
- Oohhh… Cazzo come sei brava! – annaspa il vecchio – Succhia, non ti fermare…
Adesso si ragiona: un bel cazzo duro. Un po’ grigio, ma tosto e di dimensioni standard.
Lo spompino segandolo allo stesso tempo, e ogni tanto mi fermo per leccargli le palle pelose ed evitate che esploda troppo presto.
Lui si gode la mia abilità professionale, con apprezzamenti più o meno gratificanti.
Quando è duro come piace a me, smetto di succhiare e mi sollevo in ginocchio per guardarlo negli occhi: - Adesso voglio scopare…
Lui annuisce contento, così gli monto addosso e m’impalo lentamente a spegnimoccolo guardandolo fisso negli occhi.
- Aahhh… - ansimo in modo plateale – Sì, mi piace… Chiavami… Chiavami…
Lo cavalco al piccolo trotto, cercando di tirarlo più caldo che posso in modo da accelerargli le pulsazioni: un infarto sarebbe l’ideale.
Lui allunga le mani per strapazzarmi le tette e si diverte a tirarmi i capezzoli.
Piace anche a me, così strillo di piacere mentre il suo uccello mi scava nella fica che tengo più contratta che posso per spremerlo a morte…
Riesco a farlo durare più di dieci minuti, e noto con piacere che ha già il fiatone e il cuore gli batte all’impazzata…
Lo sento sussultare e capisco che sta per venire. Cazzo, è troppo presto, così non schiatterà mai!
Smonto e lo prendo in bocca: il risucchio dovrebbe essergli fatale.
Mi produco nel pompino più violento di cui sono capace, e il vecchio annaspa senza fiato, paonazzo in volto.
- Gaahhh! – mi fa, schizzandomi il suo seme contro il palato mentre non smetto di succhiare con tutta me stessa.
I coglioni pulsano violentemente mentre mi spara la sborra in bocca, e io ingoio velocemente per mantenere la pressione e svuotarglieli completamente.
Poi il pene si affloscia, e il vecchio si placa, felice e soddisfatto.
Maledetto stronzo, è più vivo che mai… E anche piuttosto di buon umore!
- Sei fantastica – mi fa – La miglior bocchinara che abbia conosciuto…
Che gentile.
Gli faccio vedere la lingua pulita per dimostrargli che ho bevuto tutto, e con l’occasione gli metto una mano sul petto villoso per sentirgli il cuore.
Pompa molto forte, ma non perde un colpo, cazzo…
Cambiamo tattica: l’infarto non funziona.
- Non penserai di aver finito, vero? – gli faccio con un sorriso lascivo – Adesso tocca a me godere… O sei uno di quelli a cui non importa della loro femmina?
L’ho sfidato nella sua mascolinità: non sia mai che il vecchio boss ammetta di non saper soddisfare una donna!
Mi metto a gambe aperte, offendogli la mia bella fichetta bionda e spatasciata: - Avanti, mangiami tutta…
Lui si lecca le labbra: il pelo biondo tira sempre, lo so per esperienza.
Si mette comodo fra le mie cosce nude, affonda la faccia nel mio boschetto bagnato, e comincia a leccare.
Di nuovo, apprezzo l’esperienza con cui mi lavora: ci sa fare, il vecchio bastardo.
Mi slingua in profondità, cercando i miei succhi da bere: è un buongustaio…
- Aahhh! – gemo rumorosamente, per fargli capire quanto lo apprezzo – Sì, così… Fammi godere…
Gli accarezzo la testa pelata e stringo le cosce tirandomelo contro. Lui continua a succhiare avidamente, e io lo stringo ancora di più.
Lo attraggo con forza crescente, quasi volessi infilarmi la sua faccia nella fica, e stringo le gambe sempre più forte.
Lui annaspa, tossisce… Comincia ad avere difficoltà a respirare.
Stringo ancora più forte: sono molto forte nelle gambe, dopo tanti anni di nuoto e di difesa personale, e potrei far esplodere un’anguria con le mie cosce.
Tratto la testa del vecchio proprio come se fosse un’anguria… E intanto gemo sempre più forte, facendo capire a chiunque fosse in ascolto che sto per godere.
Ed è vero.
Don Gennaro comincia a contorcersi, la sua lingua smette di scavare dentro di me: non ce la fa più. Ma io stringo ancora più forte, e con le mani gli premo la faccia contro la fica che ormai mi sta sbrodolando perché sto davvero per venire…
- Aahhh! – strillo – Sì, sì… Sto venendo…
Il vecchio si dibatte, senza fiato: ma io sono più forte di lui. Sono eccitata come una cagna in calore, la situazione mi ingrifa da pazzi, e sono sull’orlo dell’orgasmo.
Ho l’adrenalina a mille, e stringo le cosce con tutte le mie forze.
- Godo… Godo…
Don Gennaro ha capito che lo sto ammazzando: è in preda al panico e si dimena come un ossesso, ma non ce la fa a liberarsi… E nemmeno a respirare.
Stringo ancora più forte, e grido il mio orgasmo, sborrandogli in faccia.
Non lo soffoco soltanto: lo annego con le mie secrezioni, e in più gli schiaccio la testa.
Giurerei di sentire come uno scricchiolio di ossa incrinate; don Gennaro ha un sobbalzo violento, poi si affloscia fra le mie gambe.
Io continuo a stringere con tutte le mie forze, ma il vecchio non si muove più. Non avverto neppure il suo respiro contro il mio sesso, e così mi lascio lentamente andare, abbandonandomi al fuire delle mie sensazioni…
Non avevo mai provato un orgasmo così: quasi interamente cerebrale, ma violentissimo.
Violento quasi quanto la morte del vecchio boss.

Gli sento la giugulare: niente.
Lascio andare la presa fra le gambe, e don Gennaro si accascia senza vita davanti a me: missione compiuta.
Lo giro, e contemplo i suoi occhi sbarrati, la schiuma alla bocca, le ultime contrazioni delle labbra… Buon viaggio all’inferno, patriarca del cazzo!
Ora di fare un po’ di scena.
Mi tiro a sedere e urlo per chiamare aiuto.
Accorrono in due, probabilmente appostati fuori, e io mi rintano in un angolo del letto.
Accorre Anna, trafelata, che fa chiamare un medico.
Arriva il medico, che può solo constatare la morte del vecchio.
Prima che qualcuno possa azzardare un commento, Anna mi getta un’occhiata di trionfo e se ne esce con una frase che doveva essersi preparata in anticipo: - E’ morto come voleva: fra le cosce di una bella donna… Pace all’anima sua.
Questo basta a scagionarmi agli occhi dei presenti, e tiro un sospiro di sollievo. Simulo anche una mezza crisi isterica, come si conviene a una donna che si vede morire d’infarto il partner che sta scopando, e permetto al medico di farmi bere un sorso d’acqua.

Passa un’ora, con un continuo viavai di gente nella camera del boss.
Io mi rivesto con calma, ma nessuno bada veramente a me: Anna sembra aver preso in pugno la situazione, e gli uomini del boss paiono aver accettato la successione.
Vengono convocati gli unici altri parenti in vita: i due nipoti di Anna. I figli di Maria, quelli generati con Antonio mentre la sgualdrina era sposata con Pasquale.
E’ la prima volta che li vedo: sono gemelli, e sicuramente non hanno ancora vent’anni… Probabilmente sono anche più giovani.
Piangono vedendo il bisnonno morto nel letto disfatto: Anna lo ha pudicamente coperto a metà con il lenzuolo, ma è evidente cosa è successo.
- Fuori tutti! – ordina all’improvviso Anna, con tono che non ammette repliche – Lasciateci soli, qualunque cosa succeda.
Il medico e gli altri escono, ubbidienti: restiamo solo Anna, io e i due ragazzi, Giuseppe e Sara.
Anna guarda i suoi nipoti, inespressiva; loro la osservano intimoriti: sanno che adesso è lei che comanda.
Sanno anche che ha assassinato a sangue freddo entrambi i loro genitori?
Mi sento gelare, rendendomi conto di cosa sta per succedere.
Cazzo, cosa posso fare? Non posso permetterlo, sono due ragazzini…
Non ho il tempo di decidere nulla: Anna estrae un’altra volta la sua Baby Glock e fa fuoco quasi a bruciapelo.
Spara bene, la tipa: un foro rosso sangue si apre al centro della fronte di Giuseppe, che sbarra gli occhi e cade di schianto all’indietro, fulminato.
Sara caccia un urlo nel vedere cadere il fratello, ma Anna ha già spostato la mira su di lei.
Pensavo di essere indurita, ma evidentemente ho ancora dei limiti: questi non sono due spietati delinquenti, sono dei ragazzini.
Scatto come una molla.
Afferro il braccio di Anna per disarmarla, e a lei parte il colpo.
Poi la rovescio a terra cercando di strapparle la pistola; lei si rivolta come una furia, cercando di liberarsi di me, e così ci rotoliamo sul pavimento cercando di prendere il sopravvento una sull’altra.
Con la coda dell’occhio vedo Sara, pallidissima, che cade a terra con le mani strette al ventre: il colpo partito per errore l’ha colpita a morte.
La mia reazione non è servita a niente.
Inferocita, strappo la Glock a Anna e la tiro lontana.
- Lasciami – annaspa l’assassina – Che cazzo fai…
Non posso permetterle di passarla liscia: ci siamo sbagliati, Anna Sposito non è affatto migliore dei suoi fratelli. Ma soprattutto, io non posso vivere con la coscienza di averla aiutata ad ammazzare anche due ragazzini colpevoli soltanto di essere figli dei propri genitori.
Schiaccio Anna contro il pavimento e la inchiodo a terra sotto di me, stringendole il collo.
Lei mi guarda stravolta, con gli occhi fuori dalle orbite.
- Pa… Patrì – annaspa, cercando di respirare.
- Maledetta stronza – le ringhio in faccia – Erano due ragazzini!
- O loro… – ansima lei, senza fiato - …o io. Ti prego…
- Non pregarmi, zoccola! Non sarò tua complice anche in questo.
Serro le dita intorno alla sua gola, che scopro essere straordinariamente esile.
Lei sbarra gli occhi, è paonazza, e ha la lingua di fuori.
- Pat… - annaspa ancora – Io… Ti… Amo…
Mi inferocisco ancora di più: - Tu ami soltanto te stessa, maledetta stronza!
Schiaccio con forza i pollici contro la laringe e sento qualcosa che si spezza nel collo di Anna. Lei rovescia gli occhi iniettati di sangue e smette di colpo di dimenarsi sotto di me, rimanendo immobile e con la lingua innaturalmente fuori dalla bocca.
Mi alzo e le sento il polso: niente. Anna Sposito è morta.
Mi giro verso Sara.
La ragazzina si torce ancora per terra in un lago di sangue, le mani strette allo stomaco. Ha già lo sguardo vitreo puntato al soffitto.
Mentre le sento il polso ha un ultimo sussulto, sputa una boccata di sangue dalla bocca ed esala l’ultimo respiro.
La famiglia Sposito non esiste più.

Mi alzo in piedi, la mente in subbuglio e le mani che mi tremano.
Cazzo, sono in un bel casino. Ci saranno almeno trenta camorristi incazzati fra me e la Serenissima…
Tendo l’orecchio: niente.
Anna ha ordinato di non interrompere, qualunque cosa fosse successa… Quindi inclusi due colpi di pistola. Immagino per i gorilla sia abbastanza normale che la nuova padrona del clan elimini i potenziali oppositori al suo potere.
Okay, ragioniamo: dentro la stanza sono al sicuro… per il momento.
La morte dei figli di Maria non rappresenta un problema: probabilmente i camorristi se l’aspettavano. Ma cosa faccio del corpo di Anna?
Il bagno.
Afferro per i piedi il cadavere della stronza e la trascino in bagno. Apro l’acqua della vasca per riempirla, poi comincio a spogliarla. Quando è nuda, la metto nella vasca, come se stesse facendo un bagno… Con un po’ di fortuna ci vorrà un po’ di tempo prima che ci si accorga di cosa è successo.
Mi rilasso, inspiro a fondo ed esco dalla camera di don gennaro, richiudendomi la porta alle spalle.
I due gorilla di guardia mi guardano nervosamente, ma io li prevengo: - Donna Anna ha fatto quello che doveva, e adesso sta facendo un bagno. Vi chiamerà quando avrà finito.
Quelli mi guardano con un’espressione poco intelligente, e io mi comporto con aria sicura: sanno che sono un’amica della signora, così accettano le mie parole… Almeno per il momento.
Scendo le scale e mi avvio con aria tranquilla verso l’uscita.
Nessuno mi dice niente alla porta, così mi avvio decisa verso il cancello dove ero stata perquisita all’ingresso.
Ritrovo i due di prima che adesso sogghignano vedendomi senza Anna: immagino che ai loro occhi sono solo una puttana che la nipotina ha portato in omaggio al boss… Sento i loro sguardi lubrici che mi spogliano.
Sono eccitata, come mi capita sempre quando uccido qualcuno. Ho i capezzoli che mi tirano da bestia, e protrudono prepotenti attraverso il toppino: la giacca leggera che indosso non nasconde le punte, e i due gorilla apprezzano lo spettacolo.
Uno dei due ha ancora in mano la mia bustina. Mi strizza l’occhio con aria complice e mi fa: - Dividiamo?
L’altro aggiunge: - Magari potremmo anche vederci più tardi alla piazzetta, cosa ne dici?
Certo che come puttana oggi ho davvero successo…
Il coglione con la bustina la apre e si fa una bella tirata.
La radio che ha addosso gracchia all’improvviso: - La stangona bionda che sta uscendo… Bloccatela!
Cazzo, mi hanno già scoperta.
Il tipo con radio e bustina sgrana gli occhi. Porta la mano all’ascella, apre la bocca, sputa… E si accascia al suolo stecchito.
La polverina di Anna era davvero potente…
Ma il mio problema non è affatto risolto. Mi giro in tempo per vedere l’altro gorilla, tre passi più in là, che mi spiana contro la pistola.
Questo non ha sniffato veleno, non si sta facendo cogliere di sorpresa e non è abbastanza vicino da cercare di coglierlo di sorpresa con una mossa di karate: è un assassino ben sveglio con una pistola in mano.
Un assassino con un puntatore laser in mezzo alla fronte.
- Ferma lì, cosa cazzo sta succedendo?
Gli sorrido, sollevando le mani come per arrendermi e alzando anche un pollice a mo’ di segnale: non si nega una risposta a uno che sta per morire.
- Succede che sei senza lavoro, stronzo.
La testa del gorilla si apre all’improvviso, scoperchiata dal proiettile da 0.308 del nuovo DPMS di Eva e probabilmente sparato da meno di cinquecento metri, a giudicare dall’effetto dell’impatto.
L’angolazione del colpo è tale che non mi sporco neanche di sangue: ben fatto, Eva!
Il cervello del gorilla sta ancora ricadendo a terra a diversi metri di distanza, quando io infilo il cancello e mi allontano a passo svelto sui miei tacchi alti in direzione di via Roma.
Quando la raggiungo, Eva è già lì sulla moto accesa, con la custodia del fucile a tracolla e l’elmetto ben calato in testa.
Afferro il mio casco nel portabagagli, lo calzo e salto alle spalle della mia ragazza: non sono esattamente vestita da moto, e con le gambe completamente di fuori darò spetacolo durante la discesa fino a Marina Grande…
Ma Eva si lamenta sempre che non le lascio portare lei la moto, e penso che questa volta si sia meritata una bella corsa!

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