Ostriche a volontà

Scritto da , il 2016-07-05, genere orge

“Vado pazza per le ostriche!” affermò Daniela appoggiando sul piatto l’ennesimo guscio vuoto.
“Noto,” le sorrisi.
Mi sa che andasse pazza anche per il vino, eravamo solo al termine degli antipasti e si era già scolata tre calici di Ribolla ghiacciata. Ma era di origini venete, aveva precisato, era abituata a darci dentro con l’alcool e lo reggeva benissimo. Intanto però aveva tolto la giacca del tailleur restando solo con la canotta in seta nera a spallina stretta, immaginai quindi che i primi effetti del vino iniziassero a farsi sentire.
E lo ammetto, la cosa mi risultò gradita, quella mise provocante evidenziava il suo seno alto e prosperoso, sicuramente privo di biancheria da come i capezzoli segnavano il tessuto lucido.
Non lo avevo notato prima di allora.
A dire il vero avevo notato ben poco di lei, lavoravamo nello stesso reparto da pochi mesi e il suo ufficio era su un piano diverso dal mio per cui fino a quel momento ci eravamo limitati a cordiali saluti quando ci si incontrava nei corridoi. In quelle occasioni avevo anche pensato che non fosse particolarmente attraente, capelli corti a maschietto e viso piuttosto spigoloso, senza alcuna caratteristica degno di nota, ma ora che mi era seduta a fianco cominciavo a ricredermi. Non bella, nulla di appariscente ma comunque un tipo interessante. Soprattutto con quel tailleur rosso a gonna corta reso ancora più intrigante dai tacchi vertiginosi dei suoi decolleté.
Eravamo una trentina a quella cena aziendale nell’elegante ristorante riminese, lei era arrivata con un po’ di ritardo, aveva fatto un rapido giro di tavolo per salutare tutti poi era venuta a sedersi accanto a me, uno degli ultimi posti rimasti liberi.
Dopo una prima fase di ambientamento avevamo rotto il ghiaccio e si era creata una divertente atmosfera anche col gruppetto di colleghi attorno a noi, si rideva e scherzava su tutto e lei si era mostrata molto espansiva e spigliata, ben predisposta a battute di ogni tipo.
Contai con enfasi le valve madreperlate presenti sul suo piatto e sorrisi .“Attenta però a non esagerare, corre voce che le ostriche abbiano effetti… secondari…”
Scosse la testa. “Il mito che siano afrodisiache? Naaa, stupidaggini, è che hanno molte analogie col sesso e così gli vengono attribuite chissà quali doti.”
“Analogie col sesso?” domandai con aria vagamente maliziosa.
“Beh sì, si dice che…” si guardò attorno, nessuno faceva caso a noi così si sporse verso di me abbassando la voce, “si dice che abbiano il sapore, il profumo e la consistenza della… passera…” con un cenno degli occhi indicò in giù, proprio fra le sue gambe, un risolino furbetto e allargò le braccia. “Io però non posso confermarlo, non l’ho mai assaggiata.”
Ridemmo assieme, nell’alzare lo sguardo da sotto al tavolo mi sfuggì un’indiscreta sbirciatina nella sua scollatura, sì, era senza reggiseno.
“Visto quanto ami le ostriche…” abbozzai semiserio, “magari dovresti provare.”
Rise ancora e tornò composta sulla sedia, immaginai si fosse accorta della furtiva occhiata. “Diciamo che non è fra le mie priorità ma non si sa mai, sono dell’idea che le esperienze vadano vissute tutte.”
“Punto di vista interessante,” commentai sinceramente colpito, mi piaceva la sua disarmante spontaneità. “Comunque confermo, sapore, profumo e consistenza molto simile.”
Annuì con un’espressione strana. “Io però gli trovo anche un’altra analogia col sesso…” disse poi, socchiudendo appena gli occhi.
“Ah sì? Sentiamo, mi stuzzica l’argomento.”
Tergiversò qualche istante, mordendosi il labbro inferiore per non ridere. “Sai l’ostrica va… ingoiata rapidamente, quasi bevuta, ed è viscida, scivolosa, salmastra…”
Lasciò la frase sospesa ma l’allusione fu molto chiara quanto scabrosa, l’enfasi che aveva messo nella parola ‘ingoiata’ non lasciava adito a dubbi.
“Capisco,” annuii trattenendo a mia volta il sorriso.
Continuava a sorprendermi la naturalezza con cui affrontava certi temi, in fondo ci conoscevamo appena. Immaginai che il vino non le avesse solo messo caldo.
Ma già che eravamo in ballo, esagerai pure io. “E sei golosa anche di… ciò a cui assomiglia?”
Dapprima spalancò gli occhi quasi scandalizzata poi scoppiò a ridere. “Dovresti chiedere al mio ragazzo!”
La serata con lei accanto proseguì molto divertente, in una specie di crescendo. Immaginai fosse direttamente proporzionale a tutto ciò che beveva, dovetti ammettere che non avevo mai visto una ragazza bere con tanta disinvoltura, lo reggeva veramente bene, non dava alcun segno di alterazione. L’unica conseguenza evidente era un lingua sempre più sciolta e disinibita. Poco prima un collega –lui sì decisamente alticcio- aveva pubblicamente ammesso di aver ricevuto sesso orale da un travestito, magnificandolo come un’esperienza straordinaria, a suo dire nessuna donna avrebbe potuto fare meglio.
“Col cavolo!” aveva sussurrato Daniela al mio orecchio, “secondo me non ha mai provato una donna veramente brava!”
“Una tipo te?” avevo azzardato.
Non so se la mia audacia la stupisse veramente o se fosse solo finzione, anche in quel caso aveva dapprima sgranato gli occhi poi si era lasciata andare a un buffo sorriso. “Per natura sono una ragazza modesta, penso di conoscere i miei limiti, ma lì… lì sono davvero presuntuosa, mi ritengo molto più che brava, una vera artista!”
“Ci avrei scommesso,” avevo rincarato la dose, “dopotutto sei anche golosa del… risultato al sapore di ostrica, no?”
Mi aveva dato uno schiaffetto sul ginocchio sogghignando un simpatico “Che scemo!”, poi la sua mano era rimasta lì, fra ginocchio e coscia.
Ed era tuttora lì, piccola e calda, immobile.
Procurava un certo turbamento, inutile negarlo.
Fino ad allora avevamo scherzato ma quella mano sembrava più di un gioco innocente, sembrava un inizio di complicità, di intimità.
Possibile? mi domandai. Avevo almeno una dozzina di anni più di lei e non mi ritenevo così irresistibile, per di più ci eravamo praticamente appena conosciuti, sembrava fin troppo bello per essere vero.
Di una cosa però ero convinto, quella sera era partita di casa con l’idea di divertirsi, aveva l’aria di chi vuole spassarsela per davvero e tutto quel bere sembrava un chiaro indizio.
E il caso l’aveva fatta sedere accanto a me, poteva essere un’inattesa fortuna.
“Vado a fare pipì,” mi bisbigliò davanti agli occhi, “se passano con caffè e digestivi ordinami un Zacapa.”
Perfetto, ci mancava solo il Rum, sorrisi fra me.
Al suo ritorno sperai volesse riprendere da quella mano sul mio ginocchio, invece mi accorsi subito di un atteggiamento completamente diverso. Arrivò al tavolo in compagnia di alcuni colleghi, rimase a lungo a chiacchierare con loro e una volta terminato mi rivolse appena un sorriso prima di raccogliere il bicchiere a ballon di Zacapa e di allontanarsi nuovamente, vagando qua e un po’ là attorno al tavolo.
Dovunque si fermasse ammiccava e civettava come aveva fatto con me, risolini maliziosi, espressioni di falsa ingenuità, abbracci e strusciate varie, evidentemente quello era il suo modo di comportarsi, il suo atteggiamento normale.
Avevo tratto conclusioni affrettate.
Una delle ultime soste fu qualche posto oltre il mio, si era seduta sulle ginocchia di Paolo, uno dei colleghi con cui dividevo l’ufficio. Aveva qualche anno in più di me e molto più appeal di me, nonostante avesse passato i cinquanta aveva fama da marpione incallito. Daniela gli teneva il braccio attorno al collo, sorseggiavano entrambi dallo stesso bicchiere di Zacapa e non mi era sfuggita la mano di lui che, lentamente, era scesa lungo il fianco fin sotto il sedere. Le stava palpando allegramente la mezza natica che sporgeva all’indietro e lei lasciava fare, continuando a ridere con i colleghi attorno.
Ok, sbuffai fra me, se non altro era stato bello illudersi, crederlo possibile.
Mi ero persino eccitato.

Verso mezzanotte la cena era terminata, eravamo tutti fuori dal locale nella tiepida brezza di quella notte di settembre. Gli ultimi discorsi insulsi, le ultime battute, i saluti e alla spicciolata ci si avviava verso le auto.
“Ce l’hai un posto per me?” chiese Daniela comparendo d’improvviso alle mie spalle. “I colleghi con cui ero all’andata vogliono fermarsi a cazzeggiare a Milano Marittima e a me non va.”
Annuii distrattamente. “Noi siamo in tre, non c’è problema. Sei parcheggiata davanti all’ufficio?”
“Esatto, mi serve un passaggio fino lì.”
Paolo, il collega che poco prima le aveva palpato il sedere, subentrò sorridente. “Non sia mai detto che lasciamo a piedi una bella gnocca, vero Alberto?” poi si rivolse a Mauro, l’altro passeggero che viaggiava in auto con me. “La mettiamo davanti o dietro?”
“Davanti o dietro in che senso?” domandò lei con voce leggermente stridula.
Paolo e Mauro si scambiarono uno sguardo divertito poi scoppiarono a ridere e io con loro, possibile che avesse veramente frainteso? Lei rimase per un po’ perplessa e infine si unì alla nostra risata, non sapevo se avesse compreso l’equivoco o se ci avesse volutamente messo della malizia, era una tipa davvero enigmatica, di quelle che non capisci se ci è o ci fa.
Pretesi di averla sul sedile passeggero accanto a me e così fu, a mezzanotte e trenta partimmo da Rimini diretti a Ravenna, un’oretta di viaggio che si preannunciava molto divertente e che iniziò da subito con una lunga serie di esilaranti battute a doppio senso in gran parte concentrate sul malinteso di poco prima.
Paolo e Mauro rimasero costantemente aggrappati allo schienale della ragazza, a turno si sporgevano in avanti per parlare con lei ma soprattutto per sbirciare, Daniela continuava a starsene in canottiera e immaginai che dall’alto le sue belle tette fossero parzialmente visibili. Quando poi sfilò i decolleté per appoggiare i piedi sul cruscotto fu l’apoteosi, la gonna le scivolò fino all’inguine lasciando comparire l’ombra scura dei suoi slip.
Il primo a passare ai fatti fu Paolo, senza alcun preavviso le abbassò una spallina ed entrò a palparle una tetta. Lei lo apostrofò fingendosi sconcertata ma il tono della voce non era così deciso, come non lo erano i suoi tentativi di fermare quella mano. E quando Paolo la provocò simulando una scommessa con Mauro sull’autenticità di quei seni così sodi, lei si lasciò palpare da entrambi in un’atmosfera che si faceva sempre più incandescente.
In quel concerto di risolini e battutine sconce, con le sue tette ormai completamente nude e accarezzate da quattro avide mani, non potevo certo restarmene in disparte. Nonostante fossi impegnato alla guida decisi di buttarmi nella mischia e allungai a mia volta la mano.
Rispetto ai due passeggeri dietro avevo il vantaggio di poter raggiungere anche la parte inferiore del suo corpo, così cercai l’interno della coscia sinistra e velocemente scesi al centro, dove incontrai le mutandine calde e setose.
A quel tocco Daniela inarcò la schiena e strinse le cosce bloccandomi nella sua morsa. Cercò e trovò i miei occhi, fu un lungo sguardo silenzioso, col labbro inferiore stretto forte fra i denti. Poi scosse piano la testa, mi regalò un meraviglioso sorriso e tornò a spalancare le gambe.
Secondo il mio mediocre istinto –in media con le donne ci azzeccava una volta su dieci- quella sera Daniela era uscita di casa molto ben disposta riguardo alla possibilità di cornificare il suo ragazzo, ma non credo avesse messo in preventivo corna così… ramificate.
Però i sensi stavano prendendo il sopravvento.
Quando le mie dita scivolarono sotto l’elastico degli slip trovarono labbra umide e pulsanti, particolarmente ricettive. Lei ansimò quasi d’istinto e Paolo ne approfittò per sporgersi maggiormente e mordicchiarle un capezzolo.
“Ehi ragazzacci!” disse cercando di darsi un contegno, “non vi sembra di essere in troppi?”
“Perché,” le domandò Paolo, “quanti riesci a gestirne in una volta sola?”
“Finora mai più di uno!”
“E non credi sia il momento di metterti alla prova?”
Scoppiò a ridere. “Mettermi alla prova? Cos’è, un nuovo record da stabilire?”
Spostai di lato le mutandine, la fica era liscia e completamente depilata, la strinsi delicatamente nel pugno godendo della piacevole sensazione di tenerla tutta nella mano. “Se non ricordo male poco fa hai detto che le esperienze vanno vissute tutte, sbaglio?”
“In effetto l’ho detto e lo penso, ma questa…” rise nuovamente, “questa mi sembra un po’ al limite…”
Con indice e medio scivolai fra le sue labbra vaginali, era incredibilmente bagnata, mi spinsi più in basso e lei rannicchiò le gambe sul sedile per sollevare il sedere, mi voleva dentro. “Muoio dalla voglia di assaggiare la tua… ostrica…” le dissi strizzando l’occhio.
Si lasciò sfuggire un gemito strozzato mentre le mie dita profanavano la sua intimità. “Sapessi io!” ansimò con occhi socchiusi. “Solo che lo vedo un po’ complicata…”
“Per non parlare di noi due qua dietro!” si lamentò Paolo.
Mauro subentrò per la prima volta. “Se vi va, ho con me le chiavi dell’appartamento di Cesenatico. È a cinque minuti da qui, però bisogna fare molta attenzione, i vicini non devono accorgersi di nulla…”
Tutti gli sguardi si concentrarono su di lui, compreso quello di Daniela.
“A me sembra un’ottima idea,” affermai deciso.
Daniela mi guardò poi si volse verso i due dietro e alzò le spalle. “Ormai, a questo punto…”
Si levò un boato di approvazione, era deciso.
Per quei cinque minuti scarsi continuammo a torturarla, io con la mano nei suoi slip e i due passeggeri attivi sulle sue tette, quando raggiungemmo il condominio aveva il fuoco dentro.
Fu per tutti un grande sforzo attraversare cortile e atrio in silenzio e composti, ma come si chiusero le porte dell’ascensore tornammo a scatenarci. Lei si gettò su di noi strusciandosi con tutto il corpo, palpò avidamente le nostre erezioni, baciò le nostre bocche, cercò le nostre lingue. Arrivati al piano dovette ricomporsi, aveva nuovamente le tette di fuori e la gonna sollevata fin sopra la vita.
Appena in casa Mauro si raccomandò per l’ultima volta poi ci precedette in camera da letto, quella che abitualmente divideva con la fidanzata.
Non ci fu bisogno di troppe parole, Daniela si lascò cadere supina sul letto e noi tre la seguimmo attorniandola. Io mi posizionai davanti, inginocchiato fra le sue gambe spalancate, le feci sollevare il sedere per sfilare gonna e slip e quando finalmente restò nuda mi fermai per un istante ad osservare quella bella fica completamente depilata, lucida di tutta la sua eccitazione.
In quel breve istante mi guardai anche attorno e trattenni a fatica il sorriso, che cavolo di situazione, chi avrebbe mai potuto immaginare un tale epilogo! Era la mia prima volta nel sesso di gruppo, c’era anche un pizzico di apprensione, forse ansia da confronto, ma la superai velocemente, travolto dal morboso desiderio che sentivo esplodermi dentro.
Forse avrei preferito essere solo con lei ma dovetti ammettere che anche quella strana combinazione aveva il suo fascino intrigante. Oh sì, un gran bel fascino!
Mi affrettai a togliere la camicia e mi tuffai, affondando finalmente la lingua fra quelle pieghe bollenti e saporite, profumate di donna in calore. Mille volte meglio dell’ostrica.
Lei apprezzò con un gridolino strozzato, dimenò il bacino contro la mia bocca per farsi leccare ovunque mentre gli altri due iniziarono a dedicarsi alle sue belle tette.
Paolo fu come sempre il più attivo, mentre succhiava e mordicchiava quei capezzoli turgidi si liberò di tutti gli indumenti e una volta nudo andò a inginocchiarsi davanti al suo volto.
Daniela non si fece pregare, con un meraviglioso sorriso allungò il collo e iniziò a deliziare quel cazzo turgido di leccate avvolgenti poi passò una mano dietro al sedere del suo proprietario e lo spinse verso di sé, accogliendolo completamente in bocca.
Mauro non aveva alcuna intenzione di rimanere indietro e così Daniela si ritrovò i due uomini nudi inginocchiati ai lati del suo viso. Aveva occhi brillanti di passione e desiderio, sembrava in trance erotica. Teneva un cazzo per mano, ben saldi alla base, e girava la testa ora a destra e ora a sinistra per alternarseli in gola. Dalla mia posizione privilegiata, col naso appoggiato sul suo Monte di Venere, mi godevo quello spettacolo di straordinaria sensualità, sembrava una bambina indecisa su quale gelato le piacesse maggiormente.
Tutte quelle nuove e sconosciute emozioni, unite alle attenzioni ricevute in auto, la portarono ben presto a un primo scatenato orgasmo, si tenne i due cazzi appoggiati alle labbra e godette senza ritegno, gemendo una serie infinita di “Vengo!” col corpo scosso da fremiti e spasmi di piacere.
Appena il tempo di riprendere fiato poi volle un po’ di comando, non riusciva a esprimersi al meglio da sdraiata, ci disse, non aveva il controllo. Ci fece sedere contro la testata del letto e si rannicchiò davanti a noi, da quella posizione poteva esprimere tutto il suo potenziale da artista del pompino, come lei stessa si era definita.
“Cavolo!” espirò Paolo sogghignando, “non se la cava affatto male a suonare l’organo a tre canne!”
Lei rise mordicchiandogli la pelle dello scroto. “Allora? Sto superando la prova del record?”
“Sei sulla buona strada, Dany, continua così e con queste fantastiche labbra puoi battere ogni record!” le mise la mano sulla nuca e la attirò verso il suo cazzo, invitandola ad affondarselo in bocca.
Ero incantato, guardarla all’opera sui nostri tre cazzi era devastante, ci metteva una passione e un impegno sorprendente, sembrava quasi riceverne un piacere fisico.
Senza dire una parola Mauro allungò la mano sul comodino, prese un preservativo e lo indossò, poi sempre in silenzio andò a posizionarsi alle spalle di Daniela dopo aver ricevuto da lei un largo sorriso di approvazione.
Io e Paolo ci gustammo da interessati spettatori la bellissima smorfia di piacere che le si dipinse sul viso quando lui la penetrò; incurvò la schiena e socchiuse gli occhi, si lasciò sfuggire per un secondo il mio cazzo dalla bocca per mugolare un lungo “Ahhh…” soddisfatto poi riprese a succhiare con ancora maggiore intensità.
“Ora dicci tu come sta andando, Dany,” la incalzò Paolo, sicuramente il più depravato dei tre, “ti piace accanirti su due cazzi mentre un terzo ti scopa per bene?”
Lei interruppe per un attimo il suo doppio pompino alternato, si sollevò sulle braccia e ci guardò languida, mentre il suo corpo ondeggiava al ritmo imposto da Mauro. “Devo ammetterlo, incredibilmente eccitante, emozioni straordinarie,” una breve pausa fra un ansimo e l’altro, “e anche se forse mi sento un po’ troia, anzi…” sogghignò, “mi sento sicuramente un po’ troia, è comunque un’esperienza che andava fatta, alla grande!” rise e gemette ancora, con occhi colmi di piacere. “Però questo è il mio record, ve l’assicuro, con quattro non potrei farcela!”
Ridemmo con lei e ci abbandonammo contro i cuscini per gustarci il secondo round del suo meraviglioso pompino. Sicuramente le risultava più difficile e laborioso coordinare la doppia attività –anzi tripla-, ma il piacere che riceveva la rendeva ancora più porca e passionale.
Mauro non la scopò molto a lungo ma a sufficienza per farla godere un’altra volta, mi faceva impazzire quando era preda dei suoi orgasmi, assumeva espressioni stupende, strizzava gli occhi e ripeteva come un disco rotto i suoi “Vengo, vengo, vengo…”, si aggrappava persino alle lenzuola fino a far diventare bianche le nocche delle mani.
Poi, per un po’, rimaneva spossata col respiro ansante e un sorriso indelebile stampato in viso.
“Accidenti sei una che si scatena proprio, quando gode!” commentò Paolo accarezzandole la fronte sudata.
“Oh sì,” sbuffo ancora affannata, “e credo sia il mio problema, godo troppo, mi piace troppo, così finisce che ne ho sempre voglia, sono una bella maialina, vero?” lanciò una soddisfatta occhiata a Mauro sdraiato a braccia larghe. “Comunque il primo l’ho steso, che ne dite?”
“Pare proprio di sì,” confermai, “ora dovremo decidere chi prenderà il suo posto, vero Paolo?”
“Eggià,” convenne lui, “e mi sa che l’altro avrà il privilegio di godere fra queste abili labbra, vero stupenda maialina?” sfiorò col polpastrello la sua bocca e lei glielo succhiò.
“Credo che questo privilegio spetti ad Alberto…” mi guardò sorridente, “è una nostra questione di… ostriche…”
“Avevo il sospetto,” annuì alzandosi, “posso evitare il preservativo?”
“Per quanto mi riguarda prendo la pillola,” fece spallucce, “ma che ne dite se prima invertiamo i ruoli per un po’? Vorrei…” ghignatina, “vorrei provarvi tutti...”
Non ci lasciò il tempo di ribattere, si era già sollevata sul busto e mi era salita cavalcioni, aggrappata a due mani al cazzo di Paolo.
Si abbassò su di me ricevendomi tutto dentro, ansimò a voce alta e invitò Paolo a sedersi sulla testata del letto.
Era un vero tornado, mi cavalcava con una foga pazzesca e con altrettanta energia si accaniva sul cazzo del collega, riuscendo chissà come a trovare un incredibile sincronismo. Difficile dire se godessi maggiormente per il piacere che mi procurava il suo frenetico su-e-giù, o se per l’assurdo erotismo di vedermi quello scatenato pompino in diretta, a pochi centimetri dagli occhi.
Nel frattempo Paolo si gustava quel servizietto tenendole entrambe le mani fra i capelli e decantando la sua abilità con frasi particolarmente scabrose.
Forse ebbe un nuovo orgasmo, meno chiaro dei precedenti perché Paolo le tenne il cazzo ben piantato il gola impedendole l’eventuale concertino di “Vengo, vengo…”, ma mugolò comunque con occhi stralunati prima di accasciarsi su di me.
Appena il tempo per qualche profondo sospiro che Paolo era già alle sue spalle, le sollevò alto il sedere e le concesse qualche avida leccata prima di aggrapparsi ai suoi fianchi e cominciare a scoparla.
Lei si adeguò immediatamente, trovò la posizione migliore, appoggiò gli avambracci sulle mie cosce e si dedicò con famelica golosità al mio cazzo.
“Allora prima hai mentito,” la stuzzicai cercando i suoi occhi, “lo conosci il sapore di passera…”
“In effetti…” rise leccando avidamente, “ma solo così, in forma indiretta… non è la stessa cosa…”
“Beh, quando deciderai di vivere anche l’esperienza lesbo avvisami, mi piacerebbe essere presente!”
Ridemmo entrambi poi l’amplesso prese il sopravvento sulle nostre battute.
Paolo la sbatteva con molta più foga di Mauro, il suo corpo ondeggiava sotto i potenti colpi e la sua testa seguiva lo stesso ritmo, si interrompeva solo di tanto in tanto per parlare con me, le piaceva esternare il suo piacere e chiedere il mio gradimento per ciò che stava facendo.
Gradimento che le confermai a più riprese, era davvero fantastica, mi aveva già portato svariate volte fin sull’orlo del burrone poi con arte consumata aveva ricacciato indietro il mio piacere per poi ricominciare.
“Finché non godo io non godi neppure tu!” aveva sorriso.
“A me sta benissimo, figurati, fosse per me trascorrerei la notte col cazzo nella tua meravigliosa bocca!”
All’improvviso la vidi sollevare la testa e girarsi all’indietro. “Ehi, che stai cercando di fare?”
“Va tutto bene, Dany,” sorrise Paolo continuando ad armeggiare alle sue spalle, “a lui concedi di goderti in bocca, avrò diritto a una concessione pure io, no?”
La presi per il mento e la invitai a voltarsi nuovamente verso di me.
“Ma lui sta cercando di…” protestò con occhi spalancati.
Avevo capito benissimo, fra l’altro Paolo era un noto estimatore dell’articolo. “E con questo? Abbiamo riso tanto in auto sul fatto ‘la mettiamo davanti o dietro’, è venuto il momento di metterlo dietro, no? Visto che ti concedi questa notte di trasgressione con tre uomini, che hai voluto provarci tutti, non pensi sia meglio godersela in tutti i modi possibili?”
“A dire il vero…” poi si interruppe. “Oh cavolo!” esclamò stingendo gli occhi e mordendosi il labbro, “oh cavolo lo sta mettendo per davvero…”
Non terminò la frase, appoggiò la fronte sul mio uccello e si aggrappò alle mie mani, il torace le si allargava in lunghi e profondi sospiri.
Quando tornò ad alzare gli occhi aveva uno sguardo morboso e al tempo stesso contratto. “Quel maiale del tuo collega me l’ha messo tutto nel didietro!” ansimò.
Le sfregai la punta del cazzo sule labbra. “Perché, vuoi dirmi che non ti piace?”
Paolo aveva iniziato a muoversi e le smorfie si alternavano sul suo viso. “Non ho detto questo, però…”
“Però?”
“Non so,” un lungo ansimo, “non mi sembrava la situazione adatta…” altro lungo ansimo.
“Vuoi mettere? Scatenarti nel tuo appassionato pompino fino a farmi godere mentre lo prendi nel tuo bel culetto? Cosa può sognare di più, una donna?”
Si cesellò con le labbra la mia cappella e scosse la testa. “Non è un caso se lavorate nello stesso ufficio, mi sa che siete due bei maiali, uno più dell’altro…” le pupille sparirono per un attimo verso l’alto, dietro le palpebre, stava iniziando ad apprezzare eccome il servizietto dietro, “e mi sa che sono una gran maiala anch’io perché in effetti… oh sì, cosa può sognare di più una donna?”


Dedicato a D.
Scritto di slancio tutto in una notte, dopo una piacevole cena fra colleghi, con parecchio alcool e parecchie ostriche in corpo. Alcuni degli eventi qui descritti sono accaduti realmente, altri sono stati elaborati dalla mia morbosa fantasia che si è un po' fatta prendere la mano...

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